UNA
VITA
Una
dichiarazione di principi di Albert Camus: “Ho
inseguito nella mia vita due cose: la bellezza e l’aiuto
agli oppressi”. |
LE
ASPETTATIVE DEGLI OSCURI MECENATI
Un
altro lettore eccellente dei romanzi di Guido Morselli, Giorgio
Manganelli – che si affiancava così a Vittorio
Sereni e a Giuseppe Pontiggia nella difesa dell’opera
di questo autore incredibilmente incompreso al suo tempo –,
ha scritto due anni dopo il suo suicidio: “Le sue qualità letterarie
erano talmente estranee l’una all’altra, talmente
divaricate che la sua pagina limpida e pulita diventava illeggibile.
I lettori delle case editrici, questi oscuri mecenati che fanno
la letteratura, erano preparati a uno scrittore tradizionale,
realista, che racconta qualche aneddoto d’infanzia e
sesso; o allo scrittore di allucinazioni, di avventure psichedeliche,
dalla prosa scarmigliata o astratta, ma questo signore che
raccontava con deliziosa pedanteria eventi futuri, riscriveva
la storia, o fantasticava istanti mai esistiti, era proprio
impossibile”.
I DUE FASCISMI
Secondo
il giornalista Giorgio Bocca, “la stampa moderata, ma
anche quella legata agli interessi burocratici dei vecchi partiti,
sostiene che non ci sono dittature, che non ci sono lager e
confini per gli oppositori. Non vede, non vuole vedere che
si stanno preparando i presupposti dell’autoritarismo,
che i rimedi all’anarchia truffaldina saranno alla fine
quelli del fascismo e non altri, li si chiami poi come si vuole.” E
in un altro momento sostiene che “il nuovo fascismo è peggio,
molto peggio di quello mussoliniano: ignora la voglia di rivoluzione
sociale del Diciannovesimo secolo, il moralismo contadino che
nella famiglia Mussolini mantenne fino alla fine, il nazionalismo
della ‘grande proletaria’. Al nuovo fascismo, dell’Italia
non importa niente, è pronto ad assetarla, a devastarla,
d’accordo con la criminalità organizzata.”
CAVALIERI E PORTABORSE
Diceva
John Stuart Mill: “La spinta alla sottomissione, il desiderio
ardente di obbedire, di essere dominati da un uomo forte sono
preminenti. Una pronta sottomissione alla tirannia non è sempre
causata da un’estrema passività, ma dal piacere
di servire”.
UPS!
SORRY...
Copiando
il design della pagina di Errori di Internet Explorer
(sotto), il farmaceutico britannico Anthony Cox ha creato
uno dei siti satirici più divertenti su questa
brutta guerra, per il quale ha ricevuto ormai diversi
premi. La sua “pagina di errori” è addirittura
il primo link che compare su Google quando si inserisce
la frase relativa alle “armi di distruzione di
massa”.
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DICHIARAZIONE DI POETICA
Una
trasparente dichiarazione di poetica di Charles Bukowski, all'inizio
del racconto Tu sì che hai fegato: "Come può dirvi
chiunque, non sono un tipo molto gradevole. Non so nemmeno cosa
voglia dire. Ho sempre ammirato i cattivi, i fuorilegge, i figli
di puttana. Non mi piacciono gli uomini perfettamente rasati, con
la cravatta e un buon lavoro. Mi piacciono gli uomini disperati,
con i denti rotti, il cervello a pezzi e una vita da schifo. Sono
loro che mi interessano. Sono pieni di sorprese. Ho anche un debole
per le donnacce, quelle che si ubriacano e bestemmiano, che hanno
le calze molli e il trucco sbavato. Mi interessano di più i
pervertiti dei santi. Mi rilasso con gli scoppiati perché anch'io
sono uno scoppiato. Non mi vanno le leggi, la morale, la religione,
le regole. Non mi va di essere plasmato dalla società."
LA PASSIONARIA
Susan
Sarandon, famosa attrice statunitense che ha recitato insieme a
John Cassavetes in “The Tempest”, ed è stata
protagonista dei recenti “Thelma & Louise” e “Dead
Man Walking” è anche un’instancabile sostenitrice
dei diritti civili negli USA, organizzando manifestazioni e mettendo
la sua celebrità hollywoodiana al servizio della causa di
difesa della libertà, soprattutto quella di opinione e di
espressione, fortemente colpita dalle leggi oppressive del Governo
W. Bush, soprattutto dal cosiddetto Patriotic Act. “La gente
ha paura di parlare”, dice lei. “La censura di cui
oggi siamo vittime nel paese non è quella di tipo istituzionale,
ma qualcosa di molto più triste e complesso: l’autocensura.” E
sui film prodotti negli ultimi anni, afferma: “Le persone
tendono a chiamare ‘film politico’ solo i film che
in qualche modo sfidano lo status quo. In verità tutti i
film sono ‘politici’, tutti i film rinforzano o contraddicono
le nozioni di cosa significhi un essere umano, cosa vogliono le
donne, cos’è giusto o sbagliato, cos’è divertente,
chi sono i gay, ecc. Proprio per questo gli spettatori devono stare
molto attenti a quello a cui assistono, a cosa il film gli sta
dicendo veramente, e questo include le commedie apparentemente
innocue e tutti i film cosiddetti ‘di intrattenimento”.
IL DESIDERIO DI UNA SPIEGAZIONE
Un
brano tratto dal discorso per il premio Nobel dello scrittore
statunitense Saul Bellow: “Gli scrittori sono assai rispettati.
Il pubblico intelligente dimostra di avere con loro una pazienza
meravigliosa, continua a leggerli e sopporta delusione dopo
delusione, nell’attesa di sentire dall’arte ciò che
non sente dalla teologia, dalla filosofia, dalla teoria sociale
e ciò che non può sentire dalla scienza pura.
Dalla lotta al centro è scaturito l’immenso, doloroso
desiderio di ricevere una spiegazione più ampia, flessibile,
piena, più coerente e completa su ciò che noi
esseri umani siamo, su chi siamo, e sullo scopo della nostra
vita. Al centro, l’umanità lotta contro i poteri
collettivi per la propria libertà, l’individuo
lotta contro la disumanizzazione per il possesso della sua
anima. Se gli scrittori non tornano al centro, non è perché esso è occupato.
Non lo è. Sono liberi di entrare. Se lo desiderano”.
SENZA UNO STRATO PROTETTIVO DI PELLE
Un
altro premio Nobel, Giorgos Seferis, nel suo diario, scrive
di aver patito il peggio di ciò che gli sarebbe potuto
accadere di questi tempi: la furia omicida nell’Europa
degli anni Quaranta; l’esilio; l’intima conoscenza
del massacro; i campi di sterminio. Dice: “Un’ondata
di sensibilità mi fa sentire come se, privo di uno strato
di pelle protettivo, vagassi senza meta con le ferite aperte.
La polvere, le mosche, un gesto goffo – è tutto
dolorosissimo. Dal profondo del cuore mi struggo in attesa
dei giorni in cui potrò con garbo controllare questa
mia sensibilità”.
IL TESORO NASCOSTO
Oltre
ai nomi più gettonati dalla stampa europea, spesso guidata
dalle scelte non sempre azzeccate delle case editrici, è giunto
il momento di scoprire altri nomi meno famosi ma non meno geniali. È il
caso dello scrittore cileno appena scomparso Roberto Bolaño
(pubblicato in Italia dalla Sallerio), dei brasiliani João
Ubaldo Ribeiro (-nella foto a lato- il suo splendido “Viva
il popolo brasiliano” è stato
pubblicato due anni fa dalla casa editrice Frassinelli) e Rubem
Fonseca (alcuni dei suoi romanzi sono stati pubblicati in modo
caotico e frammentario da diverse piccoli case editrici italiane,
mentre la parte più importante della sua opera letteraria,
e cioè i suoi racconti, sono ancora inediti in questo
paese, ad eccezione di “L’arte di camminare a piedi
nelle strade di Rio di Janeiro”, pubblicato qualche anno
fa dalla Biblioteca del Vascello), e l’uruguayano Felisberto
Hernández (inedito in Italia, da quanto ho potuto verificare).
Narratore e pianista, Hernández (1902-1964) è forse
l’autore più brillante della letteratura fantastica
nel suo paese, paragonabile all’argentino Jorge Luís
Borges. Le avventure di un pianista poverissimo sono l’argomento
centrale del suo Los Cuentos del Uruguayo. È straordinario
il modo come racconta delle piccole miserie di un’esistenza
trascorsa tra le orchestrine dei caffè di Montevideo
e gli squallidi concerti di villaggio in villaggio dell’entroterra
sudamericano. Nelle sue pagine si avvicendano le situazioni
comiche, le allucinazioni e le metafore estese in cui gli oggetti
assumono vita come se fossero persone. Ma tutto questo è solo
un punto di partenza. Quello che scatena la fantasia di Hernández
sono gli inaspettati inviti che aprono al timido pianista le
porte delle case più misteriose, di ville solitarie
dove abitano personaggi ricchi e eccentrici, donne piene di
segreti e di nevrosi. Felisberto Hernández è uno
scrittore che non somiglia a nessun altro, a nessuno degli
europei e a nessuno degli ispano-americani. È una sorta
di “cecchino”, di “mina vagante” che
sfida a qualsiasi etichetta, ma che scrive le sue storie in
uno stile assolutamente inconfondibile.
L’ULTIMA LAMPADINA
Arthur
Schopenhauer ha prodotto la parte più importante della
sua opera filosofica durante la sua gioventù, che è passata
pressoché inosservata in un periodo in cui Hegel era
al massimo del suo prestigio. Soltanto alla fine della sua
vita ha potuto assistere, con discrezione e con ironia, all’inizio
del suo trionfo: ritratti, busti, visite e ricerche sul suo
pensiero. Ne era contento? Mica tanto. D’altronde era
stato proprio lui a dire che “una vita felice è una
contraddizione dei due termini”. A proposito ha commentato
con uno dei suoi visitatori: “Mi sento proprio strano
con questa mia gloria. Hai già visto sicuramente in
una qualsiasi rappresentazione teatrale uno di quegli addetti
alle luci che è ancora in cima ad una scala, impegnato
sul palcoscenico, quando le luci si spengono, e cerca di sparire
velocemente dietro le quinte – nel preciso momento in
cui sta salendo il sipario. Quello sono io, un attardato, un
sopravvissuto nel momento in cui hanno già dato il via
alla commedia della mia gloria”.
NO LOGO PER TUTTI
Nel
suo romanzo più recente, Pattern Recognition, pubblicato
dalla Putnam, lo scrittore William Gibson – creatore
in passato del termine oggi universalmente utilizzato cyberspace – ha
creato un personaggio, la ragazza Cayce Packard, che presenta
un serio problema di salute: Logo e insegne di corporazioni
la fanno ammalare. Per esempio, basta un’occhiatina veloce
all’omino della Michelin, al cowboy della Marlboro e
al finestrino colorato di Windows per entrare in stato di shock,
e il minuscolo marchio Levi’s dev’essere cancellato
da ogni bottone del suo jeans perché lei non soffra
una crisi patologica. Pensavo qua con i miei bottoni (senza
logo): e se la malattia di Cayce diventasse un’epidemia
globale?
LA SPORCIZIA LINGUISTICA
Il “dizionario
radicale” secondo lo scrittore spagnolo José Marzo: “La
ragione più importante di continuare a parlare è che
non possiamo farne a meno. . Il mondo non è fatto di
parole, ma il nostro pensiero sì. Con le parole cerchiamo
di capire la realtà e noi stessi, comunicare le nostre
idee, emozioni ed esperienze, con le parole amiamo e odiamo,
e armati di parole interveniamo come soggetti sulla realtà.
E nemmeno di questo possiamo fare a meno. Il mondo cambia quando
uno preme un tasto e anche quando uno decide di non premerlo.
Il mondo non ha mai smesso di cambiare perché qualcuno
ha incrociato le braccia nel suo ufficio.
Il motivo più importante per smettere di parlare, però, è l’abitudine
umana di espellere le parole come se fossero deiezioni. Al contrario
di quello che succede agli escrementi, la sporcizia linguistica
non puzza, i pesci marci puzzano di rose e le rose di carta bagnata.
Le parole che non puzzano non significano niente, e quelle che
evocano un odore finiscono per odorare soltanto di carta ammuffita.
Un dizionario radicale dovrebbe restituire alle parole il loro
odore.”
COMPENSAZIONI
Heiner
Müller: "Perché qualcosa sorga è necessario
che qualcosa scompaia. La prima configurazione della speranza è la
paura. La prima manifestazione del nuovo è l'orrore."
DARE TEMPO AL TEMPO
Arundhati
Roy commenta la sua decisione di, dopo il successo mondiale
del romanzo Il dio delle piccole cose, scrivere soltanto saggi
politicamente impegnati, come il recente Guida all’impero
per la gente comune: “I miei avversari sostengono che
la mia saggistica è prodotto della mia invenzione narrativa.
Amo la letteratura. Tornerò a scrivere quando il tempo
sarà maturo. Non si possono spingere le cose. Arriverà.
Quando il tempo sarà maturo tornerò a scrivere
narrativa.”
IL DRAMMA DELL’UOMO DELUSO
E
per chiudere in bellezza queste Dicas di compleanno, un mini-racconto
inedito di Garcia Márquez: “... il dramma dell’uomo
deluso che si è buttato dal decimo piano del palazzo,
e via via che cadeva guardava attraverso le finestre l’intimità dei
suoi vicini, le piccole tragedie domestiche, gli amori furtivi,
i brevi momenti di felicità, che non erano mai arrivati
prima alla scalinata comune, cosicché nell’istante
di schiantarsi contro il marciapiedi ha cambiato totalmente la
sua concezione del mondo ed è arrivato alla conclusione
che quella vita che stava per abbandonare per sempre dall’uscita
d’emergenza valeva la pena d’essere vissuta.”
Copertina.
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