AMANTI DEL CRIMINE
Danzio Bonavia
Ore 00:45 - Sono in macchina con A.,D.,C. Non si sente più
la musica. La coprono sbattendo le bombolette, per rendere fluida
la vernice, prima di entrare in yard[1]. Dentro non potrebbero
farlo. Troppo rumore.
Ma siamo quasi arrivati. Il rumore delle biglie di ferro che rimbalzano
negli spray continua. Sclero. Qualcuno piglia lo zainetto coi
suoi colori e li scuote tutti assieme lasciandoli dentro. Ancora
qualche minuto di casino e poi tutti in silenzio.
Ore 1:10 - Parcheggiamo dietro un caseggiato. Scendiamo dalla
macchina in fretta e torniamo lungo la strada. Loro coi colori,
uno nello zaino, uno in una scatola, laltro in un sacchetto.
Cercano di non agitarli.
A casa li guardavo tutti e tre in ginocchio, con gli spray sparsi
sul pavimento, discutere sulla colorazione che avrebbero fatto.
Poi avevano segnato con un pennarello il tipo di colore sulle
bombolette. Perché lo scrivete? Cè pure
il cerchio colorato intorno al tappino
Sì, ma se no dentro non li distinguiamo. Cè
troppo bujo.
Ah
Ora non cè più quella tranquillità.
Loro camminano veloci, decisi. Avverto tutto come agitazione.
Continuo a voltarmi in ansia. Rimango leggermente indietro. Li
chiamo.
Shhh! Non fare casino. Siamo davanti allentrata e
devi fare cisti. Se ci fermassero qua davanti, con colori bozze,
non sarebbe proprio bello. Parla piano e segui A. Mi sussurra
D., tenendosi al mio gomito. Dietro una curva arrivano le luci
di una macchina. Stai giù! Ci chiniamo tutti
fra le auto parcheggiate e una siepe. Passa. Ci alziamo, mi volto
e vedo A. che la segue ancora. Si gira tranquillo e mi dice: Ora
entriamo. Seguimi e stai giù se vedi arrivare delle macchine.
Okay?! Bin!
Scavalchiamo la staccionata di cemento dellEffesse e siamo
sulla linea[2]. Sussurrano e sono tutti seri e attenti a guardarsi
intorno. Io non so dove fissare la mia attenzione, e cerco di
vedere dove metto i piedi nel buio più totale. Seguiamo
i binari più vicini alla recinzione per una cinquantina
di metri.
Camminiamo in fila col ronzio dei lampioni che mi riempie le orecchie.
Sono tutti davanti a me, A.,D. e C. A. precede tutti e fa segno
di venire. C. si gira, mi guarda, mi sorride e mi dice: Stai
calmo. È tranquillissimo. Non fare cazzate e per ogni cosa
dillo a noi. Basta che stai sempre al buio. È come giocare
a guardia e ladri.
Ci spostiamo al centro della linea. Andiamo avanti fra i binari,
seguendo dei piastrelloni di cemento. Quelli dove di solito, passando
in treno, vedo camminare i ferrovieri che lavorano alla linea.
A parte le luci tutto è in silenzio.
Ore 1:20 - A questora nessuno sta lavorando. Gli altri devono
dipingere prima che il deposito cominci a svegliarsi. Hanno circa
due o tre ore. Davanti a noi vedo i treni, spenti, che dormono
avvolti nel buio. Ci avviciniamo e mi investe un odore che prima
non riuscivo a distinguere. Un misto di ferro, olio, freni bruciati
e caldi, gomma fusa e tanto piscio: lodore della yard. Entrano
in un corridoio[3]. Aspettaci qua. Stai coperto e guarda
verso quel casotto. Cosè? Il
casotto dei ferrovieri. Ah! Bbello! Guardo il
casotto con le luci accese. Pesante. E mi accorgo della cosa peggiore
della yard. Un deposito dei treni è un posto solitamente
strabuio, tranne alcune luci tenui qua e là, lontane. In
più sai che non potresti stare lì perché
è illegale, e sai di dover stare attento. Così se
ti dicono Guarda quel punto laggiù!, inizi
a fissarlo. Le ombre dopo cinque minuti cominciano a muoversi
e pensi ci sia qualcuno.
Mentre io cominciavo a impazzire per le mie paranoie, tornano
e mi dicono: Qua non cè posto, dobbiamo dipingere
più scoperti. Là. E io: Ma A. non ti
sembra che laggiù ci sia qualcuno che ci venga incontro?
E gli indico il posto. Stringe gli occhi guarda e mi fa: Ma
vah! Ma come no?! Cè una folla di gente!
Ma sei fuori? Sei paranoico. Stai calmo. Non fissare toppo
lo stesso punto, se no gli occhi ti vanno a puttane. Vieni! Stai
tranquillo! Stammi vicino.
Si spostano e posano i colori affianco ad un treno sui binari
adiacenti alla banchina[4].
Mi sento scoperto. Qua se la gente si affaccia dalle case
ci vede di fisso. Penso.
Mi viene incontro A. Mi raccomando, guardati intorno ogni
tanto. Quelle sono le entrate. E me le indica Se
cè qualcosa, non ti agitare e dillo a me.
Una sera avevo visto un filmato, fatto da un amico, sugli altri
che dipingevano. Non si vedeva nulla. Era girato di notte senza
faretto. Si sentiva solo il rumore dello spray e le biglie che
scivolavano nelle bombolette.
Ora mi sembra che producano un suono fortissimo, tanto che sono
convinto che lo possano sentire anche le persone dalle case. Loro,
abituati, sembrano non farci più caso, ma dopo mezzora
che siamo in yard lunica cosa che si sente in maniera costante,
è il rumore degli spray che segna il movimento, il pezzo
che prende forma.
Ore 1:30 - Gli altri iniziano a dipingere. Per me è come
il video. Sento gli stessi suoni e non vedo i loro pezzi[5].
Continuo a guardarmi intorno. È una serata di giugno e
si sta veramente bene. Laria è solo fresca e ci sono
ancora un casino di persone sveglie nei palazzi. Spio le ombre
che passano davanti alle finestre coperto dal treno. Controllo
le entrate. Gli altri dipingono con gesti veloci. Tutti coi guantini
in lattice per non sporcarsi di vernice. Mi fermo davanti a C.
che con una pila in bocca si illumina la bozza e stende la traccia
sul pannello[6]. Mi giro di nuovo a controllare la linea, il casotto.
Mi alzo e cammino affianco agli altri e guardo come stanno venendo
i pezzi. Torno indietro, supero A. in testa al treno, mi accendo
una sigaretta e mi siedo su un binario. È stretto. Ma almeno
non è gelato. Non come dinverno, quando devono smuovere
la neve, per non lasciare tracce sotto al vagone, dove è
colata la vernice perché il treno era ghiacciato e non
si attaccava. Mi chiedo come facciano a resistere qua col freddo,
in piedi, fermi. Cosa gli dia la forza e la voglia di sbattersi
così: col guantino di lattice infilato sopra al guanto
di lana per non gelare; a tenersi gli spray sotto la giacca o
a mettere la borsa dellacqua calda nello zaino per scaldarli;
a cercare di asciugare il vagone dalla brina, di stare sotto la
pioggia a dipingere; di interrompere e nascondersi sotto il treno
perché cè qualcuno; di entrare nel vagone
e aspettare che passino i ferrovieri, che non si capisce come
facciano a non sentire lodore fresco della vernice; o a
dipingere nei corridoi sotto il sole, col il puzzo di piscio che
sale, o il vento che gli fa volare via lo spray e respirare quello
degli altri; con la gente di giorno che li vede dalle case e li
sfotte, li insulta, li minaccia Chiamiamo la polizia!.
Arriva la Polfer e scappano. Ma non se ne vanno, perché
è come giocare a nascondino. Se non hanno finito il pezzo
tornano. Perché se scappano e lo lasciano a metà
hanno comunque speso e buttato i soldi dei colori.
È la stessa voglia di sbattersi che gli fa passare una
notte intera in piedi al freddo, per riuscire a capire i movimenti
di un deposito e poter entrare, magari allestero, in un
posto che non conoscono, per fare un pezzo in dieci minuti, coi
ferrovieri dallaltro lato del treno che fumano e giocano
a fare canestro coi sacchetti di spazzatura. La stessa voglia
che ti fa calare con una corda da un dirupo per dipingere il TGV.
Non posso credere che tutto questo sia solo vandalismo. Anche
certo, ma non solo.
Mi guardo intorno e tutto è tranquillo. Mi alzo per vedere
a che punto sono gli altri.
Ore 2:00 - La prima cosa che noto andando verso di loro sono due
tipi allinizio della banchina, nella sala daspetto.
Tocco D. e glieli indico. Lui fa cenno agli altri di coprirsi.
I due si baciano. Aspettiamo che se ne vadano, coperti dalla linea
dei pilastri. Nel silenzio guardo gli altri per sapere che fare.
Ore 2:10 - I tipi vanno via, ma lasciano la porta della stazione
aperta. La luce delle macchine che passano illumina dentro. Non
sono più rilassato come prima. Ma A. posa lo spray e tranquillo,
con la mano col guantino in tasca va a chiudere la porta. C. esce
da sotto un treno. Se stessi là sotto di fisso vomiterei,
fra la carta, la merda e la puzza di piscio. Riprendono a dipingere.
Mi avvicino e guardo i pezzi, ma non distinguo i colori se non
di riflesso. Non si vede un cazzo! Mi guardano un
secondo sorpresi e si voltano. Torno a sedermi vicino ad A. dal
testone[7].
Ore 2:25 - Se guardo una luce per più di venti secondi
di fisso vedo ombre che si muovono e creano forme. Sorrido pensando
alla mia folla di gente e mi giro: il solito rumore di macchina
nel parcheggio. La seguo. Ma non se ne sta andando. Mi alzo e
mi appoggio al frontalino[8] del treno per coprirmi. Chiamo A.
che si sporge e guarda. La luce sul cancello automatico si accende.
Non muoverti e non ti sporgere. Non channo visti.
Resta qua. Se ne va. Mi piglio malissimo a restare lì
solo. Mi giro e faccio per andare a vedere dove sono gli altri.
Ma ecco che A. torna con D. e C e tutti i colori. Siamo tutti
sui binari, davanti ai fari spenti del locomotore, pieno di insetti
morti. Il posto dove stavano dipingendo è completamente
sgombro. Restano solo i pezzi a lato del treno e lodore
di spray. Aspettiamo che parcheggino ed entrino dentro. A.,D.
e C. vanno da un lato allaltro per vedere cosa fanno i tipi
sulla macchina. Chi sono? sussurro. Ferrovieri.
Ma come mai vengono a questora? Iniziano a lavorare?
No, ci abitano. Un ombra passa dietro a un vetro del
secondo piano della stazione. Quindi se aprono una di quelle
finestre ci vedono? Eggià mi risponde
D. tornando a dipingere. Resto lì bloccato.
Ore 2:40 - Quanto ti manca? chiedo ad A. Ho
finito. Faccio le tag[9] e le dediche e andiamo
Ah
Mi metto a guardare il suo pezzo. Me ne vorrei
andare. È un sacco che siamo dentro. Vado davanti ai pezzi
di D. e C. Comè? gli chiedo. Bene
taglia D. e si volta. Quanto avete ancora?
Guarda, devo fare ancora il bordino e i riflessi
con calma,
è presto! Si gira e continua. Intanto A. ha messo
via i colori, e si siede tranquillo a guardare il suo pezzo e
gli altri. Mi fa cenno di venire. Fra un po hanno
finito. Tieni, fuma e se non finiscono in fretta mi sa che non
fumano. Gli sorrido e tiro. Voglio andare via.
Ore 3:05 - Finalmente tutti hanno finito e ce ne possiamo andare.
Ma D. comincia a teggare[10] i frontalini degli altri treni. Che
palle, andiamocene penso, come fanno a stare così
rilassati? Lo aspettiamo andando verso luscita.
Fai di nuovo attenzione! mi raccomandano, scavalcando
la staccionata di cemento e passandomi i colori. Poi i fari di
una macchina cominciano a tagliare i cespugli che ci coprono.
Gli altri a metà del muretto si buttano giù. C.
mi trascina per i pantaloni. Tiro un sospiro, quando vedo che
la macchina non è una volante. Loro tranquilli stanno già
parlando di come sono venuti i pezzi. Mi rialzo e li raggiungo.
Tutti con i colori vuoti, che devono buttare fuori dalla yard.
Ore 3:15 - Siamo di nuovo in macchina. Con la fronte sul vetro,
assonnato, penso a come lodore di spray ci stia appiccicato
ai vestiti. È come se i pezzi fossero là attaccati
al fianco del vagone che dorme, ma ancora incompleti. Mancano
le foto. Se non le fanno subito domani mattina o dopo, quei pezzi
verranno buffati[11]. Quasi tutti i treni hanno una cazzo di pellicola
che non permette alla vernice di penetrare e con lacqua
calda i pezzi scivolano via. Mentre andiamo a cercare un panettiere
aperto mi raccontano che una notte, entrando in yard, hanno trovato
attaccato a un palo una pellicola con una parte di pezzo di uno
degli altri[12]. Sembrava un segnale. Lhanno lasciato
lì apposta, perché lo vedessimo e capissimo che
sanno che andiamo a dipingere lì. O no?
Aspettiamo che il sole sorga, mangiando e fumando. Poi qualcuno,
non io di certo, dovrà entrare e cercare di fare le foto,
coi ferrovieri che già gireranno incazzati attorno al treno
dipinto. Tutte queste ore, tutto questo sbattimento, il rischio,
tutti i soldi spesi, dalla benzina ai colori, e non può
essere solo vandalismo, se no avrebbero rotto tutti i vetri, che
non si riparano con lacqua calda.
E zitto continuo a pensare, appoggiato al finestrino, ma mi manca
qualcosa, qualcosa per capire e cucire tutte le loro emozioni
e le loro motivazioni.
Ore 6:45 - A. e C. entrano in stazione, questa volta dallingresso
principale. Credo che poi abbiano percorso tutta la banchina,
fino ai loro pezzi in testa al treno e abbiano fatto le foto.
Dormivo. I ferrovieri li indicano, si raggruppano e gli vanno
incontro. Per uscire sono costretti a incrociarli. Li chiamano
e A. finisce di fare le foto. Poi si gira chiama C.. Vanno nella
direzione opposta alluscita. I ferrovieri dietro. Il marciapiede
finisce. Loro continuano tranquilli camminando fra i binari coi
treni in movimento verso lentrata o luscita, non della
stazione, ma del deposito dei treni. Della loro yard.
A tutti quelli che si accorgeranno del limite che il vandalismo
imporrà alla propria arte.
NOTE
[1] - Deposito dei treni
[2] - I binari del treno
[3] - Lo spazio fra due treni
[4] - Il marciapiede per i passeggeri in stazione, spesso
una stazione è anche un deposito
[5] - Il prodotto finale del writer
[6] - Il fianco del treno, sotto i finestrini, usato come
tela
[7] - La testa del treno
[8] - Il muso del treno
[9] - Lo pseudonimo che il writer usa per firmare il proprio
lavoro
[10] - Firmare
[11] - Slang - cancellati
[12] - Gli altri - The Others
Danzio Bonavia - Nasce a Imperia
nel 1978, vive a Torino, dove si occupa di grafica. Scrive racconti
e poesie. Studia a Torino Letterature e Culture Comparate. Collabora
alla rivista Baco, dove ha pubblicato racconti. Con Davide Danio
(1979) e Veronica Patti (1982) ha creato il progetto Opiemme.Poesie
(1998): si tratta di un giovane gruppo poetico che ha fra i suoi
principali obbiettivi quello di far riscoprire soprattutto ai
giovani (ma on soltanto) la lettura della poesia, attraverso l'innovazione.
Obbiettivi del gruppo sono la ricercatezza della semplicità,
la colloqualità, la quotidianità del linguaggio,
e la fusione di poesie, parole, e le più diverse forme
artistiche (pittura, web design, aerosol art, musica, grafica,
fotografia, animazione video).
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