L'OCCIDENTE O L'ALTRO

Jasmina Tesanovic


A dire la verita, non so se sono l'Occidente o l'Altro.
Nel cuore di tenebra con Conrad, il tizio che disse " l'inglese e' la mia seconda lingua". Qualsiasi lingua e' la mia seconda lingua, non ho piu' una lingua madre. Sono sorpresi di fronte alla mia bellezza, la bellezza dell'Altro. Mostro loro le foto del resto della mia tribu'. Si perdono ancora di piu' nell'ammirazione. E mi chiedo: dove andra' a finire tutta questa gente? Certo non su una copertina. Forse in una tomba? Troppo sinistro.
Uno splendido vaso pieno di conoscenza altrui, come diceva Pasolini di Medea. Posso dire lo stesso di me oggi? Si' e no. So perfettamente perche' sono fuggita dalle conversazioni occidentali, così profondamente superficiali, sulla salvezza dell'ordine del pianeta dal caos. Sono scappata proprio verso il caos, verso l'Altro, che mi ha inghiottita, ed eccomi qui ora, nuova, mentre guardo in faccia l'occidente e tutto il resto. Cioe' quello che resta dell' Est e dell'Ovest, quello che occupa lo spazio in mezzo. E sono diventata quello spazio, proprio come il vaso di Pasolini, come Medea, ma non brucero' i miei figli e la mia casa per vendetta, ne' altre case e figli: li mettero' tutti insieme sotto lo stesso tetto, tra parole, pensieri, racconti e canzoni. Sara' questa la mia vendetta.

Come membro donna del Terzo mondo, cittadina di seconda classe, quando oggi vedo la classe povera degli occidentali, non sento di appartenere a loro, come succedeva invece molti anni fa, quando vivevo in Occidente. Nonostante a quei tempi fossi un'occcidentale colonializzata che proveniva dall' Est mitico, come era la Yugoslavia di Tito, profondamente, nel mio intimo, appartenevo al mondo dei poveri e degli umiliati. Nessuno poteva seguire o capire i miei sentimenti ed il mio conseguente comportamento. Vivevo al centro dell' Ovest, nella Milano bene, parlavo italiano senza accento, frequentavo una scuola privata inglese. Ma dicevo sempre ai miei nuovi amici, quando prendevo la parola , non sono nè scema, nè pazza, io SONO straniera. E non solo, senza nemmeno razionalizzare, vivevo nella paura che tutto quello che poi successe nella mia patria e alla mia vita, le guerre, gli assassini, che tutto quello fosse possibile.
Nessuno mi credeva a quei tempi. Adesso però le cose sono cambiate, sono oramai una profeta laica e non mi sento per niente cittadina di seconda classe nè parte del terzo mondo, per il semplice fatto che questo terzo mondo ha cessato di esistere con l'illusione dell'Altro costruito sulla razza, etnicità o nazionalità.
E' andato tutto in fumo sotto le bombe, le fosse comuni …multinazionali, mentre i colpevoli rimangono anonimi come la polvere di anthrax. Nemmeno la geografia o la lingua materna contano più, al loro posto abbiamo la realtà virtuale e la lingua di Conrad.
Ma quello che davvero fa la differenza tra le genti è esattamente quello che l'ha sempre fatta, ma che era scientificamente impacchettato sotto le vesti di razza e nazionalità. Oggi il potere crudo è svelato, e i mezzi del potere, denaro o violenza, sono legalizzati.
Per questo non mi posso identificare nè con gli outsiders dell' Ovest, nè con gli insiders dell' est, cioè il resto del mondo. Perchè, a parte il fatto di non possedere nè potere nè denaro, io sono semplicemente fuori dal gioco, ho perso totalmente la mia identità, perfino quella dell'altro. Ho acquisito invece molte identità frantumate, da scarafaggio a regina.
Sento adesso una differenza differente, sento una differenza nella stessa differenza, ed è di questo che si tratta, di questo spazio che dobbiamo trattare con i guanti, per non distruggere l'unico spazio libero e vivo del mondo futuro, dove la politica della globalizzzazione, giustamente o meno, rende uguali perfino le differenze.
Ho un'amica irakena, Nuha, ha scritto un diario di guerra prima del mio, ma adesso dopo l'attentato a Manhattan, questa storia Belgrado /Baghdad è diventata ancora più vera a New York. Il bello è che, quando alcuni anni fa con Steph Damoff fotografa e redattrice a Manhattan, iniziai una corrispondenza che aveva per tema la normalità. Lei, che leggeva Aristotele a quei tempi sosteneva che la normalità non esiste e se esiste e' noiosa, mi fece infuriare. Che ne sai tu, le scrissi, della normalita e della mancanza di normalità, tu che vivi al centro del mondo, a NY Manhattan.
Eravamo tutte e due presuntuose e idioti politici.
Dopo gli ultimi eventi, e' lei che scrive il diario di Nuha, le lettere balcaniche, lettere parallele a quelle delle donne afghane perché, guarda il caso, Steph lavorava al Trade center e vive nella zona oggi conosciuta come ground zero. Nei tempi mitici, quando l'Altro esisteva ancora, questa zona si chiamava il centro del mondo. Idioti politici, però siamo i migliori a scrivere delle storie attendibili, perche non ci vergogniamo di sbagli, inganni, paradossi. Il suo diario si chiama: come fotografare il Nulla…Dopo la morte dell'Altro.

Perchè la gioia negli altri istiga la violenza in noi? Non l'ho mai capito, ma sono certa che è cosi. Di solito siamo picchiati dal nostro Padre Padrone quando mostriamo gioia e comunità con il mondo nel suo senso totale/globale, non quando siamo chiusi, depressi o distruttivi.
E' forse invidia? Invidia del principio di gioia nell'Altro, di essere esclusi dalla gioia, resi secondari? La violenza carnale è basata sull'insulto dell'Altro, del principio della Bellezza, autonomia e sessualità, indipendentemente dal voyeur escluso.
Il sentimento di esclusione è ispirato dalla manifestazione di gioia nell'altro, come se la gioia dimostrasse l'indipendenza e il principio piu alto dell'individualità e libertà. Il sentimento di esclusione è anche il motivo piu scatenante di atti di violenza.
Si tratta forse del fatto di essere esclusi dal controllo dell'Altro, oppure del semplice fatto di dare importanza all'altro? Forse è proprio questo il momento cruciale, quando l'altro diventa indipendente e autonomo, cioé viene ad esistere a sè e per sè…
Tutte le civilizzazione pacifiche nella storia hanno avuto vita corta e sono state sterminate da coloro che non ce la facevano da soli e nello stesso tempo non tolleravano la differenza e l'Altro.
La violenza politica o personale ha sempre elementi di violenza carnale, perchè tocca il nucleo della gioia del vivere che c'è in tutti, come una specie di orecchio assoluto.
Alcuni l'orechio assoluto lo usano come mezzo artistico, in altri si traforma in un modo aggressivo o autoaggressivo di non vivere la gioia.
Le dittature sono piu interessanti e meno difficili da vivere, anche se piu pericolose delle democrazie, che sono noioise e tortuose.
Dopo il 5 ottobre e la caduta di Milosevic ho pregato l'Ovest a nome della gente serba che ci desse del tempo per il cambio, per uscire dal passato di delitto e colpa. Il 30 giugno 900 tifosi urlando Serbia, Serbia tentarono di linciare 20 omosessuali che cantavano e portavano palloncini e nessuna autorità democratica serba intervenne pubblicamente, erano tutti a un concerto pop, sostenendo che il popolo serbo ha bisogno di divertirsi dopo 10 anni di miseria. Nei giorni seguenti la stampa scrisse del linciaggio come di un conflitto fra tifosi di orientamento sessuale naturale e omosessuali contro natura…il linguaggio crudo della mediocrità basato sull'ignoranza mi aprì gli occhi; ho imparato che la mediocrità può non solo ammazzare la differenza ma perfino la vita stessa. Da allora non chiedo più tempo per la Serbia democratica.
Il caso di Genova, violenza gratuita della polizia in un paese democratico. Il senso buono della globalizzazione, giovani in jeans che fumano marijuana locale, parlano la stessa lingua di Conrad, dall'Africa ai Balkani, diventa un mezzo di potere e violenza in mano a pochi. Ma cosa ha istigato la polizia, per diventare così cattiva da dipingere i muri di un improvvisato ostello con il sangue dei giovani, come se si trattasse di porci, in un rituale fanatico religioso…
Era la stessa violenza che avevo incontrato alcuni giorni prima a Belgrado, quando 900 giovani maschi in furia tentarono di linciare un paio di ragazzi, senza nessuna particolare ragione nè ordine diretto.
La differenza era che a Belgrado la polizia questa volta stava dalla parte giusta. La stessa polizia che solo alcuni mesi prima era dalla parte sbagliata della violenza, quella di un dittatore.
O forse è proprio questo il punto: non c'è differenza quando si tratta di violenza.
L'unico spazio di differenza è quello di pace e tolleranza. Invertendo quindi possiamo dire: nel momento in cui sparisce la differenza non esiste nè l'uno nè l'altro, chiamalo globalizzazione, dittatura o democrazia.
Altrimenti il nuovo ordine diventerrà terrorismo, di stato o di gruppi… oppure un' equa distribuzione del disordine nel mondo.
E la violenza poi è sempre un crimine ?
Mi ricordo un giornalista che tagliò la testa alla sua bellissima moglie, una mattina, perchè, dice lui, non lo guardava direttamente negli occhi mentre le parlava. Bene, poi lui tentò di suicidarsi, non ci riuscì, e andò direttamente al mancomio. In un certo modo questo episodio è la versione privata della violenza pubblica.
Le donne possono rappresentare meglio i cittadini comuni, invisibili ma maggioranza della popolazione.…Posso capire che una donna che si rifiuta di guardare direttamente negli occhi un uomo mentre questo le parla, faccia arrabbiare uno che pretende di essere seguito…Lo posso capire vivendo in un mondo cosi com'e'. La gente che si rifiuta di seguire il proprio capo dandogli la vita, questo sì che fa arrabbiare alcuni capi.
Posso capire anche questo, vivendo in questo mondo cosi com'e', ma dato che poi non possiamo mettere in manicomio tutto il popolo l'unica è metterci alcuni leader…
Questa non è una storia spiritosa, postmoderna. La storia sottintende la colpa della gente e delle vittime, la colpa di aver sopravvissuto l'ovvia trasgressione della legge . Ma solo grazie a questa trasgressione le vittime diventano visibili.
Soltando trasgredendo la legge di un fuorilegge - per esempio l'estradizione di Milosevic all'Aia, contraria alla legge locale - si può togliere la colpa della legge dettata da un fuorilegge.

L'Ovest è sempre l'altra parte dell'Est ma l'Ovest oggi è il simbolo del potere, il centro del potere, anche quando si trova all'Est geografico, come nel caso del Giappone.
Nella storia, l'Ovest è sempre stato il centro del potere e la paura dell'Ovest è sempre stato il momento erotico dell'est. Ma non bisogna dimenticare che la paura dell'Ovest era ancora piu grande all'Ovest che all'Est, dato che piu vicini siamo al centro del potere, più la minaccia è grande, più aumenta la paura.
Dato che l'Ovest è il simbolo della concentrazione del potere (denaro, abilità competizione), allora è certamente più difficile sopravvivere più ne sei vicino.
La paura e' proporzionata alla distanza. In questo senso tutti noi siamo dei falsi occidentali, che si viva all'Est o all'Ovest, perchè non esiste la possibilità di essere dei veri occidentali, come non esiste neanche la possibilità di essere uno straniero vero. L'appartenenza e' sempre una costruzione. Io personalmente temo più la politica dell'autenticità, chechenesia, che la sbandierata costruzione…tribale o culturale…
Il mondo geografico è diventato il veicolo di un assurdità. La globalizzazione l'ha reso possibile e la minacciosa equa distribuzione dell'ingiustizia e della povertà è argomento di scienza e fantascienza come una volta lo erano la tecnologia ed il progresso.
L'Ovest ha perfezionato il suo sistema nelle guerre balcaniche. Il tribunale dell'Aia, il punto più alto della civilizzazione dell'Ovest, è stato possibile grazie alle guerre sul terreno all'est. Ma questa volta, invece della vecchia politica britannica coloniale "let them fight it out ( che si sterminino da soli)", il nuovo slogan: era prima l'intervento umanitario NATO - truppe di pace o intervento militare non importa - poi il tribunale dell' Aia.
E quindi i nostri destini di barbari dell'Est hanno piu in comune con il centro dell'ovest che, per esempio, con il destino di un ricco latifondista dello Iowa, lo stato che praticamente con il suo potere economico elegge il presidente degli Stati Uniti, quindi l'uomo piu potente del mondo.
Credo che sia il latifondista che il presidente pensino davvero di essere soli e indipendenti come ai tempi del Mayflower…o forse non più dopo l'11 settembre?
Tutti i film fatti da stranieri che ho visto sulle guerre nella ex YU sono stupidi, naive in un certo modo. La vista da un carro armato o da qualsiasi altra macchina militare del resto è molto ristretta…
Questi film rappresentano la paura elementare: tuffarsi seriamente nel concetto di una guerra fatta dalla gente tua, a nome tuo. Una mia cugina serba che fuggì da Sarajevo ferita gravemente dai serbi che tenevano la citta sotto assedio mi disse: sono i nostri che me l'hanno fatto, ma non dirlo a nessuno. Il suo silenzio non solo non potè nascondere la verità ma soprattutto curarle le ferite.
Ho visitato, recentemente e finalmente, la tomba di Walter Benjamin, ho visto il monumento in onore della sua morte crudele ma cosi comune, quella di un ebreo durante il regime nazista. La differenza è che il famoso filosofo di Berlino ottenne il visto il giorno dopo il suicidio ed il monumento anni dopo la fine della guerra. Molti non hanno ancora avuto il suo privilegio L'orrore del posto, la depressione del villaggio di Portbou, al centro di montagne scure e nuvole basse, il monumento di metallo nelle roccie, sfiorato dal mare agitato, i grafitti profanatori dei visitatori internazionali…
… Menzogne e mediocrità possono ammazzare più di una volta. Alcuni giorni dopo ho visto una trasmissione in TV su Pasolini, massacrato 28 anni fa, famoso fra l'altro per la sua vivace denuncia della maggioranza silenziosa.
Nessuno parlò del suo assasssinio, della sua omosessualità dichiarata, nè del suo impegno politico, solo della sua grande poesia, che nessuno lesse e nessuno legge. Pasolini viene ammazzato tutti i giorni, finchè tutte queste cose non vengono messe insieme.
Solo le contraddizioni possono salvare stralci della verità. La mia, quella di una serba, il principale aggressore e l'ultima vittima delle guerre balcaniche è: le due volte che sono stata in una situazione di vita o di morte ho avuto l'offerta di salvezza per me e per la mia famiglia da persone totalmente sconosciute. La prima veniva da una famiglia con un background nazista e l'altra da una famiglia ebrea, tutte e due sopravissute alla seconda guerra mondiale. Non hanno chiesto niente nè hanno fatto commenti. Volevano solamente fare un gesto che facesse la differenza, in questo mondo cosi com'e'.


Milano, Bocconi Novembre, 2001





Jasmina Tesanovic, nota scrittrice, nata a Belgrado nel 1954, autrice di “Me and My Multicultural Street” (collana di saggi in Inglese e in Serbo, 2001) e di traduzioni in Serbo di Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante, Aldo Busi, Italo Calvino, Hannah Arendt, Joseph Brodsky e Karen Blixen. Lavora attualmente al libro "Matrimonio", un diario che descrive l'anno in cui sua madre è morta per la scarsità di medicine a causa delle sanzioni imposte al suo paese, e al romanzo "Nefertiti was here".



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