LA NEO-AMERICA E IL NUOVO MONDO
Édouard Glissant
Il
mio primo approccio a quell'entità che è stata designata
come le Americhe, la mia prima esperienza, è stata quella
del paesaggio, ancora prima di avere consapevolezza dei drammi
umani, collettivi o privati, che vi si erano accumulati. Il paese
americano mi è sempre sembrato - e parlo del paese delle
Americhe - molto particolare rispetto a ciò che conosco,
per esempio, dei paesaggi europei. Questi mi sono sempre sembrati
un insieme regolare, scandito su una specie di ritmo ritualizzato
delle stagioni. Ogni volta che torno nelle Americhe: in un'isola
come la Martinica, il paese in cui sono nato, o sul continente
americano, vengo colpito dall'apertura del paesaggio. Dico che
è un paesaggio irrué - parola che evidentemente è di mia invenzione -, che contiene irrompere (irruption),
scalciare (ruade) e anche eruzione, contiene molta realtà
e molta irrealtà. Quando mi trovo sulle alture di Sainte-Marie
al colle Bezaudin, dove sono nato, e vedo le colture a spalliera
quasi verticali a Bezaudin, sull'altro colle che si chiama Pérou
e su un altro ancora che si chiama Reculée, ritrovo la
stessa sensazione che provo di fronte a un paesaggio molto più
grande, molto più vasto, quello di Chávin in Perù.
Chávin è la culla delle culture preincaiche, dove
ho visto le stesse colture a spalliera e dove viene da chiedersi
come faccia il contadino che sta lavorando a non precipitare da
quella soglia di appena trenta centimetri su cui pianta i piedi.
In questi spazi l'occhio non percepisce le astuzie e le sottigliezze
della prospettiva; lo sguardo porta in un unico slancio all'uniformità verticale e all'ammasso rugoso del reale.
Questo paesaggio americano che si ritrova sia su una piccola isola
che sul continente mi sembra sempre egualmente irrué.
E viene probabilmente da qui quella sensazione di unità-diversità che provo sempre per il paese dei Caraibi e per l'insieme del
continente americano. In questo senso i Caraibi mi sono sempre
apparsi come una prefazione al continente, una specie di legame
fra quel che si deve lasciare alle spalle e quel che bisogna iniziare
a conoscere.
I Caraibi sono stati il luogo dove per primi sono sbarcati gli
schiavi strappati alla loro terra, gli africani della tratta,
che in seguito sarebbero stati indirizzati verso l'America del
Nord, o verso il Brasile o verso altre isole della regione. I
paesi dei Caraibi mi sono sembrati non esemplari, dal momento
che diffido della nozione di esemplarità, ma significativi
per tutto l'universo americano, pur essendo paesi che sono stati
a lungo ignorati - tranne Haiti, prima repubblica nera nella storia
del mondo e tranne Cuba, con la sua rivoluzione. Non è
mia intenzione decantarli, ma mostrare come nella loro situazione
ci sia un'indicazione per comprendere ciò che accade oggi,
con molti sussulti, nelle Americhe e di cui vorrei discutere.
Comincerò con la definizione di quella che mi sembra una
delle caratteristiche principali delle Americhe, cioè la
distinzione - proposta da Darcy Ribeiro in Brasile, Emmanuel Bonfil
Batalla in Messico e Rex Nettleford in Giamaica - fra tre tipi
di America: l'America dei popoli testimoni, di chi vi è
sempre vissuto e che può essere chiamata Meso-America;
l'America di chi è venuto dall'Europa e ha mantenuto sul
nuovo continente gli usi, i costumi e anche le tradizioni del
paese di origine, che può essere chiamata Euro-America
(il Québec, il Canada, gli Stati Uniti e una parte, culturale,
del Cile e dell'Argentina) e l'America che potrebbe essere chiamata
Neo-America, quella della creolizzazione, formata dai Caraibi,
dal Nord-Est del Brasile, dalle Guyane e dal Curaçao, dal
Sud degli Stati Uniti e da una gran parte dell'America Centrale
e del Messico.
Questa divisione non prevede frontiere: ci sono invece sovrapposizioni
fra le tre Americhe. La Mero-America è presente nel Québec
e nel Canada come anche negli Stati Uniti. Paesi come il Venezuela
e la Colombia hanno una parte caraibica e una andina, quindi una
parte di Neo-America e una di Meso-America. In questi continenti
e isole, gli scontri e i conflitti fra le tre forme di America
si sono moltiplicati. Ma ciò che appare con evidenza in
questa triangolazione è che la Neo-America, l'America della
creolizzazione, pur continuando a assumere prestiti dalla Meso-America
e dall'Euro-America, tende a influire sulle altre forme americane.
Nel fenomeno della creolizzazione, che costituisce la Neo-America,
c'è un tratto interessante: nel suo popolamento prevale
l'Africa.
Possiamo dire che esistono più o meno tre tipi di "abitanti"
delle Americhe. Il "migrante armato", colui che è
sbarcato dalla Mayflower o che risale il fiume San Lorenzo. Viene
con le sue navi, le sue armi, ecc. ed è il "migrante
fondatore". Il "migrante familiare" viene con il
tascapane, il forno, le pentole, le foto dei familiari e popola
una gran parte delle Americhe del Nord o del Sud. E infine c'è
quello che chiamo iI "migrante nudo" trasportato a forza
sul continente e base costitutiva della popolazione di questa
specie di circolarità fondamentale che sono per me i Caraibi.
È bene prestare attenzione al termine "circolarità",
che vuole indicare una sorta di irraggiamento, una spiralità
ormai lontana dalla "proiezione a freccia" che segna
ogni colonizzazione.
Ho sempre detto che il mare dei Caraibi si differenzia dal Mediterraneo
perché è un mare aperto, un mare che diffrange,
mentre il Mediterraneo è un mare che concentra. Se le civiltà
e le grandi religioni monoteiste sono nate intorno al bacino del
Mediterraneo, ciò è dovuto alla capacità
di questo mare di orientare, anche se attraverso drammi, guerre
o conflitti, il pensiero dell'uomo verso l'Uno e l'unità.
Al contrario, quello dei Caraibi è un mare che diffrange
e favorisce l'emozione della diversità. Non solo un mare
di transito e di passaggio, ma un mare di incontri e di coinvolgimenti.
Ciò che è avvenuto in tre secoli nei Caraibi è
letteralmente un incontro di elementi culturali provenienti da
orizzonti assolutamente diversi e che realmente si creolizzano,
che realmente si stratificano e si confondono l'uno nell'altro
per dar vita a qualcosa di assolutamente imprevisto e di assolutamente
nuovo, la realtà creola. La Neo-America - che sia in Brasile
o sulle coste del mar dei Caraibi, nelle isole o nel Sud degli
Stati Uniti - vive l'esperienza reale della creolizzazione attraverso
la schiavitù, l'oppressione, l'espropriazione dei diversi
sistemi di schiavitù, la cui abolizione richiede un lungo
periodo di tempo (circa dal 1830 al 1868). Attraverso queste espropriazioni,
oppressioni e crimini si realizza una vera conversione dell'"essere".
Proprio di questa conversione dell'essere vorrei parlare con voi.
La tesi che sosterrò è la seguente: la creolizzazione
che accade nella Neo-America, e che sta conquistando le altre
Americhe, è la stessa che è in atto in tutto il
mondo. La mia tesi è che il mondo si creolizza, cioè
che le culture del mondo, messe oggi in contatto in modo simultaneo
e assolutamente cosciente, cambiano scambiandosi colpi irrimediabili
e guerre senza pietà, ma anche attraverso i progressi della
coscienza e della speranza che permettono di dire - senza essere
utopici o, piuttosto, accettando di esserlo - che le umanità
di oggi abbandonano, seppure con difficoltà, la convinzione
molto radicata che l'identità di un essere sia valida e
riconoscibile solo se esclude l'identità di ogni altro
essere.
(Brano
tratto del capitolo Creolizzazione nei Caraibi e nelle Americhe,
del libro Poetica del diverso, Meltemi editrice, Roma,
1998. Traduzione di Francesca Neri.)
Édouard Glissant
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