LA
POESIA DI PAUL CELAN
Antonello
Piana
Prima voce: Paul Antschel - Celan sarà uno pseudonimo adottato
agli esordi letterari e ricavato da un'anagramma del cognome -
nasce a Czernowitz (oggi Cernovcy), il capoluogo della Bukovina,
nel 1920.
Seconda
voce: In ebraico la parola che indica il "nome",
"Davar", significa a un tempo anche la "cosa":
se davvero nel nome si cela la sostanza delle cose, colui che
le nomina compie un doppio atto di creazione: il poeta acquista
forse in tal modo virtú ultraprofetiche, simildivine?
Prima
voce: La questione dell'identità rappresenta una cifra
ineludibile della sua poesia, oltre a un ineguagliabile esempio
delle spinte e degli attriti che pregnano la Mitteleuropa, trasformandola
nel nostro caso in una sorta di kafkiana Sentenza pendente sul
poeta per il corso di un'esistenza, e differita fino al punto
in cui non resta possibilità di appello.
Seconda
voce: La stessa città di Czernowitz è un esempio
di quei baloccamenti tragici della Storia sulla pelle dell'individuo:
appartenente all'impero austro-ungarico fino alla Grande Guerra,
restò in mani prima rumene e poi sovietiche fino all'occupazione
nazista, per poi essere nuovamente annessa all'Unione Sovietica.
Dopo il tracollo dell'URSS si trova oggi in Ucraina, ma chiunque
vi si trovi di passaggio potrà ancora facilmente intercettare
brandelli di conversazioni in almeno una mezza dozzina di lingue.
Prima
voce: Al tempo degli Absburgo un terzo degli abitanti della
città erano ebrei di lingua tedesca. In una di queste famiglie
nacque Paul Celan. Sotto gli Absburgo la situazione della comunità
ebraica, in confronto alle altre, era quasi invidiabile: la casa
imperiale concedeva agli ebrei di Czernowitz, in quanto portatori
della lingua e della cultura tedesca, diritti e privilegi inauditi
e invidiati, per esempio, dalla comunità rumena. Con la
fine dell'impero austriaco la situazione della minoranza ebraica
peggiorò notevolmente. La lingua tedesca venne bandita
dall'ufficialità a vantaggio della rumena, e molti ebrei
vennero sollevati da posizioni prestigiose e non, fino al punto
di restare disoccupati. L'antisemitismo aveva fatto ufficialmente
il suo ingresso nella città.
Seconda
voce: La generazione del giovane Paul si era nettamente distaccata
dalle tradizioni dei padri, intendeva aprirsi all'Europa e all'Occidente,
guardava a Parigi e Vienna e coltivava idee progressiste, in antitesi
con il sionismo conservatore e nazionalista che predicava il ritorno
in Palestina. Quella generazione che si stava formando, in altre
parole, si poteva definire in fase avanzata di laicizzazione,
al punto che lo stesso Paul aveva probabilmente piú confidenza
con la liturgia cristiana che con quella ebraica, col marxismo
piú che col sionismo, col francese piú che con l'ebraico.
Prima
voce: Con l'occupazione tedesca del 1941 e l'istituzione del
Ghetto, il giovane Paul, come tutti i suoi coetanei giudei, dovette
interrompere ufficialmente gli studi e sottomettersi ai lavori
forzati. Esistono da sempre differenti versioni sulle circostanze
attraverso cui il futuro poeta scampò alla deportazione.
La piú attendibile vuole che, avuto sentore dell'imminente
arresto, il giovane avesse trovato rifugio per sé e per
i genitori in casa di un'amica; la madre però respinse
l'idea di abbandonare la propria casa, e si rassegnò piuttosto
ad essere prelevata dai tedeschi, ignorando, come molti altri,
quel che nella deportazione l'attendeva. Convinto ancora che prima
o poi avrebbe fatto cambiare idea ai genitori, il giovane Paul,
un giorno che era passato a trovarli, trovò i sigilli sulla
porta di casa, capí che erano stati prelevati e si affrettò
ad allontanarsi in preda alla disperazione. Non li avrebbe piú
rivisti.
Seconda
voce: La realtà per il poeta non è data a priori,
essa va piuttosto conquistata a tastoni, con la fatica delle mani.
La poesia si pone al servizio di tale missione, essa ambisce a
conquistarsi realtà di fronte ai capricci dell'assurdo,
ed offre riparo, identità e senso di fronte alle torsioni
surreali della storia. Anche in virtú di ciò il
poeta afferma di non scorgere differenza di principio tra un poema
e una stretta di mani.
Prima
voce: Arrestatesi le deportazioni, gli uomini in forze vennero
nuovamente inquadrati al lavoro coatto, e le cose non cambiarono
molto neanche quando l'Armata Rossa riconquistò la città.
Per i sovietici l'intera cittadinanza, ebrei compresi, si era
compromessa con l'invasore tedesco-rumeno, e della cordialità
russa della prima occupazione, ancora viva nel ricordo, non era
sopravvissuto nulla. Paul Celan prestò lavoro coatto sotto
diversi occupanti e ininterrottamente per tre anni, fino al 1944,
dapprima in ambito edilizio, e da ultimo, in virtú di brevi
studi di medicina interrotti dalla guerra, in qualità di
aiutante medico in un manicomio.
Seconda
voce: A quel tempo, in conseguenza delle traversie subìte
dalla propria razza, risale la sua revisione ideologica nei confronti
dell'ebraismo. Davanti ad amici recita favole di Steinbarg e canta
melodie sinagogali, nonché sottolinea per la prima volta
la bellezza della lingua ebraica; poco piú tardi comincia
a leggere sistematicamente l'opera di Martin Buber, il padre del
Cassidismo moderno. Ma il suo avvicinamento all'ebraismo non è
di natura religiosa: Paul Celan non frequenta sinanoghe, né
legge la Talmud o la Torah; il suo approccio è di natura
privata e puramente culturale. Da questo momento in poi, l'ebraismo
diverrà uno dei tratti costitutivi della sua identità,
e influenzerà non di meno la sua poesia.
Prima
voce: Il silenzio non è solo l'assenza del suono, ma
rappresenta la condizione precedente al movimento e alla parola,
quell'humus, anzi, in cui la musica e la parola possono fermentare.
Theodor Adorno aveva prescritto ai poeti, dopo Auschwitz, il silenzio.
Come il grande critico Giuseppe Bevilacqua ha con acutezza riconosciuto,
nel Meridiano Celan gli replica sottolineando una differenza
tra l'Arte autoreferenziale, quella sí può ammutolire,
e la Poesia, quella che è "antiparola", un grido
emesso "dall'angolo d'incidenza della propria esistenza",
vale a dire dalla prospettiva delle personali date fatidiche,
dei propri "20 gennaio" - simbolicamente, la data del
1942 in cui venne varata ufficialmente la "soluzione finale".
Una certa arte muore, ma la poesia sopravvive dove c'è
l'uomo. Auschwitz ha anche questo effetto collaterale: i percorsi
dell'arte e della poesia si separano definitivamente, la postmodernità
può inforcare la sua parabola.
Seconda
voce: Finita la guerra, Paul Celan si trasferisce a Bucarest,
dove un amico poeta lo raccomanda ad una casa editrice filosovietica,
per la quale lavorerà per un paio d'anni in qualità
di lettore e traduttore. In questo periodo entra in contatto con
il surrealismo rumeno, una corrente del movimento tarda ma feconda,
si professa comunista e pubblica su una rivista vicina al surrealismo
le sue prime liriche. Malgrado nessuna delle sue poesie possa
definirsi espressamente surrealista, una certa influenza dell'avanguardia
è evidente anche nelle opere della maturità - in
particolare, la riflessione sulla relazione dialettica tra memoria
e oblío, ritrovata poi in Mandel'tam, affonda palesemente
le radici nel surrealismo rumeno.
Tuttavia, da ciò ad affermare che Paul Celan sia stato
un tardo surrealista, come è stato sostenuto da certa critica
a lungo e ostinatamente, corre un abisso. Durante la sua carriera
di poeta e traduttore Paul Celan dovette ripetutamente difendersi
da accuse faziose di estetismo, ermetismo e addirittura di plagio,
espressioni di un latente tono antisemita sopravvissuto, in virtú
anche del clima restaurativo degli anni cinquanta, in una parte
considerevole della società bundesrepubblicana.
Prima
voce: Nel 1947 Celan si trasferisce a Vienna, dove resterà
pochi mesi, e infine a Parigi, la città in cui stabilirà
la sua residenza definitiva. Qui inizia il suo percorso di poeta
e di traduttore di poesia. Le due attività si intrecceranno
per tutta la sua vita in modo indissolubile, oseremmo dire interdipendente,
- un caso senza precedenti nella storia della letteratura per
la sistematicità e la qualità degli esiti. Paul
Celan traduce da sette lingue, soprattutto dal francese, dal russo
e dall'inglese, ma anche per esempio Ungaretti dall'italiano e
Pessoa dal portoghese. L'attività traduttiva di Celan è
straordinariamente meritoria. Si può citare esemplarmente
il fatto che abbia tradotto tre poemi di Fernando Pessoa nei primi
anni cinquanta, in un epoca in cui il poeta portoghese era poco
conosciuto in patria, e men che meno all'estero. Ciò nonostante
anche le traduzioni sono state oggetto di polemica per la libertà
dell'approccio al testo di partenza.
Seconda
voce: La relazione dialettica di silenzio e parola è
caratteristica di molti autori del Moderno, alcuni dei quali sono
dei punti di riferimento poetici per Celan, come Hölderlin,
Rilke, e sopra tutti il venerato Osip Mandel'tam. Per il
poeta pietroburghese la poesia non è una rappresentazione
mimetica della realtà, ma ha piuttosto un carattere fenomenico
autonomo. Essa risiede, musicalmente, sulla superficie delle labbra
che la invocano: la poesia è suono precedente alla parola,
e il poeta in quest'ambito funge da cassa di risonanza, quasi
da medium involontario per la sua trasmissione.
Prima
voce: Il colmo per la letteratura tedesca è che il
suo più grande poeta del dopoguerra sia un ebreo, uno dei
pochi scampati alla macellazione. Oggi la mole critica che si
impegna a confrontarsi con la poesia di Celan (siamo nell'ordine
di migliaia di contributi) trova forse l'uguale nella letteratura
tedesca moderna solo nel caso Kafka. Il critico George Steiner
non ha esitato a definirlo il più grande poeta europeo
del secondo Novecento, ma la popolarità di Celan, malgrado
le sue poesie siano facilmente reperibili, resta limitata ad un
gruppo di selezionati ammiratori. Occorre fatica per penetrare
questi poemi che trasudano fratture sintattiche e decostruzioni
lessicali. Ma occorre ancor prima immedesimarsi in un ebreo della
Bucovina che scrive in lingua tedesca: la lingua della madre tanto
amata, quindi letteralmente madre-lingua, ma anche e soprattutto
la lingua dei suoi assassini. La decostruzione delle strutture
linguistiche, sistematicamente perseguita dal poeta, mira a scardinare
il legame scellerato tra il passato e il presente, che si riflette
nel linguaggio in modo esemplarmente mimetico.
Seconda
voce: Tra tutti gli autori tradotti, la relazione più
suggestiva e feconda è certamente quella con Osip Mandel'tam.
Paul Celan entra in contatto col poeta russo più impegnativo
del suo tempo quasi per caso, ma il primo abboccamento dà
luogo immediatamente a un'esperienza epifanica che nel giro di
pochi anni si concretizzerà in una serie di approcci ed
esiti proteiformi: dalla traduzione propriamente detta alla relazione
intertestuale privilegiata, passando per una ripresa sistematica
di elementi di poetica, vale a dire di un aspetto tra i più
privati e personali in un'artista. Un'affinità elettiva
intensissima e sofferta che culmina nella rappresentazione di
un incontro effettivo col poeta russo sul terreno ideale del poema.
Prima
voce: Cosí il poema è per Celan, sulla scorta
di Mandel'tam, un tentativo di dialogo, un messaggio nella
bottiglia rivolto a un interlocutore sconosciuto. Nel Meridiano
scrive: "Il poema tende a un Altro, esso ha bisogno di un
interlocutore; lo va cercando e vi si dedica. Ogni oggetto, ogni
essere umano, per il poema che è proteso verso l'Altro,
è figura di questo altro". Il dialogo con l'Altro
è fondato sulla relazione tra due prospettive analoghe
e a un tempo divergenti: identità nel suo doppio significato,
ricerca della propria identità per mezzo dell'identità
con l'altro.
Seconda
voce: Del 1963 è la sua raccolta poetica forse più
significativa, Die Niemandsrose (La Rosa di Nessuno). Attraverso
il dialogo con una gilda di poeti che sulla propria pelle hanno
osato levare la loro antiparola contro l'epoca, ma senza prescindere
dall'epoca, Celan si mette alla ricerca del luogo della poesia
nella realtà. È' un viaggio alla volta dell'oriente
slavo ed ebraico definitivamente perduto, un po' la Sarmazia di
Bobrowski, un po' il piccolo mondo interiore di Chagall, quel
che Celan così definisce: "Il paesaggio dal quale
io - per quali vie traverse! Ma poi esistono: vie traverse? -
il paesaggio dal quale io giungo fino a Loro è probabilmente
sconosciuto alla maggior parte di Loro. È il paesaggio
in cui stava di casa una parte non trascurabile di quelle storie
cassidiche che Martin Buber ha rinarrato in tedesco a tutti noi.
Era, se posso ancora aggiungere a questo schizzo topografico qualcosa
che adesso, da tanto lontano, mi si ripresenta agli occhi, - era
una contrada in cui vivevano uomini e libri".
Prima
voce: Il poeta sviluppa delle affinità elettive fondate
su due principi: da una parte nel segno della poesia come "antiparola"
che si dibatte contro la corrente della storia, e dall'altra nel
segno dell'identificazione con i poeti e con gli ebrei costretti
all'esilio e perseguitati dal loro tempo - parliamo non solo di
Mandel'tam, ma anche di Heine, Hölderlin, Sachs, Villon,
Kafka o Cvetaeva (proprio quella medesima Marina Cvetaeva che
aveva detto: "i poeti sono giudei"). Si tratta evidentemente
di un canone alternativo a Goethe, Shakespeare, Virgilio o Mallarmé.
Il poeta esclude a priori qualsiasi possibilità di sintonia
continuativa con il classico, poiché il passato resta in
modo onnipresente ed esclusivo la fonte del sommo dolore, che
diviene un motivo conduttore in molte liriche di Celan attraverso
la metafora ricorrente della "mandorla": il frutto che
simbolizza le masse senza nome a cui il poeta vuole offrire uno
spazio di testimonianza; il frutto presente nel nome che è
sinonimo di poesia nel segno dell'umano - Mandel'tam/Mandelstamm
in tedesco significa "schiatta del mandorlo" -, ma che
è, non da ultimo, anche il frutto dal cui seme si distillava
il Zyklon-B, il famigerato gas delle docce di Auschwitz.
Seconda
voce: La poetica del meridiano quale linea ultrageografica,
che affratella nel segno della poesia i punti che vi convergono,
non è una forma di resistenza, né tantomeno una
strada per la rivolta. Essa è piuttosto la testimonianza
di un solidale avvicinamento all'altrui, che ha l'effetto di fornire
un effimero ma consolatorio senso di appartenenza. La parabola
esistenziale ciò nondimeno troppo presto precipita. Negli
anni sessanta si manifestano le prime crisi di nervi, il poeta
si separa dalla moglie, per un certo periodo dorme nello studio
in cui lavora, presso la prestigiosa Scuola Normale parigina,
poi si trasferisce in un appartamento cosí piccolo da non
poterci portare neanche i suoi libri. Intanto si sottopone a cure
psichiatriche, tra l'altro anche ad elettroschock, e sperimenta
con gli stupefacenti. I suoi versi si fanno sempre più
impenetrabili, una stele imponente e indecifrabile sopra cui la
critica si scervellerà ancora e forse per sempre. Ci troviamo
di fronte a un'autentica discesa nell'abisso perseguita con coerenza
e fino alle estreme conseguenze. Cosa il poeta abbia incontrato
sul fondo dell'abisso resterà una questione senza risposte.
In un giorno di primavera del 1970, non ancora cinquantenne, il
poeta Paul Celan, ultimo rantolo del Moderno, si getta nei gorghi
della Senna dal ponte Mirabeau, quello stesso cantato da Apollinaire
nella sua celebre poesia d'amore.
Quattro
poemi per Osip Mandel'tam.
IN UNO
Tredici
di febbraio. Nella bocca del cuore
Si ridesta Schibboleth. Con te
Peuple
De Paris. No pasaràn.
Pecorella
alla sinistra: lui, Abadias,
il vegliardo di Huesca, arrivò coi cani
attraverso il campo, nell'esilio,
bianca, una nuvola
di umana nobiltà, ci parlò
nella mano la parola di cui avevamo bisogno, vi era
lo spagnolo dei pastori, dentro
nella
luce algida dell'incrociatore "Aurora":
la mano fraterna, agitata insieme alla benda
tolta dagli occhi grossi come parole - Pietropoli, la
Città Peregrina dei non dimenticati stette
anche a te, toscanamente, a cuore.
Pace
alle baracche!
UNA ROMANZA DA RIBALDO E MANIGOLDO
CANTATA IN PARIGI EMPRÈS PONTOISE
DA PAUL CELAN
DI CZERNOWITZ PRESSO SADAGORA
Talvolta soltanto, in tempi oscuri
Heinrich Heine, A Edom
A
quel tempo, quando c'erano ancora forche,
quaggiú, non è vero, c'era
un insù.
Dov'è
finita la mia barba, vento, dove
la mia macchia di ebreo, dove
la mia barba, che tu strappi?
Torto
era il cammino che intrapresi
Torto era, sì,
poiché era,
sì, diritto.
Heia.
Torto,
così sarà il mio naso.
Naso.
E
ci muoviamo anche alla volta del Friuli.
Là avremmo, là avremmo.
Poiché fioriva il Mandorlo.
Albero del mandorlo, Obero del malandro.
Sogno
del mandorlo, Mogno del sandorlo.
E anche albero del ginepro.
Candelalbero.
Heia.
Lber.
Envoi.
Però,
però si inalbera, l'albero. Esso,
anch'esso
si erge contro
la peste.
POMERIGGIO CON CIRCO E CITTADELLA
A
Brest, davanti ai cerchi di fuoco,
nella tenda, in cui la tigre saltava,
là ti ho sentito, finitezza, cantare,
là ti ho visto, Mandel'tam.
Il
cielo si librava sopra la rada,
sopra la gru si librava il gabbiano.
Il finito cantava, il perenne, -
e tu, cannoniera, il tuo nome è "Baobab".
Io
ho salutato il tricolore
con una parola russa -
il Perduto era Non-perduto,
il cuore, un luogo fortificato.
TUTTO È DIVERSO
Tutto
è diverso da come te lo immagini, da come me lo immagino,
la bandiera sventola ancora,
i piccoli segreti sono ancora tra sé,
gettano ancora ombre, di cui
tu vivi, vivo io, viviamo.
La
moneta d'argento si scioglie sulla tua lingua,
sa di Domani, di Sempre, un cammino
verso la Russa ti monta al cuore,
la betulla carelia
è
in attesa,
il nome Osip ti viene incontro, tu gli racconti
quel che già sa, lui te lo prende, te lo riprende, con
le mani,
tu gli sciogli il braccio dalla spalla, il destro, il sinistro,
gli leghi i tuoi al loro posto, con le mani, le dita, le linee,
-
quel che viene strappato ricresce nuovamente -
eccoteli, prendi, eccoteli entrambi,
il nome, il nome, la mano, la mano,
prenditeli in pegno,
e lui si prende anche quello, e tu hai
di nuovo quel che è tuo, quel che era suo,
mulini
a vento
premono
l'aria nel polmone, tu remi
attraverso i canali, le lagune e i navigli,
al chiar di parola,
a poppa nessun perché, a prora nessun dove, un corno d'ariete
ti solleva
- Tekiah! -
come uno squillo di trombone attraverso le notti e via nel giorno,
gli àuguri
si scannano tra loro, l'uomo
ha la sua pace, l'iddio
ha la propria, l'amore
ritorna nelle alcove, il crine
delle donne cresce nuovamente,
e la gemma sul loro seno
richiusa all'indentro
viene nuovamente alla luce, la linea
della vita, del cuore, ti si risveglia
nella mano che si arrampica sui lombi, -
come
si chiama, il tuo paese
dietro al monte, dietro all'anno?
Io so come si chiama.
Come la fiaba d'inverno, così si chiama,
si chiama come la fiaba d'estate,
la terra dei tre anni di tua madre, quella era,
quella è,
vaga dappertutto, come la lingua,
gettala via, gettala via,
così la riavrai indietro, come
il ciottolo
dell'avvallamento Moravo
che portò il tuo pensiero a Praga,
sulla fossa, sulle fosse, nella vita,
da
tempo
se n'è andato, come le lettere, e tutte
le lanterne, di nuovo
lo devi cercare, è laggiù,
è piccolo, e bianco,
dietro l'angolo, là giace lui,
presso Normandia-Njemen - in Boemia,
dietro la casa, davanti alla casa,
bianco è lui, bianco, dice:
Oggi - è valido.
Bianco è lui, bianco, un raggio
d'acqua penetra, un raggio del cuore,
un fiume,
tu conosci il suo nome, le sponde
traboccano il pieno giorno, come il nome,
tu lo puoi palpare, con la mano:
Alba.
(Traduzione
di Antonello Piana)
I
poemi originali
IN
EINS
Dreizehnter
feber. Im Herzmund
erwachtes Schibboleth. Mit dir,
Peuple
de Paris. No pasaràn.
Schäfchen
zur Linken: er, Abadias,
der greis aus Huesca, kam mit den Hunden
über das Feld, im Exil
stand weiß eine Wolke
menschlichen Adels, er sprach
uns das Wort in die Hand, das wir brauchten, es war
Hirten-Spanisch, darin,
im
Eislicht des Kreuzers "Aurora":
die Bruderhand, winkend mit der
von den wortgroßen Augen
genommenen Binde - Petropolis, der
Unvergessenen Wanderstadt lag
Auch dir toskanisch zu Herzen
Friede
den Hütten!
EINE
GAUNER- UND GANOVENWEISE
GESUNGEN ZU PARIS EMPRÈS PONTOISE
VON PAUL CELAN
AUS CZERNOWITZ BEI SADAGORA
Manchmal nur, in dunleln Zeiten
Heinrich Heine, An Edom
Damals,
als es noch Galgen gab,
da, nicht wahr, gab es
ein Oben.
Wo
bleibt mein Bart, Wind, wo
mein Judenfleck, wo
mein Bart, den du raufst?
Krumm
war der Weg, den ich ging,
krumm war er, ja,
denn, ja,
er war gerade.
Heia.
Krumm,
so wird meine Nase.
Nase.
Und
wir zogen auch nach Friaul.
Da hätten wir, da hätten wir.
Denn es blühte der Mandelbaum.
Mandelbaum, Bandelmaum.
Mandeltraum,
Trandelmaum.
Und auch der Machandelbaum.
Chandelbaum.
Heia.
Aum.
Envoi
Aber,
aber er bäumt sich, der Baum. Er,
auch er
steht gegen
die Pest.
NACHMITTAG MIT ZIRKUS UND ZITADELLE
In
Brest, vor den Flammenringen,
im Zelt, wo der Tiger sprang,
da hört ich dich, Endlichkeit, singen,
da sah ich dich, Mandelstamm.
Der
Himmel hing über der Reede,
die Möwe hing über dem Kran.
Das Endliche sang, das Stete, -
Du, Kanonenboot, heißt "Baobab".
Ich
grüßte die Trikolore
Mit einem russischen Wort -
Verloren war Unverloren,
das Herz ein befestigter Ort.
ES IST ALLES ANDERS
Es
ist alles anders, als du es dir denkst, als ich es mir denke,
die Fahne weht noch,
die kleinen Geheimnisse sind noch bei sich,
sie werfen noch Schatten, davon
lebst du, leb ich, leben wir.
Die
Silbermünze auf deiner Zunge schmilzt,
sie schmeckt nach Morgen, nach Immer, ein Weg
nach Rußland steigt dir ins Herz,
die karelische Birke
hat
gewartet,
der name Ossip kommt auf dich zu, du erzählst ihm,
was er schon weiß, er nimmt es, er nimmt es dir ab, mit
Händen
du löst ihm den Arm von der Schulter, den rechten, den linken,
du heftest die deinen an ihre Stelle, mit Händen, mit Fingern,
mit Linien,
-
was abriß, wächst wieder zusammen -
da hast du sie, da nimm sie dir, da hast du alle beide,
den Namen, den Namen, die Hand, die Hand,
da nimm sie dir zum Unterpfand,
er nimmt auch das, und du hast
wieder, was dein ist, was sein war,
Windmühlen
Stoßen
dir Luft in die Lunge, du ruderst
durch die Kanäle, Lagunen und Grachten,
bei Wortschein,
Am
Heck kein Warum, am Bug kein Wohin, ein Widderhorn hebt dich
- Tekiah! -
wie ein Posaunenschall über die Nächte hinweg in den
Tag, die Auguren
zerfleischen einander, der Mensch
hat seinen Frieden, der Gott
hat den seinen, die Liebe
kehrt in die Betten zurück, das Haar
der Frauen wächst wieder,
die nach innen gestülpte
Knospe an ihrer Brust
tritt wieder zutag, lebens-,
herzlinienhin erwacht sie
dir in der Hand, die den Lendenweg hochklomm, -
wie
heißt es, dein Land
hinterm Berg, hinterm Jahr?
Ich weiß, wie es heißt.
Wie das Wintermärchen, so heißt es,
es heißt wie das Sommermärchen,
das Dreijahreland deiner Mutter, das war es,
das ists,
es wandert überallhin, wie die Sprache,
wirf sie weg, wirf sie weg,
dann hast du sie wieder, wie ihn,
den Kieselstein aus
der Mährischen Senke,
den dein Gedanke nach Prag trug,
aufs Grab, auf die Gräber, ins Leben,
längst
ist er fort, wie die Briefe, die alle
Laternen, wieder
Mußt du ihn suchen, da ist er,
klein ist er, weiß,
um die Ecke, da liegt er,
bei Normandie-Njemen - in Böhmen,
da, da, da,
hinterm Haus, vor dem Haus,
weiß st er, weiß, er sagt:
Heute - es gilt.
Weiß ist er, weiß, ein Wasser-
Strahl findet hindurch, ein Herzstrahl,
ein Fluß,
du kennst seinen Namen, die Ufer
hängen voll Tag, wie der Name,
du tastest ihn ab, mit der Hand:
Alba.
Antonello
Piana (1974) ha discusso di recente una tesi di laurea sulla relazione
dialogica Celan-Mandel'tam..
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