Sesso
di guerra
Chris Hedges
In tempo di guerra si respira un'ossessione quasi universale per le avventure
sessuali. Imperversa una sorta di totale abbandono e persino chi in tempo di pace
condurrebbe una vita prudente e sicura si lascia andare a sfrenati rapporti carnali.
Gli uomini, e soprattutto i soldati, non pensano quasi ad altro. Quando il potere
si abbassa a questo livello di rozzezza, quando la vita e la morte valgono poco
o niente, l'erotismo pervade tutti i rapporti. In questi incontri c'è una
lussuria frenetica che cerca, in un certo senso, di riprodurre o intensificare
la droga della guerra. Sicuramente non si tratta di amore, perché in guerra
l'amore è difficile da mantenere o da creare. Gli incontri casuali sono
carichi di un'energia sessuale cruda e intensa che sa della voluttà autodistruttiva
della guerra stessa. In guerra l'erotismo è come l'urto della battaglia.
Schiaccia i protagonisti. Donne che in altre circostanze non verrebbero considerate
delle bellezze improvvisamente acquistano il fascino di Elena. Uomini dotati solo
del potere di uccidere vengono idoleggiati e desiderati. I corpi, gli stessi che
giacciono immobili a poche centinaia di metri di distanza, diventano utensili,
oggetti con una funzione precisa. Questi fuggevoli incontri sessuali - intensi,
prepotenti e in gran parte anonimi - si sgonfiano in gran fretta e lasciano dietro
di sé un senso di rimorso o addirittura disgusto, un vuoto che si dilata
in una palude di solitudine. Rimanete in guerra abbastanza a lungo e il vero amore,
la vera tenerezza e complicità, diventano quasi impossibili. Il sesso è
un'altra variante della droga della guerra.
Se
siamo onesti - ha scritto il filosofo J. Glenn Gray in The Warriors - molti
di noi che, nelle ultime guerre, sono stati soldati civili confesseranno di aver
passato molto più tempo al servizio di Eros durante la carriera militare
che in qualsiasi altro periodo precedente o successivo della loro vita. Quando
eravamo in divisa quasi tutte le ragazze anche solo vagamente attraenti avevano
una forte carica erotica. Da parte loro, milioni di donne ammettono che la divisa
esercita un grosso richiamo sessuale, soprattutto in tempo di guerra. In Another
Day of Life, un libro dedicato alla guerra civile in Angola, il giornalista
polacco Ryszard Kapuscinski racconta di una soldatessa ventenne di nome Carlotta,
membro del Movimento popolare per la liberazione dell'Angola (Mpla), il gruppo
ribelle appoggiato dall'Unione Sovietica e da Cuba. Combattente leggendaria -
e Kapuscinski osserva giustamente che le ragazze sono soldati bambini molto migliori
dei ragazzi perché meno inclini all'isteria -, Carlotta accolse il giornalista
e la sua squadra con addosso una divisa sformata e un fucile automatico gettato
sulla spalla. Gli uomini ne erano infatuati. La consideravano dotata di un "fascino
sfuggente" e di "grande bellezza". "Più tardi, quando
sviluppai le foto di Carlotta, le uniche foto che restano di lei, mi accorsi che
non era poi così bella. Eppure nessuno osò dirlo ad alta voce, per
paura di distruggere il nostro mito, la nostra immagine di Carlotta di quel pomeriggio
d'ottobre a Benguela." "Sembrava bella. Perché? - si chiede
-. Perché era quello lo stato d'animo in cui ci trovavamo, perché
ne avevamo bisogno, perché era così che volevamo che fosse. Siamo
sempre noi a creare la bellezza delle donne, e quel giorno creammo la bellezza
di Carlotta. Non riesco a spiegarmelo in altro modo". Ma anche i rapporti
che sembrano andare oltre l'erotismo sono vuoti. In guerra molte relazioni assomigliano
all'amore, ma hanno più a che fare con una proiezione che con la realtà.
I soldati si innamorano delle donne malgrado la notevole differenza culturale
e anche se la barriera linguistica rende difficile la comunicazione. Ma persino
in questo caso la guerra corrompe il rapporto. Perché il soldato significa
potere assoluto, protezione e forse fuga, mentre il fascino delle donne risiede
in quella gentilezza che in guerra scompare. Ciascuno trova nell'altro le qualità
cancellate dalla guerra: tenerezza o sicurezza. Ma a conflitto finito ben pochi
di questi rapporti riescono a durare. I giovani sono attratti da chi esercita
la violenza e il potere. Perché studiare per diventare un medico o un avvocato
quando quel lavoro non è ricompensato e di fatto spesso considerato privo
di qualunque valore? Perché attenersi alla moralità comune, che
comprende il duro lavoro, quando l'esito è la privazione di tutto? Perché
avere principi personali o morali quando questi principi sono irrilevanti? Assassini
e signori della guerra diventano l'oggetto di fantasie sessuali. Stando ai sondaggi
d'opinione serbi, il leader paramilitare Zeljko Raznjatovic', meglio noto come
Arkan, era uno degli uomini più desiderati del paese. La guerra trasformò
Belgrado, come ogni altra capitale coinvolta nel conflitto, nella Roma di Caligola.
Nell'aria si respirava lassismo morale, alimentato dalla disperazione e dall'apatia.
I delinquenti più noti della città, che, a volte in compagnia del
figlio di Milosevic', Marko, minacciavano i padroni dei bar con le armi automatiche,
percorrevano le strade in Mercedes e BMW. Riempivano i nightclub di Belgrado,
abbigliati nei loro costosi completi neri italiani e in giacche di pelle. Al Lotus,
uno di questi nightclub al centro della città, il ritmo della musica pulsava
fra il fumo bluastro delle sigarette e le luci stroboscopiche. Le ballerine seminude
correvano da una parte all'altra e saltavano in due enormi gabbie inondate di
luce insieme a uomini e donne della pista da ballo. Una sera, le giovani coppie
cominciarono a togliersi le camicie e a simulare l'atto sessuale con le danzatrici.
"Resta ancora un po'", mi disse uno dei padroni del locale. "Lo
spettacolo è solo all'inizio." Alla luce di un riflettore, una ballerina
nota come Nina, una stella della vita notturna violenta e frenetica di Belgrado,
scese da una scala a chiocciola tuffandosi nella baraonda. La sua amante e guardia
del corpo, una donna massiccia con i capelli tagliati cortissimi e una Luger tedesca
infilata alla cinta, la seguiva minacciosamente nell'ombra. Nina danzava con mosse
seducenti sulla pista da ballo bagnata di luce, strofinandosi addosso ai proprietari. La
guerra spezza antiche proibizioni che mettono al bando la violenza, la distruzione
e l'omicidio. E a questo spesso si accompagna lo sgretolamento delle norme sessuali,
sociali e politiche perché il dominio e la brutalità del campo di
battaglia si trasferiscono nella vita personale. Stupri, mutilazioni, abusi e
furti sono la conseguenza naturale di un mondo in cui domina la forza, in cui
gli esseri umani sono diventati oggetti. Il virus è pervasivo. In guerra
la società si atomizza, premia la capacità di sopravvivenza personale
e spesso travolge chi è onesto e prova sentimenti di compassione. All'orgoglio
che si prova per una vita dedicata al paese o a un'istituzione, a una carriera
o a un ideale, spesso subentra la vergogna e il senso di colpa. Nel nuovo ordine
sociale chi ha vissuto una vita onesta e socialmente produttiva è punito
per la sua credulità. Le guerre nei Balcani videro la nascita dei campi
di stupro, luoghi dove le donne erano detenute e ripetutamente violentate dai
paramilitari serbi. Quando la cosa diventava noiosa - perché il sesso perverso,
come le stragi, esige continue stranezze e novità - le donne venivano mutilate
e uccise. E queste scene erano filmate. Anche in Argentina, durante la "guerra
sporca", le donne venivano detenute in condizioni molto simili e poi uccise.
In Argentina le schiave sessuali erano usate e poi buttate via come spazzatura,
i loro corpi drogati a volte venivano gettati in mare dagli elicotteri. (
)
(Tratto da Il
fascino oscuro della guerra, Editori Laterza, Bari, 2004. Traduzione di Maria
Giuseppina Cavallo.)
Chris Hedges è stato per quindici anni corrispondente di diverse testate,
tra cui il "New York Times" e il "Dallas Morning News". Insegna Giornalismo presso
la New York University e ha ottenuto vari riconoscimenti. L'ultimo, nel 2002,
è stato l'"Amnesty International Global Award for Human Rights".
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