L'ILLUSIONE
DEL MIGRANTE
Carlos
Drummond de Andrade
Quando
sono venuto dalla mia terra,
se sono venuto dalla mia terra
(non sono morto laggiù?),
la corrente del fiume
mi sussurrò vagamente
che io dovevo fermarmi
là dove mi congedavo.
Le
colline, impallidite
nel rinchiudersi della sera
sembravano dirmi
che non si può tornare,
perché tutto è conseguenza
di un certo nascere lì.
Quando
sono venuto, se sono venuto
da un qualche luogo a un altro,
il mondo girava, estraneo
alla mia scialba persona,
e nel suo giro intravidi
che non si va né si torna
da nessuno a nessun luogo.
Che
portiamo le cose,
cornice della nostra vita,
rigido recinto di rame,
nella più anonima cellula,
e un suolo, una risata, una voce
risuonano incessantemente
nelle nostre profonde pareti.
Nuove
cose, succedendosi,
illudono la nostra fame
di primitivo nutrimento.
Le scoperte sono maschere
del più oscuro reale,
questa ferita diffusa
sulla pelle delle nostre anime.
Quando
sono venuto dalla mia terra,
non sono venuto, mi sono perso nello spazio,
nell'illusione di essere uscito.
Povero me, non sono mai uscito.
Là sono io, sepolto
sotto voci delicate,
sotto nere ombre,
sotto miniere d'oro,
sotto generazioni,
sotto, lo so, me stesso,
questo vivente ingannato, ingannevole.
In
lingua originale:
A
ILUSÃO DO MIGRANTE
Quando
vim da minha terra,
se é que vim da minha terra
(não estou morto por lá?),
a correnteza do rio
me sussurrou vagamente
que eu havia de quedar
lá donde me despedia.
Os
morros, empalidecidos,
no entrecerrar-se da tarde,
pareciam me dizer
que não se pode voltar,
porque tudo é consequência
de um certo nascer ali.
Quando
vim, se é que vim
de algum para outro lugar,
o mundo girava, alheio
à
minha baça pessoa,
e no seu giro entrevi
que não se vai nem se volta
de sítio algum a nenhum.
Que
carregamos as coisas,
moldura da nossa vida,
rígida cerca de arame,
na mais anônima célula,
e um chão, um riso, uma voz
ressoam incessantemente
em nossas fundas paredes.
Novas
coisas, sucedendo-se
iludem a nossa fome
de primitivo alimento.
As descobertas são máscaras
do mais obscuro real,
essa ferida alastrada
na pele de nossas almas.
Quando
vim da minha terra
não vim, perdi-me no espaço,
na ilusão de ter saído.
Ai de mim, nunca saí.
Lá estou eu, enterrado
por baixo da falas mansas,
por baixo de negras sombras,
per baixo de lavras de ouro,
por baixo de gerações,
por baixo, eu sei, de mim mesmo,
este vivente enganado, enganoso.
(Tratto
dalla raccolta Cuore numeroso, Donzelli ed., 2002. Traduzione
di Vincenzo Arsillo).
Carlos
Drummond de Andrade
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