Il ritorno dello stato




Mauro Santayana


Quando Ulisse ritorna al palazzo di Itaca dopo il suo lungo viaggio, cerca subito di eliminare coloro che pretendevano di strappargli sia la moglie che il potere. Questo episodio mitico è la grande metafora della restaurazione della realtà. Se la moglie o il figlio lo avessero tradito, e si fossero sottomessi a qualcuno degli usurpatori, lui non avrebbe potuto farci niente. Forse, come semplice vendetta, avrebbe potuto ucciderli. Ma cosa ne avrebbe fatto di Penelope e di Telemaco? Itaca non sarebbe più stata la sua patria. La sua patria sarebbe sopravvissuta solo grazie alla persistenza della sua famiglia.
Il grande atto finale è quello della pulizia del palazzo, infestato dai cadaveri e dall'odore di sangue dei morti. Secondo Omero, Ulisse e Telemaco purificano le pietre del pavimento e delle pareti con fuoco e zolfo, prima di ordinare di lavarle con cura. La pulizia è necessaria per i riti di restaurazione. È necessario ritornare alla purezza del focolare, del potere, infine della nazione.
La civilizzazione occidentale è stata vista come il tentativo di realizzazione dei miti omerici. Il viaggio di andata e ritorno in Occidente, di Ulisse e dei suoi compagni, corrisponde all'espansione di quella idea di vita e di società che nacque nell'arcipelago greco e continuò ad avanzare seguendo il sole verso il ponente, fino a fare il giro del mondo. L'immaginazione del poeta cieco si interruppe nella foce del fiume Tago: la fragile nave dell'Odisseo non sopportava il grande mare. Ma i Lusitani, con le loro caravelle, ripresero il viaggio da dove lui lo aveva interrotto.
Da molto tempo si parla del declino dell'Occidente e dei progetti di abbandonarlo, come un'avventura persa dell'uomo, oppure di restaurarlo, come sua unica speranza. Gli uomini del Rinascimento e dell'Illuminismo vollero recuperarne l'idea; i nazisti ed i loro emulatori pretesero di demolirla una volta per tutte, sostituendo Apollo e Atena con i nibelunghi e le valchirie. La chiave di tutto, secondo alcuni pensatori è quella di intendere l'idea dell'Occidente come l'esercizio collettivo dell'intelligenza creatrice e l'usufrutto comune dei suoi risultati. Quello che pensa l'uomo, o quello che fa, deve essere condiviso con gli altri. È per questo, per coordinare questo pensare e questo fare collettivo, che esiste la società, ossia, che esiste la politica.
Abbiamo già parlato qui - riportando osservatori in posizioni più avvantaggiate della mia - della crisi politica del mondo contemporaneo. I Titani delle grandi montagne furono sostituiti dai folletti del bosco, è il caso di Gorge Bush, che ritornò ad abbeverarsi, dopo che si era sentito sottomesso nel labirinto dell'Iraq e si era reso conto di essere preparato per affrontare la guerra delle stelle ma non le raffiche dei venti circolari, convocati dalla nemesi della natura. Lui crede ancora di arrivare da Krypton, per vivere in una solida famiglia americana, salvare periodicamente il mondo e, proprio come nell'immaginazione di Jerry Siegel e Joe Shuster, trovare sempre nei suoi muscoli di acciaio la maniera di vincere gli ostacoli, addirittura anche di tornare indietro con il tempo, come nell'ultima riproduzione cinematografica del mito di Superman, con lo sfortunato attore Christopher Reeves, scomparso recentemente, la cui tetraplagia rappresenta un triste e lamentevole significato simbolico.




Il fatto è che sia là che qua stiamo entrando in un pericoloso processo di anomia, di ingovernabilità, per mancanza di senso comune, e che i due pericolosi mostri storici: la tirannia e l'anarchia sono dietro l'angolo.
Possiamo tornare ad Omero. I mostri erano in agguato nell'una o nell'altra sponda dello Stretto di Messina. Ulisse li vinse con l'assoluto controllo di se stesso e della barca, legandosi all'albero mantenendo il timone stabile in mezzo al canale mentre i marinai si saldavano le orecchie con la cera, per non udire il canto delle sirene.
Ad ognuno la propria realtà. Non possiamo aspettare che gli americani o gli europei trovino la formula per restaurare l'idea di solidarietà, o meglio, l'idea dell'Occidente, affinché possiamo seguirli. In Brasile, il compito è nostro. Il ritorno ad Itaca deve essere il ritorno allo Stato, che in questi ultimi decenni, i noti usurpatori occuparono per sporcarlo e distruggerlo. Lo Stato è lo strumento dei cittadini, ma si è trasformato in rifugio di affaristi e corrotti. E' necessario ripulirlo con sale, salnitro e zolfo, perché possa tornare ad essere il centro del potere nazionale.
Se non ci fosse più un popolo brasiliano, non avremmo più niente da fare. Ma il popolo esiste e in esso è la patria. È ora di chiudere il viaggio che abbiamo fatto per l'avventura della dittatura e della capitolazione neoliberale e assumere la responsabilità del paese che abbiamo. Tra meno di un anno andremo alle urne per eleggere il Presidente. È bene andarci a testa alta e con i piedi per terra.



(Tratto dal Jornal do Brasil, Rio de Janeiro, dicembre 2005.Traduzione di Samanta Catastini.)



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