Ritratto di Machado de Assis,
genio dell'ironia
Patrick Kéchichian
È mai esistita un'età dell'oro per il romanzo moderno? E se sì, quando
e dove la possiamo collocare? Non c'è dubbio che un'indagine su questo tema porterebbe
a una risposta quasi unanime: da qualche parte tra la fine del XIX e l'inizio
del XX secolo, in diversi luoghi della vecchia Europa, con delle tappe obbligate
in città come Parigi, Londra, Vienna, Praga, Mosca o Dublino. Il Sud, con la Spagna
e in più il Portogallo, sembrerebbero già un po' fuori mano. In questa geografia
fatta di scambi e di tanti favoritismi, in uno spazio che la guerra avrebbe ben
presto sconvolto, il romanzo ha incontrato la modernità e si è generato al suo
contatto. Ma, al tempo stesso in cui la formuliamo, ci accorgiamo che questa visione
è troppo ristretta. Non succedeva niente al di là dell'ambito europeo? Il
nome del brasiliano Joaquim Maria Machado de Assis compare raramente tra le grandi
genealogie del Romanzo. Le sue origini sembrano metterlo immediatamente fuori
gioco, confinandolo nell'esotismo. Come potrebbe essere altrimenti per uno scrittore
che, per tutta la vita, non ha praticamente mai lasciato Rio de Janeiro? È lì
che è nato nel 1839, quando Dom Pedro II diventa il secondo (e ultimo) imperatore
del Brasile; è lì che muore nel 1908, famoso, pieno di onori, presidente-fondatore
dell'Accademia delle Lettere Brasiliane e fecondo autore; trentuno volumi di opere
complete in edizione brasiliana. Tra queste due date, la schiavitù fu abolita,
nel 1888 e, nel 1889, l'impero capovolto e proclamata la Repubblica. Eppure
niente aveva sorriso a questo meticcio, né la nascita né la salute fisica: è balbuziente,
miope e soggetto a delle crisi epilettiche. Figlio di un umile artigiano mulatto,
discendente di uno schiavo e di una lavandaia delle Azzorre, Machado de Assis
rimane orfano molto presto e deve fare molteplici mestieri per sopravvivere, tra
cui quello di tipografo nella Tipografia statale. All'età di 16 anni pubblica
le sue prime poesie e, a 19, nientemeno che un saggio su Il Passato, il presente
e il futuro della letteratura. Dal 1860 diventa cronista al Journal de Rio
de Janeiro. All'inizio poeta influenzato dal romanticismo, poi uomo di
teatro, Machado de Assis approderà abbastanza tardi al romanzo. Solo nel 1871
pubblica, inizialmente a puntate, Risurrezione. Nove anni più tardi,
mostra in pieno il suo stupefacente genio con le Memorie postume di Bras Cubas.
Bras Cubas, uno degli alterego inventati dallo scrittore, che partendo dalla propria
morte, fa un bilancio retrospettivo di una esistenza piena di disinganni amorosi
e sociali, "perfetta composizione di banalità e di presuntuosa sicurezza". A questa
vita disperatamente mediocre, solo la malinconia apporta un "profumo inebriante
e delicato". Subito dopo furono pubblicati altri romanzi; Quincas Borba,
nome condiviso da un cane e un filosofo (1891), Dom Casmurro, considerato
da molti come il capolavoro di Machado (1899), Esaù e Giacobbe (1904)
e Memoriale di Aires (1908, tradotto in Francia con il titolo Quello
che gli uomini chiamano Amore). In francese sono state tradotte anche due
raccolte di racconti e di cronache; La Teoria del Medaglione e L'orologio
d'oro, e un racconto più lungo, L'alienista, datato 1881. Possiamo
affermare, senza peli sulla lingua, che quest'ultimo testo, è un puro e inquietante
capolavoro sulla follia, sull'alienazione collettiva e il potere. Come sottolinea
Pierre Brunel, esperto di miti letterari , L'alienista anticipa in maniera
stupefacente ( e bizzarra) tutta la riflessione moderna, in particolare quella
di Michel Foucault, sulla malattia mentale e l'isolamento. Ma senza alcuna didattica,
senza alcuna volontà di teorizzare tutto quello che possa appesantire la straordinaria
intelligenza immaginativa e il freddo humor dello scrittore brasiliano. A
cosa quindi, o a chi, ricollegare questo genio lontano che non rientra in nessun
quadro rassicurante; per esempio quello del meticcio che ha conosciuto la povertà
e ne fa nella sua opera un vettore di emancipazione sociale? Machado, uomo di
sostanza e di dubbio assoluto, positivista e scettico, lontano da ogni trascendenza
ma psicologo senza compiacimento, ha tutt'altro progetto. È tramite l'analisi
e l'osservazione, della fantasia e dell'immaginazione, che arriva al suo tema.
"L'assurdità del mondo, l'annientamento dell'uomo dovuto a forze immense e insensibilii,
l'assenza di ogni finalità nell'universo gli sembravano evidenti", scriveva André
Maurois nel 1948, nella sua prefazione alla prima traduzione francese di Memorie
postume di Bras Cubas.
Machado
de Assis L'innato pessimismo di Machado, lettore di Schopenhauer,
non è l' unico suo motto. Spesso adotta il punto di vista dell'uomo anziano che
si volta verso il proprio passato, verso ogni teoria dei propri fallimenti. È
sempre l'ora dei bilanci, delle Memorie, dei testamenti. Così, in Dom Casmuro,
il narratore, il Signor Du Bourru, comincia a scrivere le proprie memorie e capisce
quanto gli è sfuggito, perfino la verità dell'amore per sua moglie. Ma la serietà,
tranne che, forse in Memoriale di Aires, il suo ultimo libro, è come
mantenuta a distanza. E sempre lo scherzo, l'assurdità, una dolce ma intrigante
follia, si legano tra loro per alleggerire l'amarezza. Anche se la lezione e la
moralità di queste storie restano assolutamente oscure, fuori da ogni pensiero
di redenzione. Il romanziere non alza mai la voce; non estende mai il proprio
orizzonte a dimensioni esplicitamente universali. Solo il singolare lo interessa.
Se dipinge una società, soprattutto quella di Rio della fine del XIX secolo, cosmopolita
e colta, lo fa sempre partendo da un angolo particolare e inaspettato. Al realismo
non è consentito nessun privilegio. La realtà, come sottolinea Quincas Borba,
assomiglia a una "copertura rappezzata": non il mezzo per coglierne il progetto
universale. E del resto, molti elementi sovversivi mettono la realtà in dubbio
o in crisi. Così, in un racconto che imita la celebre narrazione di Fernão Mendes
Pinto sulla scoperta portoghese del XVI secolo, Peregrinazione, Machado
può tranquillamente, e con un perfetto cinismo, sostenere il seguente paradosso:
" Se una cosa può esistere nell'opinione, senza esistere nella realtà, ed esistere
nella realtà senza esistere nell'opinione, se ne deve dedurre che delle due esistenze
parallele l'unica necessaria è quella dell'opinione, e non quella della realtà…"
(in La teoria del Medaglione e altri racconti). Ma ritorniamo alla
nostra domanda iniziale: da dove arriva il genio di Machado de Assis? In quale
genealogia inscriverlo? È lui stesso a darne una possibile risposta nella breve
prefazione di Bras Cubas. Qui parla di un' "opera estesa" che segue "
il metodo libero di uno Stern o di un Xavier de Maistre (l'autore di Viaggio
intorno alla mia camera)". Possiamo anche aggiungere il nome di Diderot e,
quello più vicino a noi, di Italo Svevo. Questa eredità e questa posterità si
prevedono nella meravigliosa libertà d'inspirazione e di composizione, nello spirito
funambolesco e prevalentemente ironico di Machado. Per esempio, quando fa intervenire
l'Autore, un personaggio così preminente, nel corso della finzione, per scuotere
i suoi personaggi, per dare la propria idea su tutto… Il dubbio non è permesso:
Machado de Assis è uno dei più grandi nomi del romanzo, non solo brasiliano ma
universale.
(Articolo apparso su Il mondo dei libri, Le Monde, Parigi, 18 agosto 2005. Traduzione
di Samanta Catastini.)
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