Sull'attualità del partigiano

 

Helmut Höge



Gli ambienti tradizionali del partigiano erano un tempo il bosco, la montagna e la palude. La sua economia era legata ai contadini circostanti, il cui contributo nutriva, armava e vestiva la lotta contro l'invasore.
Con la resistenza ebrea nei ghetti si affiancò un nuovo modello, quello della guerriglia urbana. Il suo sistema di finanziamento era legato in maniera sempre crescente alle attività commerciali in proprio. Questo tipo di lotta è sempre stato giudicato criminale. Anche per i contadini era consigliabile fingere di essere stati rapinati piuttosto che mostrare le proprie simpatie. I Tedeschi comminavano la pena capitale ad ogni Ebreo che contrabbandava un pezzo di pane nel ghetto. Oggi gran parte della moderna guerriglia si finanzia tramite attività illegali - notoriamente il traffico di droga, di armi e di essere umani. Si è sempre fatta la differenza tra una banda criminale e un eroico partigiano - i confini restavano però fluidi perché, per fare un esempio, era piú semplice assaltare un villaggio che una colonna della Wehrmacht. Contemporaneamente emergevano gruppi partigiani di destra e di sinistra. In Lituania, per esempio, poco prima dell'occupazione tedesca, partigiani di destra massacravano ebrei e comunisti, poi subentrarono i partigiani di sinistra contro collaborazionisti e Tedeschi, infine di nuovo quelli di destra che tentavano di opporsi al potere sovietico.
Se oggi i neonazisti sono degradati al rango di "banda", alcuni intellettuali isolati e indomiti - per esempio gli hacker o certe personalità dei media - vengono volentieri definiti partigiani. Dallo psicoanalista svizzero Paul Parin, che è stato anche un autentico partigiano tra le fila di Tito, fino al filosofo francese Jacques Derrida, che si è occupato del concetto di "violenza proletaria" di Benjamin, esiste un forte entusiasmo per l'"intelligenza high-tech" illegale, che conduce la lotta a livello prettamente individuale.
L'invasore è rappresentato dalle "metropoli informatizzate", come afferma il gesuita Michel de Certeau, e il partigiano del quotidiano dal consumatore atomizzato, il quale per sopravvivere deve reagire all'economia culturale dominante come l'indio sudamericano al cattolicesimo, ovvero "convertendo" le infinite metamorfosi della legge economica imperante nell'economia dei propri interessi e regole particolari. Gli strumenti che ha a disposizione sono "tattiche e strategie prive di luogo, finte, interpretazioni personali, astuzie...". Già Clausewitz aveva paragonato l'astuzia all'umorismo: "Se l'umorismo è un gioco di prestigio con le idee, l'astuzia lo è con le azioni". Secondo Certeau "i modelli d'azione del consumatore sono all'atto pratico l'equivalente dell'umorismo", per cui la sintesi intellettuale delle pratiche quotidiane non assume la forma di discorso, ma si esaurisce "nella decisione medesima, ovvero nell'azione e nei modi in cui viene `colta l'occasione´". In questo senso tali prestazioni operative rimandano a modelli antichissimi: "I Greci li rappresentavano nella figura della ´metide`. Ma essi risalgono a molto piú lontano, alle forme di intelligenza primarie, alle finte e alle arti simulatorie di piante e pesci, cacciatori e coltivatori. Dai meandri degli oceani alle strade delle megalopoli, queste tattiche testimoniano una continuità di fondo. Nelle nostre società esse si moltiplicano con la dissoluzione della sedentarietà".
Privato della possibilità di evadere da un sistema le cui maglie si fanno sempre piú strette, all'"individuo" oggi non resta altro che aggirarlo, circuirlo, "fregarlo". In fin dei conti non si tratta d'altro che dell'"arte di arrangiarsi", in cui le virtú e le tattiche partigiane aiutano a sopravvivere individualmente, perfino ad avere successo nella giungla delle informazioni e degli interessi. Per la lotta culturale consigliamo: "Manuale della guerriglia della comunicazione" (dell'editrice Schwarze Risse) e le 54 idee per la "resistenza culturale" di Alexander Brener e Barbara Schurz, uscite sotto il titolo piú volte storicamente rilevante di "Che fare?" per l'editore viennese Selene. Per avere successo in altri ambiti, esistono anche strategie di "Guerriglia-Marketing" per piccoli e medi imprenditori ad opera di Jay Conrad Levinson, il quale ha perfino lanciato un'organizzazione denominata "Guerriglia Marketing International". Il motto maoista "servire il popolo" si trasforma in "servire il cliente - per migliorare la vostra vita". Così dal partigiano viene fuori un artista stimato o un uomo d'affari, e dalla guerriglia armata una sorta di fucina da cui trarre insegnamenti.
Questa prospettiva era già presente nelle discussioni sui partigiani del dopoguerra tedesco-occidentale: in "Waldgang" (Il libro del ribelle) di Ernst Jüngers e "L'uomo nella resistenza: il partigiano" di Rolf Schoers. Per quest'ultimo, uomo politico liberale e tra gli ispiratori della cassa di previdenza sociale per gli artisti, il partigiano è un intellettuale indomito che si oppone alla tecnocrazia e ai suoi dettami, è un "soggetto fino all'estremo", forse l'ultimo detentore di una coscienza responsabile e autonoma. In un convegno politico sulla "Teoria, strategia e figura del partigiano", i conferenzieri riassunsero cosí le posizioni di Schoers: "Il partigiano fallisce col successo, poiché il vero vincitore è il rappresentante della nuova autorità. Il partigiano invece non è in grado di rappresentare. Nel momento in cui, incarnando il nuovo ordine, impone delle regole, diventa padrone e cessa di essere partigiano. Il dubbio anarchico lo abbandona, e con l'usurpatore abbattuto anche l'orientamento dato dal nemico. In tal caso però l'élite della resistenza, che costituisce il partigiano di Schoers, diventa instabile. La fase del nuovo ordine esige altri orientamenti, non ha piú bisogno di partigiani".
È il caso per esempio della val Ossola, liberata nell'autunno del 1944 da unità autonome di partigiani. Immediatamente accorse da Milano una folta delegazione di quadri politici per assumerne il controllo. Anche i partigiani vennero coinvolti nelle trattative, ma si mostrarono caparbi e contrariati: "Ci lasciamo irretire da una briciola di potere, dimenticando che dobbiamo ciò che siamo proprio al fatto che non abbiamo avuto alcun potere alle nostre spalle", denuncia un partigiano. "Ditemi quale governo avrebbe potuto realizzare quello che noi, il popolino, ci siamo inventati in questa guerra... il potere è comodo. Esso è l'unico luogo dove si possono compiere tutte le porcate del mondo senza il rischio di dover pagare". Quando nel tardo autunno i Tedeschi riconquistarono la valle e vennero ripresi i combattimenti, i partigiani ne furono quasi sollevati. "Non ti innamorare del potere", consigliava Michel Foucault nel 1979 nella sua "Introduzione alla vita non fascista". Il partigiano di Schoers è una figura che viene spodestata, cosí la pensano anche gli autori della Scuola di Francoforte.
Schoers venne tra l'altro classificato dal teorico del partigianato nella DDR Heinz Kühnrich tra i reazionari anti-partigiani. Si tratta però piuttosto di un romantico nella "guerra civile mondiale" post-fascista. Il partigiano di Schoers assomiglia all'isolato "Waldgänger" di Ernst Jünger, che aspira a traghettare il guerresco in tempo di pace.
Il teorico dello stato nazista Carl Schmitt, che nel 1963 - dodici anni dopo Jünger e due dopo Schoer - pubblicava una "Teoria del partigiano", lamentava l'impoliticità di entrambe le concezioni: "Allora qualunque stravagante o anticonformista può essere definito un partigiano, non appena prende posizione e partito a proprio rischio e pericolo".
Secondo Schmitt la figura del partigiano nacque durante la resistenza popolare contro Napoleone - in Spagna, Tirolo e poi in Russia. Ai Tedeschi cosí rispettosi delle gerarchie spetta il merito di aver poetizzato, sistematizzato e tematizzato - come si conviene al popolo dei poeti e dei pensatori - questa guerra latitante di liberazione. Siano menzionati "La battaglia di Arminio" di Kleist, il "Piano per la preparazione di una rivolta popolare" di Gneisenau e le "Lezioni sulla piccola guerra" di Clausewitz. Friedrich Engels definí Gneisenau un "uomo di genio" per il suo "Piano", e piú tardi Lenin studiò a fondo von Clausewitz, prima di pubblicare nel 1906 sulla rivista Proletarij l'articolo "La guerra partigiana".
Nel suo testo, Lenin si volge tra l'altro contro il declassamento del partigiano al rango di anarchico, bandito, lumpenproletario: "Il vecchio terrorismo russo era opera di intellettuali cospiratori; adesso invece la lotta partigiana viene condotta di regola da lavoratori e disoccupati, organizzati in reparti di combattimento". E piú avanti: "Il movimento non viene disorganizzato dalle azioni dei partigiani, bensí dalla debolezza del partito che non è capace di impugnare le redini di tali azioni". Per Schmitt tuttavia il partigianato dei bolscevichi è "relativamente esiguo, dal punto di vista sociologico, in confronto a quello cinese: Mao ha organizzato da sé il suo esercito di partigiani, la sua élite". E dalle vittorie di Mao Tse-Tung impararono anche i Vietnamiti, la cui lotta contro i Francesi prima e contro gli invasori americani poi iniziò nel 1940 con la sollevazione popolare nel delta del Mekong. Nel contesto di solidarietà internazionale per la vittoriosa resistenza dei Vietkong contro gli USA e il loro governo-marionetta, in Germania venne ridiscussa la teoria del partigiano di Schmitt, il quale nel 1969 venne intevistato dal sinologo maoista Joachim Schickel: "Concorda sulla seguente affermazione? Durante la rivoluzione culturale cinese, il partito, vale a dire in sostanza il suo establishment regolarizzato, istituzionalizzato, detotalizzato, venne frantumato e ricostruito in modo assolutamente nuovo. Mi verrebbe da dire che si tratta di un'impresa di Mao in quanto partigiano, di un'autentica azione partigiana": Carl Schmitt rispose: "Esatto. È cosí e non ho nulla da aggiungere, se non che simili processi mi ricordano la genesi del cristianesimo, il quale cominciò con una negazione totale del mondo di allora, organizzandosi nelle catacombe, sotterraneo e latitante... E come è andata a finire quella negazione totale? Con Costantino, religione di stato, infine con l'infallibile vescovo di Roma a capo di un'organizzazione centralistica che non mi risulta abbia eguali".
Cosí il teorico ex-fascista dello stato Carl Schmitt, per il quale tra l'altro il vero filosofo della resistenza antinapoleonica era Fichte, il quale applicò la sua avversità anche nella teoria, concependo lo "stato commerciale chiuso".
Ispirati dai suoi "Discorsi alla nazione tedesca", anche gli studenti di Gießen si radicalizzarono. Tra di essi vi era il giovane studente di medicina Georg Büchner, il quale poi a Strasburgo, influenzato dai discorsi di Blanquis, cominciò a recepire i conflitti della Restaurazione come lotte di classe. Nell'Assia superiore fondò piú tardi la clandestina "Società dei diritti umani", secondo la storiografia della DDR "la prima organizzazione segreta protocomunista sul suolo tedesco". Büchner accompagnò l'impresa scrivendo il volantino "Il messaggero dell'Assia", che nel 1830 avrebbe dovuto mobilitare i contadini dell'Assia superiore alla rivolta. Allo scopo documentò con pedante precisione come venivano sperperati dalla corte del Granducato i tributi dei contadini: alla fine del calcolo risuona l'appello a radunarsi per la rivolta, che avrebbe dovuto allargarsi in tutta la Germania. Nel 1833 un contadino denuncia l'organizzazione e uno degli attivisti viene fermato a Gießen con alcune copie del volantino. Büchner riesce a scappare appena in tempo. Durante l'esilio francese completa il dramma "La morte di Danton". Il germanista della DDR Henri Poschmann commenta: "Il dramma non rappresenta un rifiuto deluso del cammino compiuto, ma piuttosto un contributo - che esplora nuovi campi d'azione - al superamento della crisi del movimento rivoluzionario e della propria esistenza, ad esso indissolubilmente avvinta. `Danton´ e il `Messaggero´ costituiscono momenti diversi di un contesto d'azione unitario, sebbene in sé contradditorio". Il molto spiato drammaturgo della DDR Volker Braun, durante l'allocuzione che ha accompagnato il conferimento del Premio Georg Büchner, si è fatto vanto cosí dell'autore di Darmstadt: "Anni fa, sotto un altro sistema, ho citato Büchner per mettere una bomba".
Il marxista di Norimberga Robert Kurz poco dopo la caduta del muro ha brillantemente analizzato la DDR secondo la concezione fichtiana dello "stato commerciale chiuso". In questo contesto può essere interessante notare che quasi tutti i quadri dirigenti della DDR - nel partito, nell'esercito e nella Stasi - avevano combattuto durante la guerra come partigiani nelle fila delll'Unione Sovietica.




Traduzione di Antonello Piana. (Comprese le citazioni).



Da una relazione tenuta il 9 Novembre 2000 nella galleria Prater, Berlino.



        Successivo      GEGNER - L'AVVERSARIO     Copertina