Cioccolato


Marina Sassu


Era arrivata da poco Lucia. L'avevo invitata a cena, come facevo spesso. Ma stavolta avevo un motivo in più: volevo dirle che cosa mi era successo durante le vacanze. Eravamo sedute in salotto quando Alessandra suonò alla porta. Tornava da casa di un'amica, dov'era andata a fare i compiti. Fu lei a fornirmi l'argomento per iniziare: - Mamma, ce l'abbiamo noi Il partigiano Johnny di Fenoglio? La prof di storia ha detto che dobbiamo leggerlo, così quando arriviamo alla seconda guerra mondiale ne discutiamo. Approfittando di questa domanda, le feci raccontare di nuovo quel periodo della sua vita che lei mi aveva rivelato solo quando frequentavo l'università. Lucia, che era del paese vicino a quello dove erano nati i miei genitori, era stata la mia maestra alle elementari e da allora mi ero sempre tenuta in contatto con lei. Mia nonna era stata amica di sua madre. Un giorno, rievocando quei primi anni, le chiesi perché a Natale ci regalava sempre due quadrotti di cioccolato. L'ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze, veniva in classe con un cestino, di quelli con i quali allora si faceva ancora la spesa, pieno di pacchettini colorati con nastro, fiocchetto, e con un biglietto dedicato a ciascuno di noi. Mi raccontò del periodo della guerra: suo padre aveva una pasticceria nel paese in cui viveva con la famiglia, ma allo scoppio del conflitto, essendo stato chiamato a combattere, era stato costretto a chiuderla. Così, in casa, Lucia e i suoi fratellini non avevano più avuto il cioccolato che, sotto varie forme, arrivava tutte le settimane. Per lei, bambina, fu un grande dispiacere. Dopo l'8 settembre, poi, il padre, tornato per pochi giorni, si unì a un gruppo di partigiani che operavano sulle colline vicine. Di nascosto dalla madre, ogni tanto lo raggiungeva ad un appuntamento ai margini del bosco. Quegli incontri segreti a lei sembravano un'avventura. Qualche volta lo accompagnava un soldato americano, che parlava un po' di italiano, inviato per fare da collegamento tra partigiani e truppe alleate. In quelle occasioni il padre le chiedeva di portare un biglietto allo zio Giovanni. Lei, per non perderlo, ma anche per non farlo vedere a nessuno, se lo metteva sotto il tallone del piede destro, tra il calzettone e lo scarponcino. E poi via, con la bicicletta, non prima però di aver ricevuto dall'americano un mattoncino di cioccolato. Correva felice, avendo ritrovato quel piacere che quasi aveva dimenticato.
Adesso la vedevo persa in quel ricordo. Mentre la osservavo la immaginavo ancora una volta bambina, stupirsi di fronte al primo regalo; e poi aspettare un nuovo incarico per poterne avere ancora! Avevo una gran voglia di darle subito la piccola scatola che Gary mi aveva dato all'aeroporto. Ma nello stesso tempo pensavo che avrebbe ancor meglio assaporato quel dono se prima avesse estratto quel ricordo dalla sua memoria, come si fa con un cioccolatino dalla sua carta stagnola, dopo averlo scelto con cura tra tanti. Con un po' di presunzione immaginavo, addirittura, di poterlo gustare anch'io, guardandola!
- Te lo ricordi bene tu quel soldato?
- Certamente! Come potrei dimenticarlo? Era giovane, alto, dinoccolato, il viso lungo. Aveva capelli castani, chiari, come mia fratello Francesco. Sai, in fondo credo sia stato il mio primo amore. Per lui avevo persino dimenticato Giorgio, il mio compagno di classe dalla prima elementare … per lui, o chissà? … per il suo cioccolato!
Rise, come una bambina che, scoperta in flagrante, vuole farsi perdonare la marachella.
- Ne hai saputo più nulla?
- No. E poi io non sapevo molto di lui. Si chiamava Gary. Mi disse che a San Francisco aveva due sorelle più piccole. Una della mia età. Neanche mio padre ha avuto mai sue notizie. Sarà tornato a casa sua e avrà dimenticato questi posti.
- Perché pensi che abbia dimenticato?
- La guerra, i partigiani, i tedeschi …
- Tu hai dimenticato?
- No. Assolutamente no. Ma io sono rimasta qui. Mi sono allontanata solo di qualche decina di chilometri, mentre lui sarà tornato negli Stati Uniti.
Sostò per poco e io non parlai.
- Mio padre no, lui non aveva dimenticato. Anche prima di morire me lo ha detto. Mi ha detto: "Lucia, in questi anni, nei momenti difficili, più tristi, ho sempre avuto un pensiero che mi ha consolato. Averti rivisto, salva, quando sono tornato in paese. Non avendo notizie, ho passato due mesi come in un incubo, preso dai rimorsi, pensando che tu potevi essere morta, per causa mia." E, invece, proprio grazie a lui credo di essermi salvata. Ma lui, questo, lo ha saputo solo quando mi ha rivista. Non sai che faccia ha fatto! Sembrava in preda a una visione. Mi ha preso in braccio, mi ha accarezzato la testa. Non finiva più di darmi baci. Chissà, forse voleva sentire se ero vera. Se avesse potuto mi avrebbe mangiato! Si è sempre sentito in debito con me e, fino a che non sono diventata grande e ho cominciato a uscire con le mie amiche e i miei amici, mi ha portato tutte le volte che ha potuto alle giostre che si fermavano vicino alla chiesa. Poveretto: la punizione per lui è stata la reazione di mia madre quando ha saputo tutta la storia!
- E Gary? Ti ha visto anche lui?
- No, lui no. Era già andato via. Ma babbo mi disse che anche lui era preoccupato per me e gli aveva assicurato che avrebbe cercato di sapere che cosa era successo, anche dopo essere partito. Ma evidentemente, poi si è dimenticato.
Se quella mattina a San Francisco avesse potuto vedere il volto di Gary dopo che io gli avevo raccontato tutto, non avrebbe certamente pensato la stessa cosa. I suoi occhi, malinconici, si erano accesi, vivificati. Anche la sua schiena, un po' curva sotto il peso dei suoi ottantacinque anni, aveva come ritrovato la sua elasticità. Roberto aveva terminato il suo contratto e io, affidata Alessandra a mia madre, che trascorreva le vacanze al mare, lo avevo raggiunto per fare un viaggio nella California, prima di ritornare a casa. Il giorno prima di partire John, il coordinatore del suo gruppo di lavoro, sapendo delle mie origini toscane, aveva insistito per farci conoscere i suoi genitori. In particolare il padre, che aveva combattuto durante la seconda guerra mondiale dalle parti dei miei. Negli anni Cinquanta aveva aperto un ristorante, divenuto molto noto. Ora si era ritirato, lasciando la gestione all'altro figlio. Parlando di questa attività, la cosa che mi colpì fu che il ristorante era segnalato sulle guide turistiche per un particolarità: pur affacciandosi sulla baia della città del famoso Ghirardelli, il locale dichiaratamente non serviva alcun dolce a base di cioccolato. Strano, pensai. Non ebbi il tempo di chiedergliene spiegazione. Gary e sua moglie ci accolsero nel soggiorno della loro casa in Lombard Street. Arrivando in taxi ho immaginato di essere in uno dei tanti film ambientati in quella straordinaria città. Il nostro ospite sembrava entusiasta di incontrarci e subito mi travolse con mille domande sull'Italia e la Toscana. Non era più tornato, ma ne parlava in un modo così affettuoso che sembrava fossero rimaste da allora dentro di sé. Fu appunto parlando che raccontò di Lucia, la figlia di un partigiano, che lo aveva aiutato nella sua operazione, e che lui ogni volta aveva ringraziato con alcune delle sue razioni di cioccolato. E di suo padre che, nonostante il pericolo cui poteva andare incontro, aveva permesso il suo coinvolgimento. A un certo punto si fermò - era lontano in quel momento - e notai che sua moglie gli strinse la mano. In quell'istante immaginai la piccola Lucia vicino al giovane americano. Riprese a parlare e disse che aveva un gran rammarico: non essere mai tornato in quei luoghi, per paura.
- Paura di ricordare cose tristi - gli chiesi?
- Sì, e anche di più.
Lasciai che fosse lui a continuare. Un giorno avevano bisogno di comunicare urgentemente con la formazione vicina e chiesero a Lucia di non andare a scuola per una volta. La bambina era felice di marinare le lezioni. Le raccomandarono di fare molta attenzione, perché sarebbe stato strano vedere una della sua età in giro durante l'orario scolastico. La mattina arrivò presto, prese ciò che doveva portare e partì. Più tardi arrivarono echi di spari e una staffetta che li avvertì che dovevano scappare, spostarsi, allontanarsi dai tedeschi. Il padre di Lucia chiese che cosa era successo e quella rispose che nella ritirata i nemici distruggevano tutto. - e Lucia? l'hai vista? devi averla vista! stava venendo da voi! mi dispiace, no, da noi non è venuta - Povera bambina. Da allora aveva pensato che fosse rimasta presa in quella fuga. Partendo dal loro rifugio, Gary aveva lasciato subito il gruppo e, più tardi, aveva perso il foglietto con l'indirizzo e il cognome dell'italiano. Altri, poi, gli avevano raccontato dei morti, anche bambini, e lui, per vigliaccheria, così disse, per vigliaccheria, non aveva fatto nulla per sapere. Pensai al cioccolato. E poi gli raccontai cosa era veramente successo.
Mia nonna era andata a trovare con mio nonno sua sorella nel paese di Lucia. Arrivò qualcuno a dare l'allarme sulle intenzioni dei tedeschi e loro scapparono insieme ad altri. A due terzi del cammino incontrarono la bambina. La conoscevano bene e si insospettirono trovandola lì a quell'ora. Ma la loro preoccupazione fu più grande. Le dissero di non tornare. Anzi, la portarono con sé e la fecero rimanere a casa loro finché la situazione non parve tranquilla. Lucia aveva perso tempo, perché le si era forata una gomma. Era stata la sua salvezza. Ancor prima di Lucia, questa parte della storia me l'aveva raccontata mia nonna quando le avevo chiesto da quanto tempo conosceva Lucia. Avevo trovato assurda la vigliaccheria di Gary, ma quando lo vidi riprendersi, mi fece tenerezza. E ancor di più quando sua moglie mi disse:
- Per lei non ha mai servito dolci al cioccolato nel nostro ristorante.
John guardava suo padre con commozione e poi ci invitò tutti da suo fratello prima della nostra partenza.
Quella sera la cena finì con una deliziosa mousse Lucia al cioccolato, servita in coppette quadrate, guarnita con fili di scorza di arancia candita posti a raggiera.
Congedandoci, lo salutai dicendogli che non lo avrei dimenticato. Ma la mattina dopo lo vidi all'aeroporto, poco prima della partenza.
- Ti prego, porta questo a Lucia.
Dopo averle raccontato tutto, era arrivato il momento. Mi avvicinai alla libreria e presi il regalo. Lei se lo mise davanti, sulle gambe. Non diceva nulla. Lo guardava e metteva in ordine il fiocco, che nel viaggio si era stropicciato. Rimase così per un po'. Non sapevo che cosa fare. E ero curiosissima. Finalmente si decise. Tirò fuori due mattoncini di cioccolato. Non resistette. Li scartò e ne aspirò il profumo a occhi chiusi. I suoi denti non le permettevano altro … Quando si riebbe estrasse il resto. Un cavallino stilizzato, fatto con bastoncini e semplici fili.
- Ah, Gary, hai mantenuto la promessa!
Mi guardò e rispose alla mai domanda silenziosa.
- Un giorno gli avevo chiesto se, venendo dall'America, lui era un cow boy. Mi disse di sì e aggiunse che, una volta finita la guerra, mi avrebbe fatto vedere il suo cavallo.
Se lo girò tra le mani, riprese i suoi mattoncini e mi disse:
- Lo so, prima di cena guasta l'appetito, però, per favore, puoi tagliarmene un po'?


Marina Sassu , 1957, è nata e lavora a Roma. Ama inventarsi storie e scrivere racconti, che sottopone, prima di tutto, al giudizio di figlia e compagno. Dopo qualche corso di narrativa ha iniziato a dedicare sempre più tempo a questa attività. Ha pubblicato qualche intervento su Omero e brevi racconti su Sagarana. Altre passioni: lettura, cinema, viaggi. E cucina, che considera molto simile alla scrittura.


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