QUATTRO POESIE
Merja Virolainen
Aiuto mio padre ad indossare la vestaglia.
Si è svigorito, le vespe
hanno abbandonato il cuore del loro nido.
Come si potrebbe odiare qualcosa così
fragile, inerme? Adesso avrei il coraggio,
soltanto che non c'è il cuore:
lo accompagno alla porta,
fuori fioriscono i narcisi.
Il respiro contro il tuo respiro,
guarda, a mani vuote cammino al tuo fianco,
eppure la mano è piena della tua mano.
Solo quando immobile in me raggiungi un punto,
dove giaccio sebbene io cammini,
cavalco in groppa a un lupo,
quando raggiungi in me
quel punto, attraverso un ponte sulla corrente:
l'acqua punto immobile, il ponte scorre.
La pelle puoi, la mia pelle baciare,
puoi mordermi la nuca pelosa,
perché sono un tocco, il senso,
il nudo più nudo.
Puoi la mia pelle, la pelle baciare,
se apri le mie natiche, spingi il tuo organo
fino al cuore!
Se sollevi il soffitto dalla tenda celeste
con la tua colonna lo squarci,
se lasci scivolare
ogni stella nella sua orbita,
se nella terra nera come pece
apri un bocciolo uno alla volta.
Puoi baciare la pelle
e il bacio puoi baciare:
io sono un tocco, il senso
una gocciola di rugiada
che si discioglie in una goccia di rugiada-
non più io, e nemmeno tu,
soltanto gioia,
solo il più breve momento
di agonia.
Adesso affondo, mi sollevo come una prua,io,
tu come una poppa, presto al contrario,
nella bonaccia non sappiamo chi sia chi.
La curvatura del fianco si gira soltanto
muta la sua iniziale torsione,
le assi si ricongiungono come piume,
si trasformano in altre piume,
lo scafo ulula di felicità, di dolore:
dondoliamo portati dalle correnti,
accenni d'onde carezzano le assi di fondo.
Come carico delle pietre,
tue, mie, comuni.
I blocchi gravano, provano nostalgia
per la scogliera, nelle sommersità del fondo del mare,
si spingevano a vicenda, contro i fianche della stiva:
solchiamo anche la bonaccia con la tempesta in cambusa,
e per capitano un eco
mezzo sordo, un pagliaccio schivo,
a turno apre a strappi, a turno
annoda le gomene.
Presto bisognerà mettersi in salvo
in qualunque arsenalotto,
ma come, mon Dieu,
visto che da ovest finiamo sempre verso est?
Merja Virolainen è nata a Lapua, Finlandia, nel 1962. Autrice di numerosi saggi, articoli e traduzioni, dal 1990 ha pubblicato diverse raccolte poetiche, l'ultima delle quali, nel 2003, le è valsa il prestigioso premio Tanssiva Karhu.
La poesia presentata è parte della silloge antologica La pelle e altre poesie (Via del Vento edizioni 2004), pubblicata in Italia nella traduzione di Antonio Parente.
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