MOHAMMED
Teo
Ducci
Mohammed è un
turco e mussulmano per giunta. Ma essendo circonciso nessuno
gli ha creduto e l’hanno preso per ebreo. Del resto la
sua incredibile storia poco ha a che fare con la religione.
Ha un’età imprecisata. Di media statura, fortissimo,
con due bicipiti da pugilatore. Ma, negli interrogatori della
Gestapo, gli hanno rotto tutti i denti per cui ha una faccia
incavata sulla quale la barba cresce rigogliosa e scurissima.
Sembra quindi molto più vecchio di quanto in effetti non
sia.
Mohammed parla solo il turco. Come faccia a farsi capire e soprattutto
a capire gli ordini, urlati e spesso pronunciati nel peggior
tedesco, è un mistero.
La sua storia mi viene raccontata da Dario che, fra le tante
lingue, sa anche il turco.
Dunque Mohammed era imbarcato su un peschereccio che faceva la
spola fra Grecia e Turchia. Dopo lo scoppio della guerra, rimasto
bloccato in Grecia, si era dato al trasporto di verdura e, stagionalmente,
di angurie e meloni.
Un giorno i nazisti bloccano e perquisiscono il battello e, sotto
le angurie, trovano armi. Il capitano e proprietario viene arrestato,
malmenato, e al suo tentativo di fuga, ammazzato senza tanti
complimenti.
I pochi uomini dell’equipaggio portati alla Gestapo, interrogati
brutalmente, finiscono poi nei Lager.
Dopo Dachau e Sachsenhausen, Mohammed approda ad Auschwitz.
Con lui ci si intende a gesti. Quando si tratta di trasportare
pesi, Mohammed è pronto a dare una mano. Sta per conto
suo, impossibilitato com’è a socializzare a causa
della lingua. Capisce gli ordini ed alcuni termini del gergo
concentrazionario. È una specie di alieno in mezzo ad
una moltitudine con la quale non riesce a comunicare.
La notte della maledetta grande selezione, quando nella camerata
le luci si sono riaccese e lo Schreiber ha gridato il suo numero,
Mohammed ha risposto con un "Ja". Si è alzato
dal letto, si è infilato la giacca e senza guardare né a
sinistra né a destra, senza salutare, se ne è andato,
tranquillo, dignitoso, verso quel destino che sapeva che lo aspettava.
(Tratto dal libro di Teo Ducci Un tallèt ad Auschwitz,
Editrice La Giuntina, Firenze, 2000, che si può anche
leggere o scaricare direttamente dal sito: www.deportati.it)
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