L'ACQUA SCORRE COME SCORRE


Mirko Marjanovic'



Era già un'ora che l'idraulico, munito di un apparecchio speciale per individuare i tubi incrinati nel muro, cercava inutilmente di localizzare il punto da dove l'acqua gocciolava sul pavimento dello stanzino da bagno nella modesta e ammuffita abitazione di Anna Banduka. La donna seguiva con trepidazione ogni movimento dell'operaio, sperando che si sarebbe finalmente trovata quella ferita nascosta, per via della quale anche nei muri si erano prodotte fessure, mentre le macchie scure si spargevano enormemente da un giorno all'altro.
Di tanto in tanto si allontanava, se ne andava alla finestra, aspettava il ritorno del marito dal lavoro e, riscaldando il pranzo, sperava che almeno quel giorno avrebbero mangiato insieme. S'inquietava al pensiero che il lavoro dell'idraulico era ancor sempre sterile, che il marito anche quella sera potesse tornare tardi a casa e, come al solito, ubriaco e muto...
"È una cosa incredibile" le diceva l'idraulico ogni volta che la donna gli tornava vicino per verificare come proseguiva il lavoro. "L'acqua scorre normale in tutti i tubi."
Anna gli offerse un bicchierino di grappa. Sentì un groppo doloroso alla gola, ma disse ugualmente: "Voi dovete trovarlo questo guasto... Spesso sogno le alluvioni, e, sapete, la cosa non è impossibile. Perché mio marito ... Ma qui si fermò, ebbe vergogna; gli occhi dell'idraulico si erano levati in alto, fermandosi sulle sue guance pallide ed eccitate".
"Con vostro marito," disse l'operaio riconsegnandole il bicchierino e rimettendosi al lavoro "perché anche con vostro marito c'è qualcosa che non va?"
Anna tacque, si rinchiuse in se stessa, ma improvvisamente provò un desiderio irrefrenabile di confidarsi con qualcuno, un desiderio più forte del pudore, più forte della costanza con cui fino allora era riuscita a tener nascosta a tutta la gente quella sua vergogna, la sua disgrazia.
"No" le scappò detto. "Torna a casa tardi, qualche volta non torna nemmeno, e allora faccio brutti sogni..."
In quel momento si accorse, tuttavia, che avrebbe fatto meglio a tenersi quelle cose dentro di sé, come aveva sempre fatto. A passo svelto, e confusa, abbandonò lo stanzino da bagno, e si trovò alla finestra nel momento in cui la strada rumoreggiava di automobili che, a passo di lumaca, avanzavano in colonna. Tutti tornano a casa dal lavoro, pensò, fissando i pedoni sul marciapiede. Perché non tornava anche suo marito? Che cosa lo teneva lontano da casa, spingendolo alla perdizione, a quella vita infame? ... Attraverso il rombo dei motori, si facevano strada anche quei suoi pensieri sul fatto che non ne poteva più di tanti lavori quotidiani in casa, pensieri sollecitati dal misterioso punto nel muro dal quale scorreva continuamente l'acqua spandendo il tanfo e l'umidità per tutta la casa.
Negli armadi si era formata una schifosa muffa verde, penetrando anche negli abiti di lei e del marito. Ogni giorno era costretta a raccogliere con lo straccio l'acqua sul pavimento del bagno, a togliere la muffa dai vestiti e dalle scarpe, usando gli spray più svariati dopo le puliture per eliminare in parte l'intollerabile tanfo della muffa. Ogni giorno, anche nelle brevi pause di riposo, dopo aver preparato il pranzo, in attesa che arrivasse il marito, provava il terrore dell'acqua, di quel suo segreto invisibile scorrere attraverso i muri che, ecco, nemmeno l'apparecchio dell'idraulico riusciva a scoprire.
A causa dell'assordante rombare dei motori, e immersa com'era nei pensieri che in quel rumoreggiare si sminuzzavano sparpagliandosi chissadove, immersa nella sua disgrazia che fino a poco prima non aveva confidato a nessuno, Anna Banduka non udì subito la voce dell'idraulico che, finalmente, potè indicare col dito il punto da dove veniva il pericolo di un'inondazione della casa.
"Devo scavare il muro fino al tubo, arrivare al punto di sutura da dove si diparte la condotta dello scaldabagno e dello scarico... Così sarà eliminato il pericolo," disse l'idraulico ridendo, fiero di aver trovato il guasto.
"Ma, è straordinario!" Anna non potè fare a meno di esprimere la sua gioia, soprattutto perché avrebbe potuto dire al marito, al suo ritorno, e nonostante il suo carattere - se ne sarebbe stato zitto come al solito, guardando nel vuoto avanti a sé - gli avrebbe potuto dire, dunque, che l'acqua era stata domata. Il tanfo della muffa, poi, pensava, sarebbe scomparso, assorbito dal sole dell'estate che fuori arrostiva i passanti e liquefaceva l'asfalto. Per la contentezza non seppe dire altro all'idraulico. Corse in camera, portò un altro bicchierino di grappa e in un attimo sparse i giornali sul pavimento per poter versare più facilmente nel bidoncino dei rifiuti i calcinacci che l'operaio avrebbe buttato giù.
"Sapete, mio marito sarà tanto contento!" disse con entusiasmo. "Forse anche per questo fatto egli..." ma s'interruppe, si mise a riflettere, cercando di giustificare in qualche modo le fughe del marito da casa.
"Credete che smetterà di bere?" chiese l'idraulico più tardi, affondando energicamente lo scalpello appuntito nel muro.
"Credo... sapete, questo lo dico soltanto a voi, ma egli non ha nessun motivo... Si rese conto, dopo, di essere andata troppo lontano nel proprio subcosciente. L'idraulico continuò a picchiare lo scalpello sul muro; nella malta e nel terriccio imbevuti d'acqua lo scalpello affondava con facilità, come in una forma di burro. Arrivato allo strato dei mattoni, l'uomo prese a battere più forte, col martello."
"Secondo me, sbagliate," disse l'idraulico facendo all'improvviso una breve pausa e volgendosi verso Anna. "Io le cose le vedo così... Sono trent'anni che riparo tubi, costringo l'acqua a scorrere in essi. Quando uno ci riflette è anche un bene per l'acqua scorrere nei tubi. È più facile. Però - e qui l'idraulico si alzò in piedi, levò il braccio verso il soffitto e puntò il dito sulle chiazze umide - guardate là, l'acqua non vuoi saperne di scorrere nei tubi, cerca la sua strada... È fatta così."
L'uomo si accovacciò di nuovo, gettò la cicca della sigaretta nella conchiglia del gabinetto al suo fianco, raccolse da terra scalpello e martello e riprese a lavorare. La donna se ne stava alle sue spalle, muta, riflettendo su quelle parole di lui, di cui riusciva a percepire solo una parte del significato, mettendole in relazione con tutto quel che era il segreto della maledizione, nella quale non voleva credere.
"Quando arriverò ai tubi e troverò il buco, è chiaro, salderò la fessura, farò il lavoro meglio che posso. Non dovete preoccuparvi" disse l'idraulico e, distraendo lo sguardo dallo scalpello, cercò Anna. Ma la donna era già alla finestra ed ora, dopo la breve gioia, immersa in una inquietudine ancora più profonda. Il sole le balenava negli occhi, riusciva a guardare con fatica. Sulla strada non c'era più la confusione delle automobili, ed anche sui marciapiedi i passanti erano più radi di prima. Regnava una calma innaturale, scoppiettante come la luce ardente; sentiva i colpi del martello nel bagno, e qualcosa la soffocava, un nonsocché di indefinito e pericoloso, peggio di quei suoi sogni di alluvioni, un qualcosa che minacciava di distruggere tutti i miseri averi accumulati con la sua fatica, ridotti al minimo indispensabile dallo sperperare continuo che il marito faceva dei soldi.
Ma lei gli voleva bene, gli perdonava tutto, lo attendeva col sorriso, senza mai una parola di rimprovero. Nonostante tutto, sperava che quel giorno sarebbe tornato in tempo, avrebbe dato una mano all'idraulico e a lei nel ripulire il bagno. Al tempo stesso, come tante altre volte prima di allora, era in apprensione nell'attesa, e sentiva venirle meno la speranza che l'acqua cessasse di scavare le sue segrete strade nel muro.
Quando restò completamente sola in casa, si fermò a lungo accanto al fresco rattoppo di malta, esausta e affranta, in mezzo al disordine lasciatosi dietro dall'idraulico. Non sapeva da dove cominciare: si sentiva abulica e incapace di mettersi a fare qualcosa di nuovo, qualunque cosa. E se l'acqua, nonostante fosse stata riportata nel tubo, avesse trovato nuovamente qualche forellino cominciando a scorrere da quello? A che scopo lavorare? E che scopo ha la vita della quale non riusciamo mai a scorgere il corso?
Cominciò a raccogliere i calcinacci e il terriccio, avvolgendoli nella carta da giornale, con la sensazione appena ridesta di essersi avvicinata a qualche senso della vita. Ma, proprio nel momento in cui cercava di staccare le ginocchia dal pavimento per rialzarsi, un fiotto d'acqua fortissimo sfondò il muro, le sferzò il viso, tappandole la bocca con un pezzo di malta sparato dal foro.
Lasciò cadere subito i cartocci che aveva in mano, ma all'improvviso si accorse di non poter portare le mani alla bocca. Perse il fiato, le si fece scuro davanti agli occhi. L'acqua la schiaffeggiava respingendola, inzuppandola da capo a piedi, ma la donna, persi i sensi, si curvava sempre più verso quel fiotto e la sua sorgente come cercando di opporre la fronte alla suaforza mortale. Sembrava che in lei ci fosse ancora vita, perfino la volontà di vincere la sciagura inaspettatamente fiottata dal muro - perché il suo corpo si muoveva ancora sollevandosi verso l'alto; ma quando cominciò a cadere di schiena sul pavimento, fu evidente che il fiotto era più forte di tutto ciò che in lei era spia di vita.
L'acqua continuò a schizzare in zampilli sempre più grossi, e più in fretta, da un muro all'altro muro, e in un attimo sommerse Anna Banduka, i cui occhi spenti erano inchiodati alle chiazze del soffitto. Quando straripò anche sugli occhi, dalla bocca della donna si staccò quella zolla di terriccio e, lentamente, scivolando sulla superficie dell'acqua, corse nella camera nella quale già ondeggiava quell'acqua venuta all'improvviso da chissadove, chissà da quali sorgenti, da quali tubi, da quale canale segreto, quell'acqua mortale e pura come una lacrima.
E nessuno riuscì ad accertare come era successo. Il marito di Anna, Stjepan Banduka, appena allora cominciò a bere, rinchiudendosi completamente nel proprio silenzio come il mollusco nel guscio durissimo della conchiglia salvatrice.
Alcuni raccontarono ugualmente che tutta la colpa di quel fatto doloroso andava addossata all'idraulico. Perché, molto probabilmente, non aveva ben saldato quel tubo spaccato. Ma Stjepan Banduka non ci pensava nemmeno. Quando gli amici lo invitarono a confidarsi con loro egli, nel suo accentuato dolore, non faceva altro che ripetere sempre le stesse parole: l'acqua scorre come scorre. Trova sempre il suo corso.
E nel dir questo non menzionava mai la morte di Anna.




(Tratto da Racconti della Bosnia, org.e traduzione di Giacomo Scotti, Diabasis edizioni, Reggio Emilia, 2006.)


Mirko Marjanovic' : Nato nel 1940 a Tramosica presso Gradacac, si è laureato in arti figurative presso la Scuola Pedagogica Superiore di Sarajevo, è redattore della Radio-TV di Sarajevo. Opere: U ime oca i sina (Il nome del padre e del figlio, romanzo, 1969); Srediste (Centro, racconti, 1973); Povijest izgubljene duse (Storia di un'anima smarrita, romanzo, 1980); Braca (I fratelli, romanzo, 1983); Vocia tece kako tece (L'acqua scorre come scorre, racconti, 1984).


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