Noi siamo l'acqua dei fiumi
Alberto Masala
noi siamo l'acqua
dei fiumi sognati dall'oceano
da quando siamo entrati in questo mare
dove le onde sono solo di calore e ognuna ci debilita lo sguardo con fragili
alluvioni di miraggi investendoci il cuore (il mio è di carne fino a prova
contraria) dove scorrono immagini recenti - come la mano tua sul tavolo
di un bar (volevo solo un buon caffè - zucchero uno) - per godere delle
cose che accadono innocenti
innocenti siamo completamente umani tuttavia
e sempre di ritorno mutazioni mentre veloce si prepara per noi la successiva
scena offuscata di macchie calpestata da poeti annoiati coltivando narcisi
mutilati dalla loro tristezza e ho vissuto anche lì ma non mi trovo
dunque poesia prosegui fin dove si confonde l'orizzonte non sprecare proiettili
dillo ai tuoi mostri noi non siamo civili io non proteggo il senso
non mi guardo alle spalle non ce la faccio a trasportare la tua tranquillità
le tue celebrazioni i tuoi rituali inoltre non fa per me l'armatura
cattolica pesante mi ferma il canto rallenta i movimenti non posso
sopportare anche il tuo dio che piange sterminando per dare un senso alla
sua perfezione
e tu che mi volevi compiacente complice compromesso
compatibile da compatire intendo compagno di passione per la luce
ma la tua è artificiale con gli effetti speciali creati dal peccato con
fiamme e tutto il resto sostenuto dall'anima che brucia nel suo solito
inferno di realtà sempre al momento giusto
mi sono fatto voce per
portare questa sobria bestemmia
cancellami restituiscimi il nome
che ti hanno consegnato conficcato nell'anima scritta sopra il mio corpo
ma se ora lo scrivessero il mio corpo però a chi importa (forse nemmeno a
me) se aveva voce o tace trascinando anagrafici errori di percorso
comunque - se lo fanno - che ne scrivano il vuoto soltanto il vuoto che
abbandono vivente a ogni sequenza
poeta è un adattarsi persino all'aria
fresca
cosa dirai di me dopo che tutti i mutamenti mi avranno riempito
di difetti feroci strati di egoismo utili a far cadere la saggezza
che strappano con urti all'abitudine lancinanti brandelli della vita infastidita
da ogni scricchiolio della certezza
ecco - vedi - è la vita non ancora
pagata che partorisce incauti verbi da un pozzo non ancora bevuto
così la lingua costruisce l'astrazione insensata così la gioia è urgente
ma solo dove sogno e così non ci siamo risparmiati abbiamo attraversato
senza colpa ogni accenno vitale ogni dettaglio
che voleva calore incognite
futuro in una dipendenza da domande
ogni domanda ci aspetta nella
voce che la porta o sogna di fuggire vagando in territori che ancora vogliamo
costruire
e ogni volta vuol'essere inseguita
e dunque eccomi qui
privilegiato proprietario di un senso che si sta prosciugando in babilonia
mia madre mia alleata mia sorella di babilonia ne porto intatto il nome
e le sacre ascendenze e conseguenze
- e tep'andhare? - sempre
- ke-i sa colóra? - ke-i sa colóra… keppáre a sa colóra
proprio
come il serpente anche noi ci muoviamo orizzontali e ne resta la traccia
nel silenzio
dunque perché vogliamo mare?
in fondo il lavoro
del mare definisce la nostra solitudine è ostinato incessante il suo
lavoro è quello di bagnare gli orizzonti di farli luminosi per il cielo
mentre risacca sponde dove prevale lo sgretolamento insicure precarie
come noi generazioni di verità invecchiate e ne rivendichiamo i corpi
rocciosi erosi e frantumati
non ho nessuna predisposizione non
conosco la sponda e se tornassi non riconoscerei da dove son partito
cerco poesie che siano bocca e braccia e che le braccia cerchino poesia
questa domanda che a volte la bellezza riconosce che abbiamo provato
ad abbracciare che quando ci appare nuda noi l'aiutiamo a scegliere i
vestiti quest'ombra che non è stata corpo che se lo fosse stata
ora ne è solo spettro questa domanda che non domanda urla che non
avrà mai nome consistenza carne è morta o forse ne possediamo scarse informazioni
dicono che il suo spettro ogni tanto s'aggiri per l'europa si
dice di un pugno di superstiti che ancora cercano speranze
abbiamo
un conto aperto e vogliamo saldarlo e mi commuove ancora l'internazionale
a volte è la corrente che ci chiama a sostenere il fiume
20 aprile 2005   (a Sergio Atzeni) 
Alberto Masala, sardo, abita a Bologna. Di lingua madre logudorese (sardo
dell'interno), la conoscenza di altre lingue (oltre l'italiano) gli permette di
esprimersi in un personale 'linguaggio di confine' che va trasversalmente alla
ricerca di un'espressione che dia fluidità ritmica ai suoi scritti. Ha esperienze
di radio, teatro, video. Per quattro anni direttore artistico del nowall
di Bologna, ha diretto eventi come d'art room (Bologna, convegno europeo
dei nuovi luoghi dell'arte 86-87), no-wall in berlin (Berlino, Città
europea della cultura 88) in seguito tra i fondatori del LINK Project. La frequentazione
dei percorsi d'avanguardia nella scrittura e nell'arte contemporanea lo porta
spesso a rapportarsi con artisti di diverse provenienze e discipline (poeti, musicisti,
artisti visivi), con i quali realizza eventi soprattutto nell'ambito della poesia
concreta e dell'arte immateriale. Attualmente opera in stretto rapporto con Fabiola
Ledda, i musicisti Antonio Are e Miriam Palma, Anton Roca, su Cuncordu Bolothanesu,
il gruppo sardo di canto poetico ancestrale per cui scrive testi. Promotore di
"minores", movimento poetico per la dignità delle culture, con questa etichetta
ha ideato numerosi incontri internazionali. Come traduttore ha curato, fra le
altre, la versione italiana di Love and politics (Stampa Alternativa
ed.) di Judith Malina e di Nierika, o Le memorie del quinto sole (il
Maestrale ed.) di Serge Pey. Sta lavorando a un'edizione di inediti in Italia
di Jack Kerouac. Presente in diverse raccolte poetiche antologiche, ha al suo
attivo numerose pubblicazioni ed è stato tradotto negli Stati Uniti (daJack Hirschman),
in Francia (da Ambre Murard e Serge Pey), in Germania (da Magda Lindner), in Spagna
(in catalano, da Anton Roca, e da Matteo Agostini con M. Magdalena Cresp), in
Ungheria (da Nitrai T mas), in Albania (da Faslli Haliti) e in serbo-croato (da
Sinan Guzdevic).
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