MONOLOGO DI FARIDA

Valentina Acava Mmaka

Questo è il terzo monologo di una pièce in tre atti: "Io…. Donna… Immigrata…). I tre monologhi sono di tre donne immigrate: una prostituta, una colf e una scrittrice. Il monologo qui presentato è quello di Farida, la scrittrice egiziana che vive all'estero per studiare e acquisire esperienze nell'ambito dell'educazione e della multiculturalità. Un giorno Farida tornerà al suo paese per mettere in pratica ciò che ha appreso e per instaurare un dialogo con le istituzioni per aprire il dialogo con le diversità valorizzandole.
Il monologo di Farida è stato pensato e scritto seguendo un ritmo ripetitivo. Qui la ripetitività vuole sottolineare la voce che emerge a poco a poco dal sotterraneo la voce che si s'vela' dalle ombre, la voce che dice se stessa.



ATTO III
_______________________________________

SCRIVERE

FARIDA: "Scrivo per … scrivo di … scrivo a …"


La scena

Palcoscenico buio prima dell'alba. La luce entra gradualmente da sinistra: illumina a poco a poco. La scena è composta da un tavolo sotto alla finestra, sul tavolo una macchina per scrivere, alcuni libri aperti e una lettera. Farida è davanti allo specchio dove si sta truccando. La voce di Farida entra lentamente con tono lieve, simultaneamente alla luce che illumina la scena.

FARIDA - Scribere, scribente, scriptum, scriptorem, scriptorium, scripturam, scribere, scrivere ...


Ho iniziato che non avevo ancora l'età per amare, perché nel mio paese quando si ha l'età per amare si viene definite donne a tutti gli effetti, solo che nel mio paese le donne a tutti gli effetti sono quelle che fanno all'amore, che servono i loro uomini, che li compiacciono, che ascoltano, che obbediscono, che creano nuove vite, che le accudiscono, che insegnano il rispetto, che lavorano, sì, anche che lavorano, ma senza dover troppo pensare con la propria testa.
Non avevo ancora l'età per amare ma io con la mia testa ci pensavo, ci pensavo fino a notte fonda, finché anche quando la luce era spenta, dall'angolo del mio letto, vedevo i miei pensieri scorrere sulle pareti appena schiarite di luce riflessa.
Vedevo le orme delle mie storie. Le vedevo passare tra i quadri e le sculture, storie scritte prima con la mente, poi con la mano.
Le trame sfilavano rapide e gli occhi le inseguivano prima che si dissolvevano nell'arco di luce che a un certo punto le trapassava.
Quelle storie io le nascondevo, erano mie, solo mie, nessuno le avrebbe capite, apprezzate, ascoltate.
Un luogo comune .... perché mai? Magari gli altri pensano che lo sia. Ma si può definire una verità un luogo comune? O è forse la stanchezza di dover riflettere, di dover pensare, di doversi sentire un po' a disagio?
(Farida scuote la testa) - Ma che disagio! Qui non si tratta di questo, si tratta della diversità che viene vista come il microbo davanti al cammello, mentre anch'esso, insignificante, invisibile (Farida marca la voce) - microbo ne ha pari grandezza: basta solo sforzarsi di vederla.

Vuoi sapere ... la mia scrittura?
E' da lì che nasce tutto, è da lì che nasco io.


La scena


La stanza buia illuminata appena da una lampada diventa a poco a poco più chiara: è l'alba che sorge.
Farida ha finito di truccarsi e va a sedersi al tavolo sotto la finestra e comincia a scrivere a macchina. Il ritmo del ticchettio dei tasti corrisponde al ritmo del suo monologo.

"Scrivo per ..."

FARIDA - (Farida batte sui tasti della macchina per scrivere)

Scrivo per mia madre e mio padre che non sanno come sono e mai hanno voluto saperlo;
Scrivo per te, Kamal, perché tu sappia che la mia mente è diversa dalla tua, che è solo mia e che non puoi tenerla in ostaggio quando vuoi tu;
Scrivo per ricordare da dove vengo;
Scrivo per non dimenticare cosa voglio;
Scrivo per tracciare una traiettoria da seguire;
Scrivo per il mio paese, perché si capisca meglio, leggendo le mie parole;
Scrivo per le donne come me che vivono là e non sanno l'altrove;
Scrivo per il valore della parola scritta sulla carta, perché dietro l'inchiostro c'è materia in movimento. Non è la lingua il luogo dello scambio simbolico!

(Farida fa una pausa e si stringe una mano, recita lentamente, assorta guardandosi la mano) - Atomi che si muovono in moto perpetuo ... finché c'è vita.
(Farida riprende a scrivere a macchina)
Scrivo per la bocca che non sa dire;
Scrivo per l'occhio che non sa vedere;
Scrivo per l'orecchio che non sa udire;
Scrivo per la mano che non sa farlo;
Scrivo per leggere una storia diversa;
Scrivo per tessere la trama della memoria sfilacciata che non ci contempla. Ci castiga il non sapere chi eravamo, perché se non sai il prima, è più difficile costruire l'adesso. Nessuno ti lascia farlo in pace, perché credono che tu rivoglia inventarti un nuovo potere;
Scrivo per non sentirmi estranea ma semplicemente straniera;
Scrivo per voi, per riconoscervi nella mia diversità;
Scrivo per dire l'altro;
Scrivo per dire me stessa;
Scrivo per dirlo;
Scrivo ... Io ... Donna ...

(Farida fa una pausa, guarda fuori dalla finestra e comincia a recitare come un canto)

"Una canzone dice
di terra bruciata dal sole,
di lenzuola macchiate appese a festa,
di parole taciute sotto i veli scuriti dalla noia,
di gesta consumate dietro le ali di una tenda;
è la mia terra che mi vuole diversa non per le mie diversità, ma solo per questo abito, che non entra in due gambe, ma le avvolge assieme come il vento avvolge le chiome degli alberi e le scuote dalla loro naturale fissità."


"Scrivo di ..."


FARIDA - (Farida riprende a scrivere. La luce si alza da sinistra)
Scrivo di donne e uomini;
Scrivo di dolore;
Scrivo di domande senza fiato e risposte soffocate all'altezza del ventre;
Scrivo di occasioni mancate;
Scrivo di oppressione;
Scrivo di desideri uccisi e aspirazioni troncate sul nascere;
Scrivo di mutilazioni;

Farida fa una pausa e posa una mano sul ventre - - Mu - ti - la - re scandisce le parole.
Io non sono stata trapassata da un ferro adunco, come le mie
compagne, molte di loro non conoscono il sapore dell'amore. Per loro il gesto d'amore, dice dolore.
Scrivo di morte;
Scrivo di mani insanguinate. 'Firdaus ha commesso un delitto per non doversi più vendere. Poteva scegliere diversamente?
Scrivo di memorie incolte;
Scrivo di lagrime buie;
Scrivo di corpi venduti;
Scrivo di voci mascherate di nero;
Scrivo di silenzi imprigionati;
Scrivo ... Io ... Donna ...

Farida smette di scrivere, apre un diario e recita

"La rosa dei venti che rotola da nord est,
cullata dal tepore del ghibli
giunge ai miei piedi
nella sua lieve rocciosità
a dirmi che il tempo scorre
sotto i sonni e le veglie di cento occhi appannati.
E' la clessidra dei curiosi
di pochi spiriti vigili che sanno
la direzione del vento e
aspettano che gli porti un messaggio."


"Scrivo a ..."


FARIDA - (Farida fa una pausa. Guarda fuori dalla finestra. La luce entra da sinistra. Ricomincia a scrivere)
Scrivo a chi non sa ascoltare, e a chi non vuole;
Scrivo a chi con il velo, vuole toglierselo;
Scrivo a chi il velo vuole tenerlo e cominciare a parlare;
Scrivo a chi non sa il diverso;
Scrivo a chi deve ancora nascere per sapere come siamo;
Scrivo a chi non sa fingere;
Scrivo all'acqua che scivola sotto le dita fragili di una bambina;
Scrivo a te che sai vedermi solo coperta dei tendaggi delle menti forti;
Scrivo ... Io... Donna...

(Farida smette di scrivere. Va allo specchio e si guarda l 'abito. La luce è ormai quella del mattino

"Ho sostato sulla soglia per vedere da dove venisse il filo per tessere questo fine tessuto che indosso, ora, sotto soli lontani. Non si vedeva che l'orizzonte offuscato dall'afa.
Ho guardato il tessuto nei suoi disegni, immobili ad aspettare che la mia mano li facesse animare.
Ho sognato dove quel tessuto sarebbe andato, a quale corpo sconosciuto avrebbe fasciato ma ho visto che era stato chiuso in un armadio, che qualcuno ne aveva sequestrato la chiave, che non c'era modo di aprirlo, che lo avevano imprigionato, che lo avevano costretto a non esistere e allora ... allora l'ho posato sul mio corpo perché potesse vivere, animarsi.
Oggi le mie storie, quelle che passavano di notte sui muri della mia stanza, non sono più nascoste, sono per tutti, di tutti, perché quella segretezza che allora io mi sforzavo di custodire, oggi so, era la causa dell'impoverimento della mia e di altre esistenze di donna.
Qualcuno legge le cose che scrivo in questa terra tra il qua e il là.
Lo spazio tra me e te è la mia identità, la mia memoria, la mia storia, la mia diversità.
E tu sei come sei, diverso ma uguale a me ... perché diverso ... come me.

FARIDA - Scribere, scribente, scriptum, scriptorem, scriptorium, scripturam, scribere, scrivere ...


La scena

Sull'ultima frase, il giorno ha inizio. Farida prende dall'armadio un soprabito e lo infila. Con la borsa a tracolla, si avvia verso la porta pronta per uscire.



Valentina Acava Mmaka. Giornalista, scrittrice, traduttrice. Vive tra l'Italia e l'Africa di cui è profonda conoscitrice.


        
Precedente           Pagina precedente