DICAS

 
Il vasto labirinto
I venti gelidi
L'educazione sentimentale
Le cose fuori luogo
Difficile e disciplinante
Lem e Molinas Leiva
Un raffinamento del gusto
Il sonno della ragione
La battaglia per la storia
Il miglior lavoro
Giulivi, disinvolti, narcisisti e furbi
I diletti bambini
Il pubblico assente
L'aiutino

 

Il vasto labirinto

Eloy Martínez, in un articolo su La Nación sulla poetessa Alejandra Pizarnik, scrisse che: "la realtà è un vasto labirinto dove tutto si assomiglia. Alcuni sentieri si ripetono, altri no. Il futuro è lì, sotto gli occhi di tutti. Ma solo pochissimi, come Alejandra, riescono a scorgelo."



I venti gelidi

Harold Pinter, nel suo discorso di accettazione del Premio Nobel per la Letteratura 2005: "La vita di uno scrittore è un'attività infinitamente vulnerabile, quasi nuda. Non dobbiamo lamentarci di questo. Lo scrittore ha fatto una scelta e la mantiene incorporata a sé. Ma è giusto dire che voi siete esposti a tutti i venti, qualcuno di essi gelido. Voi siete soli, isolati da tutto. Non troverete nessun rifugio, nessuna protezione - a meno che mentiate - caso in cui sicuramente avrete costruito e assicurato voi stessi la vostra propria protezione e, è lecito pensare, sarete diventati dei politici."






L'educazione sentimentale

In un'intervista pubblicata sul libro Quatro autores em busca do Brasil (Quattro autori in cerca del Brasile) il psicanalista Jurandir Freire Costa afferma che "l'educazione sentimentale è oggi improntata verso i seguenti princìpi generali: a) attenzione alla forma fisica, alla buona salute, alla giovinezza, alla longevità, senza progetti o sogni di medio o lungo periodo; b) preparazione del grande momento amoroso che, quando arriva, è sempre meno di quello che si immagina, o se è grande tanto quanto immaginato, dura sempre di meno di ciò che si aspettava; c) rinuncia alla preoccupazione del bene comune e sostituzione dell'interesse politico con l'interesse per le sottigliezze della vita intima delle celebrità; d) rinuncia di valori come il pudore, la vergogna, il senso della misura che, per molto tempo, fecero parte di ciò che chiamiamo "privacy" o "vita privata" e, e) infine, educazione sentimentale verso l'ansietà, la paura, l'inquietudine, l'insoddisfazione, la voracità consumistica, che viene placata o trattata, generalmente, con droghe legali o illegali. Viviamo in una società che stimola, sistematicamente, la passività, il rancore, l'impotenza, l'invidia e il sentimento di nullità delle persone. Non possiamo interferire nella politica, perché ci hanno insegnato a perdere il gusto per il bene comune; non possiamo tentare di cambiare le nostre relazioni affettive, perché ci hanno insegnato che questa è materia di 'tecnici e specialisti dell'anima', non possiamo pensare alla morte e alla vita, perché questi sono argomenti per scienziati; non possiamo, infine, immaginare modi di vivere più degni, più cooperativi e solidali perché questa è cosa per un "oscurantista, idealista, perdente o fanatico ideologico" e il mondo appartiene a chi fa soldi".



Le cose fuori luogo

Nello stesso libro, l'antropologo Roberto Da Matta, professore alla Notre Dame University: "Penso che il Brasile possa affrontare le nuove sfide meglio di molti paesi borghesi i cui sistemi sono legati ad una forte egemonia del mercato e delle leggi. Il mondo del futuro sarà un mondo di convivenza tra vari codici sociali e culturali. Un paese come il nostro, abituato ad avere a che fare con il paradosso e con la traduzione, ha vantaggi innegabili in questo mondo. In Brasile, conviviamo sempre con la prospettiva dell'altro, dobbiamo continuamente realizzare l'esercizio di capire l'altra parte. Ciò ha permesso molta ingiustizia, ma ci ha dato la capacità di essere più tolleranti verso l'ambiguità e il paradosso. Dona Flor, il personaggio di Jorge Amado, si sposò con tutte e due e scelse di non scegliere. Chi sa se non useremo finalmente la nostra capacità per la traduzione delle molteplice prospettive che seguiranno il mondo del futuro positivamente. Una cosa è certa: un mondo globalizzato non sarà un mondo governato da interessi egemonici e da linguaggi sociali e politici egemonici, sarà un mondo frammentato, eterogeneo e fatto da molti codici. Il locale e il globale si combinano in forme strane e spesso conflittuale. Penso che il Brasile, essendo un paese che ha sempre vissuto con le cose fuori luogo, arriverà ad avere una capacità eccezionale di capire quell'universo."


Difficile e disciplinante

Truman Capote, intervistato anni fa sul suo processo creativo, affermava allora: "Le mie ambizioni più incontrollabili ruotano intorno alla forma del racconto. Se la si esplora a fondo, il racconto mi sembra la forma più difficile e più disciplinante di prosa. Tutto il controllo e la tecnica che ho acquisito li devo interamente all'esercizio fatto con questo mezzo."




Lem e Molinas Leiva




In questo inizio di aprile sono scomparsi due importanti scrittori: Stanislaw Lem e Egidio Molinas Leiva. Stanislaw Lem nacque in Polonia; autore di "Solaris" e tanti racconti di "commedia fantascientifica", a lui è stata dedicata la copertina del n° 11 della rivista Sagarana. Egidio Molinas Leiva nacque in Paraguay ed era uno "scrittore migrante" in lingua italiana. Molinas Leiva ha pubblicato racconti e poesie con noi nel n° 13 e 14 della rivista; ha, inoltre, partecipato tre anni fa al Seminario degli scrittori migranti organizzato dalla Sagarana a Lucca. A loro due, il nostro omaggio e la "saudade" dei suoi lettori.



Un raffinamento del gusto

Ennio Flaiano così descrive l'arrivo della vecchiaia, alla fine del suo romanzo "Melampus": "La vecchiaia è una realtà chê dev'esserti comunicata, da solo non si riesce mai a intenderla, può essere scambiata per stanchezza, per noia, e anche per un raffinamento del gusto, del modo di intendere la vita: chiudersi, star soli, leggere e rileggere, sentirsi saggi."



Il sonno della ragione

Ricordiamo ciò che ha scritto Guy Debord, in un saggio del '67: "lo spettacolo è il cattivo sogno della società moderna incatenata, che non esprime in definitiva se non il suo desiderio di dormire".



La battaglia per la storia

Paolo Prodi, grande storico italiano, rispondendo a una domanda sui problemi degli storici oggi a un giornalista di Repubblica, ha detto che: "lo storico è per definizione revisionista perché mette in discussione il passato. Il problema è un altro. Anzi i problemi sono due. La strumentalizzazione della storia per scopi ben precisi: per costruire identità fasulle o artificiali. L'annullamento della storia per arrivare a una politica senza tempo, a una politica di plastica per costruire uomini manipolati perché privi di memoria. E la storia diventa fixion. Perde il suo compito di critica della politica. Per questo la battaglia per la storia è la battaglia per la sopravvivenza della democrazia".



Il miglior lavoro

William Faulkner, in un'intervista del 1956: "Nessuno è mai riuscito a essere all'altezza del suo sogno di perfezione, per questo il mio giudizio si basa sul nostro splendido fallimento nella creazione dell'impossibile. Sono convinto che se potessi scrivere di nuovo le mie opere riuscirei a migliorarle, e questo, per un artista, è in assoluto la situazione più positiva. Ecco perché l'artista non smette di lavorare, provare e riprovare; ogni volta crede che ce la farà. È ovvio che non ce la farà, ed è per questo che la situazione è positiva. Se ce la facesse, se riuscisse davvero a portare l'opera all'altezza dell'immagine, del sogno, non gli resterebbe altro che tagliarsi la gola, buttarsi giù da quel pinnacolo do perfezione, verso il suicidio. Io sono un poeta fallito. Forse ogni romanziere attraversa un momento iniziale in cui vuole scrivere poesie, poi scopre che non è in grado di farlo, e allora prova con i racconti, che dopo la poesia sono il genere più impegnativo. E solo allora, dopo aver fallito anche in quello, comincia a scrivere romanzi." E aggiunge più avanti: "Il miglior lavoro che mi sia mai stato offerto è stato quello di proprietario di un bordello. Secondo me, è il miglior ambiente di lavoro che uno scrittore possa desiderare. Gli dà una perfetta indipendenza economica, lo libera dalle ansie e dalla fame; gli dà un tetto sulla testa e assolutamente niente da fare tranne stilare qualche semplice resoconto e andare una volta al mese a pagare la polizia locale. Durante il giorno, che è il momento migliore per lavorare, il posto è tranquillo. Di sera c'è una discreta vita sociale - se gli va di partecipare - che non lo fa annoiare; gli dà una certa posizione sociale; non deve fare niente, perché la maîtresse si occupa dei registri; tutti gli inquilini sono donne e sono accondiscendenti nei suoi confronti e lo chiamano 'signore'. E lui può chiamare per nome i poliziotti." E conclude: "Non c'è nulla che possa distruggere un bravo scrittore. L'unica cosa in grado di cambiare un bravo scrittore è la morte. Gli scrittori bravi non hanno tempo per preoccuparsi di avere successo o diventare ricchi. Il successo è femminile, ed è come una donna; se ti pieghi davanti a lei, ti scavalca".



Giulivi, disinvolti, narcisisti e furbi

In La fine del postmoderno, Romano Luperini presenta questo severissimo giudizio della letteratura scritta dai giovani autori italiani dei nostri giorni: "Gli esordienti che ogni anno si presentano a "Ricercare" si dilettano in racconti ginecologici o ombelicali, a base di cazzo e di vomito, gli scrittori di mezza età si attardano in uno stanco manierismo postmodernistico…Mentre un terzo del pianeta muore di fame, di Aids, di guerre, e milioni di persone in cerca di una possibilità di sopravvivenza cominciano a invadere il nostro paese, mentre saltano in aria le Twin Towers e si stanno gettando le premesse per un immane contrasto di civiltà e di religioni; mentre si assiste a una drammatica palestinizzazione del pianeta, gli intellettuali italiani (se non tutti, certo, quasi tutti) sembrano in tutt'altre faccende affaccendati. Giulivi, disinvolti, narcisisti, furbi, pronti a fiutare ogni moda e ogni indirizzo del mercato culturale, sommersi nel clima di declino morale e civile in cui viviamo. Privi di passato e di futuro. Felicemente immemori e accecati."



Il pubblico assente

Samuel Johnson ha spesso cercato di proporre una "psicologia dello scrittore", una comprensione degli effetti del suo (mancato) rapporto col pubblico. Tra le sue frasi più famose a riguardo queste due mi sembrano complementari: "Spesso gli insulti sono utili. Per uno scrittore nulla è più pericoloso del silenzio." Oppure "per uno scrittore nulla è più spaventoso dell'oblio, al confronto con il quale il biasimo, l'odio e l'ostilità sono nomi della felicità". Un'eventuale strategia per i casi più drammatici l'ha consigliata invece André Gide: "L'artista non può esistere senza un pubblico; e quando il pubblico è assente, egli cosa fa? Ne inventa uno e, voltando le spalle alla sua epoca, guarda al futuro in cerca di ciò che il presente gli nega."



I diletti bambini

Una riflessione di Proust già vicino alla morte, presente nei frammenti di "Tempo ritrovato": "I libri che scrive non sono per lo scrittore la posterità, che è incerta, non può vedere così lontano; forse prima di due generazioni sarà sconosciuto. Perlomeno i suoi libri sono la sua discendenza, i diletti bambini per i quali spende le sue ultime forze..."



L'aiutino

Per concludere queste Dicas, un brevissimo racconto del brasiliano Millôr Fernandes: Aveva scavato, scavato, scavato, poiché la sua professione, becchino, era quella di scavare. Ma, all'improvviso, preso dal lavoro che amava, si accorse di aver scavato più del dovuto. Cercò di uscire dalla buca e non ci riuscì. Alzò lo sguardo e vide che, da solo, non sarebbe mai riuscito ad uscire. Gridò. Non gli rispose nessuno. Gridò più forte. Non arrivò nessuno. Impazzì dal tanto urlare, si stancò dall' agitarsi ma si arrese solo con l'arrivo della notte. Si sedette in fondo alla buca, disperato. Arrivò la notte, scese il silenzio delle ore più tarde. Il freddo era più forte di quello dell'alba,e nella notte fonda, non si sentiva neanche un suono umano, benché il cimitero fosse pieno dei pigolii e cinguettii naturali del bosco. Solo poco dopo la mezzanotte si udirono dei passi. Disteso sul fondo della buca il becchino urlò. I passi si avvicinarono. Un uomo ubriaco si affacciò, chiese: "Cosa succede?". Allora il becchino urlò, disperato:" Fatemi uscire da qui, per favore. Ho un freddo terribile!". "Ma poveretto!", l'ubriaco si impietosì, "Hai ragione ad avere freddo. Mio povero morticino, qualcuno ti ha tolto tutta la terra di dosso." E, afferrata la pala, la riempì di terra e, con cura, si mise a ricoprirlo. Morale: Nei momenti più difficili è necessario accertarsi molto bene a chi ci appelliamo

 


       Copertina.