Speciale: IMMAGINI E VERSI







Ritratto dell'artista come lampadario

Per capire Goya devi solo immaginartelo
mentre accende le candele a una a una, poi si sistema
il cappello in testa, pronto per una notte di lavoro.

Quanto possiamo capire dell'artista guardando il suo autoritratto? Ce lo dice Billy Collins, ex poeta laureato degli Stati Uniti, nella prima strofa di questa poesia.
Poi la "zoomata" sulla vita di Goya, artista estroso ed esuberante colto in qualche immaginario momento della sua quotidianità.
Infine l'intuizione: cosa concede di sé l'artista, poeta o pittore che sia? In molti casi poco più di un dettaglio, un'espressione, un gesto rivelatore che, forse, solo un altro artista sa cogliere e trasformare, a sua volta in arte.
Il "viaggiatore sperduto" del finale, infatti, non è altro che il poeta che guarda il pittore inquadrato dalla cornice della porta. E noi, i lettori-spettatori, condividiamo il suo stesso stupore.

Andrea Sirotti

 




Cappello con candele


Billy Collins


In genere negli autoritratti è il viso che prevale:
Cezanne è un paio d'occhi che nuotano tra le pennellate,
Van Gogh ha lo sguardo fisso da un alone di turbinante oscurità,
Rembrandt sembra sollevato come se rifiatasse
dopo aver dipinto Sansone accecato dai Filistei.

Ma in questo, Goya è in piedi ben lontano dallo specchio
si vede in posa nel disordine dello studio
rivolto a una tela inclinata indietro sull'alto cavalletto.

Sembra che ci sorrida come lo sapesse
che ci farebbe ridere lo straordinario cappello che ha in testa
provvisto tutt'intorno all'orlo di portacandele,
un trucco che gli permetteva di lavorare di notte.

Puoi solo immaginare che effetto farebbe
indossare un candeliere simile in testa
come se fossi una sala da pranzo o una salone da concerti.

Ma quando vedi il cappello non c'è bisogno di leggere
biografie di Goya o memorizzare le date.

Per capire Goya devi solo immaginartelo
mentre accende le candele a una a una, poi si sistema
il cappello in testa, pronto per una notte di lavoro.

Immaginalo che sorprende la moglie con la nuova invenzione,
e lei ride come davanti a una torta di compleanno.

Immaginalo che balugina tra le stanze della casa
con le ombre che volano sui muri.

Immagina un viaggiatore sperduto che bussa alla sua porta
di notte per le colline della Spagna.
"Entri pure," avrebbe detto, "stavo solo facendomi il ritratto,"
fermo sulla porta mentre regge il pennello-bacchetta,
illuminato dal bagliore del famoso cappello.

(Traduzione di Andrea Sirotti)

 

In lingua originale:

Candle hat

In most self-portraits it is the face that dominates:
Cezanne is a pair of eyes swimming in brushstrokes,
Van Gogh stares out of a halo of swirling darkness,
Rembrandt looks relieved as if he were taking a breather
from painting The Blinding of Sampson.

But in this one Goya stands well back from the mirror
and is seen posed in the clutter of his studio
addressing a canvas tilted back on a tall easel.

He appears to be smiling out at us as if he knew
we would be amused by the extraordinary hat on his head
which is fitted around the brim with candle holders,
a device that allowed him to work into the night.

You can only wonder what it would be like
to be wearing such a chandelier on your head
as if you were a walking dining room or concert hall.

But once you see this hat there is no need to read
any biography of Goya or to memorize his dates.

To understand Goya you only have to imagine him
lighting the candles one by one, then placing
the hat on his head, ready for a night of work.

Imagine him surprising his wife with his new invention,
the laughing like a birthday cake when she saw the glow.

Imagine him flickering through the rooms of his house
with all the shadows flying across the walls.

Imagine a lost traveler knocking on his door
one dark night in the hill country of Spain.
"Come in, " he would say, "I was just painting myself,"
as he stood in the doorway holding up the wand of a brush,
illuminated in the blaze of his famous candle hat.



Francisco de Goya. Figlio di un maestro doratore, frequenta per alcuni anni lo studio del pittore José Luzán Martínez. Affascinato dalla pittura di Tiepolo conosciuta in Spagna, nel 1769 decide di partire per l'Italia. Tornato in patria e stabilitosi a Saragozza, ottiene l'importante commissione di alcuni affreschi per la basilica del Pilar. Grazie all'appoggio dei cognati, i pittori Ramón e Francisco Bayeu, nel 1774 riceve l'incarico di eseguire i cartoni per l'arazzeria reale di Santa Barbara, un lavoro che lo impegnerà per buona parte della sua vita. Nel 1780 viene accolto come membro della Reale Accademia di San Fernando. Negli anni successivi realizza un ciclo di dipinti a olio con giochi di bambini, comincia a dedicarsi ai ritratti e nel 1784, per il fratello del re, uno dei suoi dipinti più importanti: La famiglia dell'Infante don Luis (Mamiano di Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca). In questo periodo lavora anche per i duchi di Osuna eseguendo temi campestri per la loro residenza di campagna e alcuni ritratti di famiglia. Dopo aver realizzato La prateria di San Isidro, uno dei cartoni da arazzo per la camera dei principini al Pardo, nel 1789 riceve dal nuovo re, Carlo IV, la nomina a Pittore di camera. Colpito da una gravissima malattia che col tempo lo porterà alla sordità, continua a dipingere ritratti (La duchessa d'Alba, 1795 e 1797) e aspetti di vita popolare (La morte del picador, 1793), ma anche le prime scene di follia, stregonerie e supplizi. Nel 1797 inizia a lavorare ai Capricci, una serie di incisioni dove esprime con grande fantasia la sua ribellione contro ogni forma di oppressione e superstizione. Ai primi anni dell'Ottocento risalgono alcuni dei suoi più intensi personaggi femminili - María Tomasa Palafox marchesa di Villafranca, 1804; Isabel de Porcel, 1804-1805; La maja vestida, 1800-1805; La maja desnuda - e La famiglia di Carlo IV, il più celebre tra i suoi ritratti di gruppo. L'invasione napoleonica del 1808, le feroci rappresaglie e il martirio del popolo spagnolo, lasciano nella sua vita un segno indelebile che trova sfogo nelle incisioni dei Disastri della guerra (1810-1820) e in due celebri dipinti del 1814: il 2 maggio 1808 e il 3 maggio 1808. Le fucilazioni. Caduto in disgrazia a corte, il pittore si ritira nella sua casa di campagna, la "Quinta del Sordo", ricoprendo le pareti con immagini angoscianti e visionarie: le cosiddette "Pitture nere". Nel 1824 parte per la Francia e si stabilisce a Bordeaux dove muore nel 1827. I suoi ultimi lavori sono La lattaia di Bordeaux e un ritratto del nipote Mariano



Billy Collins ha pubblicato sette raccolte di poesie tra cui, Picnic, Lightning (1997), The Art of Drowning (1995), The Apple That Astonished Paris (1988), Questions About Angels (1991), and his current collection Sailing Alone Around The Room (2001) e Nine Horses (2003). Nell'apprezzare The Art of Drowning, Edward Hirsch ha scritto: "Billy Collins è un americano originale, un poeta metafisico con un'intelligenza curiosa e acuta. È un ironista del vuoto e le sue poesie - argute, giocose, e finemente costruite - confliggono con i più profondi misteri della natura umana." Poeta laureato dal 2001 al 2003 attualmente insegna letteratura inglese al Lehman College (CUNY).




        
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