IL
MONACO DI VETRO
Andrea
Bocconi
Rotolo era un maestro straordinario per uno come Ignazio, che
doveva imparare tutto, perché quel mondo gli era più
estraneo che a un bambino. Gli camminava sempre a fianco in silenzio
con gli occhi bassi, proprio come faceva alla Scuola quando era
con qualche anziano; avrebbe voluto vincere quell'abitudine sciocca,
ma di guardarlo in faccia proprio non gli veniva naturale. Si
contentava di osservarne l'andatura strana, tutta ballonzolante
sulle punte, agile a dispetto della grassezza. Spesso Rotolo agguantava
il flauto e ci dava dentro con quanto fiato aveva; un disastro,
non ne sapeva cavare tre note in fila. Gli bastava trarne dei
suoni ed era tutto soddisfatto, anzi voleva pure i complimenti:
"Mica male, eh? Pensa che lo suono solo da due mesi".
Era
anche questa una prova di quella sicurezza di sé che affascinava
tanto Ignazio: "Ecco come sono quelli di fuori - pensava
- non come me, sempre pieno di dubbi e fisime". Diventare
così, questo era il suo obiettivo; poi avrebbe potuto affrontare
ogni cosa. Bellissimo, ma se ne sentiva lontano come dalla Cina.
Dovunque andassero Rotolo conosceva qualcuno.
La prima notte ad esempio si erano fermati a un casolare. Il contadino
sembrava scontroso, ma li aveva fatti entrare e durante la cena
Rotolo aveva fatto ridere tutti, soprattutto la figlia dell'uomo.
Il bimbo più piccolo lo guardava invece con occhi tondi
di stupore, che a Ignazio ricordavano la sua reazione quando lo
aveva conosciuto. Ecco, era come quel bimbo, quanto a esperienza
del mondo. Non così sciocco comunque da non accorgersi
che Rotolo cercava di piacere alla figlia senza ingelosire la
madre e senza insospettire il padre.
Quando ebbero finito la cena in cui Ignazio non aveva aperto bocca,
Rotolo, prima che il contadino potesse dir nulla, lo anticipò
: "Il mio aiutante può benissimo dormire nel pagliaio,
è abituato", sottintendendo così che per lui
era certo pronto un alloggio più dignitoso.
Marito e moglie si lanciarono uno sguardo di dubbio, poi lo sistemarono
in casa. Ignazio mentre si accomodava sulla paglia, pensò
che di sicuro Rotolo avrebbe trovato la stanza della ragazza nella
notte. Fosse stato più sfacciato, al mattino dopo glielo
avrebbe chiesto; per timidezza si tenne la curiosità, e
chi ne soffrì di più fu Rotolo, che moriva dalla
voglia di essere indiscreto. Il contadino li accompagnò
fino alla strada, contento dell'unguento per le piaghe che Rotolo
gli aveva regalato. Dovunque si fermassero, Rotolo aveva qualcosa
da vendere: pozioni contro gli eczemi, l'impotenza, la caduta
dei capelli e quasi ogni altro male che fosse possibile immaginare.
Con la sua lingua sciolta riusciva a conquistare quasi tutti,
e spesso Ignazio aveva ammirato il modo in cui portava il pubblico
a mettergli il denaro in mano quasi di forza, senza neppure sapere
esattamente che cosa stava comperando. Faceva anche altri commerci
più misteriosi, di cui lo teneva all'inizio completamente
all'oscuro.
(Brano
tratto da Il Monaco di vetro, Jaca Book, Milano, 2002)
Andrea
Bocconi è nato nel 1950 e vive a Il Matto, frazione del
comune di Arezzo. È psicologo e psicoterapeuta. Ha scritto
Viaggiare e non partire (Guanda, 2002) e, con Patrizia
Lacerna, il saggio Il Matto e il Mondo (Nomina, 2000).
Ha scritto varo testi teatrali messi in scena, tra cui Il tramonto
di Orione e Lìomino d'oro.
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