L'occidente
pornopolizzato -
Un'intervista a Jack Hischman a cura di Adam Vaccaro -
Jack Hirschman
ALTRE RAGIONI - SU HIRSCHMAN E OLTRESiamo in una situazione culturale
affollata, deprimente e ininfluente rispetto al potere in atto, che usa armi sempre
più potenti, oltre che di distruzione, di distrazione di massa,
per una produzione di consenso sempre più beotizzante. È una situazione
in cui, tra i Nomi più noti, ben pochi hanno speso la propria visibilità
su guerre, scandalosi andamenti delle vicende politiche, occasioni di recupero
di memoria o di uscita da punti di vista chiusi nel pantano italiano - vedi i
casi del trentennale della morte di Pasolini o del recente tour italiano
di Jack Hirschman. L'occasione del reading milanese di Hirschman del 5 novembre
2005, organizzato da Teatro CRT, Manifesto, Milanocosa e Casa della Poesia
di Baronissi, è stata preziosa perché ha sollecitato il pubblico
che ha affollato la Sala dei Poeti del Teatro alla riflessione critica e alla
necessità di interazioni tra linguaggi e culture diverse. Ho coinvolto
Milanocosa perché credo che, oggi più che mai, questo genere di
incontri possa aiutare a stimolare, per quel che riguarda la poesia contemporanea,
scambi vitali tra un'estetica sempre più chiusa in una "stanza"
(quale quella italiana), e un'altra più aperta alla "strada".
Entrambe possono trarre beneficio nella ricerca di una espressione che coniughi
complessità e transitività comunicativa, impegno civile senza illusioni
di parola facile, profondità senza derive intimiste, nichiliste
o parnassiane. Per questo non mi ha meravigliato l'assenza, tra le centinaia di
presenze, di tanti che si auto eleggono a vati della poesia contemporanea.
L'evento di questo reading di Hirschman è stato posto perciò
da me nella linea di ricerca di una parola che sia (ricordando Whitman) voce
di un numero immenso, parola che non nasce dal nulla e non ambisce
il nulla, che cerca di collocare quel "sogno in presenza della ragione"
quale è la poesia, nella storia e nella globalità del mondo. In
questa occasione ho posto le domande che seguono a Jack Hirschman, con le risposte,
tradotte in Italiano da Claudia Azzola.
L'INTERVISTA:
D. Sono cambiate nel corso dei decenni le tue valutazioni su come si colloca
secondo la tua esperienza il fatto di scrivere versi: come fatto tra fatti pubblici,
come esperienza intima e poco condivisibile col resto della comunità, o
come incrocio necessario che tende a ricostruire identità singola e collettiva?
A me sembra di cogliere la spina dorsale della tua poesia nella tensione a questo
incrocio; è così? R. È certo che i cambiamenti
politici e sociali degli ultimi venticinque anni hanno influenzato non solamente
la mia poesia quanto la poesia degli autori in genere. A partire dal 1980, data
della mia adesione al Partito Comunista dei Lavoratori e del mio impegno come
operatore culturale durato una dozzina di anni fino allo scioglimento volontario
del partito stesso, la mia voce personale e anche la mia voce pubblica si sono
identificate con le lotte della classe lavoratrice. L'elezione del populista e
fascista Ronald Reagan ha avuto come effetto il consolidamento delle forze culturali
della Sinistra. Si è cominciato a intravedere una nuova classe di poveri
- gli homeless e addirittura i veterani divenuti homeless gettati per le
strade delle metropoli. Il mio fare poesia e il mio lavoro di traduzione sono
stati sempre grandemente influenzati da condizioni di ingiustizia ed oppressione.
Nel corso degli anni Ottanta fino ad oggi ho voluto portare una luce di speranza
ai cuori, proprio denunciando ogni forma di sfruttamento capitalistico. D.
Ma esiste oggi, secondo te, una comunità umana degna di tale nome o esiste
una massa tendenzialmente disgregata, fatta di individualismi rissosi (nei paesi
sviluppati), o di masse emarginate e disperate dentro e fuori le aree di maggiore
sviluppo capitalistico? R. In fasi più remote della mia vita
di poeta tendevo a vedere la comunità come un gruppo di creativi d'avanguardia,
poeti, scrittori, artisti, musicisti, e dagli anni '80 sicuramente ho spostato
il mio punto di vista. Oggi siamo consci che non c'è un'avanguardia artistica
che sappia esprimere un qualche valore autentico se non si mette al servizio dell'autentica
avanguardia, che oggi altro non è che quella dei più bisognosi in
ogni società. Non viviamo nel passato. Il tempo dei manifesti DADA è
morto e sepolto. In un Occidente "pornopolizzato" ormai, è inutile
épater le bourgeois. Il compito che ci aspetta è soffocare
il capitalismo in nome di tutti quelli che muoiono di fame e di abbandono, cui
la guerra ha devastato e mangiato l'anima. Questo è ciò di cui la
poesia autentica dovrebbe occuparsi nel nostro tempo. Nient'altro. D.
Come è cambiata questa realtà negli ultimi decenni e quale funzione
specifica può avere il fare poesia entro il suo orizzonte? Di irrimediabile
marginalità e ininfluenza o di resistenza incisiva di aggregazione e valori
umani? R. Con l'applicazione capillare del microchip dal 1970, con il
collasso ideologico del comunismo sovietico e l'impatto del capitalismo globale
che ne consegue, come insegnano questi ultimi quindici anni, il consumismo più
diffuso e la paradossale polverizzazione della sensibilità hanno cambiato
tutte le forme d'arte. Il poeta è in grado di fare luce su questi cambiamenti.
Anzi, deve. La poesia oggi è minacciata nella sua essenza, anche se - paradossalmente
- ci sono adesso più poeti di ogni altro periodo storico. E la minaccia
viene dalla continua spinta alla banalizzazione di ogni forma poetica. D.
Pensi che esista oggi in America una comunità letteraria e una poesia adeguate
ai gravissimi problemi posti da una civiltà che mostra tutta l'intenzione
di far coincidere la propria inevitabile fine con la distruzione di ogni equilibrio
e possibilità di vita umana sulla Terra? R. La prima resistenza
di una certa importanza, poeticamente parlando, alla rivoluzione tecnologica messa
in atto dal capitalismo nei primi anni Settanta fu il movimento hip-hop. Quella
forma di poesia orale ha percorso il mondo. Ma, come molte forme di arte collettiva,
questo movimento è scaduto nel business, nel mercato. Oggigiorno
in America il sogno di un poeta nell'ambiente accademico è di diventare
parte del grande business letterario, il che significa celebrità,
ricchezza e sicurezza. Molti tra i poeti non considerano il loro stesso lavoro
un'arma di lotta della comunità, o la coscienza di classe o finalizzato
al sociale e al politico. Certi, e sono i più patetici, scrivono sì
testi impegnati socialmente, ma considerano tuttavia le loro opere come espressione
"individuale" e niente più. D'altro canto, è chiaro che
i 35.000 testi poetici inviati per e-mail nella grande emozione suscitata dalla
guerra in Iraq vanno letti come una risposta enorme. Il fatto è che oggi
le vere "comunità" di espressione, di attivismo e cose del genere
sono presenti nel mondo virtuale, nel computer. D. Rispetto a tale quadro
storicosociale sono ancora vitali e utili le migliori interpretazioni marxiane
e del materialismo dialettico, che per me hanno sempre incarnato una tensione
laica e moderna di ripresa unitaria e di relazione gioiosa e non alienata con
la vita? R. Certo è il marxismo la chiave. Ma in America - dove
l'alienazione, e l'alienazione entro l'alienazione non sono dati per scontati
ma in effetti sono le (a)normali condizioni di vita capaci di funzionare quando
si ha una schiera di esseri schiavizzati sostanzialmente (nel senso di sostanza,
cioè droga) nella schizofrenia paranoide, esseri cui è stato insegnato
di accettare una coscienza opaca come norma di vita - il marxismo non ha mai esercitato
una presa forte se non forse in una fase inconscia. Veicolarne alla coscienza
le aspirazioni di non alienazione e di felicità umana compiuta è
forse il compito principale del poeta nel nostro tempo. D. Pensi che
parole come "anima", "sacro", "cuore", "spirito"
debbano essere lasciate a culture e ambiti sentimentali, astratti, spiritualistici
e romantici o - richiamando anche Leopardi - una poesia innervata in una cultura
materialistica può e deve riappropriarsene, rinnovandone il senso all'interno
di una ricerca inarresa entro la nostra globalità corpomentale e biologica? R.
Amo queste parole astratte o forse non proprio astratte. Le uso, a volte. Qui
fa fede il contesto. Meglio di tutto sarebbe, certo, evocarle all'interno di un
testo poetico senza davvero "pronunciarle". Ma dato il fatto che un
poeta non può creare pura evocazione, non vi è nulla di fondamentalmente
errato in queste parole tra gli elementi contestuali più specifici di un
testo. Non mi piacciono le regole nella poesia. Nessun tipo di regole. E dacchè
la democraticità del fare poetico non esclude niente, non è questione
di classe. La lingua non appartiene a una classe in particolare. Appartiene a
ogni classe. E così è con le singole parole specifiche. Sta tutto
in ciò che il singolo poeta fa con le parole. D. La poesia ha
la capacità alchemica di dare corpo all'incanto e all'utopia di generare
amore e energia vitale anche dal mucchio di orrori apocalittici in cui siamo immersi.
È questo il valore umano e sociale, oggi in particolare, della poesia:
ricostruire vita anche dove tutto tende a essere sempre più distrutto? R.
Questi sono certamente i valori particolari della poesia odierna. Quale arte dell'Inizio,
la poesia prende su di sé la memoria ma si situa al centro del caos distruttivo
ed essendo il suo battito quello del cuore, ed essendo che le parole sgorgano
dalle viscere e tra i più sofferenti ed offesi della società, dalle
loro lacrime e dai loro sogni di felicità, la poesia, dici tu giustamente,
è uno strumento grandioso della ricostruzione dell'essere umano nel momento
contemporaneo di negazione e di isolamento e di disincanto.
Adam Vaccaro, poeta e critico nato in Molise nel 1940, vive a Milano. Ha pubblicato:
La vita nonostante, Studio d'Autore, Milano 1978; Strappi e frazioni,
Libroitaliano, Ragusa 1997; La casa sospesa, Novi Ligure 2003; e la raccolta
antologica La piuma e l'artiglio, Editoria&spettacolo, Roma 2006. Tra le
pubblicazioni d'arte: Spazi e tempi del fare, con acrilici di Romolo Calciati
e prefazioni di Eleonora Fiorani e Gio Ferri, Studio Karon, Novara 2002; Sontuosi
accessi - superbo sole, con disegni di Ibrahim Kodra, Signum edizioni d'arte,
Milano 2003; Labirinti e capricci della passione, con acrilici e tecniche
miste di Romolo Calciati e prefazione di Mario Lunetta, Milanocosa, Milano 2005.
Con Giuliano Zosi e altri musicisti, che hanno scritto brani ispirati da sue poesie,
ha realizzato concerti di musica e poesia. È presente in molti Siti on-line e
raccolte antologiche e collabora a riviste e giornali con testi poetici e saggi
critici. Per quest'ultimo versante, ha pubblicato Ricerche e forme di Adiacenza,
Asefi Terziaria, Milano 2001, Premio nel 2001 del Laboratorio delle Arti di Milano,
sez. saggistica. È tra i saggisti del Gruppo redazionale che ha curato, insieme
a Gabriela Fantato, Sotto la superficie - quaderno di approfondimento sulla
poesia contemporanea de "La Mosca di Milano", Bocca Editori, Milano 2004. Ha fondato
e presiede Milanocosa (www.milanocosa.it,), Associazione Culturale con cui ha
realizzato numerose iniziative. Tra queste: "Scritture/Realtà - Linguaggi e discipline
a confronto", di cui ha curato con Rosemary L. Porta gli Atti, Milanocosa
2003; "Bunker Poetico" in collaborazione con M. N. Rotelli alla 49a Biennale d'Arte
di Venezia, giugno 2001, di cui ha curato con G. Guidetti la raccolta Poesia
in azione, Milanocosa, Milano 2002; la 1^ Carovana Nazionale di Poesia e Musica
(21-31 marzo 2003), promossa e coordinata con Anna Santoro e Maria Jatosti; evento
col patrocinio del presidente della Repubblica e dell'UNESCO in corrispondenza
della Giornata Mondiale della Poesia del 2003. Ha curato con F. Squatriti 7
parole del mondo contemporaneo, libro di Poesia, Arti visive, Musica e altre
discipline, Milanocosa ed ExCogita, Milano 2005.
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