PERCEZIONI FINISSIME
Robert Musil
Sono andato a letto più presto del solito; mi sento un
po' raffreddato, forse ho anche la febbre. Contemplo il soffitto,
o forse la tenda rossiccia che incornicia la finestra a balcone
della mia camera d'albergo: difficile distinguere.
Avevo appena finito, quando anche tu hai incominciato a spogliarti.
Aspetto. Sto soltanto in ascolto.
Passi incomprensibili, in lungo e in largo; da questa parte della
camera, dall'altra. Ti avvicini per posare qualcosa sul letto;
non lo vedo, chi sa che cosa sarà? Intanto tu apri l'armadio,
vi metti o ne tiri fuori non so che; sento che lo richiudi. Deponi
sul tavolo oggetti duri e pesanti; altri sul marmo del cassettone.
Non ti fermi un momento. Poi riconosco il fruscio familiare dei
capelli che si sciolgono e che vengono spazzolati. Poi lo scrosciare
dell'acqua nella catinella. Prima avevo già udito che ti
spogliavi dei vestiti, ora di nuovo: non si può concepire
quanta roba hai indosso. Adesso ti sei sfilata le scarpe. Ma ecco
che le calze vanno avanti e indietro sul tappeto morbido, come
le scarpe poco fa. Versi acqua nel bicchiere, tre, quattro volte
di seguito, non mi so spiegare perché. Da molto tempo la
mia fantasia ha smesso d'immaginare tutto l'immaginabile, mentre
tu evidentemente trovi sempre qualche altra cosa da fare. Ti sento
infilare la camicia da notte. Ma siamo ancora lontani dalla fine.
Ci sono cento faccende da sbrigare. So che ti spicci per riguardo
a me; dunque si vede che tutto è necessario, che fa parte
del tuo Io più profondo e come il muto affaccendarsi degli
animali il tuo movimento non s'arresta dal mattino alla sera;
con piccoli gesti incoscienti e innumerevoli, di cui non sai renderti
conto, tu t'immergi in un vasto spazio dove nemmeno un soffio
di me stesso t'ha mai raggiunta.
Lo sento per caso, perché ho la febbre e ti aspetto.
(Tratto
da Pagine
postume pubblicate in vita,
Einaudi editrice, 1970, Torino, Traduzione di Anita Rho)
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