Amore in pista


Webster Stone


"Dovresti venire a conoscerla. È proprio il tuo tipo, te lo dico io." Mio fratello sa abbastanza bene quali sono i miei gusti, per cui, di solito, del suo giudizio mi posso fidare.
Però lei viveva a Los Angeles e io abitavo a New York.
Fatto sta che ci parlammo per telefono una volta. Una conversazione breve. Dopodiché cominciammo a flirtare mandandoci messaggini. Mi accennò che stava per compiere gli anni. E io le accennai che in quel periodo sarei stato a Capri. Ma se voleva potevo mandare un jet privato a prenderla perché mi raggiungesse per il giorno del suo compleanno.
"Parli sul serio?"
"No, non sto parlando sul serio, no."
Venni a sapere dopo che il suo ultimo ragazzo, che faceva il broker, la portava avanti e indietro in aereo da una costa all'altra.
"Però potresti venire."
Ci mettemmo d'accordo. Era una pazzia, ma una pazzia niente male. Non ci eravamo ancora incontrati e già stavamo per trascorrere quasi due settimane insieme in Italia, a cominciare dal matrimonio di un mio amico vicino a Lucca. Un viaggio estremo, ecco il termine da usare. Un'esperienza talmente assurda da non poter fare a meno di provarla.
A dire il vero una cosa del genere l'avevo già fatta una volta. Due anni prima avevo portato una ragazza in Turchia. Esagero se dico che era la mia ragazza, perché c'eravamo incontrati solo qualche volta; voglio dire, non avevamo neanche mai cenato da soli, io e lei. C'è chi salta la cerimonia nuziale e passa subito al ricevimento. C'è chi salta tutte e due le cose e va dritto alla luna di miele.
Il viaggio in Turchia fu straordinario. Alloggiammo al Ciragan Palace sul Bosforo, un albergo da sultani. Visitammo tutte le città sepolte della Cappadocia e poi scendemmo giù lungo la costa ionica, da Izmir a Bodrum.
Insomma, tutto molto romantico. Ma anche una completa perdita di tempo. Prima di partire si era rimessa insieme al suo ragazzo.
"Ma allora che cosa ci sei venuta a fare in Turchia?!" le chiesi quella prima notte, mentre guardavo le navi illuminate dalla luna passare tra l'Asia e l'Europa.
"Mi andava di venirci. Non sarà mica un problema, no?" Come Byron, un altro romantico, presi in considerazione l'idea di tentare la traversata a nuoto fino alla riva opposta. - Dio solo sa cos'altro avrei potuto fare quella notte.
Ovviamente, lei volle prendere due stanze separate (per quanto, devo ammetterlo, la sua se la pagò da sola). E da un albergo saraceno all'altro, i proprietari rimanevano sconcertati di fronte a quella bella coppia di infedeli che si rifiutava di violare le restrizioni stabilite dal Corano in materia di convivenza al di fuori del matrimonio.
Ma una cosa va detta: era una compagna di viaggio eccezionale. Era capace di girare per Istanbul al volante di un'auto con il cambio a cloche. O di scolarsi una bottiglia intera di vino a pranzo, mentre si faceva fuori un bel piatto di costolette d'agnello cotte al sangue; aveva letto veramente "La storia della guerra del Peloponneso" e riuscì persino a compiere un decoroso tuffo con capriola all'indietro dal bordo di un gommone, ubriaca e in mutande, alle sei di mattina.
Perciò, se l'alternativa fosse stata una vegetariana piena di pretese, priva di senso dell'umorismo e di cultura classica, ma con la quale in effetti avrei potuto dividere il letto, avrei preferito…la vegetariana. Del resto la Turchia era il luogo ideale per un'avventura amorosa - è lì che è ambientata la più bella scena di sesso raccontata da Erodoto, no?
Ma ecco che, a due anni di distanza, avevo un'altra possibilità - un viaggio di dodici giorni in Italia.
Io e la mia ragazza ci incontrammo per la prima volta all'aeroporto Kennedy, al cancello d'imbarco del volo per Roma. Era molto attraente, effervescente, direi. Parlammo per tutto il viaggio. Sul volo diretto a Pisa, per dormire mi appoggiò persino la testa sulla spalla.
Ma era dalle superiori che non lasciava il paese. E questo risultò evidente al ritiro bagagli - si era portata tre valigie giganti, per cui fui costretto a prendere un'auto di classe superiore con telaio rinforzato.
In breve tempo arrivammo a destinazione, un palazzo magnifico a Segromigno in Monte, e la luna di miele ebbe inizio. Non solo non insisté per avere una camera singola, ma si raccomandò per giunta che i due letti venissero accostati. Però! E bravo il mio fratellino!
Le prime ventiquattro ore furono felici, romantiche, per non dire eccitanti - pranzo accompagnato da prosecco, relax al sole in piscina, corsa tra i vigneti. Ma poi il vino cominciò a diventare aceto. Si chiudeva in bagno per ore e ore. Si arrabbiava se non le stavo sempre accanto. Si risentì persino per il tempo che dedicai alla cerimonia nuziale (ero il testimone dello sposo). E fu proprio da quel momento che smettemmo del tutto di parlarci. I letti potevano anche rimanere uniti, ma noi dormivamo tutti e due così vicini ai nostri rispettivi bordi da rischiare di cadere - e adesso lei sopra il pigiama si metteva la tuta. Ma dovevamo resistere ancora tre giorni prima di tornare a Roma (dove avrei potuto prenotarle il viaggio di ritorno per Los Angeles, sei giorni prima del previsto).
Certo non potevo ringraziare mio fratello.
La situazione peggiorò di giorno in giorno: prima la festa in spiaggia a Forte dei Marmi, poi il pomeriggio difficile trascorso a Firenze e infine la visita forzata alla Cappella Sistina. Il tutto culminato in una litigata a voce altissima sul Ponte Cavour. Venti minuti dopo, mentre lei infilzava con rabbia i suoi funghi porcini, io uscivo dal ristorante e, senza dirglielo, le prenotavo il volo per il giorno successivo. Mi sarebbe costato mille dollari in più, ma avrei potuto pagarne anche tre volte tanti.
Forse era perché non parlava l'italiano, o perché non era abituata a viaggiare, o forse era per via di quelle orribili valigie, oppure era per colpa…mia. Ma che importanza aveva? Sarebbe stato un divorzio in cui nessuno aveva colpa. La luna di miele potevo farmela anche da solo e tanti saluti.
Avevo già in programma di uscire con degli amici quella sera, così io e la mia ragazza mettemmo in scena una farsa e ci sforzammo di comportarci da persone civili. Ci incontrammo tutti in un bar all'aperto che si chiamava Obika. Di fronte a un piatto di mozzarelle di bufala che venivano da Paestum, Caserta e Salerno (e agli unici veri mojitos che io abbia mai bevuto in Italia) io e la mia ragazza iniziammo quasi ad andare d'accordo. I mojitos la ammorbidirono un bel po'. La mia ironia al vetriolo si attenuò e lasciò spazio a un sentimento completamente diverso - ragazzi quant'era sexy!
Più tardi, quella sera, al ristorante in compagnia di un gruppo di amici italiani, la aiutai a ordinare e mi sforzai sul serio di farla sentire più a suo agio. Dopo tutto, di lì a dieci ore se ne sarebbe andata.
Poi, verso la fine della cena, mentre chiacchieravo con una delle persone che avevo di fronte, sentii una mano che mi accarezzava piano la schiena. Forse era ricominciata la luna di miele. Solo che adesso c'era un problema: avevo fatto in modo che partisse l'indomani mattina, e non potevo cambiare di nuovo il volo. Non dissi una parola e decisi di comportarmi come se niente fosse. E le cose non fecero altro che migliorare. Il giorno dopo andammo in un albergo vicino a Piazza di Spagna. Lei salì a scegliere la stanza, mentre io mi preparavo psicologicamente a trasportare le tre valigie della morte (in ascensore non ci stavano, non era abbastanza grande). Varcai la soglia barcollando con la prima valigia e notai che aveva scelto una stanza luminosa, con uno specchio enorme - proprio accanto al letto. Quel giorno le feci vedere il Panteon, la Fontana dei Quattro Fiumi, Palazzo Chigi e Villa Borghese. E lei suggerì di tornarcene all'albergo, nella nostra stanza con lo specchio.
Il giorno dopo prendemmo la macchina e andammo a Napoli. Le piacque da morire la pizza da Michele, dove la servono solo in due modi: con o senza mozzarella. Prendemmo il traghetto per Capri. Volle per forza lasciare le valigie in macchina e si portò solo una piccola borsa per tutti e tre i giorni. Ebbi un tuffo al cuore.
In viaggio la personalità di una persona viene fuori subito. Vivere con qualcuno non è difficile, è viaggiare insieme che mette davvero alla prova. O forse, più semplicemente, è il rapporto stesso a subire un'accelerazione, in positivo oppure in negativo. E il nostro stava decisamente accelerando nella direzione giusta. A Capri pranzavamo con calma, ci tuffavamo dagli scogli, facevamo il bagno e, in spiaggia, ci appartavamo per fare un po' di sesso nella cabina di qualcun altro. Per il suo compleanno le comprai un bellissimo pareo confezionato in Italia e poi la portai a cena in un ristorante nascosto tra le rocce di una parete a strapiombo, con vista su tutta l'isola. (Naturalmente il vero regalo di compleanno consisté nel riservarle di nuovo un posto sul volo in partenza da Roma con cui sarebbe dovuta partire inizialmente).
Tornammo indietro per passare un'altra notte a Roma: una cena a Trastevere seguita da una lunga passeggiata, assaggiando l'uno il gelato dell'altra. Partimmo insieme la mattina dopo.
Non eravamo una coppia perfetta, e lo sapevamo. Ma quando ci separammo all'aeroporto Kennedy veniva da piangere a tutti e due. Era stato un viaggio romantico e straordinario, una vera e propria luna di miele alla cieca. Abbiamo persino pensato di rifarlo. Soltanto che adesso potrebbe esserci un problema: ci conosciamo già.




(Tratto da The New York Times, T Style Magazine, del 21 Maggio 2006. Traduzione di Federica Merani.)





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