FORME ALTERATE DI PEDONI
Danzio Bonavia
E "A TORINO NON SI RESPIRA!
CAZZATE LE GIORNATE ANTISMOG!" Gridavo per strada.
Controviale. Incrocio. Corso. Via Monginevro. L'orologio di una
farmacia. Lampeggiava verde. Sette gradi. Ventisei uno, zero uno.
Quattro e quaranta. Non pedalavo. Il rumore dolce delle ruote
sull'asfalto.
"Cazzoni noi italiani e tutte ste macchine nelle nostre città."
Pensavo.
"E il Tg che ci vanta <L'Italia, la nazione con più
città che hanno aderito alla giornata europea antismog.>"
"CHE CAZZATA! SIAMO DEGLI STRONZI! " Pensavo e gridavo.
Nessuno mi sentiva. Non c'era nessuno. Solo le statue erano ancora
sveglie ad ascoltarmi. "SVEGLIA! SVEGLIA! È QUASI
ORA! ALZATEVI! E CHIUDETEVI NEL TRAFFICO!" Sbraitavo, con
le piazze e i muri che scorrevano veloci affianco.
Andavo veloce, anche se stavo impazzendo su quella bici, cercando
di evitare i binari del tram.
"Siamo la nazione della giornata antismog! Che cagata!"
Sputavo una schifezza quasi gommosa, per togliermela di bocca,
via dalla mia lingua felpata.
"Come se tutte le grandi città europee fossero uguali.
L'Italia è una nazione dove la gente ha perso le gambe.
Non sa più spingere sui pedali. Se non schiacciare l'acceleratore!
E il freno! E la frizione!
Gli fa schifo prendere l'autobus e la metro. Usa la macchina per
andare dietro casa. Sti cazzoni dove vanno senza macchina?"
Intravedevo i lenzuoli bianchi, grigetti, di Legambiente. Via
Accademia Albertina. Scendevo con la ruota dal gradino del marciapiede.
Secco. Mi faceva male al culo. Attraversavo sulle strisce pedonali,
e via in contro mano. Di nuovo su un marciapiede.
"URLATE! SCLERATE E LAMENTATEVI! CHE C'È CASINO PER
LE STRADE!
CHE È UNO SCHIFO! CHE NON SI RESPIRA!
MA INTANTO STATE SEDUTI DIETRO AL VOLANTE A IMPRECARE! ASCOLTATE
ALLA RADIO CANZONI CHE VI PIACCIONO PER ABITUDINE. SUONATE IL
CLACSON! TAGLIATE LA STRADA! INVENTATEVI I PARCHEGGI E INFRANGETE
I SEGNALI!
IMPARATE NEL TRAFFICO COME VIVERE PER SOPRAVVIVERE! BASTARDI!"
Mi andava via la voce. Ero ancora bello ubriaco. Tanto, dopo aver
gridato, da essere concitato per la mia discussione col vuoto.
Riflettevo su quello che dicevo, silenzioso. Tutto preso, non
guardavo quasi la strada. Gli isolati scorrevano. Non pedalavo.
Il cambio riempiva la via col suo verso simile ad una cavalletta.
"Beh, è uno schifo. Sì! Come altrove. Sì,
è vero, ma non ovunque
"
*
Ero
in aeroporto. Appena arrivato a Copenhaghen.
Mi giro dalla mia amica danese con cui stavo viaggiando e le chiedo:
"I tuoi vengono a prenderci?"
"Forse
" Con una erre così poco marcata
da sembrare una elle.
"Ah
non è sicuro?"
"No, ma tanto non vengono in macchina."
"No?! Ma allora siamo vicini a casa tua."
"No! Andremo in taxi. Paga mia mamma."
"E se non vengono?"
"Andiamo in treno. Passa da qua. Se poi volete possiamo prendere
il bus oppure il taxi. Come preferite. Cioè, per me non
c'è problema. Possiamo anche andare a piedi."
"Ok! Ma tua mamma non guida?"
"No! Cioè
sì che guida, ma non qua. A
Copenhaghen nessuno usa la macchina. Che cazzata. A cosa serve?"
"E come ti sposti?"
"In bici. Oppure in bus o col metrò se preferisci.
Qua i bus vanno tutta la notte ce ne sono sempre. La gente lo
sa e li usa. Se no sarebbe come le grandi città italiane
tutte rovinate dallo smog. Che schifo!" Mi aveva risposto
nel suo strano accento italo-danese-napoletano.
Ero appena arrivato.
Mi sarei aspettato di tutto.
Tutto tranne quello che ho visto per una città col doppio
di popolazione di Torino.
*
Anche
con le strade deserte, silenziose, a quell'ora di notte, come
facevo a non pensarci.
"A TORINO NON SI RESPIRA E L'ARIA PUZZA!" Gridavo, dondolando
in bici nella strada libera.
"Questa via , queste vie, questi corsi e viali, sono decorati
di vetture.
Fanculo la Fiat e il lavoro che ha dato. Fanculo a queste cazzo
di propagande fasulle. Ma cazzo! Cammino per strada e sento puzza.
Torno la sera a casa, soffio il naso, guardo nel fazzoletto e
ci sono dei pallini grigi. Le strade impolverate! Piove e ricade
la merda che tiriamo su nel cielo."
L'aria mi soffiava nelle orecchie il suono del mare in una conchiglia.
Andavo per le strade di Torino nella notte. Insofferente. Parlando
a me stesso, urlando: "SEGUITE LE STRADE SENZA MAI CAMBIARLE!"
Le strade vuote non rispondevano. Il silenzio. Le auto morte come
aiuole colorate, sul ciglio della strada. Le statue che mi chiedevano
aiuto. "Soffochiamo, non si respira! Vogliamo delle mascherine!"
Ero quasi a casa. Mi ero anche quasi calmato. Ero stanco di pedalare
e mi era scesa la botta d'alcool.
Attraversavo vie con le auto parcheggiate, come spartitraffico
nel centro. "Assurdo
"
"MA SÌ! CAZZO ELIMINIAMO I MARCIAPIEDI! FACCIAMO NUOVI
PARCHEGGI! SONO IMPORTANTI! SONO IMPORTANTI! INDISPENSABILI!"
Ancora qualche accenno di sbronza. Tossivo secco. Sputavo, senza
trovare saliva.
Torino al mattino che dormiva. Con la sua vita, la sua voce, il
suo rumore e le sue auto ferme, assopite, infreddolite, tutte
pronte a partire e a scaldare l'aria. A suonare se le intralci,
se non sei abbastanza nevroticamente veloce.
Torino che si scopre sporca appena si alza.
Torino che si imbastisce con la giornata del cazzo antismog.
"IL TELEGIORNALE DÀ IL CONTENTINO: <HANNO ADERITO
ALLA GIORNATA EUROPEA ANTISMOG IN TUTTO 40 CITTÀ ITALIANE.
IL MINISTRO DICHIARA
>
DICHIARA CHE CI PIGLIA PER IL CULO! PERCHÉ NON DICE <CAZZO!
SCENDETE IN GARAGE, PRENDETE LA GRAZIELLA (1), PRENDETE LA BICI
DEL NONNO, POGGIATECI LE CHIAPPE E PROVATE A FARVI AIUTARE DAI
VOSTRI FIGLI AD ANDARCI! LA BICI POTREBBE UCCIDERE LO SMOG! MA
INTANTO LO SMOG CI UCCIDE TUTTI!"> FANCULO!" Gridavo
nella strada vuota. Imprecavo e ridevo.
Gridavo: "BRUCIATE LE VOSTRE AUTO FOTTUTE! FATEVI L'ABBONAMENTO
AL TRAM! ANDATE IN BICI! TRANSITO LIMITATO PERMANENTE IN CENTRO!
SE NÒ CONTINUATE PURE COME VOLETE! SEDUTI IN POLTRONA SEGUITE
ALLA TELE PAROLE SU FATTI CHE IGNORATE E SOSTENETE!
CREDETE ALLE CAZZATE! ALLE PERCENTUALI DI UNO 0,01 IN MENO DI
SMOG NELL'ARIA E SOFFOCATE!"
"Soffoco di giorno, soffoco e l'aria puzza. Soffocano le
statue nelle piazze." Mi ripetevo dentro. Le 5 e 20.
Ero quasi a casa. Lo scroscio di una fontanella, che non dorme
mai, in una piazza vuota. Quando sono ubriaco tutto mi scorre
a fianco veloce. Faceva freddo. Sentivo il suono della città
che dormiva e sussurrava. Stava morendo.
Costeggiavo il Po'. "Non so se sia acqua quella che gli scorre
dentro!" Ridevo. "La puliscono tanto, per farcela bere,
che diventa cancerogena." Sembravo pazzo. Piazza Vittorio.
Il fruscio delle ruote sul ghiaietto. "Bella. La piazza più
grande d'Europa. Proprio bella. Piena di macchine. Giusto le strade
che l'attraversano e poi tutti parcheggi. Auto bruciate, abbandonate
"
Ero a casa. Ero entrato nel portone. Legavo la bici in cortile.
Salivo le scale. Quasi mi dispiaceva lasciare quelle strade. Bisbigliavano,
ricordando senza sosta un'altra vita che avevano vissuto. Quando
per le strade c'era fango e polvere e erba. E non quella munnezza
(2) che si forma ai lati delle strade quando piove.
Mi sarebbe dispiaciuto vederle sveglie, intasate. Aprivo la porta.
Avrei voluto che nessuno si fosse svegliato domani. Oggi. Fra
poco. Ero disteso. Dormivo.
*
"Il
sonno viene come l'avanzare della marea..."
Leggevo una notte. Disteso sul letto con V. tra le mie gambe che
mi ascoltava. "Ma come ho fatto a essere così coglione."
Pensavo e leggevo:
"...Opporsi è impossibile. È un sonno così
che né lo squillo del telefono né il rumore delle
auto che passano fuori mi arrivavano all'orecchio..."
Non riuscivo a smettere. Pensavo e nel frattempo leggevo: "...Nessun
dolore, nessuna tristezza laggiù: solo il mondo del sonno
dove precipito con un tonfo..."
La mia bocca leggeva. I miei occhi rivedevano tutto a flash. Ogni
attimo, ogni gesto. Ogni volta che mi fissavo a pensarci tutto
si cuciva meglio. Ogni cazzata che avevo fatto e che potevo modificare.
Solo nella mia testa. Mi tornava tutto davanti come delle foto.
Delle istantanee di emozioni.
"...E' soltanto nel momento in cui riapro gli occhi che mi
sento un po' triste (3)."
Triste. Molto triste. Mi si ricomponeva tutto davanti agli occhi.
Sulle righe. Davanti alle parole che leggevo. Come se avessi filmato
tutto:
*
"Ho
sempre l'abbonamento, cazzo! Per una volta, una volta che non
ho neanche potuto comprare il biglietto li incontro.
Un anno di abbonamento, che se non l'avessi fatto avrei viaggiato
gratis.
Un giorno senza biglietto e mi cuzzano (4)." <<
I
due controllori mi fanno scendere dal pullman. Non ho il biglietto.
Mi chiedono i documenti. Dico che li ho persi. Dò delle
generalità false. Mi fanno scendere. Due fermate ancora
e ci sarebbe stata la mia.
"Ora chiamo e controlliamo. Guarda che se mi hai dato una
falsa identità ti denuncio. Pensaci!" Mi minaccia
uno dei due. Io zitto mi guardo intorno. Il tipo che mi aveva
parlato chiama per controllare col cellulare. L'altro tiene a
terra fra le gambe il mio borsone .
Quel giorno dovevo partire. Solo un viaggio gratis, fino alla
stazione. Chiedevo solo quello. Uno in un anno. Avevo fretta.
Era l'una e mezza quand'ero uscito di casa. Negozi tutti chiusi.
Anche volendo non avrei potuto comprare il biglietto. >>
"Cazzo, fanculo! Che sfiga!" <<Le mani sudate.
Mi guardo attorno. Il corso pieno di macchine. Rosso. Verde. Le
auto partono, schizzano appena scatta il semaforo. Il corso si
libera. Mi chino. Tiro via la borsa. "Bastardo!" Sento
dietro, assieme alla mano di uno dei due che mi sfiora. Correndo
attraverso il corso vuoto. Corro con quel borsone maledetto a
tracolla. Dall'altra parte mi blocco. Mi giro. Li guardo: fermi
sull'altro lato. Prendo fiato e corro. Sento un tonfo secco. M'è
caduto qualcosa di tasca. Mi tasto la giacca per capire cosa.
"Il cellulare! Non lo vedo. Ma dove cazzo è?"
Ansimo. Ho già il fiatone.>> "La borsa era piena
di roba. Almeno non l'avessi avuta. Sarei scappato di fisso."
<<Guardo per terra. Non riesco a trovarlo. Mi chino. Guardo
sotto le auto parcheggiate in fila. Mi alzo. Controllo i tipi
fermi alla fermata che mi guardano. Fanno gesti. Forse mi insultano.
Ma non mi seguono. Mi giro. Cerco il cellulare. Lo trovo, lo prendo
e corro. Corro e lo metto in tasca. La chiudo, correndo e ansimo.
Fa caldo. Fa caldo a correre con la valigia, con il piumino. Anche
se è Gennaio e sono a Torino. Davanti ho un parco. La via
vuota. Via Boggio. Parchetto, carcere, linea del 15. Nessun 15.
Nessun bar. Nessun negozio. Via desolata. Corro. Sposto la valigia
da una spalla all'altra mentre attraverso il corso. Mi si stacca
un braccialetto dal polso sinistro. Mi fermo di nuovo. Guardo
per terra. "Non lo vedo. Non lo vedo!" Raccolgo i pochi
pezzi che trovo. Continuo a correre.>> "Non mi fossi
fermato. Dovevo lasciarlo lì!" <<Costeggio il
parchetto recintato. Nessuna entrata ed è troppo scoperto.
Prima traversa. Via Bixio. La imbocco. "Ok, sono nella merda."
Mi blocco. Una via abbandonata. Un posto del cazzo per imboscarsi.
Un deserto. Da ambo i lati ci sono fabbriche o strutture abbandonate.
Cammino e prendo fiato. Sul mio lato alcune macchine parcheggiate.
Dall'altro delle macerie e rifiuti. Una scelta pessima.>>
"Cazzo, mi sarei dovuto nascondere fra le auto" Pensavo
mentre leggevo.
<<Non ho fiato e cammino. Ripenso ai tipi, riprendo a correre.
Non ho fiato e cammino. Sono quasi alla fine.>>
"Fossi arrivato alla fine della via. Avrei svoltato l'angolo
e mi sarei imboscato in qualche negozio. Mi serviva giusto il
tempo che ho perso per il cellulare e il braccialetto." Mi
tormentavo leggendo.
<<Cammino e respiro. Mi giro e all'incrocio, da cui io ho
imboccato la via, c'è una pattuglia. Si ferma. Una tipa
mi indica e io, vedendola la fisso, mi giro e corro.>>
"Che cazzata, che cazzata! Avrei dovuto coprire quella borsa.
Non l'avessi avuta non ero già più lì!"
Continuavo a scorrere quel che non avevo fatto Fisso nel vuoto
dei miei castelli.
Corro, disperato. Insensato. Sento il rumore della macchina vicino
a me. Mi fermo. Mi affiancano sul ciglio del marciapiede. "Ma
che fai?" Mi domanda la tipa dalla volante.
Poso la borsa. "Hai qualcosa? Diccelo subito!"
"Ma cosa?"
"Ma perché sei scappato?" Scende un uomo dalla
macchina e mi viene incontro.
"Ho fatto una cavolata. Non volevo la multa."
"Dai, sali. Sicuro che non hai niente?" Mi dice il poliziotto
accompagnandomi alla portiera.
"Sì"
"Cos'hai lì alla mano?"
"Niente. Un'irritazione."
"Ti fai? Hai droga addosso?"
Mi apre la porta.
"Non toccare nulla."
Mi fa salire. La chiude. Salgo. Sbuffo. Non ci credo: "ATM
(5) e Polizia. Pagate il biglietto o vi pinzano (6)".
Il tipo , sottotenente, cicciottello, accento meridionale, parla
alla radio. Dice che m'hanno rintracciato.
"Che figura di merda. Che figura di merda!"
Seduto dietro rifletto a come stanno cambiando le cose. Guardo
che c'è nella macchina.
Al volante sta la tipa. Giovane.
"Ma mi spieghi che hai fatto?" Mi chiede con un accento
romano.
"Non so cosa mi ha preso. Non avevo il biglietto. Era la
prima volta. Sono abbonato. Ho perso il portafoglio coi documenti
come può vedere dal foglio
"
Appena mi avevano fermato gli ero andato incontro con un foglio
della questura. C'erano indicati i documenti che avevo perso.
"
Non li avevo mai incontrati quando avevo l'abbonamento.
Non volevo la multa. Mi sono agitato. Non ho più capito
nulla. E sono fuggito."
"Ma ti sembra la cosa da fare?"
"MA CHI SEI? MIA MADRE?!" Urlo dentro me. La guardo
nello specchietto in ansia. Zitto.
Arriviamo all'incrocio di via Boggio con corso Vittorio. I due
controllori aspettano lì.
Il sottotenente prima di scendere mi rassicura. "Dai! Ora
ci parlo io e vedrai che si risolve tutto. Cinque minuti e te
ne vai." Scendiamo e cominciano a parlare. Suona il cellulare.
"Posso rispondere?" "Sì, certo. Ma non ti
allontanare." Un numero che non conosco. Rispondo e si incanta.
Doveva aver preso un bel colpo, quando era caduto. Il tenente
parla al controllore. Io parlo all'altro. Troppe palle. "Avevo
l'abbonamento. L'ho sempre avuto." "Ma allora perché
se l'hai perso non sei andato a fartelo rifare? Costa solo cinque
mila!" "Ma loro dicevano che senza talloncino, quello
che indica il periodo non me lo rifacevano." "Guarda
che basta un documento!" "Ma io non li avevo ancora.
Ho perso pure quelli." Poi ci invertiamo. Io col controllore
che parlava allo sbirro, lui col mio. Poi ancora. Li scongiuro
e non serve. Non cambia un cazzo. Il tipo incarognito mi vuole
davvero denunciare come mi aveva minacciato. Non ho i documenti.
Realmente persi. Mi portano alla stazione. Quella di polizia.
"Dai sali. Mezz'ora e abbiamo finito" Sospiro e mi guardo
intorno. In coda, nella volante, fisso la gente che cammina. Qualcuno
si volta e mi da uno sguardo veloce. Nell'altra corsia macchine
ferme. Vuote con solo il conducente. Tante macchine per così
poche persone. "Ma chi se ne frega. E' una cazzata"
Mi ripeto dentro. Sorrido e guardo in giro. "Mezz'ora e hai
finito!"
*
Esco da quella stracazzo di stazione alle sei meno dieci. Treno
perso. Dopo che m'hanno spulciato la borsa e le tasche per accertare
se avessi qualcosa. "Hai qualcosa?" Mi chiede la tipa.
Eravamo in uno stanzone molto spazioso, vuoto, con tre scrivanie.
"Ho i vestiti, le scarpe, dei libri nel borsone" "Ma
hai qualcosa?" "Ma qualcosa cosa? Droga?!" "Sì."
"BASTA ESSERE CHIARI!" Mi sarei messo a urlare. Ma tenevo
tutto dentro. Tutto sto casino per una cazzata. Invece rispondo
con un tono mansueto da asilo. "No, non ho niente."
"Sicuro?" Mi fa la tipa. "Sì" "Sicuro?"
Il tipo. "Sì!" "Sicuro? Guarda che è
peggio se la troviamo noi. Se hai qualcosa tirala fuori!"
Mi volto dal tenente al rallentatore. Lo fisso e gli ripeto: "Non
ho nulla. Controlli." Attenti controllano, spostano tutto.
Io li osservo. Spostano le cose a muzzo. "Qua c'è
una taschina nascosta." Gliela indico. "Non la apre?"
"No. Portafogli!" Mi fà brusco il tenente. Glielo
porgo. "Ma nella borsa c'erano ancora i tasconi laterali,
non li ha visti?" La sua collega: "Svuota qui il contenuto
delle tasche." Controllano.
*
"Mezz'ora
e hai finito!" Esco da quella stracazzo di stazione alle
sei meno dieci. Dopo che m'hanno portato in questura. Non avevo
nessun documento ufficiale che attestasse la mia identità.
Dopo quella sorta di perquisa (7) da prassi, mi fanno risalire
sulla volante. Io sempre più in ansia "Tranquillo.
Dobbiamo sapere chi sei. Facciamo un controllo al terminale."
"Ma sul foglio che le ho dato ci sono i miei dati
"
"Non basta." "Ma è di un ufficio di carabinieri
e dichiara i documenti che ho perso." "Non è
sufficiente." "Senti, stai tranquillo,no!? Non ti agitare.
Non parlare così tanto. Mezz'ora e hai finito!" Arriviamo
in questura. Terzo piano. Locali pubblici. Mai rinnovati. Puliti.
Vecchi. Ordinati. Ma senza stile. Entriamo in un ufficio con due
tipi in borghese. Salutano gli sbirri. Aspetto. Poi uno dei due
mi fa delle domande varie e compila un foglio. Nome. Cognome.
Residenza. Segni particolari e altro. "Tatuaggi?" "No."
"Come no?" Fa la tipa "Sull'avambraccio destro."
La osservo un attimo. "Mettiti a contarmi le lentiggini!"
La fisso ma resto in silenzio. Mi chiedo come cazzo abbia fatto
a notarli. Mi giro dal tipo scoprendomi il braccio."Ma sì!
Ho questi tre puntini fatti con l'ago e la china da ragazzino.
Se sa descriverlo metta che è un tatuaggio." "Precedenti?"
"Nessuno." "Sicuro? Guarda che lo veniamo a sapere
dal terminale." "Nessun precedente." Gli ripeto.
Poi mi dice di sedermi davanti ad una macchina foto. Quella per
le foto segnaletiche. Un pò come una macchina per le foto
tessere, ma con tre obbiettivi. Mi siedo. "Appoggia la testa
bene dietro..." Mi vedo riflesso e faccio una faccia che
li possa infastidire il più possibile. Scatta. "Bene,
fatto. Vieni qua." Mi fa alzare e mettere vicino ad una scrivania.
A destra ho la poliziotta, una finestra, un lavandino. Il tipo
si mette dei guantini in lattice. Mi cago sotto. Penso mi voglia
controllare il retto. Con la faccia in panico, mi giro verso la
tipa."Tranquillo!" Il tipo mi prende solo le impronte.
Tutte e due le mani. Ogni dito. Due volte ciascuno. Me li riempie
di inchiostro e li schiaccia sui moduli. "Lavati pure"
Mi lavo un casino. Il tenente si avvicina. "Lavati bene."
Mi lavo e mi guardo intorno. Sui muri delle foto ambigue di mani
e altre parti umane anomale. Mani con sei dita. Polpastrelli bruciati
o grattati. Il tenente mentre mi lavo se le guarda e fà
battute. Usciamo dall'ufficio e aspettiamo quaranta minuti in
corridoio. Anche loro si stufano che ci voglia così tanto.
A me ormai mezz'ora in più non cambia nulla. Totalmente
in trance rivedo solo ogni singolo secondo della mia fuga sfigata.
Godo che loro si scazzino ad aspettare per una stronzata così.
Tutto sto tempo, questa burocrazia, queste pratiche. Poi arriva
un tipo dal fondo del corridoio. Il sottotenente scatta dal torpore
e gli va incontro. Prende i fogli. Mi viene incontro. Esito negativo.
Incensurato. Per ora.
*
"Mezz'ora
e hai finito!" Esco da quella stracazzo di stazione alle
sei meno dieci. Dopo esserci tornato per firmare le copie del
mio caso.
*
Torno
a casa. Indagato per una cazzata. Cazzone io per primo. Cazzoni
quelli che mandano avanti quelle pratiche. Mi stendo sul letto.
Al bujo. Mi assillo a pensare a come "sarei dovuto scappare."
..>>
Mi assillavo ancora con quella storia mentre leggevo. Non riuscivo
a distrarmi. Non potevo scordare. Riempivo le pagine del libro
di quelle immagini. La mia bocca leggeva cose che neanche la testa
ascoltava. Tutta impegnata a rivangare, a cambiare, a farmi soffrire.
Tutto dipendeva da me. Ma non riuscivo a fermarmi:
*
<<
..Passano
i giorni. Pago la multa e aspetto la sanzione. Faccio l'abbonamento
mensile. Salgo sul pullman. Il primo che vedo. Nella direzione
che vuole lui. Mi porto i libri dietro. Salgo, timbro l'abbonamento.
Mi siedo e studio. Capolinea. Non so dove sono. Cambio linea.
Mi siedo e studio. Capolinea. Faccio un percorso simile al contrario
e torno a casa. Mangio. Esco ancora. Salgo in bus a studiare.
Guardo la buca uscendo e tornando a casa. Niente.
Quindicesimo giorno. Linea dell'1. Finalmente un cazzo di controllo.
"Biglietto per cortesia." "Sì." Chiudo
il libro e l'evidenziatore. Li metto nello zainetto. Lo indosso
e mi alzo. Una signora siede al mio posto Prendo il portafogli.
Fingo di cercare. Rovisto nelle tasche. In piedi, fra le giacche
della gente, attaccato allo scorrimano. "Non lo trovo. Scusi.
Abbia pazienza." Continuo a cercare. "Un documento c'è
l'ha?" "Non li ho. Mi deve credere. Ho da poco perso
il portafogli. Questo è nuovo. Il biglietto l'avevo. Cioè
c'è l'ho! Da qualche parte
" "Mi dia i suoi
dati." "Aspetti cerco ancora. Ce l'avevo!" Si avvicina
il suo collega che ha finito il giro. Mi squadra. Sono due signori
sulla quarantina. Dò dei dati falsi. "Prego, ci segua.
Scendiamo e chiariamo tutto." Mi dice uno dei due. Mi si
appressano affianco, per paura che scappi, prima che si aprano
le porte. Il tram si ferma. Si aprono le porte. Scendo con un
controllore davanti e uno dietro. Metto il cellulare nella tasca
della giacca e la chiudo. "Ora posso andare?" "No!
Dobbiamo fare una verifica." Sono fra i due tipi a una pensilina.
Via Nizza. Di fronte a Porta Nuova. Pieno di gente. Nessuno ci
caga. La folla che aspetta il tram ci guarda distrattamente. Faccio
tre passi contati e uno dei tipi mi segue. "Stia qui, per
cortesia." "Sì!" Alzo le mani alle spalle
coi palmi verso di lui, tipo un giocatore di calcio per dire che
non ha fatto fallo. Ci passano affianco tre tipi di colore sull'orlo
della pensilina. Scatto. Mi ci infilo in mezzo. Attraverso la
strada con le auto ferme in coda. Arrivo alla pensilina di fronte.
Corro fra la folla. Guardo se il controviale è libero.
Salto la ringhiera verde scuro della pensilina. Attraverso e corro
dentro in stazione. Porta Nuova. Un delirio di gente che scorre
e mi chiude dentro a sé. Mi giro. I tipi mi guardano. Non
sembra vogliano seguirmi. Uno ha il cellulare in mano. "Se
proprio vuoi chiama gli sbirri!" Entro e mi metto un cappellino.
Cammino fra la folla della stazione. Primi sbirri: nulla. Passo
davanti a tutti gli sportelli dei biglietti ed esco dall'uscita
opposta. Via Sacchi. Cinque minuti e mi ferma una pattuglia. "Ci
scusi, potrebbe venire con noi per un controllo." "Ma
dove? Perchè..." "Degli addetti Atm hanno fatto
una segnalazione..." "Beh? E io che c'entro?" "Dovrebbe
venire con noi per un controllo. Cinque minuti. Una cosa veloce.
Una formalità. Non deve preoccuparsi. Prego. Salga. Chiariremo
tutto." Mi apre la portiera. Arriviamo dai due controllori.
"Sì, è lui!" Dicono agli sbirri. "Senta...ma
cosa ho fatto?" E mi rivolgo a tutti. "I signori dicono
di averla fermata documento di viaggio e che poi lei è
scappato. Questa firma è la sua?" Uno dei poliziotti
col controllore a fianco mi mette davanti il blocco delle multe
con la mia firma. "No. Ma io questi due non li ho mai visti!"
Apro il portafogli e cerco l'abbonamento. Lo prendo. "Questo
è il mio documento di viaggio..." Lo porgo a uno degli
agenti. Faccio lo scazzato. Dentro rido. "...questi i miei
documenti. C'é uno sbaglio!" "Aspetti, confrontiamo
i dati al terminale..." Mi risponde serio un poliziotto prendendomi
tutto.
INDAGATO
..Dichiarazione di falsa identità a pubblico
ufficiale. Codice Penale
..>>
*
Suona
la sveglia. Mi sveglio. Le quattro. Bruttissimo sogno. Passo dal
bujo al bujo. E' ancora notte, sono di nuovo sveglio. Mi sembra
di aver dormito un casino. Dormo dalla mattina prima infatti.
Ero tornato a casa bello fuso. Però non ho malditesta.
L'aria nella stanza non è viziata. Mi alzo nel silenzio
del mattino. Soffio il naso e guardo i pezzettini grigi nel fazzoletto.
Tossisco. Sputo nel water. Mi sciacquo la faccia, torno in camera
e mi vesto. Prendo il cellulare e faccio sei squilli. Lo poso
prendo l'acqua e bevo. Piccoli colpi di tosse. Ricevo un primo
squillo di risposta. Raccolgo la roba da mettere nello zainetto.
Secondo e terzo squillo. Mi allaccio le scarpe. Rifaccio il letto.
Quarto squillo. Spengo la luce. Esco di casa scendo le scale.
Slego la bici dalla ringhiera dell'androne. Quinto squillo. Apro
il portone. Sesto squillo. "Bene! Ci siamo tutti." Mi
fermo in strada, nel silenzio del mattino a scrivere un sms (8).
"C siamo tutti. C vediamo per colaz. Al solito posto. Buona
giornata e buon lavoro. Ciao D." Lo invio uguale a tutti
e sei. Metto il cellulare in tasca. Salgo sulla sella. Pedalo.
Le quattro e quaranta. Sette persone quella notte, quella mattina,
si sono alzate. Hanno fatto i propri zainetti. Senza scordare
le mascherine. In sette punti lontani della città sono
salite in bici e hanno girato per le strade di Torino. Si sono
fermate nelle principali piazze. Nelle piazze dove le statue dormono
e soffocano, sporche. Quelle sette ombre nel silenzio della città
che si svegliava, si sono fermate davanti a queste statue. Hanno
pulito le loro bocche e le hanno protette. Hanno ascoltato le
loro grida d'aiuto e hanno protetto il loro respiro. Torino si
è svegliata con delle insolite macchie bianche, nel grigio
delle sue strade, delle sue piazze.
*
Alle
otto mi suona la sveglia. Mi sveglio. Mi distendo sul letto per
spegnerla e mi chiedo se non sia solo un altro incubo. Basta.
Nella stanza fa freddo. C'è un odore del cazzo. Le schifezze
che ho mangiato ieri. Mi sono riempito tanto che non mi va per
niente di fare colazione. Chiudo gli occhi e rimango a letto con
le scene di quello che ho sognato davanti. Allucinante. Un sogno
dentro l'altro. Lunghissimi, e reali. Ma soprattutto angoscianti.
Le macchine, i tram e i controllori, l'aria irrespirabile, il
mocio grigio nei fazzoletti, la polizia, le statue sporche, le
mascherine, la perquisizione, le mie urla nella notte, il traffico,
lo smog, io che leggevo e pensavo ansioso, la questura, le foto
e le impronte, i documenti persi. Allucinante. Passavo da un sogno
all'altro. Sognavo di sognare e di svegliarmi dai sogni, o meglio
dagli incubi. Mi alzo e spalanco la finestra e le imposte. Una
giornata piena di luce, fresca. Il suono degli uccellini, dei
campanelli di bici, di primavera, delle rotaie, dei tram, dei
bambini che urlano giù in cortile, entrano nella stanza.
Accendo lo stereo. Bevo un bicchier d'acqua. Mi spoglio e mi butto
sotto la doccia. Ridacchio per le strane cose che ho sognato.
Torno in camera e mi vesto. Bevo ancora dell'acqua dalla bottiglia
affianco al letto. Spengo la musica, prendo lo zainetto ed esco
di casa. Apro il portone e slego la bici. Salgo ed entro nella
corsia affianco al marciapiede e pedalo. Mi sembra assurdo. Tutti
quei sogni quella confusione, quegli incubi, quel traffico. E
ora invece pedalo dove nel sogno c'erano i parcheggi delle auto
che costeggiavano come aiuole i marciapiedi. Respiro. Mi sposto
in bici in mezzo ad altra gente. Svolto l'angolo e mi fermo davanti
a un rosso. Arriva un tram sulla corsia affianco. Mi giro. In
coda dietro a lui solo qualche furgone. Dietro a me un tot (9)
di gente in bici. Davanti ho i Giardini Reali. La fila di bici
che scorreva si interrompe. Verde. Mi alzo in piedi sui pedali
e attraverso i Giardini fra il sole e il verde. Due tipi delle
consegne mi superano sulle loro bici da corsa. Incredibile. Ora
in mezzo alla gente che pedala, che cammina, in mezzo ai tram,
ai marciapiedi non coperti di macchine, all'aria che si respira,
solo ora avverto il senso di chiusura, claustrofobico che mi avvolgeva
mentre dormivo, mentre sognavo. Mi sentivo chiuso. Sono sveglio.
Finalmente non ho l'angoscia di quegl'incubi. Ora è come
se sognassi. Se sogno non voglio svegliarmi.
Il
nostro sistema imponendosi crea nuove strane forme di gioco, di
punizioni, di alimentazione, di contagi, di follia, di difesa,
di vendetta di sopravvivenza...
NOTE
(1) Nome di un modello di biciclette, tipicamente femminile, con
un cestino davanti al manubrio
(2) Schifezza, al pari di di pattumiera, immondizia
(3) Testo estrapolato da "Sonno profondo" di Banana
Yoshimoto
(4) Il verbo cuzzare al passivo e riflessivo è corrisponde
a farsi beccare, o essere scoperto
(5) Compagnia di trasporti pubblici
(6) Essere preso, scoperto
(7) Perquisizione
(8) Breve messaggio di testo inviabile con un telefono cellulare
(9) Abbreviazione gergale che indica "tante, parecchie".
Forma intera "un totale"
Mi chiamo Danzio Bonavia, sono
nato a Imperia, Liguria, 11.08.78
Studio a Torino Letterature e Culture Comparate.
Scrivo, dipingo.
Il 1.01.01 con Sear (Wicked*streatwear), abbiamo presentato il
manifesto Uno, "Vedici Quel Che Credi", de "Il
Cerchio e le Gocce" (Immagini e parole).
Selezionato fra i due vincitori del concorso Visiomatica 2001.
http://torinomassive.8m.com (Gennaio 2001).
Pubblicazione del racconto "Amanti del Crimine" sulla
rivista telematica www.sagarana.it numero 3 (Aprile2001).
Pubblicazione del racconto "Urbania Forme Alterate di Pedoni
" sulla rivista telematica www.sagarana.it numero 4 in uscita
dal 15 ottobre 2001.
Selezionato fra i cinque finalisti del concorso Border Stories,
nell'ambito della XI Biennale Internazionale di fotografia di
Torino, con il racconto "Urbania Forme Alterate di Pedoni
" (Settembre 2001).
Segnalato al concorso di Autobus-Poesia dall'associazione "I
due Fiumi" di Settimo Torinese (Settembre).
Con Davide Danio(1979) e Veronica Patti(1982) ho creato il progetto
OPiemMe (1998).L'acronimo opm sta per Odio Paura e Male. Su queste
tre parole si è sviluppata la nostra poesia. Una riflessione
su ciò che odiamo e ciò che ci spinge ad odiare,
su ciò che ci chiude nella paura, su ciò che ci
fa star male. È un passare attraverso a questi sentimenti
per comprendere dove possono essere i nostri errori. Bisogna trovare
il coraggio di guardarli, di riconoscere i nostri errori, se si
vogliono davvero superare e risolvere. Per cambiare.
Contatti, materiale e collaborazioni: danziopm@yahoo.com ilcerchioelegocce@usa.net
Collegamenti: www.edv.it/opm (sito non aggiornato dal Luglio 99)
www.baco.it www.theotherscrew.cjb.net
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