LA LAVAGNA DEL SABATO  -  10 gennaio 2004


IL VECCHIO BECCHINO
( – brano del romanzo Il Re dell’Avana – )

 

Pedro Juan Gutiérrez

(...) Percorse senza fretta Reina, Carlos Tercero e Zapata. Quando arrivò all’ingresso del cimitero di Colón gli rimanevano solo due pacchetti. Si fermò un poco. Stavano arrivando vari funerali. Seguiti da pochi parenti. La gente va sempre meno ai funerali. È normale, la vita è più interessante della morte. Siamo già abbastanza fottuti senza andare a cercarci altre lacrime. Rey non era mai entrato in un cimitero Non immaginava nemmeno come stessero le cose, là dentro. Offrì in giro i suoi pacchetti di sigarette. Li vendette. Stava già per andarsene quando gli si avvicinò un vecchio bruttissimo, piccolo e contorto, come se avesse avuto la colonna vertebrale a pezzi. Con espressione furibonda prese a gridargli:
“ Ehi, ragazzo, ne hai ancora di quelle sigarette?”.
“ No. Le ho finite.”
“ Ah, cazzo!”.
“ Lei lavora qui?”
“ Sì”.
“ Posso andare a comprargliene, se vuole, e portargliele qui”.
“ Va’ alla Pelota. Io sarò al lavoro. Dove vedi il gruppo di gente venuta per il funerale, ci sarò anch’io”.
Pochi minuti dopo Rey era di ritorno con le sigarette. Il vecchio, insieme a un altro tipo, stava calando la bara in una fossa. Sembrava ancora più irritato di prima. Cinque persone stavano a guardare l’operazione. Senza lacrime. Non appena la bara toccò il fondo della fossa se ne andarono. Avevano fretta. Uno mise una banconota in mano al vecchio, lo ringraziò e si affrettò a raggiungere gli altri. Lungo il vialetto c’era già un altro morto in attesa, una cinquantina di metri più in là. Anche quello accompagnato da quattro o cinque parenti. I becchini lavoravano svelti e abili. Infilavano tre bare in ogni fossa, poi si sistemavano sopra un pesante coperchio di cemento. Quindi aprivano la fossa successiva. Altri tre morti nel buco. A volte, fra una sepoltura e l’altra, avevano tempo di riposarsi dieci o quindici minuti. Erano solo in due. Rey osservò con attenzione tutto quanto prima di consegnare le sigarette e farsi pagare, compresa una piccola mancia.
“ Ti andrebbe di lavorare qui?”.
“ No, no”.
“ E perché no?”.
Non rispose. Fece solo un gesto come a dire: “Per me è lo stesso”.
“ Insomma, vuoi o non vuoi?”.
“ Beh... quanto si guadagna?”.
“ Dipende da me. A seconda di quante mance mi danno nel corso della giornata. Posso darti da dieci a venti pesos al giorno”.
“ Okay”.
“ Allora mettiti quel berretto e dacci sotto, che ne arrivano altri. A mezzogiorno rallentano un po’. Ma nel pomeriggio si ricomincia, e non si finisce mai prima delle sei.
Rey passò tutto il giorno a calare morti nelle fosse. In un momento di tranquillità, verso mezzogiorno, mangiarono un boccone e si fumarono una sigaretta. Nessuno dei tre parlava. Ognuno per sé. A Rey venne in mente di dire:
“ Dovrebbero bruciarli. Ecco tutto. Troppi morti... io li farei bruciare”.
“ In altri paesi chi lo desidera può farsi cremare”, rispose il vecchio.
“ Ah sì? Come fa a saperlo?”.
“ Sono ventinove anni che lavoro qui. Da lunedì a domenica. Senza un giorno di ferie”.
“ Cazzo! Nemmeno un giorno di riposo?”.
“ Niente di niente”.
“ Beh, significa che i morti le piacciono. Che si trova bene con loro”.
“ No, no. Mi trovo malissimo. Sono stato felice solo il giorno in cui mi sono sposato. Due giorni dopo mia moglie se ne è andata. E poi basta. Di giorni felici non ne ho avuti più”.
L’altro tipo non alzò gli occhi da terra neppure una volta. Poco dopo ripresero il lavoro. Alle sei i morti erano finiti.
“ Potete andare”.
“ Ma bisogna ancora sigillare i coperchi col cemento. E ce n’è un sacco” disse Rey.
“ Me ne occupo io. Fuori. Domani mattina dovete essere qui alle otto”, disse il vecchio allungando un biglietto da venti a ognuno di loro.
Uscirono insieme dal cimitero. Con una sola idea in testa.
“ Andiamo a farci un goccetto”.
“ Sì, alla Pelota. Offro io”.
A quell’ora c’erano solo alcuni straccioni. Poi arrivarono due donnine bruttarelle, sporche, malvestite e alcolizzate. Accettarono un goccetto. Bevvero. Le donnine erano allegre e bevevano forte. Due ore dopo erano tutte e quattro sbronzi. Non troppo, semplicemente su di giri. E si erano eccitati toccandosi. Così andarono a chiavare. Dietro il cimitero c’era una stradina buia, con poche casupole e qualche albero. Il tipo si prese una selle donnine, l’appoggiò contro un albero e la scopò. Lei rideva, lui ansimava. Rey fece lo stesso. Niente di speciale. Anzi, una merda, a dire il vero. A Rey non gli si rizzò nemmeno bene. Finirono. Diedero qualche pesos alle donnine, che se andarono ridendo. In fondo a una bottiglia c’era ancora un po’ di rum. Bevvero seduti per terra, con la schiena appoggiata all’albero, nel buio. Poi il tipo ebbe un’idea.
“ Perché non saltiamo la recinzione e andiamo a vedere cosa combina il vecchio?”.
“È quasi mezzanotte. Starà dormendo”.
“ Invece io penso...”.
“ Che cosa pensi?”.
“È già una settimana che lavoro con lui e mi son fatto l’idea che il vecchio nasconda qualcosa. Deve avere qualche affaruccio che non vuole condividere con nessuno”.
“ Che razza di affaruccio può essere, in un cimitero? Mercato nero di cadaveri?”.
“ No, no. So quel che dico. Tutte le sere è la stessa cosa. Rimane lì da solo e non si fa mai aiutare a sigillare i coperchi”.
Così saltarono la recinzione. Camminarono per un bel pezzo fra le tombe, fino a raggiungere la zona dei morti di giornata. Il vecchio era là. Illuminato da una torcia. Una piccola luce. Si avvicinarono in silenzio e rimasero a guardare. Il vecchio apriva le bare una a una. Toglieva i vestiti ai morti. Gli frugava in bocca, e se avevano dei denti d’oro glieli strappava con una tenaglia. Lì vicino c’era un sacco già mezzo pieno di scarpe e di vestiti. Alcuni venivano seppelliti addirittura in giacca e cravatta. Rey osservò attentamente quei pallidi morti. Il vecchio gli spogliava uno dopo l’altro. Senza fretta. Dopo un po’ il tipo si raddrizzò di scatto e partì in direzione del vecchio, aggredendolo.
“ Ehi, vecchio stronzo, e io? Volevi tenermi fuori dall’affare, eh?”.
Il vecchio rimase di sasso, senza saper cosa fare. Nella penombra stava spogliando uno di quei cadaveri lividi. Ma reagì quasi subito. Aveva in mano una pala.
“ Vieni, vieni avanti”.
Avanzò verso l’altro con la pala sollevata e quella sua espressione da figlio di puttana eternamente incazzato. Rey non aveva voglia di vedere ancora morte. La questione non lo riguardava. Stava per andarsene, ma qualcosa lo trattenne, forse la sbronza. La curiosità di vedere come andava a finire.
Il vecchio colpì l’altro con la pala proprio in mezzo alla testa. Il tipo cadde. Il vecchio non perse tempo. Lo colpì ancora, tenendo la pala di taglio. Sempre in testa. Fino a spaccargli il cranio. Era un vecchio piccolo e contorto, ma forte. Una poltiglia di sangue e materia encefalica si sparse sul terreno. Il vecchio prese il cadavere e di slancio se lo mise in spalla, come un sacco. Poi lo gettò nella fossa aperta. Bene in fondo. Con le grandi manacce raccolse anche quella materia viscida e la tirò nel buco. Poi gettò anche la pala. Svelto. Qui non è successo niente. Quindi tornò a occuparsi del cadavere, rimasto lì tranquillo ad aspettare che gli togliessero pantaloni, scarpe e calze.
Facendo molta attenzione a non provocare il minimo fruscio, Rey si allontanò, pensando che quel vecchio era davvero pericoloso. “Quello sì che è un tipo duro... uhmmm... tostissimo, il vecchio”. (...)


(Tratto dal romanzo Il re dell’Avana, Edizioni e/o, Roma, 2002, traduzione di Stefania Cherchi)


Pedro Juan Gutiérrez (Matanzas, Cuba, 1959) ha lavorato come strillone e venditore di gelati fin dall’età di undici anni. Poi è stato soldato (zappatore) per quasi cinque anni. Istruttore di nuoto e di kayak. Raccoglitore di canna da zucchero e bracciante dal 1966 al 1970. Tecnico delle costruzioni. Professore di disegno. Assistente alla regia e autore di documentari. Giornalista e speaker radio-televisivo. Negoziante di libri e riviste usate. Giornalista in agenzie stampa e riviste. Professore universitario. Scultore e poeta visual-sperimentale. Attore e animatore in radio e televisioni. Viaggiatore instancabile. Poeta e narratore. È laureato in giornalismo all’Università dell’Avana. Tra i suoi libri, oltre a Trilogia sporca dell’Avana, Il re dell’Avana e Animal tropical ricordiamo le raccolte di poesia La realidad rugiendo e Espléndidos peces plateados, Vivir en el espacio e il racconto Un rincón en el paraíso.



Le "Lavagne del Sabato" finora uscite sono tutte consultabili a partire da questa pagina di Annamaria Manna, guida nel portale di SuperEva per l'argomento "Scrittura Creativa".


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http://guide.supereva.it/scrittura_creativa/interventi/2002/07/114216.shtml



        
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