ABU’L
KHATTIB ANNUNCIA DIO
Elias
Canetti
Lo Strillone. Abu'l Khattib annuncia Dio. È seduto qui
tra noialtri, frastornati rampolli dell'Occidente, e ogni giorno
strilla cento volte: « L'Oriente! L'Oriente!».
È
contro la saccenteria, ma lui sa tutto. Scrive storie in urdu
e le fa tradurre al prezzo più modico possibile. A lui
si accostano i giovani, tedeschi, svizzeri, francesi, e lui proclama,
strillando, che cosa manca ai loro Paesi. Lo ascoltano con profondo
rispetto: alcuni perché in segreto hanno una gran voglia
di discorsi morali, altri perché non vogliono fargli pesare
che ha la pelle bruna. Viene trattato con garbo e si sente a
suo agio in questo locale. Gli piacerebbe pubblicare le sue storie
in tutti i Paesi possibili, e quando chiede notizie degli editori
il suo sorriso si fa dolce. Perciò non strilla sempre, è anche
capace di qualche complimento, quando gli fa comodo.
Ma in realtà è se stesso solo quando si mette a
strillare sui valori spirituali dell'Oriente. C'è da chiedersi
che cosa farebbe se non ci fossero Oriente e Occidente. Dovrebbe
puntare su Sud e Nord.
Inutile domandargli che cosa si prepara per il Pakistan dopo
le ultime elezioni. Ha meno da dire, in proposito, di quanto
si può sapere dai giornali. Ma quel poco lo enuncia come
una rivelazione. Qui vive facendo il giornalista e scrive per
giornali del Pakistan e dell'India. Lo dice lui, e bisogna credergli,
tanto è l'ardore con cui strilla contro la menzogna. Ma
quando parla della sua patria, sa più di quanto dica.
Osserva il silenzio su tutto ciò che potrebbe sminuire
l’“Oriente”.
Spesso strilla quando parla dell'atroce povertà della
sua gente. Allora, dietro le sue parole, si può cogliere
addirittura la compassione. C'è sempre un tono accusatorio
nei confronti del ricco Occidente. Allora ci si rende conto di
quanto abbia ragione, ci si sente colpevoli. Ci si sente colpevoli
perché si vive qui e le cose vanno bene, fin troppo bene.
Ma presto abbandona queste bassure materiali e spicca il volo
verso Dio e i valori dello spirito. Quando dice “Dio”,
strilla più forte che mai. Non si capisce mai bene se
attribuisca lo stato dell'Oriente all'empietà dell'Occidente
o a quella dell'Oriente stesso. Dopo alcune ore prevale un'ipotesi
più semplice. Vuole colpire quelli che non hanno Dio,
perché lui ha Dio. Non c'è nulla all'infuori di
Dio, lui è in grado di dirlo, ed è questa, solo
questa, la miseria che davvero gli sta a cuore. A volte se ne
sta zitto zitto, seduto nel suo angolo come un ragno, riempie
fogli e fogli degli eleganti caratteri della sua lingua, ragnatele
nelle quali nessuno lo eguaglia, almeno qui, e rimane in agguato
ad aspettare una vittima. Non appena si affaccia sulla soglia
un giovane che in passato è venuto ad ascoltarlo, lui
gli rivolge un soave sorriso, lo saluta come un vecchio amico
e lo invita a sedersi con gesto ospitale. Allora smette di scrivere,
e presto lo si sente strillare a gran voce da un capo all'altro
del locale: “I hate nobody! I love every human being”.
Si cerca di non prestare ascolto, sono cose ascoltate già diecimila
volte, ma la parola “Dio!” schizza fuori come una
minaccia mortale, e si resta lì di sasso.
(Tratto da La rapidità dello spirito, Adelphi, 1996,
traduzione di Gilberto Forti)
Elias
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