Editoriale
Per un'idea di libertà
A cosa può servire una pubblicazione culturale come Sagarana
nei tempi che corrono? Dopo averla vista crescere e affermarsi tra le più importanti
nel suo genere in Italia, e anche tra le più lette con i suoi circa undicimila
contatti giornalieri in media, è inevitabile porsi la domanda, che potrebbe essere
formulata anche in questo modo: qual'è la capacità di intervento e il contributo
alla trasformazione dei valori di una rivista culturale oggi? Ma prima di
rispondere conviene fare una riflessione sul momento storico in cui siamo immersi:
è probabile, sì, che l'Occidente sia in mezzo a una grave crisi morale, ma non
per le ragioni proposte dai conservatori, che oggi controllano i governi, i media
e l'informazione in generale, ma proprio a causa loro! Sono loro e non altri l'origine
della crisi, ed è il loro potere quello che dovrà essere contrastato con vigore
se vogliamo uscirne in futuro. La crisi, che non è solo etica, ma anche sociale,
estetica, ambientale, e dei diritti umani, si è aggravata con il tentativo dei
"neo-con" e degli italianissimi "teo-con", insomma dei fondamentalisti - anche
di quelli con presunte matrici "cristiane" - di far retrocedere la società occidentale
a valori e a pratiche medioevali, sprezzanti dei progressi compiuti negli ultimi
secoli, a partire dall'Illuminismo, dalle decolonizzazioni e da una visione umanista
del diverso, nel campo della conoscenza, della scienza, della filosofia e dell'arte.
Dobbiamo difendere invece l'ardua conquista, strappata agli oppositori esterni
ma anche ai retaggi più reazionari della nostra coscienza intima, che è stato
il rispetto della dignità delle culture (perché, anche da un punto di vista cristiano,
se volete, non solo gli individui ma anche le collettività possono peccare di
"superbia", non riconoscendo dignità alle altre culture, negando loro legittimità
e umanità, come hanno fatto i nazisti con gli ebrei mezzo secolo fa). Dobbiamo
difendere la dignità dell'uomo, senza discriminazioni inquisitorie, difendere
i diritti umani ovunque, per "distinguere nell'inferno ciò che non è inferno"
nelle sagge parole di Italo Calvino. Infatti, da quando la destra "neoliberale"
si è insediata nei governi dei paesi più ricchi dell'Occidente abbiamo assistito
- perplessi, storditi fino quasi all'apatia, all'immobilità - al ritorno dell'iniquità
nella politica, e dell'impunità che la garantisce: le torture ai prigionieri (ma
il corpo non dovrebbe essere sacro?), torture ammesse e incentivate, invasioni
generalizzate sulla privacy dei cittadini, incarceramenti e esecuzioni sommarie
e arbitrarie, inchieste insabbiate proprio da chi aveva il compito di eseguirle,
la progressiva cancellazione della libertà dell'informazione, con la concentrazione
della proprietà dei media nelle mani degli stessi che esercitano il controllo
politico, la trascuratezza riguardo alla degradazione ambientale, la costruzione
di nuovi campi di concentramento per prigionieri e persino per immigranti senza
permesso, a derisione degli obblighi imposti dalla Convenzione di Ginevra della
quale questi paesi violatori sono tuttavia firmatari, le guerre di conquista,
le guerre "capitalistiche" per il petrolio, per il mercato, per la mano d'opera
semi-schiava, mascherate da guerre di religione, le stragi dei terroristi fanatici
e dei terroristi di Stato, la manipolazione dell'informazione, dell'invenzione
a tavolino di minacce di catastrofi imminenti per strumentalizzare la paura collettiva,
dell'omologazione forzata del pensiero, del razzismo e dell'isolamento delle voci
fuori del coro della destra con le loro grida di autocelebrazione. Sono questi
gli elementi che producono la crisi morale dell'Occidente e distruggono l'idea
stessa di Occidente per azione di una sua autoproclamata "élite" oscurantista
e brutale. Ora possiamo dare una risposta alla domanda iniziale. Almeno un
aspetto di questa tabula rasa storica può essere efficacemente contrastato
da una pubblicazione letteraria: l'omologazione del pensiero, l'egemonia dei media,
del loro linguaggio pubblicitario e della propaganda ideologica che vi è insita,
e cioè, del "lavaggio del cervello" che cerca di assediarci e di opprimerci ogni
giorno. Operando come una sorta di antidoto alla progressione delle idee bellicose
e razziste, dimostrando la loro iniquità, neutralizzando il "veleno" della propaganda
della destra, una rivista come Sagarana offre - attraverso un canale
d'informazione ancora più o meno democratico che è la Rete - un'idea di diversità
e di libertà, un esempio concreto, rinnovato ad ogni nuova edizione, di convivenza
fruttuosa con l'alterità, di curiosità verso il dissimile, di intelligenza generosa,
e non stimolata dal calcolo perfido, insomma, un esempio di quel sano e indispensabile
relativismo che è la base del pensiero e della sensibilità occidentale moderna,
il suo volto migliore, il più fertile e il più pregno di futuro. Sagarana
ha dimostrato in questi anni di essere un contenitore di idee che ha come principio
l'includere e non l'escludere come nell'ideologia ufficiale. Sagarana
- che conserva tutti i suoi numeri precedenti sempre accessibili on-line - risulta
un grande involucro che raccoglie una porzione del meglio di ciò che è stato realizzato
attraverso la parola scritta nei tempi moderni: riflessioni, poesie, storie, creatività,
insieme alla selezione di immagini evocative che l'accompagna. Sagarana
è quindi una specie di isola, o di oasi, che a partire dalla nostra Lucca - la
città dove ha sede la rivista e anche la scuola di scrittura -, dalla nostra Toscana,
culla del pensiero libero, effonde le idee che prevarranno sull'onda oscura del
presente e si diffonderanno nella costruzione di un futuro, non totalitario e
dogmatico come quello voluto dalla destra, ma felicemente relativista, non astioso
ma in armonia con l'altro: il futuro più adeguato per l'esistenza dei nostri figli.
Sagarana, all'inizio del suo sesto anno di vita, risponde di nuovo
"presente!" a questa missione, a questa convocazione, e invita i suoi lettori
a fare altrettanto, a difendere il meglio di noi, con i mezzi di cui dispongono.
Sì, il meglio di tutti noi. Di tutti, beninteso. E, in questo modo,
frenare in tempo le azioni e i preconcetti di una minoranza razzista, arrogante,
anacronistica, con i suoi feroci espedienti.
Julio
Monteiro Martins
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