L'OMBRELLO
Lucia Salfa
La pioggia mi scivola addosso. Cammino felice come da bambina
quando scappavo da sotto l'ombrello e correvo, saltavo, danzavo,
tra le urla di mia madre e le gocce che mi bagnavano tutta.
Abitavo in un rione popolare, in
un caseggiato composto da quattro palazzine disposte a rettangolo,
con un cortile interno.
Quella era la nostra prigione e
la nostra libertà.
Lì si vivevano le storie, i
drammi e le avventure, le risate e le lacrime, i primi baci e i
primi abbandoni, nascosti alla vista delle finestre, infilati nel
sottoscala del portiere. A una cert'ora c'era il ritiro. Voci di
madri chiamavano i propri figli, i padri invece fischiavano, un
fischio lungo e ripetuto. Ognuno di noi aveva il proprio richiamo
al quale rispondere e via di corsa. I sandali e gli zoccoli
d'estate battevano rumorosi sul selciato contrastando il silenzio
della gomma invernale.
Con il caldo grondavamo sudore
dalle magliette appiccicate sui primi abbozzi di seno mentre
d'inverno erano troppi gli strati a coprire e le uniche parti
scoperte erano le guance rosse paonazze e i nasi ghiacci e
mocciolosi. Per noi non c'era né freddo né caldo.
C'era la nostra vita, i nostri
amici, una madre per ogni finestra e quello che desideravamo
veramente era tutto lì a portata di mano.
Era il nostro mondo e nelle
nostre teste era tutto il mondo.
Preziosa è l'età nella quale si
vive vivendo se stessi.
Poi sono cresciuta e qualcuno mi
ha comprato un ombrello. Non ho più cercato riparo nella pioggia,
ma mi sono riparata da lei. Non ho più cercato di difendere la
mia libertà, ma mi sono nascosta e sono fuggita davanti a
semplici gesti che potevano farmi tornare quella che ero.
Non ho più avuto quattro palazzi
intorno a proteggere la mia esistenza e la mia finestra è rimasta
vuota da tempo. Fischi non ne ho più sentiti.
E' bastata una goccia, furtiva e
ribelle, scappata al mio ombrello per farmi capire che non c'è
dolore che sia pari al non vivere.
Ho fatto due passi, ho incontrato
un cestino, ho buttato l'ombrello. Cammino bagnata e qualcuno mi
guarda. Non importa. Sorrido.
Sono nata a Roma, nel 1962
dove tutt'ora vivo. Ho iniziato a frequentare corsi di narrativa
convinta che mi sarebbero serviti per diventare una migliore
lettrice, poi irrimediabilmente ne sono rimasta contagiata. Una
mia "lettera-racconto" è stata selezionata e pubblicata
nel libro "Lettere d'amore e d'Abbandono" (Arci -
Piemonte) presentato nel febbraio 2000 alla Fiera Internazionale
del Libro dell'Avana.
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