IL RE DEGLI UCCELLI
Flannery O'Connor
A cinque anni feci un'esperienza che mi ha segnato per il resto
della vita. Pathé News aveva inviato un fotografo
da New York a Savannah a ritrarre uno dei miei polli. Questo pollo,
un Bantam marroncino della Cocincina, aveva la particolarità
di riuscire a camminare sia in avanti sia all'indietro. La sua
fama aveva fatto il giro dei giornali e quando giunse all'attenzione
di Pathé News, ormai non aveva più via di
scampo: né avanti né indietro. Poco dopo morì,
e non c'è da stupirsene.
Se introduco con questo aneddoto un articolo sui pavoni, è
perché mi viene sempre fatta la stessa domanda: come mai
li allevo. E non ho ancora trovato una risposta breve o sensata.
Dal giorno dell'inviato di "Pathé" ho cominciato
a collezionare polli. Quello che era un vago interesse, si tramutò
in passione, in ricerca. Dovevo avere sempre più polli.
I miei preferiti erano quelli con un occhio verde e uno arancione,
o con il collo troppo lungo e la cresta deforme. Ne avrei voluto
uno con tre zampe o tre ali, ma non mi è mai capitato niente
del genere. Avevo meditato a lungo sulla foto tratta da Believe
It or Not di Robert Ripley, di un gallo sopravvissuto per
trenta giorni senza testa; ma non ero portata per le scienze.
Sapevo cucire bene e iniziai a confezionare abiti per polli. Un
Bantam grigio di nome Colonnello Eggbert sfilava in cappotto di
piqué bianco, con collo in trine e due bottoni sul dorso.
A quanto pare, Pathé News non ebbe mai notizia di
questi altri miei polli: non si sono mai visti altri fotografi.
La mia ricerca, qualunque fosse il vero obiettivo, approdò
ai pavoni. L'istinto, non la competenza, mi aveva guidata a loro.
Non ne avevo mai visto, né sentito uno. E sebbene avessi
un recinto di fagiani, uno di quaglie, un gruppo di tacchini,
diciassette oche, una tribù di anatre, tre morbidi Bantam
giapponesi, due crestati polonesi e diversi gallinacei risultato
di incroci fra questi ultimi e il Rhode Island Red sentivo che
qualcosa mancava. Sapevo che il pavone era stato l'uccello di
Era, la sposa di Zeus, ma da allora doveva essere sceso in terra,
visto che sul Market Bulletin della Florida era comparso
un "vendesi pavoni di tre anni a 65 dollari la coppia".
Per anni avevo letto annunci del genere con indifferenza, poi
un giorno, colta da ispirazione, ne cerchiai uno sul Bulletin
e lo passai a mia madre. Offrivano un pavone con la femmina e
quattro piccoli di sette settimane. "Ho intenzione di ordinarmeli",
dissi.
Mia madre lesse l'annuncio e subito chiese:
"Non è che quei cosi mangiano i fiori?".
"Mangeranno Startena come tutti gli altri polli ", risposi.
Arrivarono con il Railway Express da Eustis, Florida, in una tiepida
giornata d'ottobre. Quando io e mia madre raggiungemmo la stazione,
la gabbia era sul marciapiede, e da un lato si protendeva un collo
lungo, color blu reale, e una testa crestata. Una riga bianca
sopra e sotto gli occhi conferiva a quella testa inquisitoria
un'aria di vigile compostezza. Mi chiedevo se l'uccello, abituato
com'era a pavoneggiarsi in un aranceto della Florida, si sarebbe
adattato a un caseificio della Georgia. Saltai giù dalla
macchina e gli corsi incontro. La testa si ritrasse.
Una volta a casa liberammo la combriccola in un recinto coperto.
Il tale che me li aveva venduti, aveva scritto di tenerli dentro
per una settimana, dieci giorni, e liberarli all'imbrunire nel
luogo dove volevo che si appollaiassero per la notte, in seguito
sarebbero tornati ogni sera a dormire nello stesso posto. Mi aveva
anche avvisato che il maschio al suo arrivo avrebbe avuto la coda
un po' sguarnita: il pavone in tarda estate perde il piumaggio
della coda e non lo rimette che dopo Natale.
Svuotata la gabbia, mi ci sedetti sopra e presi a osservare i
miei pavoni. È da allora che continuo a farlo, da una postazione
o l'altra, sempre con la stessa riverente soggezione di quella
prima volta; nonostante pensi di essere sempre riuscita a mantenere
una visione equilibrata e un giudizio imparziale. Il maschio che
avevo acquistato non possedeva niente che potesse anche lontanamente
assomigliare a una coda, tuttavia si atteggiava come se dietro
avesse non solo la coda, ma un intero seguito a sostenerla. In
quella prima occasione ero talmente dibattuta su chi guardare
per primo che gli occhi vagavano senza posa dal pavone alla femmina
ai quattro pavoncini, mentre loro davano segno di essersi accorti
della mia presenza nel recinto.
Col passare degli anni questo atteggiamento nei miei confronti
non si è fatto più magnanimo. Se mi presento con
il cibo, loro accondiscendono, quando proprio non v'è altro
modo, a mangiare dalla mia mano; se mi presento senza, sono solo
un altro oggetto nel recinto. Se poi parlo di loro come dei "miei"
pavoni, certo, il pronome è legittimo, ma niente più.
Io sono l'ancella agli ordini e ai richiami di qualunque illustre
pennuto che esiga di essere servito. Dopo averli liberati la prima
volta, trasportata dall'entusiasmo avevo esclamato: "Ne voglio
così tanti da incappare in uno di loro tutte le volte che
esco di casa ". Adesso tutte le volte che esco di casa, quattro
o cinque di loro incappano in me... e si degnano a stento di riconoscermi.
Nove anni sono passati dall'arrivo del mio primo pavone. Ora ho
quaranta becchi da sfamare. Il bisogno aguzza molte facoltà
oltre l'ingegno.
Per
essere un pollo che cresce fino a raggiungere sembianze e dimensioni
notevoli, il pavone si affaccia alla vita con un aspetto infausto.
Il piccolo ha il colore di quelle grosse e odiose falene che svolazzano
intorno alle lampadine nelle sere d'estate. Unici a spiccare sono
gli occhi, di un grigio luminescente, e una cresta marrone, che
dai dieci giorni di vita inizia a spuntargli sulla testa e rassomiglia
prima alle antenne di un insetto, e poi alle penne di un indiano.
Nel giro di sei settimane gli compaiono sul collo chiazze verdi,
qualche settimana dopo il maschio è già distinguibile
dalla femmina per il dorso maculato. Quello della femmina sbiadisce
gradatamente in un grigio uniforme ed essa assume in breve quello
che sarà il suo aspetto definitivo. Anche se sprovvista
della lunga coda e di altri ornamenti di rilievo, non ho mai pensato
che la femmina del pavone non fosse attraente. Anzi, un paio di
volte mi è parso che lo fosse anche più del maschio,
più minuta e raffinata; ma sono momenti che non durano.
Il piumaggio del pavone impiega un paio di anni ad acquistare
la foggia naturale, e per il resto della sua esistenza questo
pollo si comporterà come se l'avesse disegnata da solo.
Eppure, nei primi due anni di vita lo si direbbe un'accozzaglia
di stracci messi assieme da una mano priva di fantasia. Durante
il primo anno il petto è marroncino, il dorso maculato,
il collo verde come quello della madre, la codina corta e grigia.
Dopo il secondo, il petto diventa nero, il collo color blu di
sua maestà e il dorso muta lentamente in quel verde dorato
che poi conserverà, ma ancora niente coda lunga. Solo al
terzo anno, con la piena maturità, conquista la coda. Per
resto della sua vita, e un pavone può campare fino a 35
anni, non avrà niente di meglio da fare che curarsela,
arricciarla, lisciarla, danzare avanti e indietro dispiegandola,
sgolarsi quando gliela calpestano, e inarcarla quando attraversa
una pozzanghera.
Non tutte le parti del pavone colpiscono lo sguardo, nemmeno quando
è già adulto. Le piume superiori dell'ala sono striate
di bianco e nero e sembrerebbero prese in prestito da un galletto
di Barred Rock; quelle all'estremità dell'ala hanno il
colore dell'argilla; ha le zampe lunghe e sottili di un colore
ferruginoso; i piedi grandi, e sembra indossare quei pantaloncini
tanto di moda in estate fra i playboy. Giallognoli e attillati,
questi pantaloncini scendono a mo' di prolungamento da una specie
di panciotto blu brunito. Uno non si sorprenderebbe a vedervi
penzolare una catena d'orologio, ma non è ancora capitato
a nessuno. Studiando l'aspetto del pavone con la coda chiusa,
ho notato che le parti sono sproporzionate rispetto all'insieme.
La verità è che quando ha la coda chiusa, solo il
portamento lo salva dal ridicolo. Con la coda bella spiegata il
pavone può ispirare una vasta gamma di emozioni, ma una
risata devo ancora sentirla.
La reazione normale, almeno di primo acchito, è il silenzio.
Il maschio apre la coda scrollandosi con veemenza fino a quando
la solleva lentamente a formare un arco che lo sovrasta. Poi,
prima che chiunque abbia avuto la possibilità di ammirarlo,
si volta, dando la schiena al pubblico. Qualcuno lo prende come
un insulto, altri come un capriccio. Io ritengo semplicemente
che il pavone sia ben soddisfatto di entrambe le prospettive sfoggiate.
Da quando allevo pavoni, almeno una volta all'anno vengono i bambini
delle elementari, per una lezione dal vivo. Quando il pavone si
volta, sono abituata a sentire cori di:
"Ehi, guardate le mutande!". Queste "mutande"
sarebbero una coda grigia e rigida, sollevata a sostegno di quella
più grande, e sotto di essa un batuffolo di piume nere,
che potrebbe benissimo essere usato per incipriare qualche regale
nasino come quello di Cleopatra o Clitennestra.
Dopo che il pavone ha mostrato la schiena, lo spettatore di solito
comincia a girargli attorno per godersi una prospettiva frontale;
ma quello insiste a ruotare su se stesso impedendo qualsiasi prospettiva
frontale. La cosa da fare allora è rimanersene immobili
e aspettare fino a che non gli andrà di voltarsi. Poi,
con suo comodo, il pavone vi si parerà di fronte. Allora,
nell'arcata verde-bronzea che lo sovrasta, potrete ammirare una
galassia di soli cinti da aureole che vi fissano. A questo punto
quasi tutti rimangono in silenzio.
"Amen! Amen!", esclamò una volta una vecchia
negra di fronte all'evento e ogni commento udito in simili occasioni
dimostra l'inadeguatezza del linguaggio umano. C'è chi
fischia; pochi, per una volta, tacciono. Un camionista, che portava
un carico di fieno, vide improvvisamente un pavone in mezzo alla
strada girarsi di fronte a lui, e urlò: " Ma guarda
un po' questo bastardo!" facendo fare al camion una rovinosa
frenata. Non mi è mai capitato di vedere un pavone che
facesse la ruota spostarsi anche un millimetro per evitare camion,
trattori o automobili. Sta al veicolo togliersi di mezzo. Nessuno
dei miei pavoni è mai stato investito, anche se tempo fa
uno di loro ci ha rimesso una zampa sotto la falciatrice.
Molte persone, ho scoperto, sono congenitamente incapaci di apprezzare
la vista di un pavone. Già un paio di volte mi è
stato chiesto quale sia " l'utilità " di un pavone,
domanda che da me non otterrà risposta, perché non
la merita. Un giorno la compagnia dei telefoni aveva mandato un
addetto a ripararci l'apparecchio. Finito il lavoro, l'uomo, un
tipo grande e grosso dalla faccia circospetta, mezza coperta da
un casco giallo, si era trattenuto per tentare di convincere con
le buone un pavone, rimasto a osservarlo, a fare la ruota. Voleva
aggiungere questa esperienza alle tante altre che, a quanto pare,
aveva avuto. "Forza, bello", diceva: "Facci vedere
qualcosa, su, su, su, no dài! Torna qui, torna qui".
Il pavone, ovviamente, non lo degnava di uno sguardo.
"Che cos'ha?", chiese l'uomo.
"Non ha niente", risposi. "Eccome se la farà.
L'unica è aspettare".
L'uomo era rimasto a inseguire il pavone per un'altra quindicina
di minuti, poi, scocciato, se ne era tornato al camion e aveva
messo in moto. L'uccello si scosse e la coda si sollevò
a incorniciarlo.
"La sta facendo!", gridai. "Ehi, ferma! La sta
facendo". Il tipo fece inversione con il camion, proprio
mentre il pavone si girava e gli si parava davanti con la coda
spiegata. Una ruota perfetta. L'uccello si volse lievemente a
destra e i piccoli pianeti sovrastanti risaltavano bronzini, poi
si volse lievemente a sinistra e svariarono al verde. Mi avviai
verso il camion per cogliere la reazione dell'uomo a quella vista.
Era immobile, concentrato a fissare il pavone, come se stesse
cercando di decifrare una scritta minuta in lontananza. Dopo un
attimo il pavone abbassò la coda e si allontanò
impettito.
"Beh, che ne pensa?", chiesi.
"Mai viste zampe tanto lunghe e tanto brutte", disse
l'uomo. "Scommetto che quel briccone riuscirebbe a superare
un autobus".
Ci sono persone genuinamente colpite dalla vista di un pavone,
anche quando ha la coda abbassata, eppure non lo ammetterebbero
mai; altri invece ne sembrano irritati. Forse sospettano che l'uccello
si sia fatto una cattiva opinione di loro. Il pavone è
un indagatore attento e dignitoso. Quando arriva qualcuno da noi,
non trova dei cani che abbaiando si precipitano fuori dal portico,
ma pavoni che strillano balzando da dietro ciuffi d'erba, collo
blu e testa crestata, oppure che spuntano dai cespugli o allungano
il collo dal tetto della casa dove sono volati, forse per godersi
il panorama. Un giorno uno dei miei sbucò da dietro gli
arbusti e si fece avanti a ispezionare una macchina carica di
persone venute per comprare un vitello. Un vecchio e cinque o
sei bambini scalzi e biondi si ammassarono per uscire dal retro
dell'automobile all'avvicinarsi dell'uccello. Vedendolo, si fermarono
di botto e si misero a fissarlo, chiaramente seccati di trovare
sulla loro strada questa figura altera. Scese il silenzio, mentre
l'uccello li osservava, la testa reclinata indietro in tutta la
sua maestosità, la coda chiusa dietro di lui, illuminata
dal sole.
"Cos'è 'sta roba?", chiese infine uno dei ragazzini
con astio.
Il vecchio era uscito dalla macchina e fissava il pavone con espressione
attonita. "Non ne vedo uno dai tempi di mio nonno",
disse, togliendosi il cappello rispettosamente. "Un tempo
la gente li allevava, ma adesso non lo fanno più".
"Ma che cos'è?", chiese di nuovo il bambino con
lo stesso tono di prima.
"Bambini", disse il vecchio, "questo è il
re degli uccelli!".
I bambini accolsero l'informazione in silenzio. Dopo un attimo
rientrarono in macchina continuando a fissare il pavone con aria
infastidita, quasi gli dispiacesse ammettere che il vecchio diceva
il vero.
Il pavone fa la ruota sul serio soprattutto in primavera e in
estate, quando può ostentare la coda nella sua pienezza.
Di solito inizia poco dopo colazione, la fa per alcune ore, si
interrompe nel momento più caldo della giornata e ricomincia
nel tardo pomeriggio. Ogni maschio ha il suo posto preferito dove
ogni giorno si esibisce sperando di attrarre qualche femmina di
passaggio; ma se c'è qualcuno indifferente alle esibizioni
del pavone, oltre all'addetto del telefono, questa è la
femmina. Di rado lo degna di uno sguardo. Il maschio, la coda
levata in arco scintillante intorno a sé, si gira da tutte
le parti e con le piume delle ali color argilla che toccano terra,
danza avanti e indietro, il collo ricurvo, il becco aperto e gli
occhi luccicanti. Nel frattempo la femmina va per i fatti suoi,
perlustrando diligentemente il terreno come se qualunque insetto
tra l'erba avesse più importanza di quella mappa spiegata
dell'universo che fluttua lì attorno.
Alcuni credono che solo il pavone maschio dispieghi la coda, e
che lo faccia unicamente in presenza della femmina. Non è
affatto cosi. Un pavone uscito dal guscio da appena poche ore
solleva quel po' di coda che si ritrova - grande all'incirca quanto
l'unghia di un pollice -, fa la ruota, si volta, si gira e si
piega come se avesse tre anni e vi fosse una buona ragione per
farlo. Le femmine invece alzano la coda quando sul terreno vedono
un oggetto che le spaventa oppure, a volte, quando non hanno niente
di meglio da fare e l'aria è frizzante. Al pavone l'aria
frizzante dà subito alla testa e lo mette di buonumore.
Un gruppo di uccelli danzerà insieme, quattro o cinque
si rincorreranno intorno a un cespuglio o a un albero. E capiterà
anche che qualcuno insegua se stesso, ponendo fine al suo delirio
con un salto vivace in aria, per poi procedere con passo impettito
come se non avesse mai preso parte allo spettacolo.
Spesso quando il pavone solleva la coda, alza anche la voce. Sembra
che dal centro della terra riceva una scossa ai piedi, che sale
e lo attraversa per poi sprigionarsi in un Iii-ouu-aaii! Iii-ouu-aaii!
Per i melanconici il suono è melanconico, per gli isterici
isterico. A me è sempre parso un'ovazione a una parata
invisibile.
La femmina non si abbandona a queste esplosioni. Lei emette un
suono simile al raglio di un mulo -iiiooo, iiiooo, iiiooo - e
lo fa solo quando è necessario. Di solito in autunno e
in inverno i pavoni sono silenziosi, a meno che non ci sia del
baccano a disturbarli; ma in primavera e in estate, sia durante
il giorno che di notte, il pavone abbassando il collo e gettando
indietro la testa si fa sentire a intervalli regolari con sette
o otto urli in successione, come se il mondo non aspettasse altro
messaggio che questo. Di notte i richiami assumono un tono smorzato
e risuonano nell'aria per miglia e miglia. È passato molto
tempo da quando al crepuscolo lasciai fuori il mio primo pavone
perché si appollaiasse per la notte tra i cedri dietro
casa. Adesso là sono in quindici o venti a dormire; mentre
il vecchio maschio proveniente da Eustis, Florida, si sistema
in cima al fienile, quello che ci ha rimesso una zampa sotto la
falciatrice si piazza su una tettoia piatta accanto alla scuderia,
poi ve ne sono alcuni tra gli alberi vicino lo stagno, molti altri
tra le querce su un lato della casa, e uno che non si riesce a
dissuadere dallo stare appollaiato sulla cisterna dell'acqua.
Da tutte queste postazioni echeggiano nella notte richiami e risposte.
Forse il pavone fa sogni violenti. Spesso si sveglia urlando "Aiuto!
Aiuto ", allora dallo stagno, dal fienile e dagli alberi
intorno alla casa inizia un coro implorante:
Lii-ooo
lii-ooo,
Mii-ooo mii-ooo!
Iii-i-ouu iii-i-ouu!
Iii-i-ouu iii-i-ouu!
Chi
dorme sonni inquieti si chiederà se è sveglio o
sogna.
È difficile stabilire la verità su questo uccello.
Le abitudini di un pavoncino isolato si notano appena, ma moltiplicate
per quaranta diventano una realtà concreta. Non sbagliavo
quando dicevo che i miei pavoncini avrebbero mangiato Startena;
però mangiano anche tutto il resto. In particolare i fiori.
Le paure di mia madre si sono rivelate fondate. Non solo i pavoni
mangiano fiori, ma lo fanno sistematicamente, cominciando dall'inizio
della fila e procedendo oltre. Pur non avendo fame, quando un
fiore attira la loro attenzione lo strappano, per poi lasciarlo
cadere. In genere preferiscono cibarsi di rose e crisantemi. Quando
non li mangiano amano posarvisi sopra, e dove si posa, il pavone
finisce per formare una buca di polvere. Qualsiasi buca scavata
da un pollo è fuori luogo in un 'aiuola, ma ancora di più
lo è quella del pavone, che ha le dimensioni di un piccolo
cratere. Quando si strofina nella polvere, quasi si nasconde alla
vista nella sabbia. Di solito quando arriviamo di corsa con la
scopa puntata, nella nuvola di sporcizia e di fiori che volano,
non vediamo che qualche piuma verde e un occhio perlaceo e divertito.
I rapporti tra questi uccelli e mia madre sono stati tesi sin
dall'inizio. Fu costretta, da principio, ad alzarsi presto al
mattino e a uscire con le cesoie per arrivare alle rose Lady Bankshire
e Herbert Hoover prima che qualche pavone se le mangiasse a colazione;
adesso ha risolto in parte il suo problema recintando le aiuole
con decine di metri di rete metallica alta una sessantina di centimetri.
Sostiene che i pavoni non sono abbastanza furbi da saltare oltre
un recinto basso. " Se fosse una rete alta", dice, "ci
salterebbero sopra e la scavalcherebbero, ma non sono furbi abbastanza
da saltare oltre una rete bassa".
Inutile discutere con lei sull'argomento. "Non è una
sfida", le dico io; ma ormai lei s'è fatta quest'idea.
Oltre ai fiori, i pavoni mangiano anche la frutta, abitudine che
gli ha guadagnato l'avversione di mio zio, il quale, goloso com'è
di fichi, ne aveva fatto piantare degli alberi tutt'intorno. "Mandate
via quel farabutto da quella pianta di fico!", ruggisce alzandosi
dalla sedia al rumore di un ramo che si spezza, e subito qualcuno
con una scopa viene spedito agli alberi.
Inoltre si divertono a volare nei fienili e a mangiare le arachidi
del raccolto; per questo non si sono di certo accattivati le simpatie
del nostro mungitore. E siccome hanno una predilezione per le
verdure fresche dell'orto, spesso si sono scontrati anche con
sua moglie.
Ai pavoni piace appostarsi sui cancelli o sui pali delle staccionate
e lasciar penzolare la coda. Un pavone sul palo di una staccionata
è uno spettacolo superbo. Sei o sette su un cancello sono
al di là di ogni descrizione; tuttavia al cancello non
fanno granché bene: i nostri pali tendono tutti a piegarsi
da una parte o dall'altra e i nostri cancelli si aprono tutti
diagonalmente.
In breve, qui io sono l'unica persona disposta a sottoscrivere,
e non solo con la tolleranza, la presenza dei pavoni. In cambio,
sono benedetta dal loro rapido moltiplicarsi. Ho sempre dichiarato
che la popolazione ammonta a quaranta individui, ma da un po'
di tempo mi pare più saggio non fare un censimento. Prima
che li comprassi, mi era stato detto che è difficile allevare
i pavoni. Ma, ahimè, non è vero! A maggio la femmina
trova un nido in qualche angolo della staccionata e vi depone
cinque o sei grosse uova marroncine. In seguito, una volta al
giorno, lancia un improvviso iii-ooo-uuu! e sfreccia dal nido
come un razzo. Poi per mezz'ora, il collo arruffato e teso in
avanti, sfila nei paraggi annunciando le sue intenzioni. Io ascolto
con emozioni contrastanti.
Dopo ventotto giorni la femmina esce con cinque o sei pavoncini
pigolanti simili a falene. Il maschio li ignora, a meno che uno
non gli finisca tra le zampe (allora lo becca in testa fino a
farlo allontanare); ma la femmina è una madre attenta e
ogni anno sopravvivono parecchi piccoli. Sembra impossibile annientare
quelli che durante l'inverno resistono alle malattie e agli animali
predatori (falchi, volpi e opossum), se non con la violenza.
Un uomo che vendeva pali per staccionate, un giorno si trattenne
da noi e mi disse che una volta nella sua fattoria aveva avuto
ottanta pavoni. Lanciò un'occhiata nervosa a due dei miei
che si trovavano lì vicino. "In primavera non riuscivamo
neppure a riordinare i nostri pensieri", disse. "Appena
alzavamo la voce, quelli alzavano la loro, se non prima. I pali
delle nostre staccionate erano tutti traballanti. D'estate mangiavano
tutti i pomodori dalle piante. L'uva moscatella ha fatto la stessa
fine. Mia moglie ha detto che coltivava i fiori per sé
e che non aveva nessuna intenzione di farseli mangiare da un pollo,
lunghezza della coda a parte. E in autunno perdevano le piume
dappertutto e pulire era una faticaccia. A quel tempo la mia vecchia
nonna viveva con noi, aveva ottantacinque anni. Una volta ha detto:
"O se ne vanno loro o me ne vado io"".
"Chi se n'è andato?", chiesi.
"Ne abbiamo ancora venti nel congelatore", disse lui.
"Ma...", chiesi, lanciando uno sguardo espressivo ai
due lì vicino, "... sono buoni?".
"Né più né meno che gli altri polli",
rispose, "ma è molto meglio mangiarli che sentirli".
Ho cercato di immaginare che il pavone solitario che vedo davanti
a me sia l'unico da me posseduto, ma poi ne arriva un altro e
lo raggiunge; una volta via dal tetto, quattro o cinque prorompono
di schianto dalla siepe di lagerstroemia; dallo stagno uno lancia
un urlo e dal fienile sento il mungitore inveire perché
se n'è infilato un altro tra il cibo per le mucche. I miei
parenti non fanno che ripetere frasi come: "Bisogna fare
qualcosa".
Non mi piace abbandonarmi a pensieri morbosi, ma ci sono volte
in cui questioni come il costo della rete metallica e dello Startena,
o l'incremento annuo dei pavoni mi corrono senza freno per la
testa. Negli ultimi tempi faccio un sogno ricorrente: ho cinque
anni e sono un pavone. Un fotografo è stato inviato da
New York e per l'occasione è stato apparecchiato un lungo
tavolo. Sarà servito un pasto speciale: la sottoscritta.
Urlo: "Aiuto! Aiuto!" e mi sveglio. Poi dallo stagno,
dal fienile e dagli alberi intorno alla casa sento che inizia
quel coro giubilante:
Lii-ooo
lii-ooo,
Mii-ooo mii-ooo!
Iii-i-ouu iii-i-ouu!
Iii-i-ouu iii-i-ouu!
Ho
intenzione di tener duro e di lasciare che i pavoni si moltiplichino,
perché sono sicura che, alla fine, l'ultima parola è
dei pavoni.
..
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