Scritto sul muro Jessica
Cancila
Punto. Punto punto punto. Punto in alto, punto. Mi sembra impossibile riuscire
a scrivere, mi sembra impossibile essere mai riuscito a farlo. Le parole escono
fuori non mie, viziate e cesellate da un normografo. Punto punto. Io l'ho amata.
Punto. Faccio scorrere le mani sul foglio. Detesto quello che leggo. Appoggio
il punteruolo sul polpastrello dell'indice sinistro, potrei scrivermi sulla pelle,
forse così riuscirei ancora a scrivere. Posso incidermi sulla mano della
prima volta che è entrata qui. Non so cosa hai pensato, appena entrata.
Non ti ho vista se non dopo che hai chiuso la porta, quando l'aria densa mi ha
portato il tuo odore. Appena sentita la tua voce il mio naso mi ha fatto voltare
l'aspettavo, il tuo odore. Potrei scrivermelo in faccia, ho aspettato il tuo odore.
Avrei voluto vederti, l'aria si è riempita del fruscìo delle
tue cosce. Portavi i pantaloni e tacchi lievemente sonori. La tua pelle odorava
di sole. Hai messo una mano tra i capelli, hai accavallato le gambe. Hai visto
le finestre chiuse, le tende tirate e forse ti sei chiesta che differenza potesse
fare, per me. Vorrei scrivermi sulla mano destra di aprire le finestre tutte le
mattine. Mi alzo. Sposto la sedia. Giro intorno alla scrivania facendo perno
sulla mano destra. Un angolo, il secondo. Due passi a destra: la porta. A sinistra:
la finestra. Chiusa. Uno, due. La poltrona, già. La finestra. Sollevo
avanti il braccio sinistro, appoggio la mano aperta sulla parete. E' fredda. Appoggio
la destra sul davanzale, davanti a me. La sinistra intanto automaticamente si
tende e le dita si provano a leggere i rilievi runici della tinta sul muro. Punti.
Aguzzi, rotondi. Indecifrabili. Forse qui qualcuno ha scritto del tuo passaggio.
Forse c'è anche scritto perché non so più scrivere. Hai sentito
le mie mani sulle tue dita e ti sei ritratta. Come se fossi tu, quella che aveva
paura. Hai avuto paura? Le mie mani ti hanno messo paura? Non sanno fare niente,
queste mani, se non decifrare cicatrici. Avrei voluto carezzarti le unghie e poi
scoprire la linea tesa delle tue ascelle. Sono stato troppo in silenzio, è
per questo che hai avuto paura? Hai sentito la devozione delle mie mani o è
stato perché non ti guardavo negli occhi? Vorrei scrivermi sulla mano sinistra
di non aprire mai nessuna finestra. Però mi hai baciato. Poi hai disegnato
la forma delle mie labbra con la punta della lingua ed è stata la prima
volta che le ho viste. Sono labbra grandi, ho una bocca da donna. Ti piaceva la
mia bocca, mi hai detto. Vorrei incidermi sul petto di stare in guardia dalla
mia impazienza e dai baci veggenti. Ho sentito un anello intorno all'indice
che mi premeva la giugulare e anche ora mi manca il respiro. Sono io che ho
paura delle mie mani. Arrivano tardi, ovunque arrivano. E quando arrivano, sono
sempre troppo vicine. Ho letto il tuo sgomento, i muscoli improvvisiamente restii.
Chissà che hai pensato, quando ti ho vista. Sono rimasto a terra, mentre
ti alzavi dalla sedia. Chissà cosa hai visto, quando sei uscita. Per
un po' non sono stato solo, quando hai chiuso la porta, nell'aria il tuo odore
fatto più acre dal desiderio.
Jessica
Cancila è nata a Lucca, dove risiede, il 19 febbraio 1974. Laureata in Lettere
Classiche ha collaborato con l'Istituto di Linguistica Computazionale del CNR
di Pisa e ha conseguito un dottorato in Linguistica presso l'Università di Perugia.
Attualmente svolge ricerca presso L'Università per Stranieri di Perugia. La fotografia
e la scrittura le sono fedeli compagni di viaggio.
Successivo
VENTONUOVO
Copertina
|