ALLAH NON È MICA OBBLIGATO
(
- un brano del romanzo - )
Ahmadou
Kouruma
(...) La notte in cui nacque mia madre, mia nonna era troppo
indaffarata anche a causa dei brutti segni che apparivano
un po' dovunque nell'universo. Quella notte c'erano troppi
brutti segni in cielo e in terra, come gli ululati delle
iene sulla montagna e i versi dei gufi sui tetti delle
capanne. Tutto questo per predire che la vita di mia
madre sarebbe stata terribilmente e sfortunatamente sfortunata.
Una vita di merda, di sofferenza, da dannata, ecc.
Balla ha detto che i sacrifici offerti non sono bastati a
cancellare tutta la cattiva sorte della mamma. I sacrifici,
non è detto che Allah e i mani degli antenati li accettino
sempre. Allah fa quello che vuole, non è obbligato
ad acconsentire (acconsentire significa dare il proprio accordo)
a tutte le preghiere dei poveri umani. I mani fanno quello
che vogliono, non sono obbligati a star dietro a tutti i
problemi di chi prega.
A me, Birahima, la nonna mi adorava, come il prediletto.
Mi voleva più bene che a tutti gli altri nipotini.
Ogni volta che qualcuno le dava delle zollette di zucchero,
dei manghi dolci e saporiti, delle papaie e del latte, erano
per me e per me soltanto: non li mangiava mai. Li nascondeva
in un angolo della capanna e me li dava quando rientravo
tutto sudato, stanco, assetato, affamato come un vero ragazzaccio
di strada.
La mamma, quando era giovane, vergine e bella come un bijou,
viveva in un villaggio dove il nonno trafficava in oro e
dove c'era un gran numero di mercanti d'oro, banditi che
stupravano e sgozzavano le ragazzine non ancora escisse.
Per questo motivo lei non ha aspettato a lungo. Non appena
il vento caldo del deserto ha iniziato a soffiare, è tornata
ai villaggio per partecipare all'escissione e all'iniziazione
delle ragazzine, che ha luogo una volta l'anno, quando soffia
il vento del Nord.
Nessuno nel villaggio di Togobala sapeva in anticipo in quale
posto della savana avrebbe avuto luogo l'escissione. Fin
dalle prime luci dell'alba le ragazzine escono dalle capanne.
E così, in fila indiana, entrano nella boscaglia e
camminano in silenzio. Giungono sul luogo dell'escissione
proprio al sorgere del sole. Non c'è bisogno di trovarsi
sul luogo dell'escissione per sapere che, laggiù,
si taglia qualcosa alle ragazzine. Hanno tagliato qualcosa
a mia madre, e purtroppo il suo sangue non ha smesso di uscire.
Il suo sangue zampillava come un fiume che straripa dopo
il temporale. Tutte le sue compagne avevano smesso di sanguinare.
Quindi la mamma doveva morire sul luogo dell'escissione.
E così, è il prezzo che va pagato ogni anno
a ogni cerimonia d'escissione, il genio della boscaglia si
prende una delle escisse. Il genio la uccide e la considera
come un sacrificio. Viene sotterrata sul posto, là nella
boscaglia, sul luogo dell'escissione. Non è mai una
di quelle brutte, è sempre fra le più belle,
la più bella escissa. La mia mamma era la più bella
fra le ragazzine della sua generazione; è per questo
motivo che il genio della boscaglia l'aveva scelta per la
morte.
La maga mutilatrice apparteneva alla razza dei Bambara. Nel
nostro paese, lo Horodugu, ci sono due razze: i Bambara e
i Malinké. Noi che siamo delle famiglie Kourouma,
Cissoko, Diarra, Konaté ecc., siamo Malinké,
Dioulé, musulmani. I Malinké sono stranieri;
sono venuti dalla valle del Niger da tempi molto lontani.
I Malinké sono brave persone che hanno ascoltato le
parole di Allah. Pregano cinque volte al giorno; non bevono
vino di palma e non mangiano né maiale né selvaggina
sgozzata da un cafro stregone come Balla. In altri villaggi
gli abitanti sono Bambara, idolatri, cafri, miscredenti,
fattucchieri, selvaggi, stregoni. I Bambara talvolta vengono
anche chiamati Lobi, Senufo, Kabiè ecc. Erano nudi
prima della colonizzazione. Li chiamavano "uomini nudi".
I Bambara sono i veri autoctoni, i veri antichi proprietari
della terra. La mutilatrice era di razza bambara. Si chiamava
Moussokoroni. E Moussokoroni, vedendo la mia mamma che stava
sanguinando, che stava morendo, ha provato pietà perché mia
mamma a quel tempo era troppo bella. Molti idolatri non conoscono
Allah e sono sempre troppo cattivi, ma alcuni sono buoni.
La mutilatrice aveva buon cuore e ha lavorato. Con la sua
arte magica, le adorazioni, le preghiere, è riuscita
a strappare la mia mamma al cattivo genio assassino della
boscaglia. Il genio ha accettato le adorazioni e le preghiere
della mutilatrice e la mia mamma ha smesso di sanguinare.
E' stata salvata. Il nonno e la nonna, tutti erano contenti
al villaggio e tutti volevano ricompensare, pagare profumatamente
la mutilatrice; lei ha rifiutato, ha rifiutato con fermezza.
Non voleva denaro, né bestie, né cola, né miglio,
né vino, né vestiti e nemmeno cauri (cauri è una
conchiglia originaria dell'Oceano Indiano che ha avuto e
ha tuttora un ruolo importante nella vita tradizionale e
che serve in particolare come moneta di scambio). Perché lei
trovava che la mia mamma fosse troppo bella; e allora voleva
darla in sposa a suo figlio. Suo figlio era un cacciatore,
un cafro, uno stregone, un idolatra, un fattucchiere, un
cafro al quale non si doveva mai dare in sposa una pia musulmana
che leggeva il Corano come la mamma. Tutti al villaggio hanno
detto di no. La mamma l'hanno sposata a mio padre. Perché mio
padre era il cugino della mamma; e perché era il figlio
dell'imam del villaggio. Allora sia la maga mutilatrice sia
suo figlio, che era anche lui stregone, si sono entrambi
molto arrabbiati, troppo arrabbiati. Hanno fatto il malocchio
alla gamba destra della mia mamma, un koroté (significa,
secondo l’Inventario delle particolarità lessicali,
veleno che agisce a distanza sul bersaglio stabilito), un
gibò (significa feticcio con influenze malefiche)
troppo forte, troppo potente.
Quando la mamma si è sposata e ha iniziato la sua
prima gravidanza, un punto nero, un piccolo punto nero è germogliato
sulla sua gamba destra. Il punto nero ha iniziato a far male.
L'hanno bucato. Si è aperta una piccola piaga; è stata
curata; non è guarita. Ma ha iniziato a mangiare il
piede, e poi il polpaccio
Senza perder tempo sono entrati da Balla, sono andati dai
maghi, i veggenti, i marabutti; tutti hanno detto che sono
stati la mutilatrice e suo figlio a gettare il malocchio.
Sono andati nel villaggio della mutilatrice e di suo figlio.
Era troppo tardi.
Nel frattempo la mutilatrice era morta, era bell'e morta
e bell'e sotterrata. Suo figlio il cacciatore era malvagio;
non voleva sentire nulla, capire nulla, accettare nulla.
Era davvero cattivo, come un vero idolatra, un nemico di
Allah.
La mamma ha partorito la mia sorella più grande. Quando
la mia sorella più grande ha cominciato a camminare
e ad andare a fare la spesa, siccome la ferita continuava
a marcire, la mamma è stata portata all'ospedale del
circondario. Era prima dell'indipendenza. Nell'ospedale c'era
un medico bianco, un tubab con tre galloni sulle
spalle, un medico africano che non aveva galloni, un ufficiale
medico,
una levatrice e molti altri neri che indossavano camici bianchi.
Tutti i neri con i camici bianchi erano funzionari pagati
dal governatore della colonia. Ma per far sì che un
funzionario sia buono con il malato, il malato portava un
pollo al funzionario. E' sempre stata questa l'abitudine
in Africa. La mamma ha regalato polli a cinque funzionari.
Tutti
sono stati buoni con la mamma, tutti hanno curato bene la
mamma. Ma la ferita della mamma, con la fasciatura e il permanganato,
invece di guarire continuava a sanguinare molto e a marcire
troppo. Il medico capitano dice che bisogna operare la gamba
della mamma, tagliarla al ginocchio e gettare tutto il marcio
ai cani delle discariche. Per fortuna l'ufficiale medico,
a cui la mamma aveva regalato un pollo, è venuto nella
notte ad avvertire la mamma.
Le ha detto che la sua malattia non è una malattia
da bianco, è una malattia da africano nero negro e
selvaggio. È una malattia che la medicina, la scienza
del bianco non poteva guarire: "La stregoneria del guaritore
africano può chiudere la tua ferita. Se il capitano
ti opera la gamba, morirai, morirai completamente e totalmente,
come un cane" ha detto l'ufficiale medico. L'infermiere
era musulmano e non poteva mentire.
Il nonno ha pagato un asinaio. Nella notte, al chiaro di
luna, l'asinaio e il guaritore Balla sono andati all'ospedale
e, come dei briganti, hanno portato via la mamma. L'hanno
portata lontano nella boscaglia prima che facesse giorno,
l'hanno nascosta sotto un albero in una folta foresta. Il
capitano si è arrabbiato, è venuto in divisa
militare con i suoi galloni e con le guardie tutt'intorno
al villaggio. Hanno cercato la mamma in tutte le capanne
del villaggio. Visto che nessuno sapeva in che punto della
boscaglia l'avevano nascosta, non l'hanno trovata.
Quando il capitano e le sue guardie sono andati via, il guaritore
Balla e l'asinaio sono usciti dalla foresta e la mamma è rientrata
nella sua capanna. Lei ha continuato a camminare a strattoni
sulle due chiappe. Faforò (cazzo di mio padre)
! Ora erano tutti convinti che l'ulcera della mamma era una
malattia
da indigeno africano nero. E non poteva essere curata da
nessun fattucchiere. Stavano dunque per mettere insieme noci
di cola, due polli, uno bianco e uno nero, e anche un bue.
Andavano a portare tutti quegli oggetti sacrificali al figlio
della mutilatrice che con sua madre, per gelosia, aveva gettato
il malocchio, il koroté, contro la gamba
destra di mia madre. Si andava a chiedergli perdono, di ritirare
il
maleficio, il gibò. Erano pronti.
Ma ecco che, sorpresa generale, il mattino prestissimo, si
vedono arrivare tre vecchi del villaggio della mutilatrice.
Erano autentici anziani fattucchieri, non musulmani. I loro
bubù erano disgustosi, erano brutti e sporchi come
il buco del culo della iena. Sgranocchiavano così tante
noci di cola che due avevano le mascelle nude, completamente,
come le chiappe di uno scimpanzé. Anche il terzo aveva
le mascelle nude, tranne quella di sotto che aveva due zanne
verdastre come feticci. Masticavano così tanto tabacco,
che le barbe erano rossastre come i peli del grosso ratto
della capanna della mamma e non bianche come quelle dei vecchi
musulmani che fanno cinque abluzioni al giorno. Avanzavano
come lumache, cadenti sui bastoni. Erano venuti con noci
di cola, due polli, uno nero e uno bianco, e poi un bue.
Erano venuti a chiedere perdono a mia madre. Perché il
figlio della strega, il cacciatore troppo cattivo, era morto.
Anche lui. Con il suo fucile aveva voluto uccidere un bufalo-genio
nella boscaglia profonda. Il bufalo l'ha incornato, poi sbattuto
qua e là prima di gettarlo a terra, di calpestarlo
e di ucciderlo definitivamente con tutti gli intestini e
le interiora nel fango.
Era tutto talmente brutto e spaventoso che sono andati a
trovare gli indovini e i veggenti che dicono la verità.
E tutti quegli indovini e veggenti hanno detto che il bufalo
cattivo non era altro che un avatar (avatar significa mutazione,
metamorfosi) di mia mamma Bafitini. Come dire che mia mamma
si era trasformata in un bufalo cattivo. Era la mia mamma
che aveva ucciso e mangiato le anime della donna che praticava
le escissioni e di suo figlio (mangiatore di anime significa
autore della morte, che si suppone abbia consumato il principio
vitale della sua vittima, secondo l'Inventario delle particolarità).
La mia mamma era la più grande strega di tutto il
paese: la sua stregoneria era più forte della donna
delle escissioni e di suo figlio. Era il capo di tutti gli
stregoni e mangiatori di anime del villaggio. Ogni notte
insieme con altri stregoni mangiava le anime e l'ulcera della
sua gamba. Nessuno al mondo sapeva guarire quell'ulcera putrefatta.
Ecco perché la piaga non avrebbe mai potuto guarire.
Era lei stessa, mia madre, che voleva camminare sulle chiappe
con la gamba destra per aria per tutta la vita, perché la
notte le piaceva mangiare le anime degli altri e divorare
la piaga putrefatta. Walahé (nel nome di Allah) !
Quando sono venuto a sapere tutto questo, quando ho saputo
della stregoneria di mia madre, quando ho saputo che si addentava
la gamba putrefatta, ero così sorpreso, così disgustato,
che ho pianto, ho pianto fin troppo, quattro giorni e quattro
notti. Il mattino del quinto giorno me ne sono andato dalla
capanna, deciso a non mangiare più con la mamma. Tanto...
tanto la trovavo vomitevole.
Sono diventato un ragazzo di strada. Un vero ragazzo di strada
che dorme con le capre e che rubacchia qua e là nelle
concessioni e nei campi per mangiare.
Balla e la nonna sono venuti a prendermi nella boscaglia
e mi hanno riportato a casa. Mi hanno asciugato le lacrime:
mi hanno detto di raffreddare il cuore (raffreddare il cuore
significa placare il sentimento di collera e di dolore),
e hanno detto che la mamma non era, non poteva essere una
strega. Dato che era musulmana. I vecchi Bambara non musulmani
erano dei bugiardi di prim'ordine. Quello che mi hanno detto
Balla e la nonna non mi ha convinto per niente, era troppo
tardi. Un peto uscito dal sedere non si riacchiappa più.
Continuavo a guardare la mamma con la coda dell'occhio, con
la diffidenza e l'esitazione nel ventre, come dicono gli
africani, e nel cuore, come dicono i francesi. Avevo paura
che un giorno avrebbe mangiato la mia anima. Quando ti mangiano
l'anima, non puoi più vivere, muori di malattia o
di qualche accidente. Di una qualsiasi morte violenta, gnamokodé (bastardata)
!
Quando
la mamma è morta, Balla ha detto che non era stata mangiata
dagli stregoni. Perché lui, Balla, era un indovino,
un fattucchiere che scopriva gli stregoni, che conosceva gli
stregoni. La nonna ha spiegato che la mamma era stata uccisa
solo da Allah con l'ulcera e le troppe lacrime versate. Perché lui,
Allah, dal cielo fa quello che vuole; non è obbligato
a fare giuste tutte le cose di quaggiù.
Da quel giorno, ho saputo che avevo fatto del male alla mamma,
molto male. Del male a una handicappata. La mia mamma non mi
ha detto niente, ma è morta con la cattiveria nel cuore.
Avevo la sua maledizione e dannazione. Non farò mai niente
di buono sulla terra. Non varrò mai niente in questo mondo.
(...)
(Brano
tratto dal romanzo Allah non è mica obbligato,
Edizioni e/o, Roma, 2002)
Ahmadou
Kouruma è nato nel 1927 in Costa d’Avorio,
ed è uno dei più importanti scrittori africani
anglofoni del XX secolo. È morto all’inizio
del 2004.
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