TRISTANO MUORE

 

Antonio Tabucchi

 

(..) Ci vorrebbe una memoria d'elefante, ma noi uomini non ce l'abbiamo, forse un giorno la inventeranno elettronica, chissà, una scheda piccola come un'unghia che ci infileranno nel cervello, dove è registrata tutta la nostra vita... A proposito di elefanti, fra tutti i riti funebri che le creature di questo mondo hanno escogitato, ho sempre ammirato quello degli elefanti, hanno una strana maniera di morire, la conosci? Quando un elefante sente che è arrivata la sua ora si allontana dal branco, ma non va da solo, sceglie un compagno che vada con lui, e partono. Cominciano a camminare nella savana, spesso al trotto, dipende dall'urgenza del moribondo... e vanno e vanno, magari per chilometri e chilometri, finché il moribondo non decide che quello è il posto per morire, e fa un paio di giri tracciando un cerchio, perché sa che è arrivato il momento di morire, la morte se la porta dentro ma ha bisogno di collocarla nello spazio, come se si trattasse di un appuntamento, come se desiderasse guardare la morte in faccia, fuori da lui, e le dicesse buongiorno signora morte, sono arrivato... il suo è un circolo immaginario, naturalmente, ma gli serve per geografizzare la morte, se posso dire così... e in quel cerchio ci può entrare solo lui, perché la morte è un fatto privato, molto privato, e non ci può entrare nessuno oltre a chi sta morendo... e a quel punto dice al compagno di lasciarlo, addio e tante grazie, e quello ritorna al branco... Da giovane ho letto Pascal, a quel tempo mi piaceva, specie per il suo giansenismo, era tutto così bianco e nero, così distinguibile, capirai, allora la vita era in bianco e nero, in montagna, bisognava fare scelte precise, o di qua o di là, o bianco o nero, poi la vita si incarica di portare il chiaroscuro... Però di Pascal mi è sempre piaciuta quella sua definizione, una sfera il cui centro è dappertutto e la circonferenza in nessun luogo, mi fa pensare agli elefanti... E questo in qualche modo c'entra con quello che ti ho chiamato a fare... come ti dicevo ti ci vorrà un po' di pazienza, perché per la mia ora c'è ancora un po' di tempo, però è per questo che sei accorso subito a trottare con me, per fare compagnia al moribondo... Il mio cerchio lo so solo io, so quando arriverà il momento, è vero che è l'ora che ci sceglie ma è vero anche che si deve essere d'accordo che lei ti scelga, è una decisione che prende lei ma che in fondo devi prendere anche tu, come se fosse una tua scelta alla quale ti stai solo arrendendo... Per ora trottiamo insieme, apparentemente in avanti, anche se in realtà andiamo all'indietro, perché io sono un elefante che ti ha chiamato per andare all'indietro, ma vado indietro per arrivare al mio cerchio, che è avanti. Tu intanto ascolta e scrivi, quando sarà arrivato il momento di salutarci te lo dico io.


(Brano tratto dal romanzo Tristano muore, Feltrinelli, Milano, 2004)



Antonio Tabucchi è nato a Pisa, dove ha studiato. Insegna all’Università di Siena.


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