In una notte d'estate Alessandro
Cascio
Era una sera d'Estate, faceva caldo, c'era noia, c'erano quattro bicchieri di
vodka e sette birre sul tavolo del Bar e poi c'eravamo noi e un solo pacco di
sigarette da 2 euro e 90. Il barista è un nostro amico, ci fa segno con la
mano che sta per chiudere. Ci faceva compagnia una sola ragazza che sarebbe
partita a giorni, noi invece, saremmo rimasti ancora lì, seduti su quel tavolino,
se non col corpo, con la mente. Avremmo aspettato un giorno intero per finire
come al solito a guardarci negli occhi e parlare di sesso con una sconosciuta,
così come stavamo facendo. C'era un pacco di Winston e 4 accendini e avevo
i piedi nudi di lei sulle mie gambe. Giocava a stuzzicarmi l'ombelico ed io le
pizzicavo il dito piccolo del piede. Lei, come le altre, in un giorno d'Estate,
parlava delle barche e delle "lampare" storpiando il Siciliano e ridendone. Noi,
come gli altri, ridevamo e parlavamo di cultura siciliana, delle ceramiche di
Parrino, dei Pupi, della Cassata, dei Cannoli e di tutte le cose che rendono attraente
il popolo siciliano ma che in verità noi ragazzi non conosciamo quasi più.
Odiamo le ceramiche decorate a mano e quegli acquarelli sbiaditi che rappresentano
soli e mari. Odiamo l'Orlando Furioso e le frasi storpiate in dialetto dal Puparo:
"Ti sfido Orlando, che morire ti facesse più onore che campare. A singolar
tinzone per la splendidicità della mia amata". Da piccoli si tiravano i petardi
sul palco del teatrino e si scappava. "Cu fu" usciva fuori il secondo puparo,
"cu minchia fu, ca u scannu". La Cassata e i Cannoli li fanno dovunque ci
siano Siciliani che, si dice qui, "sono come l'ortica". Lei la guardavamo, era
bella ma non era unica, rappresentava solo una serata per uno di noi tre, al massimo
per due. Così credevamo prima che cominciasse a parlare di come adorava l'uomo
Siciliano perché peloso, scuro, muscoloso perchè abituato ai lavori duri, sicuro
di sé e… la sua lingua girava a vuoto e non parlava di noi, né dei nostri Nonni,
ma di Film di serie B, documentari sulla Mafia e dei nostri antenati. Noi lavoravamo
nei Club Med e studiavamo in qualche Università, ascoltavamo i "The Cure" e la
Hot List di MTV, ballavamo Techno e ci facevamo d'acido lisergico ridendo delle
suonerie buffe scaricate da Internet: eravamo dei normali ragazzi spettinati,
magri e depilati. Di solito, dopo ore di parlare, la ragazza di turno sceglieva
uno di noi tre per una scopata alla casa vecchia, la casa in campagna di Nino,
ma quel giorno non ci sarebbe stata alcuna scelta se non la nostra. Era una
sera d'Estate, faceva caldo, c'era noia, la vodka era finita, le birre vuote erano
state portate via dalla cameriera del Bar e ci restavano 8 sigarette e tre euro
in tasca. "Andate e chiudetevi dentro. Io le faccio fare un giro prima: la
riscaldo". "Tieni le chiavi" "Ho le mie" Nino va via e lei saluta
come se non dovessimo vederci mai più. "Buon ritorno a casa" le dico e la
stessa cosa le dice Gianni. Lei mi guarda e sorride come a volermi dire che le
dispiace, ma che doveva sceglierne uno. Io le sorrido, ma il mio sorriso mira
a smentirla. Apriamo la porta della casa vecchia che sono le tre del mattino,
spegniamo le luci e in bagno giriamo dei piccoli spezzoni documentaristici: io
e Gianni in mutande ad aspettare "la parte depravata dell'Esercito Italiano",
poi quelle mutande le tiriamo via e documentiamo il vero cannolo siciliano che
piace tanto alle tedesche. "Ok, senti il piano", dico a Nino dopo aver ricevuto
il sorriso di lei appena alzati dal tavolo del Bar, "entriamo in camera da letto
e ci nascondiamo dentro l'armadio. Tu entra come se niente fosse, calati le braghe
e fattelo succhiare… ma che tenga le spalle verso noi. Saremmo già nudi e pronti".
Poi mi rivolgo a Gianni che ghigna come un bambino: "Nessuno rida, è una
cosa delicata questa" "Non è pericoloso?" "E' una turista, è una troia,
ci starà, non succederà niente". "E se non ci sta?" "Faresti sesso con
tre donne?" "Certo, che domande fai?" "Non credere che le donne siano
tanto diverse da te". Ci stiamo annoiando a morte dentro la casa vecchia.
Nino ritarda, ci siamo fumati due sigarette a testa, ne rimangono 4 e vorremmo
sprecarle per il dopo festa. Sento dei rumori e intravedo Gianni che si masturba.
Ha una mano poggiata sul muro e la testa chinata. "Cosa fai?" "Cerco
di farmelo venire duro, sono troppo nervoso" e lo diventa ancora di più quando
si sente la macchina di Nino arrivare sulla stradella adiacente al recinto della
campagna. La sua Saab a contatto con il terriccio fa un tale casino che lo sentirebbe
tutto il vicinato, se solo ce ne fosse uno. Avvicino Gianni a me e gli dico di
tranquillizzarsi, che andrà tutto bene, che quella è una troia in vacanza, e non
vuole altro: che mi ascolti invece di tremare come una foglia. Dentro l'armadio
c'è polvere e puzza di muffa, l'anta è aperta, ma è così buio che le cose sembrano
rovesciate, ed io per un attimo penso di avere le spalle rivolte alla stanza,
ma dopo un secondo mi accorgo che sono scherzi della mia percezione. Non
possiamo chiudere le ante, farebbero troppo rumore nel momento in cui verrebbero
aperte per uscire dall'armadio. Nino segue le istruzioni e si siede sul divanetto
in pelle rivolto verso l'armadio. Lei è china su di lui, era già mezza nuda fin
dall'uscita dall'auto, ma aspettiamo che lo sia completamente. Gianni sta sudando,
sento il suo calore, mi fa schifo sapere di essere nudo accanto a lui, caldo e
sudato. Ormai non può tirarsi indietro, questo lo sa, vorrebbe scappare ma non
può, e questo lo rende ansioso, così ansioso che si sente come un lamento continuo
che tormenta la silenziosa stanza. Piccoli spasmi delle corde vocali. Gli dò una
spallata ma non sente il tatto. "Stai tranquillo" sussurro, "adesso usciamo,
la carezziamo dolcemente e poi…" Ma non faccio in tempo a finire la frase
che lui esce di scatto e la prende da dietro con violenza. Io vado lo seguo e
Nino resta impalato dicendo solo un "Oh, ragà, oh". Lei grida, io cerco di zittirla
e di tirarla indietro, ma le metto le mani tra le gambe e queste si bagnano di
lei. Basta poco ad eccitarmi e mi porto a strofinarmi su di lei che cerca di mordermi
il palmo della mano. Se da piccola avesse avuto un fratello stronzo come il mio,
avrebbe imparato il gioco del palmo della mano. "Mordi" mi diceva mio fratello,
"se ci riesci ti faccio fare un giro in moto". Ma è impossibile mordere il
palmo della mano. La stringo a me, così forte che posso sentirle il battito
del cuore da dietro la schiena. E' soda, liscia, profuma di un profumo che conosco
già ma che per tutta la sera non mi ero stancato di annusare. Le annuso i capelli,
le prendo la gamba destra e la alzo e in fine… la penetro. Per un attimo non si
muove e penso che le stia piacendo, che Gianni avrebbe dovuto stare tranquillo,
che era come dicevo io: le ragazze vogliono solo divertirsi. Ma d'improvviso sento
più mani nel suo corpo e capisco che non era la sua volontà a tenerla ferma, ma
la volontà di Nino e Gianni, che lasciavano che la penetrassi e che mi chiedevano
perché ancora non venissi. Mi sentii sporco in quell'attimo, così sporco che per
liberarmi aumentai il susseguirsi di colpi e le venni dentro. Chiusi gli occhi,
sentivo sussurrare ma non volevo ascoltare niente, volevo godermi quell'attimo
in attesa di ciò che sarebbe successo. Non era consenziente e questo non sarebbe
stato facile da superare: per lei. Mi tirai indietro e poi guardai la scena facendo
finta di filmare. Gianni era come impazzito, adesso ero io quello che tremava
e Nino, lui sembrava sapere che tutto quello sarebbe successo. "Cosa ti aspettavi"
mi chiede senza che abbia detto alcuna parola, "non può andare sempre tutto liscio.
Me la sbrigo io dopo, se vuoi continuare ti conviene farlo finchè sei in tempo…".
Quell'ultima frase non l'accettai. Scossi la testa: "No, ho finito" e dopo
aver acceso la camera del cellulare, inquadrai il viso di lei che mi guardò spaventata,
umiliata forse, ma sicuramente abbandonata ai colpi insistenti di Gianni. E' un'altra
sera d'una nuova d'Estate, fa caldo, c'è noia, sei bicchieri di vodka e dodici
birre sul tavolo del Bar e poi, noi, più grandi di un anno e con un solo pacco
di sigarette da 3 euro e 10 centesimi, sempre le stesse. La Francese che
è con noi parla delle barche e delle "lampare" ed io del Mercato rionale della
Vucciria. "E voi" chiede "cosa sapete della ragazza tedesca scomparsa l'anno
scorso?" Tiro a me il cellulare con un gesto istintivo: "Sono solo leggende"
dico, "solo leggende". Poi Nino mi passa le chiavi della casa vecchia e mi
schiaccia l'occhio: toccava a me riscaldarla.
Alessandro
Cascio nasce a Palermo nel 1977 e vive tra Londra, Roma e il suo paese di
origine da oltre 8 anni. Finalista al Premio Internazionale di Letteratura Jacques
Prevért con il suo primo romanzo "Tre Candele" (Montedit 2002, riedizione Il Foglio
2005), pubblica nel 2004 il Trash "Tutti tranne me" ed è in uscita con il Pulp
generazionale "Spoon, i ragazzi vogliono solo divertirsi". Dopo aver studiato
cinema con Mario Monicelli e Francesca Marciano e fumetto presso la Scuola Internazionale
Comics con David Messina e G.Wallnofer, si dedica alla letteratura Inglese studiando
a Londra. Ha partecipato a diverse raccolte per Renato Zero gli A3 associazione
anonima scrittori di stampa americana e per il Club degli autori. Ha scritto inoltre
diversi trattamenti per cartoons, sitcom e cortometraggi.
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