PERDERE TERRENO

Raffaella Grassi



lind@
sono le tre di notte, e non dormo da non so quanto.
ho letto la tua mail solo adesso, non accendo il pc da una settimana. so che non ci crederai, ma è così.
avevo voglia di vita vera. di sguardi veri, di carezze vere, sì, anche di uomini veri, non ti arrabbiare.
sono uscita tutte le sere insieme a cloe, in giro per i locali del centro storico, ho conosciuto un casino di gente.
se ho fatto sesso? sì, un paio di volte, e non chiedermi come è stato.
e nemmeno con chi.
suonano alla porta, sarà cloe che mi riporta il vestito rosso che le ho prestato.
a dopo, ciao.
tom@s
chiariamo subito che non me ne frega niente delle tue scopatine di fine estate.
siamo ben oltre noi due, o almero spero.
e così hai un vestito rosso. magari corto che ti si vedono le mutandine quando sei seduta, e con la scollatura a vu che scopre la curva leggera del seno (abbronzato?).
bene. stasera ti penserò così, con la lingerie nera sotto, e i capelli bagnati.
non mi hai mai descritto cloe, sei gelosa forse?
me la immagino bionda, con gli occhi chiari e le gambe lunghe.
ho indovinato? sincera.
mi incuriosisce cloe, a partire dal suo nome, così freddo e definitivo, la immagino con lo sguardo di vetro e la bocca di fuoco.
cloe cloe cloe. lind@ lind@ lind@. tom@s tom@s tom@s.
lind@
vuoi sapere come è cloe?
ti dico subito che non sei il suo tipo.
troppo cerebrale, troppo egocentrico, troppo magro.
troppo fragile.
cloe ha ventidue anni, effettivamente è bionda naturale. occhi verdi, lentiggini su tutto il corpo, anche sul seno, e lei ci soffre. così la prima volta che va a letto con un ragazzo vuole la luce spenta. va matta per le coccole, i baci dietro il collo e il cioccolato bianco. questa è cloe.
dimenticala, perché non te la presenterò mai. mai mai mai.
p.s. come è andata la tua sega notturna con il mio vestito rosso?
tom@s
stai diventando volgare, una volta non parlavi così.
ma chi frequenti nelle tue botte di vita vera?
oggi sono stanco, stanco negli occhi e nella testa.
ti telefono.
ciao, state ascoltando la segreteria telefonica di linda. lasciate un messaggio oppure un saluto dopo il bip, se ho voglia e tempo vi richiamo, altrimenti lasciamo che il caso intrecci le nostre strade…
ciao sono io. non ci sei o fai finta?
niente, avevo voglia di parlarti. perché hai scritto che sono fragile? non mi piace, non mi va che tu mi vedi così, e poi non è vero. sono contorto, e strano, ma non fragile. potrei sparire anche adesso, cambiare mail e non sentire per niente la tua mancanza.
che fai, dormi fuori? sei con cloe? come sei vestita?
lind@
mi fa sempre uno strano effetto sentire la tua voce, non ci sono abituata. non più.
del resto anche quando vivevamo insieme non parlavi molto.
però era bello, all’inizio.
svegliarsi alla mattina tardissimo, con le tue dita intrecciate nei miei capelli.
fare colazione insieme, caffè nero e nutella.
belli, i momenti belli.
cattivi, i momenti cattivi.
tornare a casa e trovarti fra le lenzuola a leccare la tua ex.
aspettarti tutta la notte per festeggiare il primo anniversario, e scoprire che sei andato da tua madre per evitarmi.
una vita fa, una lind@ fa.
adesso io sono io e tu sei tu.
questo per sottolineare che non te lo dico, se dormo fuori oppure no, la cosa non ti riguarda.
e piantala anche di chiedermi sempre di cloe, mi da’ ai nervi.
addosso ho solo le mutandine, bianche.
cambia mail, cosa aspetti? non avrai mai il coraggio.
tu hai paura di spezzare i legami, hai paura di perdere di vista anche un solo minuscolo pezzetto del tuo lucidissimo ego riflesso su chi ti sta intorno.
tom@s
ce l’hai ancora con me per quelle vecchie storie? sei veramente vendicativa. senza ragione, poi. ho fatto sesso con elisa quella volta, e allora? devi stare a rinfacciarmelo una volta su due che ci sentiamo, come se non fosse bastata quella patetica imbarazzante scenata, tu che piangevi appoggiata contro il muro e noi che cercavamo di rivestirci il più velocemente possibile, ci inciampavamo nelle scarpe e tu immobile, zitta, pallida, a sanguinare lacrime come una vergine violata.
perché non hai gridato? perché non ci hai insultato? sei una perfida.
basta, ti prego, non parlarne più. cancella, fai un back up, rimuovi,
per un po’ non ho voglia di sentirti, diamoci un break.
ciao, state ascoltando la segreteria telefonica di linda. lasciate un messaggio oppure un saluto dopo il bip, se ho voglia e tempo vi richiamo, altrimenti lasciamo che il caso intrecci le nostre strade…
va bene un break, ma sono passati dieci giorni. dove sei finita? sei ancora arrabbiata? lo sai che eravamo ubriachi tutti e due, e poi non è stato nemmeno troppo bello, me la ricordavo più tonica, e con il seno più grosso.
sto scherzando, ovviamente.
quanto tempo che non sento la tua voce, mi chiami?
lind@
no non ti chiamo, non ho voglia.
sono giù giù giù. tu non c’entri niente, non illuderti. no, tutto un insieme di cose, questo mondo di merda, questa gente di merda.
stanotte hanno giustiziato bernabei, mondo di merda, e noi nelle nostre case a guardare, sui nostri divani, gente di merda.
mi faccio schifo, perché sono viva e inutile.
quanto tempo è che non esci?
tom@as
quattro mesi.
lind@
hai deciso di ibernarti, o cosa?
proprio tu che non riuscivi mai stare a casa, che dovevi andare in giro per locali tutte le notti, vedere gente, camminare, muoverti, muoverti, muoverti.
ma come si sta, da soli, è meglio? la vita, come diventa?
domani sera alle nove ti telefono, rispondi.
ciao, sono io.
lo so, ti aspettavo.
come stai?
così così. oggi sono venuti a trovarmi marco e ale.
ah, ma allora qualcuno viene….
non proprio, è stato un esperimento, hanno insistito, ma non è andata troppo bene…
cioè?
ero teso, rigido, non vedevo l’ora di rimanere di nuovo solo.
ma sono i tuoi migliori amici da sempre, marco era in banco con te alle elementari…
lo so, non posso farci niente, mi davano fastidio, tutti e due, e poi non avevo niente da dirgli, non succedono molte cose qui…
senti, secondo me dovresti farti vedere da un medico…
ciao, adesso ti saluto. riprendiamo via e-mail, è meglio.
lind@
non torno sull’argomento.
però un medico, magari solo per telefono.
sono un po’ imbarazzata, non avevo capito la situazione.
cosa ti è successo? quando è cominciato?
quando ci siamo visti per l’ultima volta, ad aprile a quell’inaugurazione, ti ho trovato bene, eri con una ragazza molto carina e molto giovane, con i capelli rossi e il piercing all’ombelico. una tipa pseudoartistica, di quelle che piacciono a te.
mi sembravi eccitato, tanto che ci sono anche rimasta male, a vederti così su di giri. e allora? te la sei portata a letto, e poi?
hai fatto cilecca e hai deciso di votarti al za-zen?
tom@s
sei lontana.
a parte che la ragazzina non me la sono portata a letto perché era minorenne e suo padre è pure avvocato, e poi non c’entra niente.
è successo così, giorno per giorno, gradualmente.
alzarsi da letto, mettere i piedi a terra e rimetterli sotto le coperte.
come un freddo, attraverso il corpo, un brivido che si ferma solo a occhi chiusi, al buio, nel silenzio. solo così.
non è brutto, anzi, a volte mi sento proprio bene, al sicuro, quasi a posto.
lind@
se non chiami un medico tu, lo chiamo io.
anzi, vengo domani mattina, aprimi.
tom@s
non ti apro, non venire.
è stato così faticoso dover vedere marco e ale, sentire le loro voci, articolare un minimo di frasi, sostenere i loro sguardi, ricambiare i loro sorrisi. una fatica.
come sei vestita oggi?
parlami del tuo vestito rosso, parlami delle tue mutandine, parlami di cloe
risponde la segreteria telefonica di tomas. non è in casa, non è fuori di casa, semplicemente non è.
molto divertente, ma non mi lascio impressionare dai tuoi giochetti. tomas, adesso piantala, hai attirato l’attenzione su di te quanto basta. marco e ale hanno detto in giro che ti sei rinchiuso, tutti parlano di te come uno sciamano metropolitano, ma adesso basta. rispondi al telefono e dacci un taglio
tom@s
ti allontani sempre di più. ritorna verso di me. non avere paura.
parlami del tuo vestito rosso, parlami delle tue mutandine, parlami di cloe
lind@
ti droghi?
tom@s
sei lontana.
parlami del tuo vestito rosso, parlami delle tue mutandine, parlami di cloe
lind@
hai vinto.
il vestito rosso l’ho messo ieri sera.
sono andata a una festa, in una casa bellissima, in piazza della maddalena. una casa molto simile a quella dove abitavamo noi, con i davanzali in ardesia e il terrazzino sui tetti. vuoi sapere se qualcuno mi guardava? sì, in parecchi, ero senza reggiseno e sul terrazzo c’era un vento freddo e i capezzoli mi sono diventati duri, e sporgevano attraverso la stoffa.
c’era un uomo che mi intrigava, con i capelli un po’ brizzolati e la barba di tre giorni. però non era solo. lui mi guardava, io lo guardavo e tra di noi c’era la sua donna, l’ho vista solo di schiena, belle gambe e collo sottile.
sono andata via prima di loro, e i nostri sguardi sono rimasti nell’aria.
contento?
tu cosa hai fatto? cosa fai delle tue giornate, e delle tue notti?
tom@s
non mi hai parlato di cloe.
lind@
sei monotono.
ho incontrato marco. è preoccupato per te. sul serio. mi ha anche detto che fai la spesa su internet e che traduci articoli dall’inglese per una rivista d’arte.
bravo, ha pensato proprio a tutto il nostro piccolo robinson crusoe.
non ti viene mai voglia di toccare una donna, di correre sotto la pioggia, di sentire il sole scottare sulla pelle? non ti viene mai voglia di vedermi?
voglia di vedere cloe?
tom@s
sorry, non ci casco.
le sento le voglie che dici tu, eccome se le sento, ma è più forte la stanchezza, il freddo, la sensazione di pienezza nel muovermi in questo vuoto che è solo mio.
delimitato dai miei passi e dalla mia voce.
lo so che marco è fuori, ha anche telefonato a mia madre negli stati uniti quello stronzo, l’unica cosa che non doveva fare.
non drammatizzate, fate finta di non sapere niente, trattatemi come prima.
non sono malato. è una scelta lucida, ho voglia di vivere, ma non nel mondo, non fuori, non all’aria, non tra la gente.
è così difficile da capire? così assurdo?
lind@
per favore, mandami una tua foto recente.
scannerizza o usa l’autoscatto della macchina digitale che ti abbiamo regalato l’anno scorso per il compleanno. voglio vedere in che condizioni sei. voglio vedere se ti lavi, se ti fai la barba, se ti cambi la biancheria.
granché pulito non lo sei mai stato.
scherzo.
tom@s
accontentata. ti allego un piano americano.
non è una brutta idea, mandami tre foto tue.
una vestita, una in reggiseno e mutandine e una nuda.
lind@
sei sempre il solito porcellino, altro che anacoreta.
per fortuna sono rimaste a me tutte quelle foto porno che mi hai fatto in quell’alberghetto della provenza.
chissà cosa ci faresti in questo periodo.
o forse no.
lo so che in realtà non mi hai mai desiderato veramente. il mio corpo non ti eccitava. stavi con me e lanciavi sguardi obliqui alle ragazze, di continuo, per strada, in spiaggia, nei bar.
non mi sono mai sentita bella vicino a te, e più cercavo di essere sensuale più mi sentivo ridicola, perché sapevo che non avrei mai potuto essere come lei, magra come lei, minuta come lei, trasgressiva come lei.
tom@s
lei chi, scusa?
lind@
ipocrita.
lei lei no, la tua ex. ancora oggi quando la incontro la studio da capo a piedi per capire, non mi sembra poi così speciale, anzi, uno stecco con troppo rossetto. eppure.
tom@s
ancora con lei, è un’ossessione.
tu mi eccitavi, mi hai sempre eccitato, mi ecciti ancora adesso.
argomento chiuso.
se hai carenze affettive, non scaricarle su di me.
lind@
il tuo egoismo mi fa paura.
comincio a capire perché ti sei rinchiuso, per convincerti che tu puoi bastare a te stesso, che gli altri sono superflui alla tua esistenza, che il grande tom@s è splendidamente intransitivo.
vaffanculo.
ciao, state ascoltando la segreteria telefonica di linda. lasciate un messaggio oppure un saluto dopo il bip, se ho voglia e tempo vi richiamo, altrimenti lasciamo che il caso intrecci le nostre strade…
vaffanculo te.
lind@
potevi risparmiartela, la telefonatina.
dalla foto sembri sempre uguale, stessa faccia, stessi occhi, stessa piega della bocca.
sei pure abbronzato, che storia è?
lampada o terrazzino?
tom@s
terrazzino.
ho spaccato la tv, a colpi di martello.
troppe voci, troppe facce, troppe risate.
troppa umanità.
lind@
vado in vacanza per dieci giorni, al sud.
ho voglia di caldo, caldo, caldo.
perché non ti uccidi?
che senso ha vivere così?
tom@s
dieci giorni senza sentirti.
che bello.
mi fai solo domande stupide, che dimostrano quanto sei lontana.
che senso ha vivere così.
trovami una sola cosa nella tua affollata esistenza che abbia senso, e io ti risponderò.
vivere in mezzo agli altri è perdere terreno, sempre e comunque.
mi piacerebbe la libertà dei morti.
per tutto ciò che è fuori, provo solo stanchezza e disgusto, la vita degli uomini mi fa vomitare. o addormentare.
cammini, saluti, parli, chiacchieri. e devi anche ascoltare, sostenere la conversazione. e stringere mani, e dare bacetti sulle guance a donne che ti fanno schifo, e bere qualcosa di cui non hai sete intorno a un tavolo, e salire sull’autobus e toccare corpi estranei che puzzano, e sopportare, sopportare fino alla tua fermata, ma ormai sei a pezzi, inebetito, fradicio di umanità, e non sai più nemmeno chi sei.
quando è successo?
forse non è mai successo, forse è sempre stato così, e non me ne accorgevo.
ecco, ti ho spiegato tutto.
quando tornerai, tra dieci giorni, non sarò più qui.
lind@
e dove saresti andato, nella stanza accanto?
vuoi sapere della mia vacanza?
ho conosciuto un ragazzo speciale, di marsiglia.
un musicista, abbiamo fatto l’amore dentro al suo bungalow tutte le sere, e una volta ci siamo addormentati in spiaggia, nudi, e alla mattina delle cornacchie con i bambini si sono messe a gridare, e i bambini ridevano divertiti e ci salutavano con la manina.
voglio vederlo, voglio andare a marsiglia, mi accompagni?
giuro che non è una provocazione. porto anche cloe.
lind@
tom@s perché non rispondi, non fare lo stronzo.
ti telefono.
risponde la segreteria telefonica di tomas. non è in casa, non è fuori di casa, semplicemente non è.
tom@s, guarda che vengo a casa tua, e se non apri butto giù la porta.
lind@
non c’è nessuno, dentro.
dove sei?
marco ha chiamato di nuovo tua madre, si è spaventata quando gli ha raccontato che il tuo appartamento è vuoto, cioè ci sono i mobili, ci sono i vestiti, i tuoi libri, i tuoi dischi, ma non ci sei tu.
continuo a leggere e rileggere la tua ultima mail.
ho paura.
dove sei?
anche io ti faccio così schifo, anche il mio corpo, la mia bocca, il mio seno, le mie cosce?
non riuscirai a farmelo credere.
sei vivo, tom@s, fa’ che tu sia vivo, ti prego, esco a cercarti, non so dove ma ti troverò, dovessi attraversare tutta la città.
ciao, state ascoltando la segreteria telefonica di linda. lasciate un messaggio oppure un saluto dopo il bip, se ho voglia e tempo vi richiamo, altrimenti lasciamo che il caso intrecci le nostre strade…
sono marco, linda, sono marco.
lo hanno trovato, con un biglietto tra le mani.
ti leggo il testo, linda, sono marco, sono io, lo hanno trovato un’ora fa.
cosa hai, ma cosa hai dunque? non ho niente, non ho niente, ho solo fatto un salto fuori del mio destino, e ora non so più verso che cosa voltarmi, verso che cosa correre.



Nasce a Genova nel 1967. Si laurea nel 1992 con una tesi in Letteratura Teatrale presso la Facoltà di Lettere, e nel 1996 in Giornalismo presso la Facoltà di Magistero del capoluogo ligure. Collabora al quotidiano Il Secolo XIX, è redattrice della rivista di cinema La magnifica ossessione. Nel 1993 riceve il Premio Pirandello per la tesi di laurea e nel 1999 il Premio Giovanile Internazionale di Poesia Genovantanove. E' autrice del saggio "Territori di fuga. Il cinema di Gabriele Salvatores", edito da Falsopiano, 1997. Il suo racconto "I felici" è pubblicato nella raccolta "Parole di Carta" edito dalla Marsilio, 2000.
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