SULL'OLOCAUSTO
TEDESCO
George
H. Hodos
(...)
Il tentativo di spiegare la natura dell'antisemitismo nazifascista
con ragioni equivoche come il carattere nazionale o la cultura
politica del popolo tedesco oscura e ostacola la comprensione
di un simile terrore, limitando la sua irrazionalità a
formule senza senso. (...)
"In effetti l'antisemitismo totalitario deve i suoi trionfi
in Germania a una determinata situazione sociale ed economica,
in nessun modo alle attitudini di un popolo che di sua iniziativa,
spontaneamente, ha forse diffuso meno odio razziale rispetto ad
altri paesi civilizzati che hanno scacciato o massacrato i loro
ebrei secoli fa"1, cosí scrivevano Theodor
W. Adorno e Max Horkheimer nel 1959. Sebbene quest'affermazione
sia discutibile per l'arco di tempo che va dalle crociate all'inizio
dell'ottocento, essa è fondamentalmente corretta per quel
che riguarda i 120 anni successivi. Dopo le escandescenze del
1819 in Germania all'atto pratico non vi fu piú alcun pogrom.
La percentuale di ebrei nell'economia, nel mondo della finanza,
nelle professioni autonome, nella cultura e nella ricerca scientifica
crebbe costantemente. L'unico limite alla loro piena emancipazione
era il divieto di ricoprire alte cariche nella gerarchia militare
e nella burocrazia statale. Perfino queste restrizioni vennero
soppresse nel 1919. Ai partiti della destra conservatrice nella
Germania imperiale la propaganda antisemita serviva principalmente
per raccogliere voti. Allorché nel 1882, durante il primo
Congresso Internazionale Antisemita a Dresda, un delegato tedesco
propose la cacciata di tutti gli ebrei dal paese, Adolf Stoecker,
il fondatore di un piccolo partito antisemita, ribatteva che se
un giorno i tedeschi si fossero trovati a scegliere se cacciare
dal paese gli ebrei o gli antisemiti, si sarebbero certo decisi
per questi ultimi.
Anche lo storico ebreo Simon Dubnow ha scritto: "Con il consolidamento
dell'unità nazionale, si aveva la sensazione che lo spettro
della questione ebraica fosse stato definitivamente allontanato
dalla Germania unita"2. Finché l'aggressivo
nazionalismo tedesco annoverava successi, il nemico si trovava
all'esterno (gli Inglesi, i Francesi, gli Slavi), mentre sul fronte
interno la minaccia ebraica veniva sostituita da quella, crescente,
marxista. "La razza inferiore non era ancora stata fissata"
riassume il sociologo Paul Massing: "All'interno la 'minaccia
marxista' aveva completamente rimosso quella 'ebraica'. Ormai
da tempo il regime non veniva piú minacciato dal Liberalismo.
Nella nuova situazione l'antisemitismo politico era diventato
superfluo".3
Per
gli ebrei la Repubblica di Weimar fu un "età dell'oro",
il suo declino l'inizio del loro annientamento. Il perfezionato
carattere sterminatore della prassi nazista è stato, al
contrario della teoria, il frutto di un graduale processo. Fino
allo scoppio della guerra le autorità lasciarono emigrare
436.000 ebrei tedeschi e austriaci, quasi due terzi del totale.
L'unico pogrom, la Notte dei Cristalli nel Novembre del
1938, è stato in verità uno pseudo-pogrom organizzato
dall'alto e realizzato dalle SA. Non si trattò dell'improvvisa
esplosione di un odio popolare che covava da tempo, bensí
di una "spontaneità" messa in scena metodicamente,
come è stato dimostrato da Lucy Dawidowicz.4
L'emigrazione e lo pseudo-pogrom sono indizi del fatto che il
programma di sterminio di Hitler dovette essere dilazionato, poiché
l'antisemitismo popolare era in ritardo sulla propaganda nazista.
Anche negli anni di spettacolare crescita del consenso elettorale
per il partito nazista - dal 2,5% del 1924 al 37% nel 1932 - le
percentuali dei socialisti rimasero costanti al 24-25%, mentre
gli atti di violenza a danno degli ebrei avevano carattere sporadico.
Anche il boicottaggio di negozi, avvocati e dottori ebrei lanciato
dal partito ebbe una risonanza trascurabile. L'antisemitismo non
si rivolgeva "contro 'gli ebrei' (...), bensí (...)
contro 'l'ebreo', la figura misteriosa e sinistra che la propaganda
aveva trasformato nella fonte di ogni sciagura del popolo".
È unanimamente riconosciuto dai testimoni dell'epoca che
al di là dei fanatici SA e simili, perfino "una parte
considerevole degli antisemiti condannava misure quali la cacciata
dal paese o l'annientamento corporale dei cittadini ebrei ben
visti o famosi", scrive l'autorevole sociologa Eva Reichmann.5
L'autentica natura e portata del fascismo tedesco divenne evidente
solo dopo che Hitler ebbe dato inizio alla guerra. La stretta
relazione tra l'olocausto e il fallimento dell'offensiva contro
l'Unione Sovietica è stata analizzata in maniera convincente
da Arno Meyer6. Il 5 Dicembre 1941 la "guerra
lampo" si era conclusa alle porte di Mosca. Il giorno successivo
vennero spalancate le porte del primo Lager della morte, e solo
l'indomani venne preparata la Conferenza del Wannsee, con il compito
di pianificare la "soluzione finale".
Sotto l'influenza dei nazisti, il secolare e radicato antisemitismo
nella Mitteleuropa orientale culminò nell'olocausto. Il
fascismo tedesco rappresentò tuttavia un taglio radicale
con il passato, non un semplice inasprimento del "comune"
antisemitismo delle classi medie e medio-basse culminato in un
genocidio. L'antisemitismo tedesco non fu soltanto un fenomeno
politico come nell'Europa occidentale, né un fenomeno politico
e socio-economico come nella Mitteleuropa orientale. Esso fu totalitario
nel senso letterale del termine - onnicomprensivo, perfino religioso
in un senso perverso, non con il Satana, ma con l'ebreo al suo
centro. Fin dagli inizi l'antisemitismo totalitario costituí
la sostanza dell'ideologia nazista. Esso forniva la "soluzione
finale della questione ebraica", che avrebbe dovuto risolvere
per sempre tutti i problemi posti dall'esecrata epoca moderna.
Hitler poteva imporre una simile escatologia nichilista solo prendendo
di mira un gruppo indifeso. Già nel 1919 spiegava come
a tirare le fila di tutti i movimenti storici che avevano la pretesa
di servire gli interessi dell'umanità c'erano sempre ebrei
assetati di potere. Gli uomini sarebbero sempre stati ingannati,
gli ebrei gli imbroglioni. Ormai alla fine, nell'ultima frase
del suo "testamento politico", incitava ancora i tedeschi
a una "indomita resistenza contro l'avvelenatore del mondo
in seno a tutti i popoli, l'ebraismo internazionale"7.
Per il fascismo totalitario tedesco il nemico aveva molteplici
volti: comunismo, liberalismo, democrazia, illuminismo, cattolicesimo,
industrializzazione, guerra e pacifismo - e dietro ad ognuno di
questi c'era l'ebreo.
Il mondo sano e non-ebreo non esisteva piú perché
gli ebrei lo avevano distrutto, o non esisteva ancora perché
gli ebrei ne impedivano la nascita. Se il mondo era malato doveva
esserci un bacillo, e un merito propagandistico di Hitler fu quello
di non aver indicato un bacillo astratto come il capitalismo,
bensí uno concreto, facile da riconoscere e da distruggere
- l'ebreo.
L'antisemitismo divenne ufficialmente religione di stato. Conseguenza
di ciò fu che il singolo venne liberato da un fardello.
L'odio privato, personale contro gli ebrei perse di rilevanza.
Nessun tedesco "comune", nemmeno il funzionario del
sistema, era tenuto ad essere personalmente antisemita. Le sue
convinzioni private venivano delegate allo stato, l'unica cosa
che gli veniva pretesa era di mostrare esteriormente la sua approvazione,
se e quando veniva richiesta. Margherita von Brentano scrive a
questo proposito nel suo affascinante studio: "Come in tempi
o paesi in cui una confessione diventa religione di stato è
sufficiente essere visti in chiesa, ma non è necessario
pregare. (...) Il fatto che si fosse antisemita o no era irrilevante
come la questione se il funzionario che riscuote le tasse per
la chiesa creda in Dio"8.
Chiudiamo questo capitolo con un'altra acuta osservazione della
Brentano sull'importanza centrale dell'olocausto per il fascismo
totalitario tedesco: "L'assassinio di un gruppo inerme (gli
ebrei) era un esercizio preparatorio per l'asservimento e lo sterminio
biologico di popoli piú potenti. Allorché divenne
chiaro che questa seconda fase era miserabilmente fallita, venne
deciso per compensazione di realizzare la prima fino alle estreme
conseguenze. La follia della congiura mondiale ordita dagli esseri
inferiori poteva essere dimostrata su un gruppo inerme, nel momento
in cui esso veniva dichiarato inferiore e sterminato"9.
Il fascismo hitleriano non rappresentò soltanto una cesura
con il tradizionale antisemitismo, ma anche con la secolare suddivisione
dell'Europa in tre regioni. La posizione tedesca era ambivalente
fin dagli inizi. Alle origini, nel X secolo, era orientata sulle
culture occidentali, con la secessione della Prussia nel XV secolo
si volse alla Mitteleuropa orientale, mentre in seguito all'unificazione
del 1871 sorse una miscela ibrida tra il capitalismo progressista
occidentale e il semifeudalesimo reazionario mitteleuropeo-orientale.
Nel 1919 infine la Germania si era rivolta nuovamente verso occidente.
Il fascismo totalitario tedesco rovesciò la relazione con
l'occidente. Dal punto di vista politico distrusse la democrazia
e stabilí una dittatura senza scrupoli. L'economia era
dominata dallo stato, e da esso completamente militarizzata. La
rapinosa "Grossraumwirtschaft" (economia dei grandi
spazi) saccheggiava e asserviva gli stati satelliti e occupava
altri paesi. Dal punto di vista ideologico il fascismo tedesco
ripudiò l'umanesimo, la giustizia e l'emancipazione dell'umanità.
Per dodici anni il "Reich millenario" soggiogò
sia la regione occidentale che quella mitteleuropeo-orientale
e perfino una parte di quella orientale. Lo spauracchio di una
crociata totalitaria culminò nell'olocausto e nella sua
autodistruzione.
(Traduzione
di Antonello Piana)
1
Dall'introduzione del volume di Paul W. Massing: Vorgeschichte
des politischen Antisemitismus, Frankfurt a. M., VII
2 Cit. Da Massing, pp. 3
3 Ibid., pp. 225
4 Lucy S. Dawidowicz, The War against the Jews 1933-1945,
New York 1979, pp. 136-41
5 Eva G. Reichmann, Die Flucht in den Haß. Die
Ursachen der deutschen Juden-katastrophe, Frankfurt a.M. 1949,
pp. 280 e sg.
6 Arno Joseph Mayer, Why did the Heavens not darken?
The Final solution in History, New York 1990, pp. 279-408
7 Marherita von Brentano, Die Endlösung - Ihre
Funktion in Theorie und Praxis des Faschismus. In: Antisemitismus.
Zur Pathologie der bürgerlichen Gesellschaft, hg. v.
H. Huss und A. Schröder, Frankfurt a.M. 1965, pp. 63
8 Ibid., pp. 67
9 Ibid., pp. 74 e sg.
Estratto
da "Mitteleuropas Osten" (L'oriente mitteleuropeo),
BasisDruck Verlag, Berlino 2004, traduzione dall'inglese americano
di Veit Friemert
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