Simón il mago
Carlos
Béjar Portilla
Siccome le foglioline
di ruta, il legno di aloe, l'incenso e gli aceti balsamici sono molto difficili
da trovare al mercato, è un bene che il cuore di una colomba nera o cucire
le palpebre di un rospo verde raccolto in una secca possano servire al medesimo
scopo. L'importante è che tu ti mostri deciso davanti alla ragazzaglia
gridandogli forte tutututu, TUTUTU, mentre gli getti addosso l'intruglio magico,
e se ti prendono a ceffoni non devi fare una piega perché il giorno di
San Severino, quando apriranno la finestra per far entrare la luce astrale, saranno
tutti morti, morti. Questo i ragazzi non lo credono e mi pigliano in giro.
Simón, quello con la gobba e le scarpe da disgraziato. Si avvicinano e
si divertono come maiali. L'altro giorno se ne stavano al banco a raccontarsi
delle cose oscene, poi sono andati a giocare a biliardo. Quella notte il sordo
Lucho fu sorpreso mentre rubava al signor Justino, quello dei pegni, e lo hanno
messo in galera, così non mi darà fastidio per un bel po'. Ma lo
Storpio, Testa Grossa e Pepe Augusto mi bersagliavano con le loro molestie, mollandomi
non meno di duecentomila ceffoni prima di alleggerirmi del portafoglio. Dentro
avevo la medaglietta che mi aveva regalato la zia, due gessetti, delle polverine
di benzoino e l'immagine trafitta di spilli della figlia della vicina. E me l'hanno
rubata proprio quando la fattura era a buon punto, lei si sarebbe concessa a me
anima e corpo e io me la sarei goduta tutta. Siccome mi avevano mandato a pagare
le bollette della luce, in tasca avevo qualche soldo del resto, allora chiesi
se potevo entrare nel gioco, ma Testa Grossa, che di nascosto si era messo alle
mie spalle, mi diede fuoco all'orlo del soprabito e nel giro di un minuto avvampai
arrostendomi una natica. Mentre si sganasciavano dalle risa, arrivò lo
Storpio con un secchio pieno d'acqua e me lo rovesciò in testa. Non restava
altro da fare che andarmene infuriato, ma sul punto di infilare la porta sentii
un violento colpo sul cucuzzolo che per poco non mi stende a terra. Li ho maledetti
per l'eternità. Inoltre mi hanno rubato la formula per trasformarsi in
strega che avevo scritto su incarico della grassa Caridad, un'amica della zia
che lavora vendendo candele fuori della Cattedrale. Grazie alle mie conoscenze
ermetiche, la scrissi su carta di stracci dove per tre giorni avevo tenuto prigionieri
due mosconi neri che lottavano per uscire. Ma adesso la grassona dovrà
fare a meno della mia formula perché lo Storpio l'ha fatta a pezzetti,
ed era l'unica di cui disponevo per i sortilegi femminili. Sabato la famiglia
va in campagna e nella fattoria dei cugini di papà cresce bene la cicoria,
c'è il sandalo e non mancano nemmeno i veleni che mi servono. Ci andrò,
anche se perderò la partita del campionato di quartiere, per il quale i
ragazzi hanno praticamente pronta tutta la squadra. Con il Pelato alla sinistra
e lo Storpio al centro, sarà difficile che ci tolgano dei punti. La sera
al "Messico" daranno un film della Maschera d'argento e un altro di
Django, quello di Il buono, il brutto e il cattivo, e uscendo di lì
i ragazzi andranno a festeggiare. Questo pomeriggio è venuto Pepe Augusto
per invitarmi alla festa della sorella e mi ha detto che si dovranno portare liquori.
Ho deciso che ci andrò ben rasato e magari mi incontrerò con la
vicina che non mi vuole perché ho la gobba e sono piccolo e le mani mi
si spellano e l'occhio destro si trova piuttosto al centro della faccia, come
se l'anima non avesse la sua bellezza, ma batti e ribatti uno di questi giorni
riuscirò a spuntarla. Siccome dobbiamo andare alla festa portando due
bottiglie di rum, io sto già preparando le mie. L'importante è non
far soffrire i ragazzi e che tutto avvenga esattamente come dice la formula.
(Traduzione
di Roberto Buglioni.)
Carlos Béjar Portilla (Guayaquil, 1938): Il racconto Simón il mago
č comparso nella raccolta Simón il mago del 1970, che inaugurava la varietŕ
linguistica e l'elaborazione formale della sua prosa, confermate anche dai titoli
successivi.
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