FACENDO LA BARBA
Luiz
Vilela
Il barbiere finì di sistemargli l'asciugamano intorno
al collo. Lo toccò con la mano:
- È ancora caldo
- Quando è stato? - domandò il ragazzino.
Il barbiere non rispose. Dalla camicia semi aperta del morto spuntava
qualche pelo grigio. Il ragazzino osservava attentamente. Allora
il barbiere lo guardò.
- Quand'è che è morto?- insistette nuovamente il
ragazzino.
- Verso l'alba - disse il barbiere; - È morto verso l'alba.
Allungò la mano:
- Pennello e crema.
Il ragazzino prese velocemente dalla valigetta di cuoio sopra
il tavolino, il pennello e la crema. Poi prese la brocca d'acqua
che aveva portato entrando nella stanza: ne versò un po'
nella ciotolina della crema e mescolò fino a fare la schiuma.
Il ragazzino era sempre svelto nel servizio, ma in quella situazione
la sveltezza sembrava essere accompagnata da un certo nervosismo:
Il pennello gli scivolò di mano e andò a sbattere
contro la gamba del barbiere che era seduto vicino al letto. Gli
chiese scusa, molto imbarazzato e ancora più nervoso.
- Non è niente - disse il barbiere pulendo la macchia di
schiuma sui pantaloni; - succede
.
Il ragazzo, raccolto il pennello, mescolò ancora un po'
e poi passò la ciotolina al barbiere che gli diede un'altra
mescolata.
Prima di cominciare il lavoro, il barbiere guardò il ragazzo:
- Non credi che sarebbe meglio aspettarmi fuori? - chiese, in
modo molto educato.
- No, signore.
- La morte non è un bello spettacolo per i giovani - disse.
Cioè, per nessuno..
Cominciò a spennellare il viso del morto. La barba, di
circa quattro giorni, era ispida.
Dalla porta chiusa veniva un mormorio soffocato di voci che recitavano
il rosario. Fuori era ormai mattina, dalla finestra aperta della
stanza entrava un'aria fresca.
Il barbiere restituì il pennello e la ciotolina; il ragazzo
aveva già in mano il rasoio e il cuoio per affilare: li
consegnò al barbiere e mise sul tavolo la ciotolina e il
pennello.
Il barbiere affilava il rasoio. Al salone tutti conoscevano il
suo modo di affilare, accompagnando brani allegri di musica classica,
che fischiettava. Lì , nella stanza, accanto al morto,
affilava con un ritmo differente, più cadenzato e lento:
qualcuno poteva quasi immaginare che lui, nella sua testa, stesse
fischiettando una marcia funebre.
- È così strano - disse il ragazzino.
- Strano? - il barbiere smise di affilare.
- Noi che gli si fa la barba
.
Il barbiere guardò il morto.
- Ma cos'è che non è strano? - disse. - Lui, noi,
la vita, cos'è che non è strano?
Cominciò a fargli la barba. Con la mano sinistra teneva
ferma la testa del morto e con la destra lo radeva.
- Dio mi faccia morire con la barba fatta - disse il ragazzino,
che aveva già un po' di barba.
Così non dovranno farmela dopo morto. È così strano..
Il barbiere si fermò, si allontanò dalla testa e
guardò nuovamente verso il viso del morto - non per l'osservazione
fatta dal ragazzo, ma per controllare come stesse andando il suo
lavoro.
Guardò in alto - la luce ancora accesa -, come se l'anima
del morto fosse ancora lì intorno, osservandoli; non vide
niente ma aveva come la sensazione che l'anima fosse lì.
Il rasoio passava ora sotto il mento. Il ragazzino osservava il
viso del morto, i suoi occhi chiusi, la bocca, il pallore: senza
la barba, sembrava ancora di più un morto.
- Perché moriamo? - chiese. - Perché dobbiamo morire?
Il barbiere non disse niente. Aveva finito di fargli la barba.
Pulì il rasoio e lo richiuse, lasciandolo sul bordo del
letto.
- Dammi l'altro asciugamano- chiese; - e bagna il panno.
Il ragazzo bagnò il panno nella brocca, lo strizzò
e lo passò al barbiere insieme all'asciugamano.
Il barbiere pulì e asciugò con cura il viso del
morto. Con la punta del panno, tolse un po' di schiuma che era
entrata nell'orecchio.
- Perché non ci si abitua alla morte? - chiese il ragazzino.
- Non moriremo anche noi un giorno? Non muoiono tutti? Allora
perché non ci siamo ancora abituati?
Il barbiere lo fissò per un istante:
- Già - disse, e si rigirò verso il morto. Cominciò a fargli i baffi.
- Non è strano? - chiese il ragazzino. - Io non capisco.
- Ci sono tante cose che non capiamo - disse il barbiere.
Allungò la mano:
- Le forbicine.
In casa, il movimento e il brusio delle voci sembravano aumentare;
ogni tanto un pianto. Il ragazzino pensò con sollievo che
ormai avevano quasi finito e che tra qualche minuto sarebbe stato
fuori, per strada, camminando nell'aria fresca della mattina.
- Il pettine - disse il barbiere. - Ora puoi rimettere tutto a
posto.
Quando finì di pettinarlo, il barbiere si alzò dalla
sedia e contemplò il viso del morto.
- Di nuovo le forbicine - chiese
Il ragazzo riaprì la valigetta e riprese le forbicine.
Il barbiere si curvò e tagliò un peletto dai baffi.
I due si misero a guardarlo.
- La morte è una cosa molto strana - disse il barbiere.
Fuori il sole illuminava la città, che si stava movimentando
per un nuovo giorno di lavoro: negozi che aprivano, ragazzi che
andavano a scuola, macchine che passavano.
I due camminarono per un bel po' in silenzio, finchè, all'entrata
di un baretto, il barbiere si fermò:
- Ti va un goccetto?
Il ragazzo lo guardò un po' imbarazzato; beveva solo di
nascosto e non sapeva cosa rispondere.
- Un goccetto per ritemprare i nervi - disse il barbiere, guardandolo
con un sorriso bonario.
- Bene
- disse il ragazzo.
Il barbiere appoggiò una mano sulla sua spalla ed entrarono
nel baretto.
(Il
testo presentato, pubblicato in "O Fim de Tudo" (La
fine di tutto) , Casa Editrice Liberdade - Belo Horizonte, 1973,
si trova anche all'interno del libro "Os cem melhores contos
brasileiros do seculo", selezione di Italo Moricone - Rio
de Janeiro, 2000, pag.345.)
(Traduzione
di Julio Monteiro Martins insieme a Mirella Abriani e ai suoi
studenti dell'Università di Pisa Chiara Zucconi, Francesca
Renda, Simona Giannace, Marco Merlini, Lorenzo Tamburini, Alessandra
Pescaglini, Gabriele Ceriani)
Luiz Vilela è nato a Ituiutaba (MG) nel
1942. A 24 anni, ha esordito nella letteratura brasiliana con
un libro di racconti "Tremor de Terra", con il quale
ottenne, a Brasilia, il Premio Nazionale di Narrativa. E' stato
premiato anche nel primo e nel secondo Concorso Nazionale di Racconti,
del Paraná e ha ricevuto il Premio Jabuti della Camera
Brasiliana del Libro, come miglior libro di racconti dell'anno,
con " O Fim de Tudo".
Le sue opere sono tradotte negli Stati Uniti, in Germania, Francia,
Inghilterra, Italia, Svizzera, Polonia, Repubblica Ceca, Argentina,
Paraguai, Cile, Venezuela, Cuba, Messico.
Altri libri dell'autore sono: " No Bar" (racconti).
"Tarde da Noite" (racconti), " Contos Escolhidos",
"Lindas Pernas" (racconti), "O Inferno è
Aqui Mesmo" (romanzo), " O Choro no Travesseiro"
(racconto breve), "Entre Amigos" (romanzo), "Uma
Seleção de Contos" , "Contos", "Os
Melhores Contos de Luiz Vilela" , "Graça"
(romanzo), "O Violino e Outros Contos", "Te Amo
sobre Todas as Coisas" (racconto breve) e "Contos da
Infância e da Adolescência".
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