PUERTO
RICAN SYNDROME
O STRANE COSE VEDRETE
(Reportage
salvato dal maremoto che mise fine alle ambasce per lo status)
Ana
Lydia Vega
|
“Puerto
Rico es el cadáver de una sociedad que no ha nacido”
(Salas Quiroga) |
In
verità, in verità vi dico che di questi tempi
non si sa più cosa pensare. Gli apocalittici vaticini
della Bibbia sono bazzecole in confronto alla predestinazione
portoricana per il mai visto. Perché, siamo sinceri:
chi, relativamente sano di mente, avrebbe mai potuto immaginare
che a Nostra Signora della Provvidenza sarebbe un giorno saltato
in testa di apparire nella zona metropolitana? Conosciamo tutti
la sua manifesta predilezione per i paesaggi bucolici in cui
abbondano caste fanciulle e bimbi innocenti. Figuriamoci quindi
lo stupore degli abitanti di Caparra Terrace quando Junior,
Daisy e Mickey Colón, rispettivamente otto, nove e dieci
anni di età, annunciarono candidi come chierichetti: “Ci è apparsa
una signora vestita di azzurro, bianco e rosso. Aveva un bel
vestito e un velo tutto pieno di stelle che le arrivava fino
ai piedi”.
“
E i capelli, di che colore li aveva, eh?”, domandò la
madre, scuotendo sospettosa i bigodini e abbandonando per un
istante gli hamburger che sfrigolavano in padella.
“
Biondi”.
“
E gli occhi?”, li interrogò a sua volta il padre
attraverso le veneziane della cucina, mollando la falciatrice
per asciugarsi le mani sudate sui bermuda a quadri.
“
Azzurri”.
Tranquillizzati dalla conformità degli elementi offerti
ai ritratti della Madonna esibiti in chiese e libri di catechismo,
i turbati genitori ripresero l’interrogatorio.
“
E dove l’avete vista?”
I bambini si scambiarono occhiate da martirologio prima di confessare,
con la sicurezza di un Popolare prima del 1968 (1):
“
Alla televisione”.
Fu allora che alla madre cadde di mano la bottiglia del ketchup,
innalzata al cielo quale calice scarlatto, che si abbatté con
violenza sul ditone del piede paterno, che faceva placidamente
capolino dalla ciabatta di plastica.
Esaurite le esclamazioni di dolore, le abluzioni, le fasciature
e le parolacce di rigore, il padre si fece forza e proseguì le
indagini, fedele allo sport nazionale, la curiosità morbosa:
“
Come sarebbe, alla televisione?”
I bambini non si fecero pregare e come un coro greco si misero
a recitare:
“
Stavamo guardando i pupazzi animati… allora… ci stavamo
mangiando una scatola Family Size di Rice Crispies… allora… il
pagliaccio ha detto che per andare in cielo bisognava essere
dottori, architetti o avvocati… allora lo schermo è diventato
nero…allora è apparsa una bella signora, bionda,
con gli occhi azzurri, vestita di rosso, bianco e azzurro e con
un velo tutto pieno di stelle… allora…”
Allora seguì un silenzio carico di riflessione, al termine
del quale il verme solitario del dubbio si insinuò languidamente
nell’animo dei progenitori.
“
E che cosa vi avrebbe detto questa signora?”
I bambini intuirono l’inaudita mancanza di rispetto insita
nella domanda. Tirare fuori dubbi cartesiani con loro, abituati
all’impossibile, con loro, che avevano giocato con la neve
ai tropici, che tutti i giorni vedevano spuntare un nuovo condominio,
una nuova verruca sul dorso rognoso della città, che potevano
comprar ghiaccioli con i buoni alimentari!
Indignati, si immersero in una lunga meditazione metafisica dalle
cui profondità non riuscì a strapparli neppure
il profumo degli hamburger, né la seduzione di una lattina
di Coca-Cola ghiacciata.
I genitori approfittarono della trance per verificare la storia
telefonando a Canal 4. Lì non ne sapevano niente, non
avevano visto niente ma inviarono immediatamente un giornalista
sul luogo dell’avvenimento. Alla fine, il decreto patriarcale
risuonò tra le quattro mura crepate della villetta bifamiliare,
scuotendo perfino le inferriate che crescevano come rampicanti
su tutti gli orifizi della casa:
“
Bisogna allertare tutto il quartiere”, disse il padre,
come se si trattasse di un temporale.
Ore tredici. La pace regnava sovrana a Caparra Terrace. Le casalinghe,
trasformate in statue di lardo davanti ai televisori, ricevevano
devotamente il vangelo dalla bocca di Rolando Barral e Johanna
Rosaly. I mariti russavano all’unisono con le dita strette
intorno a una lattina di birra. Bisognava raccogliere le energie
necessarie per la partita di domino che avrebbe coronato quell’indimenticabile
giornata di George Washington in cui l’isola si era trasformata
in un immenso barbecue fumante.
L’acuto squillo del telefono perforò l’armonioso
silenzio pomeridiano. Donna Jova, un sandwich a tre strati puntato
strategicamente in direzione dell’esofago, raggiunse l’apparecchio
maledicendo il giorno e l’ora in cui l’utero l’aveva
tradita.
“
Cosa c’è adesso, ragazzo?”, urlò automaticamente,
credendo sul momento che si trattasse di suo figlio Yunito, in
cerca della comprensione materna dopo la quotidiana dose di botte
somministrata alla moglie.
Quando Donna Jova udì la travolgente notizia, i suoi occhi
già sporgenti, inchiodati sul Cristo che agitava la mano
sinistra, omaggio del Mobilificio mendoza, sembrarono schizzarle
fuori dalle orbite.
Pochi minuti dopo, il quartiere fu scosso da un susseguirsi di
scampanellate. La gente abbandonava il film del pomeriggio in
tv per rovesciarsi sull’asfalto adiacente. I bambini venivano
sottoposti a bordate di domande, provocati e vezzeggiati, acclamati
e vituperati, maledetti e canonizzati al tempo stesso. Ed ebbe
inizio la processione, più affollata di un 25 Luglio in
anno di referendum (2)
Le sedie a rotelle battevano tutti i record di velocità.
I flebitici arrivavano a tutta birra, su trampoli e pattini a
rotelle.
Gli affetti dal morbo di Parkinson sperimentavano impercettibili
rimescolii di emozioni.
Le matrone del quartiere si sfregavano euforiche le varici azzurrognole,
eredità di dieci parti.
Le veterane dei veterani del Vietnam intravedevano la fine di
una castità forzata.
I pace-maker battevano a ritmo di rumba.
Le emorroidi fiorivano nell’andirivieni di chiappe ipernutrite.
I pidocchiosi, i cancerosi e i brufolosi seguivano la mascherata
da lontano, con invisibili campanelli da lebbroso appesi al collo.
Dall’Américo Miranda alla Avenida Central era già corsa
la buona novella, e cominciavano a spargersi svariate versioni
del miracolo: che la Vergine si era posata sull’antenna
della televisione della famiglia Colón, che tutti i canali
degli Stati Uniti l’avrebbero ritrasmesso in versione originale
sottotitolata… Dalla Riviera, da Puerto Nuevo e da Caparra
Heights giungevano delegazioni sempre più nutrite di zoppi,
paralitici, sordi, muti, ciechi, sdentati, sifilitici, ritardati,
complessati, sottosviluppati, colonizzati, tutti con la loro
radiolina a transistor o il loro registratore appresso, tutti
gridando tradizionali litanie in onore dell’apparizione:
ROSA
PLASTICA
SPECCHIO DI DEMOCRAZIA
VETRINA DEI CARAIBI
PONTE TRA LE AMERICHE
SIGNORA BIONICA
STELLA DELL’UNIONE
MADONNA MERAVIGLIA
VEDETTE D’AMERICA
Corrotti
dalla promessa di un viaggio a Disneyworld, i bambini rivelarono
finalmente che Nostra Signora aveva promesso di riapparire
in uno special televisivo di cui non aveva voluto fissare la
data. L’unica condizione era che i residenti di Caparra
Terrace installassero uno schermo televisivo a colori alto
dodici metri all’angolo della Gabriela Mistral per facilitare
la diffusione del miracolo.
“
Che fare?”, gridarono gli abitanti del quartiere ricordando
che, il giorno di George Washington, Plaza las Américas
lasciava orfani i suoi consumatori assuefatti.
Ma la folla irrefrenabile, esacerbata dalla sete di epopea che,
da quando il Vampiro di Moca era andato in pensione, non aveva
fatto che crescere, prese la grave decisione d’interrompere
i festeggiamenti del governatore esigendo un’azione immediata,
altrimenti si sarebbe fatta giustizia da sé.
Il primo cittadino era appena giunto alla sua residenza estiva
in compagnia di uno squadrone di ricercatori della WASP University
of Alabama, alla presenza dei quali aveva in precedenza inaugurato
una delle massime realizzazioni dalla sua amministrazione: il
monumento al Tossicodipendente, statua equestre incastonata con
notevole effetto estetico sull’autostrada San Juan-Complesso
Penale di Isla de Mona. I visitatori erano rimasti profondamente
commossi alla vista della siringa gigante che il macilento cavaliere
brandiva contro il grigiastro firmamento dell’autostrada
disseminata di centrali nucleari. Questi signori, tuttavia, sembravano
impegnati nella procreazione di un libro intitolato The Rise
and Fall of Free Association (3). Tra un boccone e l’altro
di Virginia ham alla cherry tree (4), il governatore era quasi
riuscito a convincerli a sostituire il termine fall con il meno
tragico decline, quando uno dei suoi quindici guardaspalle gli
comunicò il portentoso evento di Caparra Terrace.
Il governatore accese un cero mentale a San Giuda Taddeo, per
ringraziarlo del fatto che non si trattasse di uno dei cinquanta
sindacati in sciopero della fame o di un altro falso allarme
per una bomba lanciata dal suo figlio minore e invitò i
suoi ospiti ad assistere dal vivo a un’altra delle glorie
della Free Association: l’armonica copula tra l’influenza
anglosassone, portatrice di civiltà, e l’autentico
folklore ispanico.
Di fronte alla prospettiva di una pubblicazione esotica e della
conseguente ascesa nella gerarchia universitaria della WASP,
i ricercatori accettarono pieni di gaudio. E poiché il
jet privato del governatore era esploso pochi giorni prima grazie
al proditorio sabotaggio di un gruppo di nostalgici hitlerofili,
bramosi di punire l’imprudente liberalismo della più alta
carica della nazione, si trasferirono sul luogo degli avvenimenti
via terra, con la celerità che gli ingorghi sulla strada
per Caguas consentiva. Una volta arrivati, ebbero l’onore
di condividere con Sua Eccellenza l’aspirante al soglio
pontificio, ingolfato in una trascendentalissima discussione
con i signori della stampa. Il prelato sosteneva che i figli
delle donne violentate meritavano il limbo, in quanto nati dalla
violenza. I giornalisti obiettavano che una misura tanto drastica
avrebbe bandito dal paradiso più della metà della
popolazione dell’isola. Interrogato a proposito del telemiracolo,
il sant’uomo espresse l’intenzione di telefonare
in Vaticano a carico del destinatario quella sera stessa; per
il momento non poteva pronunciarsi. Poteva benissimo trattarsi
di una sinistra manovra del comunismo internazionale per confondere
l’incauta popolazione e indurla al disprezzo della proprietà privata.
Il clamore dei residenti scuoteva il quartiere dalle fondamenta
prefabbricate. Gli iniziali ululati che avevano accolto l’arrivo
del primo cittadino – “E’ lui! E’ lui!” – avevano
lasciato il passo a consegne di maggiore gravità, quali:
VIVA
LA VERGINE
ABOLIZIONE DELLA LIBERTA’ DI CULTO
SONO ORGOGLIOSO DI PLAZA LAS AMERICAS
Uno
dei ricercatori dell’Alabama, che sia detto per inciso
e senza alcuna malizia assomigliava vagamente a Blanton Winship
(5), facendo finta di nulla distribuiva, seminascosto sotto
il tavolo, confezioni di pillole anticoncezionali tra la folla.
L’inquilino della Fortaleza (6) si disidratava come una
prugna sotto la tortura pinochética del sole.
Soltanto il ricordo profugo delle prossime, molto prossime, elezioni
e il terrore di veder comparire il candidato dell’opposizione,
il cui programma era pericolosamente identico al suo, lo spinsero
a prendere una decisione piuttosto arrischiata: fare aprire le
porte di Plaza las Américas in piena giornata di George
Washington, per poter comprare, con fondi pubblici, il televisore
richiesto dalla Madonna.
L’audacia della massima autorità del paese, la sua
incorruttibile dedizione al Ben Pubblico, il suo cattolicesimo
a prova di fuoco furono magnificati dalle rotative ufficiali.
L’iniziativa fu paragonata a quella che fino ad allora
era stata la sua più gloriosa impresa: la reclusione di
tutti gli indipendentisti del paese in campi di concentramento
costruiti su piattaforme galleggianti a cento petroleghe dall’isola
di Vieques.
La popolarità del Grande fu immensa, la sua azione nobile
e disinteressata, tanto che il Senato gli perdonò quella
simpatica violazione delle più elementari norme democratiche:
aver dimenticato di consultare il Pentagono prima di prendere
la felice decisione.
Centinaia di pellegrini pernottarono quella notte, e le notti
successive, nel santuario della Gabriela Mistral. Gli abitanti
di Caparra Terrace non si perdevano neppure uno spot pubblicitario
nell’attesa dello special promesso da Nostra Signora. Nessuno
si sognava di andare a lavorare. Notte e giorno, il popolo rimaneva
in mistica ipnosi davanti all’apparecchio.
I canali televisivi adattarono i palinsesti alle circostanze,
trasmettendo usuratissimi film di argomento religioso ripescati
dai magazzini, e mantenendo così il pubblico costantemente
sul chi vive. Ogni volta che appariva Ponzio Pilato avvolto in
una toga romana o Maria Maddalena nell’atto di lucidare
i piedi a Gesù Cristo, le masse strillavano “La
Vergine!” e scoppiava il pandemonio.
I negozi di articoli religiosi giunsero addirittura a superare
quelle di banane, yautías (7) e immigrati clandestini
provenienti dai lidi di Santo Domingo.
Una settimana dopo la prima apparizione televisiva, proprio quando
intorno al santuario cominciavano a proliferare le bancarelle
e le friggitorie ambulanti dei cubani, si avvertirono i primi
tremori. Il sacro televisore sobbalzava come in preda a una crisi
epilettica e l’immagine si dimenava con una mancanza di
ritegno degna di un gringo alle prese con il suo primo merengue.
La gente si raccolse in un turbine davanti a all’apparecchio
al grido di MIRACOLO!
Allora bancarelle, case, edifici, pali della luce e bandiere
cominciarono a crollare spudoratamente. Le automobili scomparivano
inghiottite da tunnel improvvisati in mezzo alle strade. I fedeli
stringevano i loro rosari prima di cadere vittime di un ballo
di San Vito generale che scuoteva le fondamenta stesse del vulcano
padre di queste disgraziate isole.
Mi affretto quindi a terminare l’insolita storia che mi è toccato
vivere, messa alle strette dal livello dell’acqua. Perché sotto
gli occhi di Nostra Signora, che placidamente affacciata allo
schermo del sacro televisore sorride come Monna Lisa, il mare
ricopre l’isola intera, mentre dalla Fossa di Puerto Rico
sorge, nera spada vendicatrice, un immenso getto di petrolio
postumamente redentore.
Note:
1)
Il Partito Popolare di Muños Marín, in carica
dal 1950, perse le elezioni per la prima volta nel 1968.
2) Data della prima Costituzione di Puerto Rico, in cui si commemorava
anche l’arrivo degli americani nel 1898. Ogni volta che
si parla di un referendum per decidere della situazione politica
dell’isola, i Popolari celebrano in pompa magna la ricorrenza
del 25 Luglio.
3) Free Association, traduzione inglese dello spagnolo Estato
Libre Asociado, vincolo che lega Puerto Rico agli Stati Uniti
e che, secondo l’autrice, non è altro che retorica
ufficiale per coprire lo stato coloniale dell’isola.
4) Letteralmente, ciliegio. Si allude al mito di George Washington,
che non avrebbe mai mentito: un giorno, da ragazzo, tagliò un
ciliegio ed ebbe il coraggio di confessarlo a suo padre.
5) Governatore americano che regnò a Puerto Rico negli
anni trenta e fu responsabile del massacro di Ponce, in cui morirono
molti nazionalisti portoricani.
6) Residenza del Governatore di Puerto Rico.
7) Tubero commestibile.
(Tratto
da Racconti Bollenti di Ana Lydia Vega, edizioni Zanzibar,
Firenze 1998. Traduzione dallo spagnolo di Gina Maneri)
Ana
Lydia Vega, portoricana, nata a Santurce nel
1946, há insegnato língua francese all’Università di
Puerto Rico. Vive attualmente a New York. È autrice di racconti
político-umoristici, pubblicati in riviste e antologie,
che le hanno valso premi e riconoscimenti letterari, tradotti in
varie lingue e raccolti nei volumi: Virgines y mártires (1981). Encancaranublado
y otros cuentos de naufragio (1983, Premio
Casa de las Americas 1982 e Premio P.E.N. Club de Puerto Rico),
Pasión de historia e otras historias de pasión (1987,
Premio Juan Rulfo International 1984).
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