PANFOCUS

Catalin Maggi



"Mi ha detto mio cugino che da bambino una volta è morto"
ELIO E LE STORIE TESE


Dal calcio alla politica il passo e' breve…
La guerra in Yugoslavia era iniziata proprio durante una partita di fudbal, il 13 maggio del 1990, tra Dinamo-Zagabria e Stella Rossa-Belgrado…
la squadra delle tigri di Arkan…
Darko allungò una mano verso la bottiglia di vodka e mandò giù un altro sorso. Se ne stava stravaccato sul divano, a torso nudo, davanti alla TV accesa. Il televisore era sintonizzato su Raiuno. Milan guardò, preoccupato, il suo "ospite"; mancava poco alle sei, tra poco sarebbe iniziato "Novantesimo minuto"…
Nella juve giocava un tizio col suo nome. Darko… Darko Kovacevic…
Di cannonieri Serbi ne contava altri, la serie A Italiana: Milosevic nel Parma, ad esempio, e nella Lazio Sinisa Mihailovic…
Ottimo amico di Arkan…
A Darko non stavano molto simpatici, Zeljko Raznatovic e i suoi "Arkanovci". Li considerava dei parvenus, degli usurpatori…
Lui durante la guerra aveva combattuto con le "Guardie Serbe" di Branislav Lainovic, che si erano fatte onore esattamente come le milizie di Arkan… eppure, ormai, nessuno si ricordava più di loro e delle loro eroiche imprese…
non c'è limite all' ingratitudine umana…
Sia Arkan che Lainovic erano stati assassinati a colpi di pistola…
No, meglio cambiare canale prima che Darko vedesse "Novantesimo minuto". Ubriaco com' era, col calcio la testa gli sarebbe andata subito nel pallone. Milan allungò una mano verso il telecomando e cambiò canale.
Su Raitre davano un vecchio film di Orson Welles: "Quarto potere"…
Darko se ne stava zitto da troppo tempo. Il suo silenzio cominciava a diventare un po' inquietante: un uovo di Pasqua pieno di sorprese maligne. Milan provò a romperlo…
"La caratteristica principale di questo film è che per la prima volta nella storia del cinema viene usata la tecnica del "panfocus"…"
L' "ospite" continuava a bere vodka, imperturbabile. Il serpente tatuato sui muscoli del petto si abbassava e alzava, si abbassava e si alzava, si abbassava e si alzava…
"Vale a dire che sono messi a fuoco sia i personaggi sullo sfondo che quelli in primo piano, allo stesso modo…"
Darko aveva voltato il cranio rasato a zero nella sua direzione e ora gli puntava addosso i suoi occhi cerulei, glaciali, lucidi d' alcool…
occhi da cecchino…
"Questo dà alla pellicola un nuovo ritmo visivo e narrativo. Diventa più importante il montaggio…"
Darko era impassibile. Nemmeno se Orson Welles avesse annunciato un nuovo sbarco di marziani avrebbe mosso un muscolo... sembrava un alieno, indeciso se conquistare il pianeta terra…o distruggerlo.
A Darko del cinema di Welles non poteva importargliene granchè. Era un appassionato di film dell' orrore, lui…
Durante l' ultima visita che aveva fatto a suo cugino a Prijedor, alla fine degli anni ottanta, Milan aveva " visto" la sua collezione di videocassette: tutte la serie di " Venerdì 13" , " Halloween" e " La casa"…più svariati porno.
L' orrore vero e proprio, non cinematografico, sarebbe iniziato di lì a poco ( il 13 maggio del 1990, secondo alcuni giornalisti ). Milan non era più tornato in Yugoslavia , nell' ex Yugoslavia, da allora.
Aveva tagliato i ponti col passato, li aveva bombardati dall' alto come i caccia della NATO, nel paese in cui era nato gli rimanevano solo il fratellastro di sua madre e un lontano prozio.
Viveva in Italia dal 1982, da quando a sei anni per la prima volta aveva varcato la frontiera di Trieste al seguito di sua madre e del suo nuovo papà…un anziano pensionato di Bologna che la mamma aveva sposato in seconde nozze.
Ora, due decenni dopo, sua madre era in vacanza un villaggio turistico della Giamaica… il suo padre adottivo sotto due metri di terra e suo cugino a due metri da lui; avrebbe preferito il contrario...
Darko, intanto, si era alzato in piedi. Un metro e novanta di altezza, la Serbia aveva sfornato anche molti giocatori di basket, oltre che calciatori…
Milan provò ad alzarsi ma il cugino gli impose una mano sul capo per farlo restare seduto; una dedicazione minacciosa… Con la vodka, evidentemente, il suo cervello era andato a farsi benedire…
" LAZ SU KRATKE NOGE", disse Darko .
Il significato della frase era chiaro, limpido, cristallino : persino un bambino l' avrebbe capito. Anzi, soprattutto un bambino, dato che " Laz su kratke noge " era una delle frasi più ricorrenti che le mamme avevano in serbo per i propri figli:
"LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTE "
Milan guardò le proprie : troppo corte per arrivare alla porta ( di casa ) con un contropiede…
" Fallo! ", si disse, distogliendo lo sguardo da quello di Darko che lo scrutava minaccioso. Probabilmente, se aveva scoperto tutto, anche lui stava pensando alla stessa cosa : " Fallo! "…
La finestra del soggiorno era aperta. Fuori gli uccelli fischiettavano a caso , arbitri indiferrenti di ciò che stava per accadere.
Milan scattò in avanti, cercando di risolvere la partita ( più football americano che football tout court ) con un calcio nelle palle. L' avversario lo schivò e lo abbracciò : un abbraccio né fraterno né cuginesco. Una stretta da lottatore Tartaro che digrigna i denti, cariati, durante il combattimento. Milan agguantò un orecchio del cugino e lo morsicò a sangue.
Darko mollò la presa, perdendo l' equilibrio e ricadendo sul divano alle sue spalle. Milan cominciò a correre verso la finestra aperta. C' era un balzo di cinque metri per arrivare dalla terrazza al marciapiede. Un volo da kamikaze : Banzai- jumping…
La strada sottostante doveva essere deserta. Il pomeriggio era azzurro, azzurro come le maglie della Nazionale e le domeniche d' estate cantate da Adriano Celentano in una sua canzone molto nazionalpopolare. Celentano, etichettato agli inizi della carriera come " urlatore"… Milan urlò, correndo e fissando oltre la finestra il cielo azzurro, troppo azzurro, quasi blu…
"Nel blu dipinto di blu"…e Milan volò a terra. Darko era riuscito ad agguantarlo e a rovesciarlo sul pavimento. Le piastrelle del soggiorno erano marroni : Milan capì di essere nella merda fino al collo.
Il match era finito. Il " gong " finale , un piede di Darko che colpiva in pieno la sua faccia…
Dal calcio alla politica il passo e' breve. Dalla politica ai calci in faccia, pure. Tutto dipende dai fini che ci si prefigge…
Fini, scopi…
In inglese " goals "…

Prima…

I vestiti, laceri. Loro, laconici…
Essendo zingarelli il loro vocabolario doveva essere limitato…
Avevano scelto due porzioni di tagliatelle e ora le mangiavano, in silenzio, seduti all' unico tavolo della rosticceria. Il locale era piccolo, a pochi centimetri dai loro piatti orbitavano i sederi degli altri clienti in attesa…
Le massaie, fissandoli sospettose, stringevano con più forza le borsette…
Loro, continuando a restare molto sporchi, sembravano lavarsene le mani. Il più grande non arrivava ai dieci anni; l' altro, minuscolo, sembrava in età da asilo. La tribù indiana dei Piedineri li avrebbe accolti volentieri tra le proprie fila: erano entrambi scalzi.
Devono puzzare parecchio, pensò Milan, speranzoso.
Si avvicinò ai nomadi e inspirò con forza…
Nessun odore, purtroppo: nessuna puzza sotto al naso. Per capire di averne rimasti solo quattro, non gli occorreva un sesto senso : l' olfatto, ormai, aveva dato forfait…
Anosmia significava " perdita totale o parziale della sensibilità olfattiva". Questo ribadivano i dizionari medici e gli otorinolaringoiatri da cui si era fatto visitare; una deviazione del setto nasale gli impediva di gustare il profumo della carne ai ferri che aveva appena acquistato, ad esempio, e prima o poi avrebbe dovuto decidersi a farsi operare. L' intervento era una bazzeccola, lo rassicuravano i medici, un affare di tutta routine… Milan, però, non amava i barbecue: non gli piaceva l' idea che la propria carne finisse sotto i ferri di un chirurgo d' estate. Con il rigore del clima invernale anche i medici sarebbero diventati più rigorosi. In luglio " infermeria " faceva troppo rima con …
Uscii dalla rosticceria.
Dentro al locale funzionava l' aria condizionata, fuorì lo investì in pieno una zaffata di aria calda e umida. 37 gradi all' ombra, segnavano i termometri di Faenza…
Milan inforcò la bici e si diresse verso casa.
Le strade erano deserte, solo qualche anziano e qualche negro faceva capolino qua e là : gli unici che non fossero andati al mare ad abbronzarsi …
I negri gli fecero tornare in mente sua madre …chissà poi perché, con tutti i posti che c' erano al mondo, aveva scelto la Giamaica per le sue ferie?! Milan l' avrebbe seguita volentieri ma lei si era mostrata irremovibile: voleva andarci solo con le sue amiche, laggiù, Milan doveva mettere da parte i soldi per l' operazione al setto nasale e per la macchina. Lei, neppure una Panda gli poteva comprare…
Milan cominciò a pedalare più forte.
A giugno, dopo molti fogli rosa, aveva finalmente ottenuto la patente , ma ancora girava in bici o a piedi, a ventuno anni. Per provare l' ebbrezza della velocità avrebbe dovuto entrare nella nazionale Giamaicana di Bob…
Di negri ne vide ben quattro, nell' arco di solo cento metri. Stavano crescendo in maniera esponenziale, gli stranieri, a Faenza ; quando era arrivato lui, a metà degli anni ottanta, gli extracomunitari si contavano sulla punta delle dita. Ora non sarebbero bastate le mani della dea Kalì…
Nel Discount in cui lavorava come commesso vedeva entrare stranieri a frotte, di ogni etnia. Un Nigeriano e un Pakistano erano suoi colleghi: lavoravano come carrellisti e come magazzinieri, dietro le quinte, non a contatto col pubblico: " La gente non è ancora pronta", aveva dichiarato esplicitamente uno dei gestori del supermercato , " a vedersi servire un chilo di banane da un negro …".
Poi aveva riso.
Milan non aveva mai avuto grossi problemi. Ogni tanto il caporeparto lo chiamava "Milosevic" o " Inter ", altre volte nelle pause caffè qualcuno si scagliava contro " gli slavi " che rapinavano le ville italiane, guardandolo dritto negli occhi… ma , nel complesso, bastava non complessarsi troppo e non rispondere a certe provocazioni e nessuno avrebbe cercato di mettertelo nel c…
Milan spostò il sedere sul sellino della bici.
A casa lo aspettavano un buon " cannone" e una bella bottiglia di Cannonau fresco : non vedeva l' ora di sdraiarsi sul divano con lo spinello in una mano, il bicchiere nell' altra, davanti alle pale del ventilatore acceso e a " Dal giorno dei morti ( alla nascita dell' euro )", l' ultimo capolavoro di Catalin Florin Maggi...
E, come sottofondo musicale, una bella canzone di Bob Marley…
Parcheggiò la bici nel cortile del condominio, legandola a un palo. Mentre cercava nelle tasche dei calzoncini le chiavi del portone di casa, sentì una mano che si posava sulla sua spalla destra.
Si voltò di scatto, lanciando un gridolino...

Dopo…

Milan si accorse di aver aperto gli occhi.
Pochi istanti dopo capì anche di essere ancora vivo. Mezzo morto, ma vivo…
Per rimettersi in sesto, avrebbe dovuto recuperare i sensi : l' olfatto non funzionava già da parecchio, l' udito non captava nessun rumore a parte il proprio respiro affannoso e in quanto alla vista , peggio che andar di notte … nel posto in cui si trovava, dovunque fosse, il buio era pesto.
Gli restavano il tatto e il gusto…
Cominciò col tastare sé stesso : un palpeggiamento sul proprio corpo dolorante e molestato, un palp- test per scoprire se era ancora tutto intero… naso e testa , un male boia, come se un cappuccio nero stringesse il suo capo in un cappio di dolore… e il resto del corpo era ammaccato, amacato in una posizione innaturale , né prona né supina…
Milan cercò di alzarsi in piedi.
Dopo un paio di tentativi riuscì a mettersi seduto.
Coscienza latitante e latte alle ginocchia: Il cervello non era ancora in ordine e le gambe non rispondevano ai comandi.
Lo stomaco, in fermento, brontolò…
Milan capì che, oltre a essere ancora vivo, aveva anche molta fame. Da quanto tempo non metteva sotto i denti qualcosa?!
un orecchio…
Un orecchio ?! "Perché un orecchio ? ", si chiese Milan, chiudendo gli occhi sull' oscurità circostante. In quel momento, fuori, squillò il telefono.
Al terzo squillo Milan ricordò tutto…
Riconobbe il suono del telefono di casa. Capii di trovarsi dentro lo sgabuzzino, in cucina, tra i fornelli e il frigorifero. Chiuso a chiave, probabilmente. Prigioniero.
prigioniero di Darko…
Ricordò l' incontro con il cugino, nel cortile del condominio, al ritorno dalla rosticceria. L' aveva fatto salire in casa, incautamente, gli aveva offerto un po' della propria carne… della propria carne ai ferri, cioè.
Non avrebbe dovuto.
La mamma aveva rotto tutti i rapporti con i pochi parenti e amici rimasti a Prijedor, in Bosnia. Come aveva fatto Darko a procurarsi il suo indirizzo di casa ?! Il cugino non si era degnato di rispondere alla domanda…
Il telefono, dopo una decina di squilli, ritornò muto…
Probabilmente si trattava della mamma, dalla Giamaica. Se la immaginò per un attimo nel bar di un villaggio turistico con un pareo attorno alla vita e nessuna paranoia sulla vita ( in pericolo ) del proprio figlio. Tra un po' lei sarebbe tornata in spiaggia per una nuotata e lui sarebbe rimasto, solo, in un mare di guai…
Darko si era comportato, fin da subito, in modo strano . Dopo essersi tolto la maglietta , l' aveva gettata sul divano e, senza chiedere il permesso, omrazit , aveva aperto la vetrinetta degli alcoolici…
Aveva estratto una bottiglia di vodka e un bicchiere…
Si comportava come se quella in cui era stato invitato fosse casa propria e Milan, ormai, un ospite…
Intanto, tra un cicchetto e l' altro, raccontava…
Raccontava di come fosse arrivato in Italia superando clandestinamente tre frontiere, di come fosse diventato difficile trovare un lavoro decente in patria, di come si fosse fatta difficile la situazione in Bosnia da quando " i fottuti figli di Allah " avevano ripreso il controllo della situazione e di come fosse comuni…
falce e martello
Mentre Darko parlava, Milan non riusciva a distogliere lo sguardo dal tatuaggio che aveva visto balenare sul suo stomaco, all' altezza del fegato. Una falce e un martello incrociati…
Il ventre era piatto, muscoloso, il fisico di Darko sembrava temprato da anni di palestra… o di guerriglia nelle foreste Bosniache. Continuando a sudare ( freddo ) Milan si era tenuto addosso la maglietta per non mostrare la propria pancia, bianca e molliccia. Non intendeva sfigurare né, possibilmente, essere sfigurato…
" Laz su kratke noge ", pensò Milan, tastando il pavimento dello sgabuzzino in cui era stato rinchiuso. " Le bugie hanno le gambe corte ". Milan, dopo averlo fatto salire in casa, aveva mostrato al cugino le cinque stanze che componevano il suo appartamento… l' aveva lasciato da solo solo qualche minuto, nella camera da letto, per andare in bagno. Al ritorno aveva trovato i cassetti della scrivania aperti…
Darko non aveva detto nulla, sul momento, ma si capiva dal suo sguardo che poteva aver subodorato qualcosa…
Dal quel momento in poi era diventato insolitamente taciturno, gundav, e non aveva più aperto bocca. Poi a un certo punto
le bugie hanno le gambe corte
era impazzito completamente. Gli si era scagliato contro con ijed, rabbia, sopraffacendolo e richiudendolo in uno sgabuzzino. E purtroppo non si era limitato a rubare quel poco che c' era di prezioso in casa e ad andarsene via per sempre, no… tendendo l' udito Milan riusciva a sentire il rumore dei suoi passi in soggiorno. Aveva ancora qualche brutta sorpresa in serbo , quello stronzo…
Milan provò ad alzarsi di nuovo in piedi.
Niente da fare, si sentiva ancora debole e continuava a girargli la testa. Le palpebre, poco a poco, si chiudevano …
Le pupille si erano dilatate, si iniziava a scorgere un po' di luce anche dentro allo sgabuzzino.
Milan, sbadigliando, allungò una mano verso la parete.
Spinse l' interuttore ed esplose…
frcaju iskre iz vatre…
La sua carne si mise a fuoco.

Prima


Darko accese il cannone.
Non c' era neanche stato bisogno di rullarlo: era già pronto, carico, dentro a un cassetto della scrivania di Milan.
vicino alle foto di Richard Gere…
Darko era disgustato: gli veniva da vomitare, un po' per tutta la vodka che aveva bevuto, un po' per aver scoperto che il cugino era un
perverzan
finocchio. Un fottuto finocchio di merda…
Dentro a un cassetto della sua scrivania aveva trovato alcune foto di George Michael a torso nudo e delle istantanee inequivocabili scaricate probabilmente da Internet…uomini che si facevano certe cose a vicenda… in un altro cassetto alcune immagini di Richard Gere nel film " Ufficiale e gentiluomo"…
Darko, che la guerra l' aveva fatta sul serio, non si sentiva né ufficiale né gentiluomo…
Uomo sì, a differenza di Milan, ma gentile manco per il cazzo…
Massiccio e incazzato, ecco come si sentiva, e in un certo senso preso per il culo…
Era da molti anni che non rivedeva suo cugino, per fortuna, ma tutte le volte che era stato ospite a Prijedor Milan aveva dormito sempre nella sua stessa camera, nel suo stesso letto, anzi, per mancanza di spazio. Chiappa contro chiappa…
Darko trattenne, a fatica, un conato di vomito…
Probabilmente le sue tendenze perverse, contro natura, si erano sviluppate dopo, era solo un bambino, a quell' epoca… o forse no.
Darko aveva il sonno pesante...
Neppure le cannonate lo smuovevano. Figuriamoci una piccola manina che di notte, quatta quatta, al buio…
Di cannonate ne aveva sentite tante, durante la guerra in Bosnia, e anche di "cannoni" ne aveva visti a sufficienza : circolava qualsiasi tipo di droga, tra i soldati, purché sparisse ogni scrupolo in battaglia o quando c' era da torturare un prigioniero…
Darko era rimasto per un paio di mesi nel campo di concentramento di Omarska e aveva assistito a diversi " interrogatori ". Uno, in particolare, gli era rimasto impresso…
Due guerriglieri che dalla Cecenia erano venuti fino in Bosnia a combattere accanto ai loro " fratelli Musulmani ". La loro sorte era segnata : su ordine di Mlado Radic, caposquadra dei guardiani del campo, erano stati torturati e poi gettati in una fossa comune . Darko non li aveva toccati neanche con un dito, quei " fottuti figli di Allah ". Si era limitato a seppellirli vivi…
Radic era stato condannato a vent' anni dal Tribunale internazionale dell' Aja…
Darko spense lo spinello e si alzò in piedi. Lui non si sarebbe mai fatto prendere. Non vivo…
Le finestre dell' appartamento erano aperte, decise di chiuderle tutte - nel caso in cui Milan si fosse svegliato, dentro lo sgabuzzino, e avesse cominciato ad urlare…
Non intendeva ucciderlo, soltanto dargli una bella lezione di vita. Fargli vedere come si comporta un vero uomo…
Nello sgabuzzino aveva già intravisto una scopa che poteva essere molto utile, per questo scopo…
Poi avrebbe rubato tutto quello che c' era da rubare e se ne sarebbe andato. Intendeva raggiungere alcuni vecchi commilitoni emigrati in Germania, in una cittadina vicino a Monaco chiamata Dachau…
Darko sbadigliò…
Si sentiva stanco, molto stanco. Aveva superato tre frontiere clandestinamente, percorrendo chilometri e chilometri di fitte boscaglie Croate, Slovene e Italiane. Negli ultimi tre giorni , meno di dieci ore di sonno…
Andò in cucina per prepararsi un caffè. Non poteva ancora dormire, non prima di aver sistemato il frocio…
Aprì i fornelli del gas e poi cercò un fiammifero…
In quel momento, nel soggiorno, squillò il telefono. Darko sorrise: forse era un amichetto del cuore di Milan…
No… più probabilmente era sua madre che chiamava dalla Giamaica. In una pausa tra un negro e l' altro…
Lasciò squillare il telefono fino alla fine, otto volte. Poi decise che non aveva più voglia di caffè. Nella camera di Milan aveva visto una sveglia, un' ora di sonno avrebbe potuto anche concedersela…
Lo sgabuzzino era chiuso a chiave. Per precauzione spostò la tavola della cucina davanti alla porta. Poi tornò in salotto.
Si stravaccò sul divano, esausto.
E, mentre il gas si diffondeva nella cucina, si addormentò.





Catalin Florin Maggi, nato il 5 novembre 1974 a Timisoara ( Romania ) vive a Faenza dall`eta` di 5 anni . Nel 2001 ha pubblicato una raccolta di racconti intitolata "L`ottotipo" e ne ha terminata un` altra in attesa di editore. E` laureato in giurisprudenza.



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