L'elaborazione mitica del Brasile


Wilson Martins


Il minimo che si possa dire è che la simbiosi culturale Francia/Brasile è una cosa del passato, di una storia, per altro, più interessante di ciò che suggeriscono gli approcci superficiali e frammentari che in generale si sono avuti, quasi sempre volti all'aspetto pittoresco. Ricordiamo, giusto per curiosità, che nel sedicesimo secolo era il Brasile che esercitava un'influenza sulla Francia, sia come terra di missione, sia per programmi di geopolitica, sia per quella tipica attrazione che l'esotico esercita sull'immaginario francese, passando per le contaminazioni di vocabolario come le parole indigene che, secondo Levi Strass, si sono incorporate alla lingua francese senza intermediazione del portoghese. Ciò serve a provare la leggendaria priorità francese nella scoperta del Brasile.
Per quello che riguarda il Brasile, era un esempio di bovarismo intellettuale che,nell'Ottocento e nel Novecento, risultava in un' inquietante, e spesso ridicola, desnazionalizzazione mentale, che si ripete nei nostri giorni, stavolta riguardo all'inglese e agli Stati Uniti. Tuttavia, dagli inizi del XIX secolo, Ferdinand Denis, questo grande agente di mediazione, diceva agli scrittori che, per creare una letteratura brasiliana, dovevano abbandonare i modelli stranieri a favore di una tematica nazionale,della quale lui stesso ha cercato di dare un esempio,senza grande successo. Raccomandazione ripetuta, cento anni più tardi, da Valere Larbaud, "agente segreto", come diceva Cocteau, "delle letterature luso-brasiliane" (Pierre Rivas. Dialoghi interculturali. San Paolo: Hucitec, 2005)
Senza dubbio, il grande spartiacque è stata la guerra del 1939, con l'emergere degli Stati Uniti e di conseguenza, della lingua inglese, come irresistibili poli d'attrazione. Pierre Rivas s'interessa più al "Brasile nell'immaginario francese" (titolo di un capitolo), con le sue "tentazioni ideologiche e ricorrenze mitiche", che alla Francia nelle prospettive reciproche, dal momento che sono questi gli approcci naturali dei suoi studi: "Dal 1880 fino ai nostri giorni la presenza del Brasile in Francia si potrebbe dividere in due momenti. Una corrente ideologica, fino al 1920, che riduce la presenza brasiliana allo Stesso,del quale il Brasile non è altro che una proiezione lontana ma identica della Francia. Questa ideologia si basa sul tema della "latinità", nel quale la Francia è la sorella più grande delle repubbliche latino americane. (…) Questa riduzione allo Stesso riduce quindi il Brasile e la sua letteratura a una sorta di Francia degradata o "minore", tutto questo più o meno agglomerato in quello che percepiscono gli europei e i nordamericani di "America Latina", ossia, l'America Ispanica, nella quale il Brasile è, allo stesso tempo,un corpo estraneo e inassimilabile, generalmente ignorato quando parlano di "America Latina".
A partire dal 1930, questa "visione apollinea di un Brasile come un'altra Francia", scrive Pierre Rivas, diventerà "quella di un Brasile Altro, come l'altro della Francia, vista nel suo estremo, non ridotto allo Stesso, ma dall'altro estremo dell'alterità assoluta, non più il doppio della Francia ma la sua controfigura. Così si passa dalla riduzione ideologica allo Stesso (il Brasile come riproduzione della Francia) all'elaborazione mitica di un Brasile come complemento della Francia, come controparte dell'incompiutezza francese". Tuttavia, si tratta di un processo dialettico o, se preferiamo, di un movimento oscillatorio, nel quale,come è già stato detto, si introducono elementi di catalisi culturale: man mano che il Brasile cessa di essere di un'imitazione della Francia si libera gradualmente della sua influenza, sostituendola, sia per l'avanzata nazionalista del 1930 (con evidenti connotazioni di sinistra), sia per la concomitante intercorrenza della già menzionata invasione dei valori nordamericani,a cominciare da quelli linguistici (non è un caso che l'insegnamento del francese sia diventato facoltativo nel nostro sistema scolastico).
Il quadro è ben più complesso di quello che farebbero pensare queste semplificazioni linearmente didattiche, perché, a partire dal 1880 (come conseguenza della sconfitta francese del 1870), i rapporti intellettuali tra Francia, Portogallo e Brasile si svilupperanno sotto il segno della latinità, argomento a cui Pierre Rivas dedica particolare attenzione : "La latinità è un valore civilizzatore secondario che sarà riattivato nel decennio 1870-1880 per ragioni geopolitiche. Come succede spesso in questi casi, le mediazioni ideologiche hanno finito per alimentare o occultare il dibattito. Queste mediazioni girano intorno alla questione - o del mito - qui fondamentale, della decadenza delle razze latine. Gli anni 1870-1910 sono completamente permeati di echi, polemiche, ricerche, pubblicazioni riguardanti questa presunta decadenza latina". Nelle parole di Pierre Rivas, "la latinità è un valore geopolitico che è più riuscito sul piano culturale che su quello politico - le sorelle latine, come l'Italia, preferiscono un alleato potente e distante (gli Stati Uniti) a un fratello maggiore accondiscendente, scomodo e incerto"(come la Francia). Nella vita quotidiana, il problema aveva connotazioni emotive quasi morbose: basta leggere quello che Brito Broca ha scritto riguardo agli intellettuali brasiliani difronte alla guerra del 1914, fenomeno che si è ripetuto con la sconfitta francese del 1940.
Rimane da chiarire se i "latini-americani" siano latini, idea che Gilberto Freyre e tanti altri vedono con mal celata ironia : "l'etnotipo latino, ritenuto ancora politicamente ed economicamente immaturo, appare in Francia come eterocultura, più straniero del mondo industriale occidentale, delineando la doppia e inseparabile figura di un'attrazione per quello che non esiste più e di un'accondiscendenza per quello che non esiste ancora. Questa modernità, quella della società industriale, fa sì che gli stessi paesi latini si rivolgano sempre più - una volta che la modernità ci deve essere - verso i paesi anglosassoni e non verso la Francia."
A ciò si aggiunge la tradizionale "visione tropicale" che condiziona "l'orizzonte di aspettativa francese" riguardo alle letterature latino-americane e che noi, per quello che ci riguarda, facciamo di tutto per rinforzarla attraverso l'immagine folcloristica di noi stessi. Da ciò deriva, per ricordare giusto un caso, che Machado de Assis sia ritenuto all'estero poco brasiliano, una volta che il prototipo del brasiliano è Jorge Amado, ed è accusato ancora di riscrivere il romanzo che i francesi e gli inglesi avevano già scritto. Romanziere, per altro, periodicamente riscoperto dai critici che si sorprendono di averlo ignorato fino a quel momento, sorpresa, del resto, più disprezzativa che onorevole: com'è possibile che Machado de Assis fosse latino americano? Com'è possibile essere persiano?



(Traduzione di Julio Monteiro Martins insieme ai suoi allievi dei corsi di Lingue e di Lettere dell'Università di Pisa Gaia Bertoneri, Simona Bruno, Alessandro Giometti, Laura Locatori, Maria Teresa Maré, Laura Marletti, Silvia Mencarelli, Eva Iori Ori, Gianluca Piana, Maria Serena Serra, Claudia Sgadò e Nunzia Vincenza de Palma.)



Wilson Martins è uno dei più importanti critici letterari brasiliani, ed è stato professore ordinario di Letteratura Brasiliana nell'Università del Kansas, nell'Università dello Wisconsin-Madison e nella New York University.



.
         Precedente    Successivo          Copertina