E TU SPOSERESTI TUA FIGLIA CON UN NEGRO?

José Martì


Questa domanda, che appare nel testo di José Martí intitolato "Per le scene" per evidenziarne il carattere di nota o appunto, prosegue lanciando una sfida contro la discriminazione razziale e contro gli strascichi lasciati nei Paesi dove concretamente la si era voluta estirpare. Il testo è rimasto inedito sino a quando il Centro de Estudios Martianos lo fece conoscere nel primo numero (1978) del suo Annuario, dal quale è stato estratto per mostrare la sua attualità. Nella "Nota" con la quale il Centro lo presentò, si suggerisce fondatamente che la "mesa" alla quale Martí si riferisce, in generale, è il bancone del lavoratore, in particolare "…sicuramente i banconi delle tabaccherie" che rappresentarono un punto di incontro nell'emigrazione, per il legame di Martí con i suoi compatrioti e operai, sia uomini che donne. La nota, altresì chiarisce che "le parole tra parentesi quadra, sono quelle che danno dei dubbi; quelle sottolineate mancano nel testo per lapsus o rapidità di scrittura; quelle che è stato impossibile decifrare vengono indicate con le iniziali p.i. : parole illeggibili". Si tratta di uno dei manoscritti nei quali Martí annotò, per uso personale, quelli che considerava i nuclei dai quali sviluppare testi teatrali che non arrivò a scrivere. (N.d.R.)


Per le scene.-

E adesso viene la questione principale - la questione del matrimonio. L'eterna domanda: …e tu sposeresti tua figlia con un negro? Per me, questa domanda non ha alcun significato. Sarebbe difficile per me incontrare il marito degno di mia figlia, se avessi - ad esempio - la figlia che ho sempre desiderato: eterea e ideale, con molto cervello e molto cuore, così sensibile, che non me la si potrebbe sfiorare senza rovinarle la [chioma] dei capelli. Se io trovassi in un negro le condizioni ideali per essere il marito di mia figlia - le più alte condizioni - adatte a darle questa gloria e consolazione della mia vita, fragile come schiuma e limpida come raggio di sole, se avesse la sensatezza e il coraggio di affrontare l'isolamento sociale, per quanto mi riguarda, appoggerei il desiderio di mia figlia. Che la porterebbe a sedersi a terra, dove si siedono in fila i negri, e dove oggi negri onorevoli stanno braccio a braccio con i signori. Ma, prima di questo, mia figlia dovrebbe innamorarsi del negro, e questi dovrebbe dimostrare non solo innate condizioni di generosità, o semplicità, (che oggi giustamente sono - e continueranno ad essere per gli uomini onorati - il loro maggior potere, in quanto prova evidente del loro più grande diritto), ma anche delle condizioni eccezionali di carattere e cultura necessari per fare innamorare mia figlia, a dispetto dell'opposizione e del rifiuto generali e dei pregiudizi sociali, dell'avversione verso la gioventù e la donna, che il problema negro implica.
Il matrimonio non è un diritto di ogni uomo sopra ogni donna, ma piuttosto l'unione volontaria di due esseri di sesso diverso. Per le mete della vita che [vanno] oltre, chi è l'audace che si arroga il diritto di dichiarare inseparabili due esseri, fin quando li separerà [p.i.] davanti ai nostri occhi la morte? L'unione volontaria. Così che, quando esiste la reciproca adesione, e allo stesso tempo la libera volontà, del bianco e della negra, della negra e del bianco, esisterà anche il presupposto essenziale del matrimonio, e potrà stabilirsi in legge, perché ciò già è stato scritto nell'[ordine] dello spirito e nel [tribunale] della natura. Questo, circa l'etica della legge. E, adesso, nella pratica. Come risolvere il problema? Diventeremo negri? Il negro diverrà bianco? Le razze devono mescolarsi. E poi l'altra domanda: si può impedire che si mescolino? Quello che è, è.

Perché di fronte all'unione legale delle due razze, tremano quelli che sino ad ora, senza timore alcuno, hanno compiuto la fusione illegale? Perché non desiderano un marito bianco, questi, un marito favorito dalle tradizioni sociali, per la povera figlia mulatta avuta dalla schiava o dalla concubina? Perché non correggere con la forza del carattere il difetto sociale creato dall'abitudine al vizio o dalla frenesia della passione? La fusione delle due razze si è compiuta e tuttora si va compiendo. Vediamo come si può fare, per non degradare chi sta più in alto, ma piuttosto innalzando chi sta in basso: vediamo se davvero esiste un pericolo così grande nei matrimoni.

I matrimoni si contraggono per tre motivi: l'attrazione fisico-spirituale, l'occasione, e la similitudine di cultura. L'attrazione fisica è la [linea] più bassa, e meno desiderabile, e per fortuna i nostri uomini di colore sono educati quanto meno come noi in questo punto, e non sono bestie feroci, a meno che non si ricerchi nella donna la bellezza come condizione ideale. L'occasione cospira. E quando queste saranno molte, [testimonieranno] infallibilmente che saranno terminati gli orrori, e non ci saranno più maledizioni. E la cultura? Eccola: si dovrebbe innalzare nel negro l'orgoglio, per il suo bene, perché non [dimentichi] quando viveva sui monti; e così potrà acquistare presto autorità e ricchezza, che sono presupposti per il matrimonio. Ed è anche necessario che abbia orgoglio, senza il quale il matrimonio non sarebbe possibile.
E da dove inizierà la fusione? Da dove inizia, per la gente umile, tutto ciò che è giusto e difficile: i matrimoni cominceranno - tra le due razze - tra coloro i quali sono uniti dal lavoro. Quelli che si siedono tutto il giorno allo stesso tavolo, sono più vicini a scegliere in quel luogo la loro compagna, piuttosto che [quelli] che non vi si siedono mai: emergeranno dal basso, in questo modo.

[trad. di Andrea Coletta]






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