MIRAGGI
Josefina
Aldecoa
Hai
molto caldo? Se vuoi andiamo dentro…
Alle cinque del pomeriggio, il mare risplendeva sotto il
caldo sole di luglio. Era un momento soffocante. Neanche
l’ombra
della brezza mediterranea che di solito soffiava tra gli archi
del porticato, portando il refrigerio del mare.
“
Vuoi distenderti un attimo?” Insistette la mamma.
Blanca fece segno di no con la testa.
“ No, mamma. Sto molto bene qui. Davvero.”
“
Mai nel mese di luglio”, aveva risposto Blanca quando le
annunciarono, tre anni prima, la loro decisione di andare a vivere
sull’isola. Quando suo padre si congedò dall’ospedale
per andare in pensione, chiuse il suo ambulatorio e fece quello
che aveva sempre promesso a Marcela.
“
Andremo in pensione per tempo. Penseremo, scriveremo, leggeremo,
prenderemo il sole. Io devo catalogare vari libri e tu, tu
hai sempre detto che il tempo ti volava via, che sei stanca della
Biblioteca e vuoi mettere sul pulito le tue annotazioni, le
tue
traduzioni… Saremo due vecchi meravigliosi. Vedrai… E
lasceremo a Madrid tutto quello che è superfluo, che è stancante,
che è scontato…”
Questi piani avevano sorpreso ben poco Blanca. Era stanca di
sentirli parlare di quel progetto che le sembrava lontano, remoto,
ma che un giorno si sarebbe concretizzato senza nessuno sforzo.
La casa c’era già. Era la casa dell’estate,
dei natali, delle pasque della sua infanzia. La casa dell’isola
che si innalzava in un promontorio su una caletta, con una
spiaggia solitaria e un sentiero che serpeggiava dal mare fino
al portico.
Quando Blanca era piccola, il padre le raccontava storie di pirati
che avevano utilizzato quel porticciolo naturale come un rifugio
per i loro sbarchi clandestini.
L’infanzia lì era stata deliziosa. Ma più tardi
l’adolescenza, con le sue urgenze e la sua avidità di
nuove esperienze, la spinse fuori da quel luogo. Anche, in un
modo di vivere che nascondeva i fuochi di un sogno di gioventù che
i loro genitori non avevano mai abbandonato.
Così, quando le dissero del loro ritiro imminente e urgente,
lei si era limitata a dire: “Molto bene. Vi verrò a
trovare in qualsiasi momento dell’anno. Ma mai durante
il mese di luglio…”
Perché luglio era il mese migliore per le spiagge del
nord, il mese con più luce e con i giorni più lunghi.
Il mese preferito da Blanca. Tuttavia era luglio e Blanca era
lì, con suo marito, in un viaggio inatteso.
“
Avevo voglia di scappare dai bambini, anche se per poco tempo.” Le
spiegò Blanca. E Marcela stava per dirle: “Ci sarebbe
piaciuto tanto che fossero qui…”, ma non disse
niente.
Ora erano solo loro due, dopo il pranzo, sommerse in una conversazione
pausata e tranquilla. Abbandonate sulle sedie di vimini evitando
di guardare in basso, verso il riflesso accecante dell’acqua.
“
Tuo padre e Luis staranno dormendo sotto l’ombrellone,
all’ombra di qualche caletta dell’est…” disse
la madre. E Blanca non rispose. Aveva gli occhi chiusi e apparentemente
si stava riposando. Le occhiaie scure le si notavano di più senza
la nascosta lucentezza degli occhi. “Tre figli sono tanti.”,
pensò Marcela. “Anche se non lavori, anche se
hai un aiuto, anche se la famiglia di Luis si prende cura di
te…”
Un tremore di angoscia offuscò il ricordo della mattina
con i bagni ripetuti più di una volta, il pranzo preparato
tra loro due, “insalata, pesce e frutta, il menù dell’isola,
ormai lo sai. Vedrai come questi due ci porteranno dell’altro
pesce…”
La mattina era trascorsa serenamente. Avevano parlato poco, prese
dal piacere di stare insieme.
“
I bambini sono stupendi: sani, allegri, belli, svegli…” disse
Blanca all’improvviso, come se riflettesse ad alta voce.
E la madre non rispose sperando che continuasse la sua confidenza.
Ma si fermò di scatto e si limitò ad un leggero
sorriso.
Più tardi, quando il vino, consumato a pranzo, accese
la conversazione, Marcela disse:
“
Blanca hai ben organizzato la tua vita. Come la sognavi. Già da
piccola ci dicevi: Io voglio un marito bello, molti figli e
una casa grande. Noi ridevamo insieme a te ma poi il progetto
si è avverato…”
Blanca la guardò in maniera strana, interrogativa.
Poi disse con tono calmo:
“
Siamo così diverse tu ed io… Io credo di aver scelto
una vita ordinata e borghese perché voi eravate tanto…bohémien.”
La parola le uscì senza volerlo e a Marcela suonò antiquata
e fuori luogo.
“
Bohémien?” domandò. “Bohémien,
no. Abbiamo sempre lavorato ordinatamente, abbiamo vissuto
tranquilli. Non so che cosa vuoi dire con ‘bohémien’…”
“
Voglio dire che voi non avete mai aspirato a trionfi materiali.
Solamente alle vostre professioni, ai viaggi, alle isole. Ma
niente della vita sociale inevitabile, feste organizzate. Tutto
qui. Sempre tanto d’accordo insieme, tanto legati alle
stesse cose, con le stesse idee… Io volevo una vita brillante
e comoda…”
“
Bene e ce l’hai.” rispose la madre un po’ di
sfuggita, un po’ tagliente.
“
Sì ce l’ho.”, rispose Blanca. E rimase in
silenzio.
Ora, nel guardarla, vulnerabile nella sua rilassata sonnolenza,
Marcela provò un impulso di tenerezza dimenticata.
“
Dopo tutto è mia figlia… Sarà sempre mia
figlia.” si
disse.
Per anni sembrava essersi allontanata da loro. Senza molta
convinzione aveva finito la sua carriera universitaria, Legge,
una carriera
assurda par Blanca secondo Marcela, sebbene non ne avesse mai
parlato con il padre e tanto meno con la stessa Blanca. Dove,
quando, con chi aveva parlato di Legge come di una facoltà che
le piaceva?
Stava cercando lavoro quando Luis apparve nella sua vita e
il matrimonio arrivò subito, in estate. Un matrimonio
con voile, tulle, regali e una grande festa nel giardino dei
genitori
di Luis, a Zarauz.
Era stato triste per loro due ma Marcela si sforzò di
difendere il matrimonio davanti un Víctor scettico.
“ Impara ad accettare le scelte degli altri.”
“
Blanca avrebbe potuto fare tante cose. È sveglia e sensibile” replicò Víctor.
“
Blanca è intelligente e sa quello che vuole. Le abbiamo
insegnato ad usare la testa. Non preoccuparti…”
Quando arrivarono i figli, di seguito l’uno dopo l’altro,
ad intervalli di poco più di un anno e Blanca sembrava
tanto felice, Víctor dovette arrendersi.
“ Avevi ragione. Non possiamo esigere che i nostri cari scelgano
la vita che piace a noi.”
In ogni caso, Luis era un uomo forte, un ottimo uomo d’affari.
Con i suoi schemi fissi, le sue abitudini tradizionali. Ma
un buon marito e un buon padre.
“
Un uomo sicuro di se stesso. Sicuro…, che parola terribile.”,
pensò Marcela. “In possesso della verità…”
A Marcela la verità era sempre apparsa come sfuggevole
e variabile. “La mia unica sicurezza è quella di
accettare l’insicurezza”, pensò. E si fermò a
contemplare l’isolotto disabitato che si ergeva davanti
la caletta. All’imbrunire, il sole spariva dietro l’isolotto.
Secondo le stagioni, il tramonto si muoveva da destra a sinistra.
Il tramonto era incerto. L’isolotto no. Ma poteva essere
anche il contrario. E se l’isolotto fosse solo un miraggio?
All’improvviso, una brezza fresca attraversò il
porticato. Blanca aprì gli occhi e trovò lo sguardo
di sua madre inchiodato sul suo volto, anche se dall’espressione
sembrava assente e come vuota.
“
Mamma a cosa stai pensando?” chiese.
“
Sciocchezze. Pensa che mi stavo domandando se questo isolotto
fosse un miraggio…”
Blanca sorrise. Marcela prese coscienza del fatto che a malapena
l’aveva vista sorridere fin dal suo arrivo il pomeriggio
prima. O forse non se ne era accorta, attenta a preparare la
cena, ad organizzare la stanza degli invitati perché potessero
stare comodi.
“
Blanca, arrivare così senza avvisare. Non è proprio
da te…”
In quel momento, sicuramente, Blanca stava sorridendo, sebbene
lei non l’avesse vista, accucciata come era a rifare
le lenzuola.
La sera dell’arrivo, dopo cena, gli uomini si erano coinvolti
in una discussione un po’ noiosa sui problemi del paese.
Si erano accomodati fuori, nel giardino di agavi, sabine e oleandri
che circondavano la casa e lo trasformavano in uno spiazzo davanti
il porticato. Il cielo diffondeva carichi di stelle sul mare.
In lontananza, una luce segnalava la presenza di un piccolo peschereccio.
Verso ovest, le luci del paese vicino lampeggiavano debolmente.
Uno zigzag luminoso serpeggiava sulle case, poi si udì uno
scampanio stordante.
“
Le sagre di luglio.” disse Marcela. E guardò verso
Blanca, che era rimasta seduta dall’altro capo del porticato,
quello più vicino al giardino.
“
Un bicchiere?”, chiese la madre.
E Blanca alzò la mano per mostrarle il bicchiere ancora
mezzo pieno.
“
Mamma, raccontami; vedete molta gente?” le chiese. “Giocate
ancora a bridge con i vecchi inglesi di Punta del Gallo?”
Marcela scrollò le spalle.
“
Sì, li vediamo, ma non spesso. Sono un po’ noiosi
con il loro gioco e i loro acciacchi. E poi a tuo padre piace
star solo.” Si fermò un attimo e aggiunse: “Stare
soli. E voi, uscite?”
Blanca si alzò e posò il bicchiere sul tavolo vicino.
Respirò profondamente e si stirò il corpo che
si era intorpidito dopo il piccolo riposo.
“
Che clima,” disse, “lo avevo dimenticato”.
E poi aggiunse, rispondendo alla domanda di Marcela: “ Noi
sì, usciamo abbastanza tutto l’anno. Andiamo spesso
al club, giochiamo a tennis o a carte. Beh, tu conosci la vita
di una città del nord. Tu sei nata in una città simile.
Anche se sei scappata subito…Ora, in estate, Zarauz e
la spiaggia, qualche uscita per pescare con la barca di mio
suocero,
con i cognati e le cognate…”
Arrivava il mormorio della conversazione degli uomini. Víctor
fumava, Luis no.
“
Dovresti smettere.” Luis aveva avvertito suo suocero durante
la cena. “ È fatale. Ogni giorno è più sicuro
che sia fatale. Tu che sei medico… Fumare è pericoloso.”
Víctor aveva sorriso con un certo sarcasmo.
“
Vivere è pericoloso”, aveva detto.
Ora si vedeva il punto luminoso della sigaretta nell’oscurità del
giardino.
“
A letto” disse Marcela con una punta di autorità materna
nella voce. “È molto tardi e domani volete uscire
presto per pescare…”
Obbedienti, si alzarono tutti e si ritirarono all’interno
della casa. Più tardi, nell’intimità del
letto, Víctor disse:
“ Sembrano felici, vero?”
Marcela scrollò le spalle e la sua risposta fu laconica:
“ Sembrano.”
Salivano
tutti e due per il cammino della caletta, carichi delle ceste,
delle magliette, dei costumi. Salivano velocemente e in silenzio.
Il sole iniziava il suo lento declino, si nascondeva dietro
il monte spoglio, adornandolo con la sua cresta rossa. Una
traccia d’incendio restava nel mare.
I profili della costa si delineavano con più chiarezza
allo scendere della luce. Verso l’entroterra, emergevano
chiaramente i contorni di qualche fattoria, sparpagliata tra
i campi. Víctor e Luis si avvicinavano e le donne, in
piedi nel porticato, aspettavano il loro arrivo.
Víctor depositò il suo carico e si asciugò il
sudore della fronte, senza parlare. Fu Luis che parlò,
ma non per raccontare della pesca, del mare, della giornata.
Disse, dirigendosi verso Blanca senza guardarla:
“
Ho parlato con tuo padre. Gli ho detto che ci separeremo.”
Nessuno rispose. Blanca rimase immobile. Neppure un muscolo della
sua faccia si mosse. Non cercò di spiegare le cause, le
ragioni, i risentimenti, le offese.
Víctor andò a sedersi sulla scala d’entrata e continuò a
grattarsi la fronte con un movimento ripetuto e meccanico. Luis entrò in
casa. Si udì la sua presenza in cucina mentre si toglieva di dosso il
suo carico. Dopo, la porta del frigorifero e il tintinnio del ghiaccio contro
il vetro del suo bicchiere. Poi, il silenzio. Marcela guardava sua figlia. Le
si rivolse con tono sereno.
“
Sei sicura?”, disse. “ Sei sicura di non sbagliarti?”
Blanca restava immobile.
“
Si sono sicura.”
“
E cosa farai ora?”
“
Tornerò a Madrid se mi lascerete il vostro appartamento. E lavorerò.
Voi non potete capirlo perché avete azzeccato la vostra vita, avete fatto
bene tutto e siete perfetti…”
Parlava senza ironia cercando le parole con calma.
“
È stato tutto un errore fin dall’inizio. Un miraggio.”
Marcela la ascoltava rapita da un immensa angoscia. Non poteva dirle che alla
fine di ogni scelta si nascondeva qualche errore. Non voleva confessarle che
anche lei si era sbagliata e non sopportava la pace dell’isola, la solitudine
dell’isola, il perfetto vuoto dell’isola. Che lei aveva nostalgia
della città, della fretta, della lotta, della stanchezza, della ribellione,
della protesta, dei fugaci contatti che a volte strappano la nebbia che ci circonda.
Doveva aspettare un altro momento, un altro viaggio, un altro incontro, per confessare
a Blanca che lei aveva accettato i sogni di Víctor. E si era sbagliata.
Doveva aspettare perché era sufficiente un naufragio di un giorno. Doveva
aspettare un po’ di più per scappare, anche lei, dal suo miraggio.
(Traduzione
di Samanta Catastini.)
Josefina
R. Aldecoa è nata a La Robla, provincia di Leon,
nel 1926. Laureata in lettere e filosofia all’università di
Madrid ,ha poi fatto parte del gruppo letterario Espadaña.
Nel 1952 si è sposata con lo scrittore Ignacio Aldecoa.
Ha pubblicato, con successo, cinque romanzi: La enredadera,
Porque éramos
jovenes e una favolosa trilogia, che può essere letta
anche singolarmente, composta da: Historia de una maestra,
Mujeres de negro e La fuerza del destino. Questo
racconto è stato
estratto dalla raccolta Fiebre pubblicata nel 2000 dall’editrice
Anagramma.
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