Il compromesso Monica
Dini
Se
svolti l'angolo, là in fondo, ti si erge davanti come una paura. E'
una chiesa troppo alta rispetto alle case della gente. Ha una torre sul tetto,
con una Madonna bianca in cima, un paradisgrazie. L'intonaco della facciata
si lascia andare e cade in mucchi di rena che i fedeli ascoltano scricchiolare
sotto le scarpe, nel silenzio che precede la Messa. E' il giorno della prima
Confessione. I bambini mormorano, ogni tanto un catechista sibila richiamandoli
al silenzio. I genitori più attenti sono pronti per le foto. Il prete gonfio
di potere fa esempi sul bene e sul male. Una Madonna con bambino soffoca il
serpente con un piede. Una Madonna troppo alta per un animale senza zampe. L'incenso
dà lo stesso odore a tutti. L'odore
d'incenso era lo stesso. Mancavano le caramelle del Priore. Le mani degli angeli
danzavano tra le pieghe delle vesti. Era adulta, ma il prete continuava a ricordarle
le caramelle dure. Diverse nei colori, di sapori uguali, tutte incartate nella
carta trasparente. Le caramelle di dopo la benedizione. Non conosceva altro della
Chiesa se non il ricordo della benedizione prima di Pasqua, un ricordo di bambina.
Non era più entrata in Chiesa da venti anni. L'odore
d'incenso era lo stesso, una puzza che pizzicava la gola. Martina era alla
prima confessione, aspettava che la chiamassero. Aveva un lungo elenco di peccati
da dismettere, risultato di un accurato esame di coscienza seguendo il manuale
che le aveva dato il prete. Aveva scritto di verde, con la penna che usava
a scuola per le centinaia, quelli meno importanti - buttare i calzini sporchi
nella scatola dei giochi, lasciare l'asciugamano per terra dopo averlo usato. I
peccati gravi li aveva scritti con la penna rossa, quella delle decine. Uno
grave era sputare a suo fratello. Però se lo meritava. Non sapeva cosa
fossero i peccati prima di andare a catechismo. Un fascio di luce riscaldava
la Madonna triste, si sentì a disagio, quasi fosse colpa sua la tristezza. Era
Dio che guardava? Se sapeva già tutto, perché voleva che parlasse
dei propri fatti con uno sconosciuto?
L'odore
d'incenso era lo stesso. Don Mario stava vicino all'altare. Aveva gli occhi chiusi
e le braccia allargate, le teneva alte con i palmi delle mani rivolti al cielo,
come reggesse un vassoio lungo. In raccoglimento aspettava che la gente finalmente
si zittisse. Tutti quei bambini da confessare. Mesi di spiegazioni sul peccato
e l'importanza di riconoscerlo, in un mondo dove si annida camuffandosi nella
normalità. Illuminare le giustificazioni, che consentono di peccare in
libertà. Convincere che esiste un solo modo di credere che non può
essere liberamente interpretato. Un buon credente deve esserlo senza pensare,
anche senza capire, si deve fidare della Parola di Dio. Era stata una grande
fatica, ogni anno uguale o peggiore dell'anno prima. Don Mario era sazio perché
certo di fare bene, curava ogni particolare. Del resto non era colpa sua se il
mondo era pieno di gente convinta di potersi autoassolvere, convinta che i dogmi
e i rituali della Chiesa fossero inutili. Ricordava come molti anni prima,
quando era un prete giovane, tutti si confessassero continuamente. Erano pecorelle
che si tenevano pronte in caso la morte le avesse ghermite all'improvviso. I tempi
erano cambiati, le anime di oggi erano aquile e l'erba non le saziava più.
Recitiamo
insieme atto di dolore mio Dio mi pento e mi dolgo dei miei peccati
Non
so pregare
le frasi sono ridicole. Da bambina era facile. Perché
la mia bambina possa seguire il catechismo con i compagni, partecipare ai rituali,
sono costretta a mentire. Almeno un genitore deve essere credente. Avrei potuto
dire - guarda tesoro mio che questa cosa non la puoi fare perché è
contraria alle nostre convinzioni - avrei potuto farlo perché sono io che
comando. Sarebbe stato molto più comodo. Ci ho pensato, ma ho deciso
che per scegliere bisogna conoscere e le ho dato la stessa possibilità
che ho avuto io. Quando ero bambina ci credevo. Dopo che mi ero confessata
mi sentivo santa, dicevo che da grande avrei fatto la suora e quando una striscia
di sole pungeva le nuvole e illuminava lontano, pensavo che Dio mi indicasse la
strada. Adesso credo in me. Mi piacerebbe confessarmi, potrei dire - Padre
liberami dalla menzogna. Io non credo, non posso più fingere. Ti consegno
la mia bambina come un impasto da modellare, perché tu le insegni quello
che sai e sei, affinché un giorno, come me, sia libera di non credere conoscendo.
Dovresti essere orgoglioso Padre di questa confessione, potresti curare la mia
bambina ancora più degli altri, come un'orfana. Ma questo non accade
nella realtà. Finita la confessione mi cacceresti e soprattutto cacceresti
la mia bambina. E' colpa tua se la mia anima galleggia nel peccato come uva
sotto spirito. Perché
peccando ho offeso Te
Infinitamente
buono e giusto
Meno
male che la nonna mi ha dato l'Atto di Dolore lo so a memoria. Si poteva anche
leggere. Ne terranno conto che ho studiato. Don Mario ha detto che i peccati
stanno in un sacco che ci portiamo sulle spalle e diventa sempre più pesante.
Ogni tanto lo dobbiamo rovesciare, a questo serve la confessione, a vuotare il
sacco. Alla fine si diventa gobbi per il peso
è vero, anche mio zio
che fa piangere la nonna è diventato curvo e anche magro magro. A portare
il peso si fatica per questo si dimagrisce. Signore perdonami
Tocca
a me
mi sono mangiata l'interno di una guancia. Con un dito la spingevo
contro ai denti. Non me ne sono accorta
che schifo il sangue. Chissà
se basteranno questi peccati che mi sono scritta. Quanto
fiato sprecato con questi bambini. Di trentadue che sono, forse cinque sono di
famiglie decenti. Che vengono in Chiesa, che mi danno una mano per la manutenzione.
Forse cinque che considerano la Domenica un giorno da dedicare a Dio e non solo
quello che si lava la macchina. Sentiamo questa bambina
Basta
bimba mia, quanti peccati hai scritto, va ti assolvo e dì alla tua mamma
che dica l'Ave Maria con te, tre volte. Così almeno per oggi un po'
ha pregato. Eccola
la mia bambina, è radiosa. Questa notte ha dormito poco, non sapeva se
bastavano i peccati.
Hai
vuotato il sacco? Sì
non ti sembro più leggera? A occhio
non si misura il peso, a casa proviamo con la bilancia. Ha detto Don Mario
di dire tre Avemarie
anche te . Va bene. Martina
sa che la mamma non crede e non dice le preghiere, ma la farà felice e
le dirà col cuore. Senza la bocca. La mamma vuole che impari, che conosca
le cose. La mamma dice che ognuno ha il suo pensiero e per fortuna è solo
suo. Recitiamo
insieme il Padre Nostro, poi andiamo a casa. È
finita. I bambini navigano, piccole boe che appaiono e spariscono tra le onde
dei grandi. Il
prete rimane a guardare il volo curioso di aquile con le gambe di pecore. Si avvia
da solo. Ha consigliato alle famiglie di fare una piccola festa a casa, per
i bambini confessati. Sale le scale pesantemente aggrappandosi alla ringhiera.
Apre la porta, non ci sono rumori, solo l'eco fastidioso dei bambini per strada. Infila
le gambe nei pantaloni e i piedi nelle ciabatte, mette a scaldare l'acqua e prepara
una tisana alla menta. E' solo, così vuole la regola, quando il suo maestro,
tanti anni fa gli parlò del celibato, non disse - nessuno con te - disse
che era un particolare tipo di amore. D'improvviso, mentre cola un cucchiaio
di miele nel liquido caldo, il sacco che porta sulle spalle diventa troppo pesante,
sente di non reggerlo più, cerca di sistemarlo ma il suo peso lo spinge
e con forza lo sbatacchia sul tavolo di marmo della cucina. Si rovescia anche
la tisana.
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