LE
COORDINATE DELL'AMORE
Nelly Kaplan
Chi vuol ricevere spesso la Visita non copra di
troppi
fiori la pietra che il dito solleva con la noia di una
forza spenta.
Stéphane Mallarmé
Ora
che sono morta, ho tutto il tempo per riflettere. E mi diverto
a osservare coloro che si affannano lacrimando intorno a me, mentre
ricevono le condoglianze di quegli altri imbecilli che non ho
mai potuto soffrire. Com'è spassoso osservarli senza essere
costretta a sorridere e a domandare notizie delle loro mogli pingui
e dei loro marmocchi scemi! Avrei il desiderio di tirare loro
la lingua (vi immaginate il terrore che ciò provocherebbe?),
ma i miei muscoli non obbediscono più ai miei desideri.
È evidente: sono una defunta...
Mio marito, in verità, è costernato. Egli mi voleva
molto bene, a modo suo, mentre io non lo amavo affatto e lo giudicavo
volgare, meschino e così maldestro. Non sono mai stata
felice con lui e se non ho fatto proprio nulla per prolungare
la mia esistenza assoggettandomi a un'operazione, la responsabilità
in gran parte è sua. Ora me ne dolgo. Era
più logico abbandonare lui e rimanere in vita. Purtroppo
è sempre troppo tardi, quando si comprendono alfine certe
cose.
Adesso appaiono tutti come personaggi di un'autentica tragedia.
Mio marito si china a baciarmi per l'ultima volta e alcune sue
lacrime cadono sul mio naso. In condizioni normali ciò
mi avrebbe procurato il solletico, ma io sono ormai priva di ogni
sensibilità. È vero che non si è mai troppo
preoccupato di analizzare le mie sensazioni... Oh, quanto l'ho
odiato, con tutti i suoi slanci di farmacista, di contribuente
onesto!
Ora qualcuno taglia una ciocca dei miei capelli, per ricordo.
Mia suocera, un po' di nascosto, mi toglie l'anello di smeraldi
e lo infila nella sua tasca. Io non prevedo, per ora, ciò
che mi sarà possibile fare nella mia nuova situazione,
ma bisognerà pure che, in un modo o nell'altro, ritorni
una di queste notti per incutere un po' di spavento a questa orribile
creatura.
Adesso chiudono la mia bara, ma io ci vedo ancora benissimo. Mi
sollevano (un po' più di attenzione, prego!) e si mettono
in cammino. Presto non sarò più costretta ad ascoltarli:
è un compenso non trascurabile, malgrado tutto... Finalmente
sarò sola.
Finale della cerimonia: odo elencare con enfasi le mie esemplari
virtù. Quei cretini non immaginano davvero cosa penso di
loro! La terra cade a poco a poco su di me con un sonoro ticchettio
che ricorda il cadere della grandine. Sono curiosa di vedere che
cosa mi capiterà dopo.
Bisogna abituarsi a un'altra dimensione o, piuttosto, a
essere senza dimensione? Il tempo, per esempio, non deve contare
più nulla. E la noia? Chissà se esisterà
anche per me, ora? Sento i miei vicini fremere di curiosità,
ma io so che nessun rapporto con loro sarà possibile se
io non lo desidero. Voglio essere sola, come prima, per riflettere
in pace.
La vita mi appare ormai come una lontana visione e io non la rimpiango.
Ma qualcosa di essa mi è poi mancato: l'amore, quell'amore
che non ho mai conosciuto. Sarebbe stato così dolce, e
così inebriante insieme, conoscere il maschio nella sua
interezza, sotto, dentro, contro, non lo so neppure io...
Sento che mi è stato, per così dire, rubato un dono
meraviglioso, sento che io ero nata per le battaglie dell'amore
e che il fatto di essere già morta a venticinque anni,
di essere stata sepolta senza aver mai provato a cullarmi sulle
onde dell'estasi, è proprio un delitto contro ciò
che v'è di più sacro al mondo.
Ma a che servirebbero ormai le ribellioni, dal momento che è
tutto finito? Mi sarebbe bastato poter discernere la verità
con chiarezza, tre giorni or sono. Ormai è troppo tardi.
Vorrei dormire, ma non ci riesco, forse, i morti non dormono mai.
Mi viene in mente una leggenda che ho appreso da un film: diceva
che le donne morte senza conoscere l'amore non trovano mai requie
e tornano spesso sulla terra per ossessionare i vivi. Mah! Si
vedrà.
Intanto mi osservo: non è ancora cominciato il mio disfacimento.
Sono soltanto pallida, ma ugualmente bella. Mi posso ora vedere
senza bisogno dello specchio, così come vedo il paesaggio
sulla terra. È già buio. Il tempo non ha più
alcun valore per me.
Fuori, tutto è tranquillo. No, non tutto. C'è qualcuno
che si avvicina e d'improvviso si ferma. La luna illumina il giornale
che ha in mano ed egli sta confrontando il nome sulla mia tomba
con quello degli avvisi mortuari. È un giovane, di aspetto
seducente; i suoi occhi da allucinato mi farebbero paura se io
non fossi ormai tra coloro che debbono far paura agli altri. Ora
si guarda intorno e pare compiaciuto della solitudine che lo circonda;
poi si decide e comincia a togliere la terra che hanno accumulato
su questa mia nuova dimora. Egli non può sapere che mia
suocera ha già rubato i miei smeraldi: ma come spiegargli
che sta facendo un lavoro inutile? Non è certamente oggi
che mi si lascerà finalmente tranquilla.
Sembra che l'esaltazione di quel bizzarro individuo sia in continuo
crescendo. Ciò malgrado, non oserei affermare che mi sia
antipatico. In fondo, lo spogliare i cadaveri è un mestiere
come un altro, ricco di imprevisti, rischioso, senza escludere
che possa riuscire anche interessante.
Aspetto, divertita, il momento della sua delusione; non ho alcun
oggetto di valore su di me : solo la mia funerea camicia, ben
triste bottino!
Si approssima sempre di più, sta per raggiungermi. Con
strumenti adatti (è veramente un provetto artigiano) solleva
il coperchio della bara. La sua respirazione è ansante:
ha paura? Ora mi guarda a lungo, mi divora con occhi di fuoco.
Appare sempre più agitato. Passa le sue mani sotto la mia
camicia e sollevandomi come una piuma - com'è forte! -
riesce a portarmi fuori dalla fossa.
Che cosa vuole? Non cerca gioielli. Con gesti lievi mi toglie
la camicia e si distende sopra il mio corpo. Poi mi parla, febbrilmente,
a voce bassa. Mi accarezza, si china su di me, mi bacia sugli
occhi, sulla bocca che cerca inutilmente di socchiudere. Le sue
mani scorrono lievi su tutto il mio corpo.
Ah, perché esser priva di vita e non poter corrispondere
a ogni sua tenerezza, muovermi come lui, affascinante sconosciuto,
capace di ogni audacia d'amore... Mi copre di baci e io soffro
nel mostrarmi così fredda e inanimata, senza possibilità
di accendere nel mio sguardo il suo stesso ardore.
So finalmente ciò che prima intuivo soltanto e con molte
incertezze: l'amore può dunque esistere anche per me o,
meglio, avrebbe potuto, dovuto, manifestarsi anche prima.
Sono felice di constatare ora come quest'uomo così piacevole
vinca l'orrore del mio corpo inanimato, intuisca l'ardore di uno
spirito che non può comunicare con i viventi, sia
estasiato dal dono che io gli posso offrire.
Le nostre mani, le nostre labbra, i nostri corpi si confondono.
I suoi lamenti d'amore scandalizzano i morti, e io li odo mormorare
inquieti. Sono, non sono felice? Come posso allacciare i miei
spasimi alla sua estasi? Egli mi copre di carezze, nasconde la
sua testa fra i miei capelli e mi possiede, una morta!, mille
volte più intensamente di quanto gli riuscirebbe di fare
con creature viventi. Questa forma di scelta amorosa cela forse
una sua vecchia abitudine. Ma questa sera, lo ha confessato lui
stesso nella sua dolorante ansia amorosa senza immaginare che
io potessi comprenderlo, è tutto diverso. Il possesso non
ha tregua né attenuazioni, è come un'implorazione
perché io riviva, gioisca del suo godimento, lo stimoli
ad amarmi ancor più, fino a placare quei desideri che nessuno
ha saputo soddisfare nella mia breve vita...
Una sensazione strana fa vibrare ora il mio corpo. Forse il desiderio
che questo miracolo si rinnovi, un desiderio così violento
e luminoso, come non mi è mai accaduto di nutrire durante
tutta la mia vita ingenua e vuota...
Se potessi ricominciare, ora che so come il contrasto Bene-Male
sia solo un'invenzione truffaldina, ora che conosco sia pure in
parte i dolci misteri terreni, ora che sento come l'amore sia
un frutto che posso cogliere: un amore che vibra presso di me,
che mi fa dono di baci che hanno la violenza della disperazione,
che mi fa sembrare ignobili le lacrime versate da mio marito,
che grida nelle mie orecchie sorde essere io sola la donna che
egli ha cercato inutilmente in tutte le città e in tutti
i cimiteri, che mi possiede infaticabile da non so più
quanto tempo, senza accorgersi che la luna impallidisce ormai,
che s'approssima il momento dell'addio, un addio senza speranza.
Ancora prima di conoscerci...
Ma io non voglio, no!, separarmi da lui, il solo amore
che io abbia mai conosciuto. Non sono più un essere inanimato
se lo sento in me, se ne avverto il peso, se il mio corpo freme
alle sue carezze, se dalla mia carne esala un magico balsamo che
gli fa superare l'orrore di questi amplessi da tregenda, se un
solo delirio ci accomuna, se alla sua bocca che mi ferisce si
congiungono le mie labbra ansiose di imprimersi sulle sue, così...
E sento d'improvviso che le mie labbra sono vive, che io
posso morderlo, che i miei occhi si aprono per incontrare i suoi,
che mi contorco nella soggezione delle sue carezze, della sua
forza, mentre un godimento smisurato ora mi inonda per la prima
volta, mi avvolge di fiamme; ho la sensazione di essere una liana
viva che imprigiona il mio magnifico amante per compiere insieme
un paradisiaco volo nei turbini della passione.
Ora ci guardiamo. Egli non appare sorpreso di ciò che sta
accadendo e neppure io lo sono. Sono viva. E non vi è alcunché
di soprannaturale perché io ho voluto che fosse così
con tutte le mie forze, nel preciso momento in cui l'uomo mi possedeva
follemente, desideroso di ridarmi la vita. Le coordinate dell'amore
non hanno bisogno d'altro.
I morti, coi quali io posso ormai comunicare, mi dicono
che tutto ciò può accadere, anche se molto di rado;
mi augurano tutte le fortune fino al mio ritorno, quando sarà,
e promettono di vegliare su noi due.
Il mio amante mi guarda, mi bacia ancor prima di coprirmi col
mio mantello, preoccupato com'è che io abbia freddo. È
vero, l'aria è assai pungente. Per riscaldarci, rimettiamo
in ordine la mia tomba, con molta cura: nessuno deve poter pensare
che qualcosa sia mutato dal giorno in cui sono qui convenuti quei
piagnucoloni del corteo.
Osservo divertita il mio "qui giace", e volgo lo sguardo
al mio amante... Lo trovo stupendo, così come lui mi giudica
meravigliosamente bella. Albeggia ormai e noi ci allontaniamo
dal cimitero, braccio sotto braccio. Nessuno ci ha visti uscire.
Camminiamo lentamente verso la città soffermandoci a più
riprese per cancellare con un bacio la nostra incredulità
del prodigio. Ora che torno a possedere la perfetta intuizione
delle cose, credo fermamente che noi vivremo felici e non
avremo bambini.
(Questo racconto, scritto originalmente in francese, è
stato pubblicato nella raccolta Le Réservoir des sens,
Editions de la Jeune Parque, Paris, 1966, e tradotto in italiano
da Enrico Badellino, per la raccolta Sepolto vivo!, Einaudi
editrice, Torino, 1999)
La
foto è di Mia Lecomte
Nelly Kaplan, che a volte si firmava anche come Belen, è
nata a Buenos Aires nel 1934. Si reca in Francia verso la metà
degli anni cinquanta come giornalista. Cinefila appassionata,
ha realizzato diversi film insieme a Abel Gance, e pubblicato
diversi racconti, come questo Le coordonnés de l'amour
o Un Manteau de fou rire ou les Mémoires d'une liseuse
de draps (1974).
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