La luna ti segue dappertutto
- Tratto dal romanzo "I nani" -
Harold Pinter
Pete guardò,
al di sopra del corpo di Virginia, verso le ombre gibbose della stanza, e poi,
dopo averle raccolto i capelli, glieli riadagiò sul cuscino. Lei lo
attirò verso di sé. Lui posò la testa sul seno. Una leggera
brezza, che proveniva dalla finestra aperta, alitava sopra di loro. Lei guardò
i muri proprio al di sopra della testa di Pete. Non riusciva a distinguerne i
confini. Le sembravano vicini e lontani allo stesso tempo. Fissò il soffitto
screpolato. L'alone pallido dell'ombra pendente, dapprima visibile, ora svaniva
a vista d'occhio e si trasformava da figura in sagoma, amalgamandosi con le gibbosità
del soffitto. Impressa su di un muro, una macchia oblunga che sembrava un'inferriata,
si infiltrava dalla finestra. Il buio faceva risaltare i loro corpi, gravava,
e si dissolveva nel ritrarsi, sotto il suo sguardo fisso. - Sono riuscita a
cancellare il buio dalla faccia della terra. Pete allungò le braccia
intorno alla gamba di una sedia e incrociò le dita. - Come hai fatto? -
No, è buio, - disse lei. - Ancora più buio da quando ti sei mosso. -
E il caldo. Se non avessimo tanto caldo, non sarebbe così buio. - D'estate,
- disse Virginia, - il giorno non diventa mai notte. Il giorno è giorno.
D'inverno, la notte è parte del giorno. - Non credo, - disse Pete, -
d'essere d'accordo con te. Sbadigliò e si stirò, pigiando il
piede sul parafuoco. - Ora è buio, comunque. Più buio perché
noi siamo così bianchi, - disse lei. - Sí. Lui, voltandola
sui cuscini, la attirò a sé per baciarla, e fissò il suo
viso. - Tu non chiudi gli occhi. - No, - disse lei. - Perché no? -
Perché voglio vederti. - E perché? - Perché ti amo. -
Si, - disse Pete. - Anch'io ti amo. La luna aveva raggiunto il centro della
finestra. I suoi raggi si riflettevano su di loro attraverso le asticelle di una
sedia. - Senti. Tu non credi che io ti ami? - E tu? - Ci credi? -
No. - Ti sbagli, - disse Pete. - Io ti amo. Raggiunse la sedia e sfilò
due sigarette dalla sua giacca, le accese e ne mise una tra le labbra di Virginia. -
In un certo senso sono poco sveglio, io. Lasciò che il fumo si accumulasse
per poi sparpagliarlo con un soffio. - Ma sto diventando meno ottuso. -
Ottuso? - Credo che sto imparando ad amarti. - E come? - Forse sei tu
che mi insegni, chi altro potrebbe? - Io? - E chi altro? Si alzò
a sedere e si girò per guardarlo. - L'altro giorno mi hai detto che
per te ero come un ragazzo. - Ho detto: in un certo senso. - Ma... -
Ho pensato molto. - A cosa? - Ho molto riflettuto. Lasciò cadere
la testa sul cuscino che si trovava accanto al fianco di Virginia, allungando
le gambe verso il caminetto, lei, seguendo i suoi movimenti, abbassò gli
occhi. Chinandosi lo baciò e poi si allontanò per sedersi. Lui la
riattirò a sé e premette le labbra sulla sua spalla. I capelli di
Virginia lambirono il viso di lui. Lui le baciò il seno. Lei fissò
la finestra. La luce riverberava. Lei si girò su un fianco e gli cadde
addosso. Pete la abbracciava, si baciarono rotolando via dai cuscini. Le sue cosce
erano avvinte a quelle di lei. Erano immobili, la parte scura, del sottotavolo,
era sospesa sopra di loro, le mani di Virginia gli cingevano la vita. Lei faceva
scivolare le mani lungo il corpo di lui. Pete si liberò da quell'abbraccio
e si sedette. - Sí, sei molto bella. Tornarono sui cuscini e si sedettero
uno di fronte all'altro. - Cosa stavo dicendo? - lui sorrise. - Stavi pensando. -
Sí. - Avevi pensato. Pete raccolse la sigaretta di Virginia dal caminetto
e gliela passò. - A volte, può succedere che si vada oltre il
proprio pensiero, - disse lui, - e cosí ci si trova, senza rendersene conto,
a restare indietro rispetto al proprio tempo. Tutto questo, e me ne accorgo solo
ora, mi stava succedendo da un po', senza che io ne fossi sufficientemente consapevole.
O, forse, non avevo voglia di ammetterlo. Sto imparando ad amarti da un po' di
tempo a questa parte. Virginia non parlava. E lui si sdraiò e fissò
l'angolo buio della stanza. - Ne sei sicuro? - No. Ma voglio esserlo. E
voglio che tu mi aiuti a dimostrartelo. - Si. - Possiamo farcela, ne sono
sicuro. - Non si sente volare una mosca, - disse Virginia. Ehi. - Sí? -
Resto qui stanotte. - Sul serio? - Sí. - Non riesco a ricordare
l'ultima volta che è successo. - Beh, - disse lui, - lo vedi? - Io
sono qui, tu sei qui. Vuoi ballare con me? - Come? Ora? - Si. - Non subito,
eh? - disse Pete. - Va bene. - Beviamo un po' di vino. Si alzò,
andò verso il tavolo e versò due bicchieri di vino rosso. - Sei
molto magra, molto sottile. - Evviva ! - La luna ti segue dappertutto. -
No, sono io che le sto tra i piedi. - È un tuo diritto. - Già,
perché no?
(Tratto dal romanzo
I nani, Einaudi editore, Torino, 2005. Traduzione di Alessandra Serra.)
Harold Pinter è Premio Nobel
per la Letteratura 2005.
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