DICAS

 
La mamma di Borges
Il feticcio di legno lucido
Chi l'aveva detto per primo?
La scoperta Freudiana
L'avere e l'essere
Gli infiniti cloni
Un sogno molto vecchio
Antibiotico
Mischiato nella carne e nello spirito
L'opera incompiuta
La musica e la comunicazione
Hillary e Kerry furono codardi sull'Iraq
Il paradiso poststorico
Il dubbio di Ratzinger
La piccola repubblica
La bellezza e il dolore

 

La mamma di Borges

La terribile Doña Leonor, madre di Jorge Luis Borges, incappò una volta in una gaffe strepitosa che, come scrive Alberto Manguel nel suo Con Borges (Adelphi), avrebbe incantanto il dottor Freud. Disse alla tv francese, a proposito del figlio cui faceva da perfetta segretaria, scrivendo sotto dettatura le sue pagine e regolando ogni aspetto della vita, che ne rappresentava la "mano", proprio come lo era stata del defunto marito, anche lui colpito da cecità intorno ai cinquant'anni. E pronunciò così larga l'espressione "la main", col suo accento argentino, che venne fuori un indubitale "l'amant", sostantivo in questo caso maschile, per la delizia di tutti coloro che non ignoravano la sua possessività. Doña Leonor Fanny Borges è morta quasi centenaria nel '75, il grande scrittore è scomparso nell'86, ma quelli che sono stati a lungo i fantasmi di una complicata vita famigliare continuano ad aggirarsi tra i libri, a volte quasi petulanti. Che l'autore della Biblioteca di Babele risultasse oppresso dalla madre, e che facesse mostra di dipenderne totalmente, si sapeva; per lei era l'eterno ragazzo cui badare, notte e giorno, tanto da poter tranquillamente fare in pubblico affermazioni come quella udita da un professore di Yale, durante una cena: Una signora aveva chiesto a Borges, sessantenne, se desiderava del vino, e Leonor l'aveva stoppata con un netto: "No, il ragazzo non ne vuole".




Il feticcio di legno lucido

Vladimir Nakobov, da sempre ostile alla psicanalisi, ha scritto queste parole sul ruolo dell'ideatore degli studi dell'inconscio: "L'avrò già fatto capire, ma vorrei ripetere che detesto non uno ma quattro dottori: il dr. Freud, il dr. Zivago, il dr. Schweitzer e il dr. Castro. Naturalmente il primo vince di molte lunghezze, come dicono alla corse dei cavalli. Non ho alcuna intenzione di sognare gli squallidi sogni borghesi di un austriaco dalla testa balzana e dall'ombrello malinconico. Vorrei segnalare altresì che la fede freudiana ha pericolose conseguenze etiche: per esempio, quando a un lurido assassino con un cervello da tenia si concedono le attenuanti perché la sua mamma lo sculacciava troppo o troppo poco - una spiegazione è buona quanto l'altra. Tutto l'imbroglio freudiano mi ha l'aria di una farsa, più o meno come il gigantesco aggeggio o feticcio di legno lucido, con un bel buco altrettanto lucido al centro, che non rappresenta nulla se non la bocca aperta del filisteo al quale raccontano che si tratta di una grande scultura prodotta dal più grande cavernicolo vivente."






Chi l'aveva detto per primo?

Michel Foucault, invece, in Il discorso, la storia, la verità. Interventi 1969-1984, fa il giusto elogio di Freud: "… sono sempre loro ad aver fatto emergere, per primi, il problema del soggetto come problema fondamentale per la filosofia e per il pensiero moderno. Detto in altri termini, mi sembra, infatti, che da Descartes fino a Sartre - e non lo dico affatto in modo polemico - il soggetto fosse per l'appunto considerato come qualcosa di fondamentale, ma che non si poteva affrontare in modo critico: qualcosa, insomma, che non si poteva mettere in questione. Da ciò, verosimilmente, deriva il fatto che - come in ogni caso ha fatto osservare Lacan - Sartre non abbia mai ammesso l'inconscio nel senso di Freud. Non poteva infatti affiorare l'idea che il soggetto non costituisca la forma fondamentale ed originaria, ma si formi, piuttosto, a partire da un certo numero di processi che, a loro volta, non appartengono all'ordine della soggettività, bensì ad un altro ordine, evidentemente assai difficile da nominare e da far apparire, ma ben più fondamentale ed originario che non il soggetto stesso. Il soggetto ha una genesi, il soggetto ha una formazione, il soggetto ha una storia. Il soggetto non è dunque originario. E chi l'aveva detto per primo? Freud, naturalmente."



La scoperta freudiana

"Freud, dietro la coscienza, rivela la forza condizionante, l'inconscio, che determina il soggetto umano a sua insaputa. Freud, dunque, si pone come l'inventore della nozione di inconscio. Ovviamente l'inconscio esisteva da molto tempo, anche se teorizzato diversamente da Freud: la consapevolezza di una regione posta al di là della coscienza esisteva fin dalla notte dei tempi.
Ma allora qual è lo statuto della scoperta freudiana dell'inconscio? Non dell'inconscio in quanto tale, ma di una sua definizione del tutto nuova. Freud è il primo ad aver teorizzato in modo nuovo una istanza psichica al di là della coscienza, in forza della quale l'uomo è agito da pulsioni, da forze che gli sfuggono. Su questa scoperta Freud costruisce un edificio teorico che sconvolgerà tutta la filosofia del XX secolo. La psicoanalisi - e questo e un dato molto significativo - ha trovato diffusione solo nei paesi democratici. Non esiste nei paesi islamici, è stata messa al bando nei regimi dittatoriali, nei paesi comunisti e sotto il regime nazista. Ogni volta che c'è una nuova dittatura in un paese, il movimento psicoanalitico viene perseguitato. Questo significa che non si può liberamente formulare la teoria freudiana, secondo la quale il soggetto umano non é "libero", in paesi che sospendono le libertà democratiche. Questa mi sembra la spiegazione da dare a questo fenomeno: perché il soggetto occidentale possa mettere in dubbio la libertà della sua coscienza, è necessario che abbia la libertà di farlo. Credo che il problema possa essere formulato così. E d'altra parte occorre anche che la follia non sia più ricondotta all'idea supersitiziosa di possessione. È necessaria anche una libertà di fronte alla religione. Questo spiega perché la psicoanalisi non si è introdotta nei paesi islamici." Brano tratto dall'intervista "Freud e la psicologia in Francia", con Elisabet Roudinesco - Parigi, Istituto Italiano di Cultura, maggio 1994.



L'avere e l'essere

Dopo Freud, un altro psicologo, Norman O. Brown, nel suo La vita contro la morte. Il significato psicoanalitico della storia, così parla sulla brama di possedere dei nostri tempi, quello che lui chiama "la mortificazione del corpo e il confinamento della vita del corpo in cose prive di vita": "Più la vita del corpo passa nelle cose, meno vita rimane nel corpo, e contemporaneamente la maggiore accumulazione di cose rappresenta una sempre più piena manifestazione della vita perduta dal corpo".




Gli infiniti cloni


André Schiffrin, nel suo nuovo saggio Il controllo della parola, scrive che: "La libertà di parola è divenuta un'emergenza. Ciò che ancora qualche anno fa poteva apparire come una pur sacrosanta difesa del diritto di leggere libri decenti e non infiniti cloni di pochi modelli di best-seller è divenuta ora difesa del diritto di parola, di espressione e di comunicazione. L'aspetto interessante della cosa è che ciò che nel 2000 potevamo presentare come il diritto di non leggere soltanto Grisham o Stephen King è finito col diventare il diritto di leggere anche Chomsky, Ziegler o Michael Moore. E di avere giornalisti e quotidiani, televisioni e radio che non abbiano come unico scopo quello di favorire l'aumento di valore in borsa del titolo della proprietà di turno."



Un sogno molto vecchio

Jeremy Rifkin in "Il sogno europeo": "Noi statunitensi amiamo pensarci come gente proiettata nel futuro, con lo sguardo fisso su un orizzonte lontano. Ma, stranamente, la nostra visione del mondo è legata a un determinato momento storico, da tempo superato, della civiltà europea. Insomma, il Sogno americano è un sogno molto vecchio, che nella nuova era della globalizzazione sta diventando sempre più irrilevante."



Antibiotico

Sul ruolo del suo paese nell'Iraq, Norman Mailer si pronuncia in questo modo (e ci fa ricordare il Vietnam..): "È sbagliato iniettare la democrazia dentro un Paese, come se fosse un antibiotico. È arrogante e non funziona. Abbiamo liberato un popolo oppresso, oggi livido di rabbia nei nostri confronti perché gli abbiamo impedito di emanciparsi. Abbiamo calpestato il suo senso d'orgoglio e di onore".



Mischiato nella carne e nello spirito

L'antropologo brasiliano Darcy Ribeiro, nell'ultimo libro che ha pubblicato in vita - è morto a Rio de Janeiro circa dieci anni fa -, Il popolo brasiliano, così definisce la sua gente: "Noi brasiliani siamo un popolo in trasformazione, ostacolato nella sua trasformazione. Un popolo mischiato nella carne e nello spirito, visto che qui la mescolanza delle razze non è mai stata considerata crimine o peccato. Nella mescolanza siamo nati e continuiamo a nascere. Questa massa di nativi è vissuta per secoli senza avere coscienza di sé... Fino alla definizione di una nuova entità etnico-nazionale, quella dei brasiliani."



L'opera incompiuta

Sulle difficoltà per la costruzione di un'Europa unita, il commento di Tommaso Padoa-Schioppa: "L'incompiutezza rende precario il già costruito. Ma il già costruito è opera tanto grande che rischia di farci dimenticare l'incompiutezza. Nel 1914 l'Europa aveva alle spalle cent'anni di pace quasi ininterrotta, pareva unita; si circolava senza passaporto e il regime aureo dava unione monetaria. Le persone della mia età pensavano, in quell'anno, che l'era della guerra fosse finita, come lo pensano oggi tanti trentenni. Chi ha visto, anche da bambino piccolo, le case sventrate dai bombardamenti e i soldati tedeschi o americani nelle strade sa che non è così. L'Unione Europea è opera incompiuta. E il rischio più grande è che le giovani generazioni non se ne rendano conto. Occorre allora che, nel mostrare ai giovani di oggi la lunga strada percorsa in cinquant'anni, si indichi l'incompiutezza dell'opera e ciò che a loro resta da fare. Perché essi non abbiano l'amaro risveglio di un nuovo 1914".



La musica e la comunicazione

Gianni Vattimo, nell'intervento "Che cosa significa comunicare?": "Come facciamo a comunicare con qualcuno con cui non abbiamo nulla di comune? Cerchiamo ovviamente di stabilire una sensibilità comune. Ora può darsi, come del resto è successo spesso nella storia della filosofia, che la musica sia davvero quel linguaggio non verbale, che stabilisce una specie di atmosfera. Noi abbiamo bisogno di un'atmosfera comune, abbiamo bisogno di dire qualche cosa in questa atmosfera comune, di trasmettere dei significati, perché altrimenti stiamo soltanto lì, come guardandoci negli occhi."



Susan Sarandon: Hillary e Kerry furono codardi su Iraq

Hillary Clinton e John Kerry non trovarono il coraggio di opporsi alla guerra in Iraq, mossi dalla "paura di non apparire abbastanza americani" davanti al popolo statunitense duarmente colpito dagli attentati dell'11 settembre. A puntare il dito contro l'ex first lady e probabile candidata alle presidenziali del 2008 nonche' contro il senatore del Massachussetts (gia' candidato presidenziale sconfitto da George Bush), è Susan Sarandon, la star di Hollywood e moglie di Tim Robbins, nota per le sue posizioni 'liberal'. In un'intervista alla tv britannica 'ITV', l'artista afferma che sull'Iraq Clinton e Kerry fecero una scelta sbagliata "pur di proteggere la loro reputazione". Secondo Sarandon, i due leader democratici "crollarono sotto la pressione di quel particolare momento, in cui chi si azzardava a sollevare obiezioni rischiava l'isolamento". Sarandon dice di non essere una sostenitrice di Hillary: "Tutti cercano di essere cauti e il loro solo interesse è essere eletti, conservare l'incarico, e penso che anche lei ne soffra, penso che sia un politico di mestiere come chiunque altro", dice della senatrice dello Stato di New York. L'attrice di "Thelma & Louise" racconta poi di aver subito diverse minacce di morte per la sua opposizione alla politica dell'Amministrazione Bush in Iraq.



Il paradiso poststorico

Robert Kagan, analista del Carnegie Endowment for International Peace, così riassume la crescente spaccatura fra europei e americani circa il modo di considerare il proprio ruolo nel mondo: "Su una questione essenziale, quella del potere - l'efficacia del potere, la moralità del potere, la desiderabilità del potere - le prospettive americane e quelle europee divergono. L'Europa sta voltando le spalle al potere, o, se si preferisce, sta andando oltre il potere verso un mondo autonomo di leggi e regole, di negoziati e cooperazione transnazionale. Sta entrando in un paradiso poststorico di pace e relativo benessere: la realizzazione della "pace perpetua" di Kant. Gli Stati Uniti invece restano impigliati nella storia a esercitare il potere in un mondo anarchico, hobbesiano, nel quale le leggi e le regole internazionali sono inaffidabili e la vera sicurezza, la difesa e l'affermazione dell'ordine liberale dipendono ancora dal possesso e dall'uso della forza."



Il dubbio di Ratzinger

Gennaio 2004: Il cardinale Joseph Ratzinger e il filosofo Jürgen Habermas si incontrano a Monaco presso la Katholische Akademie in Bayern per rispondere alla domanda: "La democrazia liberale ha bisogno di premesse religiose?" Ne nasce un dialogo nel quale il Cardinale e il Filosofo fanno l'uno all'altro concessioni sorprendenti, come questa riflessione di Ratzinger: "… si impone un'altra questione su cui dovremo tornare: se il terrorismo è alimentato dal fanatismo religioso, come è, la religione è salvifica e risanatrice, o non piuttosto un potere arcaico e pericoloso, che crea falsi universalismi e perciò induce all'intolleranza e al terrorismo?... forse religione e ragione dovrebbero limitarsi a vicenda, e ciascuna mettere l'altra al suo posto e condurla sulla propria via positiva?"




La piccola repubblica

Che cosa è la "virtù civile"? In un dialogo con Norberto Bobbio di qualche anno fa è presente questa definizione: "Per me la virtù civile non è la volontà di immolarsi per la patria. Si tratta di una virtù civile per uomini e donne che desiderano vivere con dignità, e poiché sanno che non si può vivere con dignità in una comunità corrotta fanno quello che possono, quando possono, per servire la libertà comune: svolgono la propria professione con coscienza, senza trarre vantaggi illeciti né approfittare del bisogno o della debolezza di altri; vivono la vita familiare su una base di rispetto reciproco in modo che la loro casa assomiglia più ad una piccola repubblica che non a una monarchia o ad una congrega di estranei tenuta insieme dall'interesse o dalla televisione; assolvono i loro doveri civici, ma non sono affatto docili; sono capaci di mobilitarsi, per impedire che sia approvata una legge ingiusta o per spingere chi governa ad affrontare i problemi nell'interesse comune; sono attivi in associazioni di vario genere (professionali, sportive, culturali, politiche, religiose); seguono le vicende della politica nazionale e internazionale; vogliono capire e non vogliono essere guidati o indottrinati; desiderano conoscere e discutere la storia della repubblica e riflettere sulle memorie storiche."




La bellezza e il dolore

Piotr Rawicz, scrittore nato in Ucraina e francese di adozione, sopravvissuto all'occupazione tedesca, scrisse nel suo libro Bloc-notes d'un contre-révolutionnaire: "Il destino, la gloria della brace è diventare incendio. Il destino di una goccia d'acqua è diventare innondazione e oceano. Ma uno sguardo più penetrante saprà forse scoprire la gloria della materia nobile nel movimento inverso: l'incendio che si riduce a brace sparsa, il diluvio che ritorna goccia di rugiada. Ci sono dei rapporti poco conosciuti tra la bellezza e il dolore, tra la bellezza e la volontà di non-essere. Si tratta di una complicità nascosta?"


       Copertina.