LO SPIRITO DELLA SAGARANA
Un'intervista
a Julio Monteiro Martins
QUESTA
INTERVISTA, RILASCIATA DUE MESI FA A SILVIA TREVES PER LA RIVISTA
TORINESE LIBRINUOVI, RIFLETTE ALCUNE FRA LE MOTIVAZIONI
PIÙ IMPORTANTI ALLA BASE DELLE ATTIVITÀ DELLA SAGARANA.
VORREI RIPROPORVELA IN QUESTA DECIMA EDIZIONE DI SAGARANA,
INVITANDOVI A PARTECIPARE ALLA REALIZZAZIONE DELLA FUTURA LINEA
EDITORIALE DELLA NOSTRA RIVISTA.
Oltre
che una rivista Sagarana è una scuola. È un progetto
complesso che integra lettura e scrittura offrendo oltre a un
periodico on-line ricco di saggi e narrativa anche un master annuale,
incontri con autori, seminari. Quando e come è nato questo
progetto? Come si è evoluto?
Il
progetto della Sagarana - scuola e rivista - si evolve a partire
dalla fine degli anni '70, quando tenevo negli U.S.A. il mio primo
corso di scrittura, e ho scoperto nei progressi della scrittura
degli allievi, ma anche nella mia, il potere incomparabile dell'esempio,
dell'emulazione. Oltre ai concetti teorici indispensabili di narratologia,
legati alla creazione del personaggio o all'utilizzo dei punti
di vista narrativi, e agli esercizi proposti ed eseguiti, c'è
questa terza gamba del tavolino, l'esposizione diretta dell'allievo
alla letteratura di più alta qualità, allo stile
trasparente e coivolgente, all'efficacia del testo ben costruito,
all'emozione e alla bellezza insomma. La rivista on-line è
nata per soddisfare questa esigenza.
Quale
relazione esiste tra Sagarana scuola e Sagarana rivista? Sono
realtà collettive, che coinvolgono nella loro evoluzione
anche i redattori e/o i docenti della scuola, oppure riflettono
soprattutto la tua progettualità e le tue esperienze?
La rivista Sagarana, come dicevo, l'ho creata per affiancarla
alla scuola come una sorta di grande vetrina, in continua crescita
e rinnovamento. È il luogo dove è presentato, in
una concertazione di autori dei più svariati generi, culture,
epoche e stili, quello che ritengo il livello di eccellenza nel
pensare e nel raccontare il nostro tempo. E così i nostri
allievi, ma anche i lettori che scrivono, avranno una sorta di
stella del Nord che guiderà il loro sviluppo nella direzione
che considero più giusta.
Le
scelte sono fatte da me, e anche certe traduzioni e certe ricerche
di materiale inedito di qualità in ambito internazionale,
attraverso rapporti di amicizia costruiti lungo una vita. Ma la
rivista può contare anche su una validissima equipe di
collaboratori e di traduttori, oltre ai miei allievi dell'università
di Pisa, con i quali svolgo durante tutto l'anno dei lavori di
traduzione letteraria che poi sono in parte riprodotti nella rivista.
È uno sforzo collettivo di una cinquantina di persone,
tutti volontari e amanti della migliore letteratura. Ma alla fine,
non c'è dubbio che il risultato riflette una mia idea personale,
maturata negli anni, di quali siano le modalità di scrittura
da emulare, che devono servire da parametro d'eccellenza, quelle
che garantiscono, in aggiunta, il piacere della lettura, un piacere
che scaturisce allo stesso tempo dal riconoscimento e dalla scoperta.
Ma
la rivista, si capisce, è un progetto in continua evoluzione.
Per esempio, la sessione dedicata alle opere dei nuovi scrittori
italiani, Vento nuovo, cresce sempre di più e diventa
una specie di rivista nella rivista. Lo stesso si può dire
della sezione Ibridazioni, dove si presentano e si discutono
questioni legate alla letteratura "migrante" e del Sud
del mondo, e abbiamo anche la traduzione in italiano della rivista
tedesca di avanguardia Gegner (l'Avversario), con un'esistenza
autonoma.
La
sessione Vento nuovo è senz'altro di grande importanza,
perché chiude il cerchio e lo completa: prima l'allievo
legge, impara, si perfeziona, si allena, e alla fine, raggiunto
un certo livello, comincia a pubblicare nella stessa Sagarana,
per un pubblico numeroso e interessato, che oggi la segue con
una media di 300 visite al giorno. È già un bel
punto di partenza per un futuro scrittore, no? E questa sessione
è aperta a chiunque voglia inviarci testi inediti, i quali,
al contrario di quel che accade abitualmente, vengono tutti letti
con attenzione, e i loro autori ricevono un parere e una risposta
sull'eventuale pubblicazione.
Prima di lavorare in Italia tu hai maturato molte altre esperienze
come docente di scrittura creativa, insegnando negli Stati Uniti,
in Brasile e in Portogallo. Negli Stati Uniti questo tipo di scuola
ha una lunga traduzione. Molti scrittori sono stati, o sono docenti
di creative writing; quale situazione hai invece trovato
negli altri paesi e in Italia?
Sulla
mia esperienza brasiliana negli anni successivi al mio ritorno
dagli U.S.A. ho scritto un testo, Uova di cigno, uova di tartaruga,
che è presente sul sito della Sagarana, nella sezione Scuola/Julio
Monteiro Martins. Quanto all'esperienza in Italia, quando
ci sono arrivato, nel 1995, ho trovato un panorama desolante riguardo
alla scrittura creativa, un insieme di ignoranza, derisione e
diffidenza. Sembrava che l'ambiente letterario italiano fosse
fermo agli anni quaranta, con una forte, incredibile eredità
dei vecchi miti romantici legati alla scrittura e alla creatività
in generale. Anche scrittori di prestigio usavano insistentemente
sulla stampa espressioni come "dono", "ispirazione",
"scintilla", "privilegio", "genio",
"presenza delle muse", ecc. Sembravano i discorsi di
certi opuscoli autocelebrativi della prima metà dell'ottocento,
ancor prima dei primi esperimenti di creative writing di
William James e di E.M.Forster. E questi erano gli argomenti pubblicati
dalle pagine culturali dei grandi periodici italiani, che allora
ignoravano proposte più moderne. Credo che il primo vero
"sfidante" di questo insieme anacronistico di pregiudizi
è stato Pietro Pedace, che poi è diventato mio amico,
fino alla sua morte a soli 37 anni. Pedace, che aveva studiato
negli USA e conosceva come nessun altro italiano di allora gli
esperimenti e la tradizione dei laboratori di scrittura in quel
paese, ha iniziato una vera e propria campagna attraverso la stampa
per dissipare l'ignoranza e spiegare il potenziale di questa attività.
A quel tempo non trovava eco da nessuna parte. Ma il seme era
stato lanciato. Oltre ai suoi articoli, Pedace ha aiutato a creare
a Roma la scuola di scrittura Omero, e ha collaborato con me nella
creazione dell'evento Scrivere oltre le mura, nel 1997,
che ha preparato il terreno per l'avvento della scuola Sagarana.
Pedace è stato un pioniere, uno spirito coraggioso e moderno,
che oggi merita il nostro riconoscimento.
Più
tardi, a partire dalla fine degli anni '90, la situazione si è
lentamente sbloccata, si è formata una costellazione di
corsi e di scuole di scrittura in Italia, di qualità molto
svariata, dall'ottimo al pessimo, e sono nati anche importanti
siti e pubblicazioni cartacee dedicate all'argomento. Ci troviamo
oggi nel mezzo di un intenso processo di sviluppo che sono sicuro
porterà alla letteratura italiana dei prossimi anni un'inedita
crescita e una sorprendente qualità e varietà. E
Pedace deve essere ritenuto uno dei responsabili di questo sviluppo
positivo. Dopo la sua morte, nel discorso inaugurale di Scrivere
oltre le mura che ho dedicato a lui, ho riportato una citazione
di Isaiah Berlin, sul suo ruolo nella nuova letteratura italiana:
"la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande".
Pietro Pedace, il mio primo amico in questo paese, ne sapeva una
grande.
Passiamo
alla rivista. Sagarana on-line offre una stimolante miscela di
saggistica (sia letteraria sia di attualità), narrativa
e poesia, proponendo testi inediti in Italia o già editi
ma ormai introvabili. Gli accostamenti sono intriganti, ad esempio
l'ultimo numero, il 9, accosta tra l'altro, la narrativa di Musil,
Sontag, Mishima, e saggi di Morin, Chomsky, Buzzati, la poesia
di Saramago e di Dario Bellezza e persino autori "nuovi"
e insoliti in questa veste come Tom Waits. Come e da chi vengono
scelti e accostati i "pezzi"?
I
pezzi, come ho detto, vengono scelti da me, ma suggerimenti interessanti
mi arrivano in continuazione. La scelta finale è il risulatato
di una scrematura di un universo di possibilità almeno
cinque volte più ampio. Gli accostamenti a volte possono
sembrare insoliti, ovvero "eclettici" - una parola a
mio parere molto positiva, ma che in certi ambienti della critica
italiana più conservatrice ha preso una connotazione stranamente
negativa.
Ma
alla fine tutto questo rispecchia la mia visione della letteratura
come un unico, vasto e complesso "sistema", nel quale
etica ed estetica, saggi e poesia, forma e contenuto, tradizione
e sperimentazione, ragione e passione, sono strettamente collegati
e indissociabili. È l'insieme di questi elementi, appartenenti
a territori diversi dello scrivere, orchestrati all'interno di
una pubblicazione (o della linea editoriale di una casa editrice),
che concentrano la forza per creare la sinergia necessaria all'emergere
di un movimento letterario, un movimento magari in grado di rinnovare
il panorama preesistente, il cui modello presenta ormai chiari
segni di esaurimento e di impotenza nel sedurre l'universo dei
nuovi (ma anche degli antichi) lettori.
C'è
urgente bisogno in Italia di ricomporre le priorità, di
ripensare il "canone" letterario, e di dare o restituire
il prestigio a coloro che davvero meritano, e non solo ai cosiddetti
"divi televisivi", o a quelli che i media decidono di
incensare, spesso motivati dagli interessi economici delle case
editrici meglio inserite nel mercato. Se questa distorsione va
avanti per lungo tempo, senza una coraggiosa correzione di rotta,
tutta la vita letteraria, comprese la lettura e la creazione,
si atrofizza e declina. Questo spacciare ottone per oro è
una delle malattie della modernità che ha più severamente
colpito il nostro campo di attività. L'ambiente letterario
è inquinato da una montagna di prodotti simili ma diversi
dalla vera letteratura. Bisogna trovare gli antidoti e applicare
le terapie giuste. La Sagarana nel suo piccolo è stata
creata anche a tal scopo: per contribuire a correggere queste
distorsioni create dal mercato.
Tornando
alla questione degli accostamenti insoliti nella rivista. Come
nel campo della bio-diversità, così intensa e abbondante
nel mio paese di origine, il Brasile, la presenza di un albero
è misteriosamente indispensabile alla salute e alla sopravvivenza
degli alberi contigui di specie diversa, così anche in
letteratura, la presenza di un genere letterario accostato ad
altri generi diversi, o di testi di una generazione accostati
a quelli di un'altra, produce una salutare simbiosi, un effetto
di potenziamento generale, un rialzo della qualità di ciascuno
di essi. Per questo i movimenti artistici nella storia della cultura
non sorgono mai limitati ad un unico genere, ad un unico campo,
bensì abbracciano tutto l'universo creativo, è l'"ethos"
e la visione-del-mondo collettiva a cambiare, e in tal modo cambia
tutto il resto e si produce la nuova sinergia a cui si faceva
riferimento. In Italia siamo oggi agli inizi di una svolta epocale
di questo tipo, alla quale mi sento fortunato di poter partecipare.
Di
solito valutare l'impatto e il ritorno delle riviste on-line è
più difficile rispetto a quelle cartacee per le quali il
numero di copie vendute resta sempre un indicatore significativo.
Quale e quanto numeroso pensi sia il bacino di lettori di Sagarana?
La comunicazione fra rivista e pubblico è univoca o i lettori
intervengono suggerendo, segnalando, dialogando con la redazione?
La
questione è sempre meno di scelta tra una rivista cartacea
o on-line. La scelta all'atto pratico fra poco secondo me non
ci sarà più. È già praticamente impossibile
realizzare una rivista di carta, una rivista culturale di qualità,
che sia in grado di sormontare le difficoltà derivanti
dai costi di produzione, dalla distribuzione inesistente o ristretta
a una mezza dozzina di librerie in tutto il paese, dalla nuova
abitudine dei lettori di consumare arte e cultura attraverso la
rete. La comunicazione via Internet, oltre ad essere gratis, democratica
e istantanea, arriva dappertutto, in un cantone della Svizzera
e a Lampedusa nello stesso momento, e permette inoltre, come hai
giustamente sottolineato, l'intervento e la partecipazione diretta
del lettore. Non ci sono più dubbi che il futuro nell'ambito
culturale - e forse già il presente stesso - si basa su
questa forma più aperta di comunicazione. È vero
che c'è ancora un "rispetto" più grande
per le pubblicazioni in forma cartacea, ma si capirà presto
che si tratta soltanto di una semplice questione di forma, e ciò
che davvero importa nel caso concreto è la qualità
del contenuto. Un testo brutto non migliora perché è
stampato su carta, né un capolavoro cessa di esserlo per
aver esordito on-line, non è vero?
Ogni
nuova edizione della rivista Sagarana è letta in tutto
il mondo. Lo so dall'analisi delle informazioni sui server
da dove provengono le visite, ma anche dai messaggi che mi arrivano
tutti i giorni. Studiosi di letteratura italiana, soprattutto
dagli USA, dall'Australia e dall'Argentina, ci seguono con interesse,
e ci sono numerosi lettori che spesso si collegano alla Sagarana
dalla Svizzera, dall'Albania, dalla Macedonia, dal Brasile, dall'Inghilterra,
dalla Serbia, dal Giappone, dalla Francia, dalla Spagna e dall'Arabia
Saudita, i paesi stranieri con più presenze. Solo Internet
è in grado di offire una tale ampiezza di comunicazione.
E tutto questo senza alcuna perdita di informazione. Ho calcolato
che ogni numero della rivista Sagarana, se fosse stampato su carta,
avrebbe più di 250 pagine (senza contare l'archivio di
tutti i numeri precedenti, che sono sempre accessibili), una pubblicazione
di notevole consistenza.
C'è
sempre il problema della lettura sullo schermo, che dopo un certo
periodo di tempo diventa scomoda. Ma proprio per rimediare a questo
inconveniente ho aggiunto ad ogni titolo dei testi presenti sulla
rivista una breve traccia, due righe scelte dal testo, in modo
che il lettore, dopo averlo saggiato, possa decidere se stamparlo
per leggerlo più comodamente. E così anche il lettore
ha parte attiva nelle scelte della rivista, si fa una sua "rivista
personale" a partire dalla rivista più ampia.
Sagarana
ha organizzato nel 2001 e nel 2002, in collaborazione con Regione
e Università, due edizioni del "seminario degli scrittori
migranti", un'esperienza di full immersion a quanto
ne so unica in Italia, dedicata all'esperienza di autori provenienti
da altri paesi che hanno scelto di scrivere narrativa in lingua
italiana, senza rinunciare alle specificità narrative e
culturali delle loro terre d'origine. Che bilancio puoi trarre
da queste due esperienze? Quali prospettive per eventuali altri
incontri? Pensi che, al di là delle origini e delle motivazioni
a migrare, gli scrittori siano - proprio in quanto tali - dei
"migranti" capaci di connettere con la parola esperienze
e culture differenti arricchendole entrambe?
Abbiamo
realizzato i due seminari degli scrittori migranti - e fra qualche
mese ci sarà il terzo - con la consapevolezza che questa
nuovissima letteratura, prodotta nel nostro paese da stranieri
di tutte le origini e tradizioni del mondo, contribuisce fortemente
al rinnovamento più generale di cui parlavo prima. Si tratta
in verità della letteratura mondiale nel suo versante italiano
che ora si propone al pubblico. Una svolta di rilievo in una letteratura
che era ritenuta, non senza ragioni, più provinciale di
quelle di altri paesi europei. Per approfondire la conoscenza
di questo fenomeno suggerisco di andare direttamente agli atti
dei due seminari, attraverso questo link: http://www.sagarana.net/scuola/index_seminari.html
Immagino
che la tua visione del mondo e della letteratura sia un terreno
che unisce sia la tua scrittura sia il progetto Sagarana. Potresti
consigliare ai nostri lettori un tuo racconto o romanzo che li
avvicini particolarmente a questa tua visione?
La
caratteristica più importante della mia letteratura, non
importa in quale genere letterario, è appunto questa visione-del-mondo,
che collega tutti i miei scritti, ossia i miei leitmotiv,
le mie ossessioni tematiche e stilistiche, l'atmosfera allo stesso
tempo ironica, lugubre e fortemente carnale di tutti i miei racconti,
romanzi e poesie. Come sai, la parte più consistente della
mia opera è stata pubblicata in lingua portoghese, lungo
gli anni precedenti al mio esilio in Europa. Sono circa quindici
libri, dei quali nove pubblicati - il primo, Torpalium,
è del 1975 -, ma nessuno di essi è stato finora
tradotto in Italia. Poi ci sono i libri scritti direttamente in
italiano e pubblicati qui, Il percorso dell'idea, che è
già esaurito, e Racconti italiani, pubblicato dalla
Besa editrice nel 2000 e che è reperibile nelle librerie
o per ordinazione. Sarebbe questo il libro che suggerirei ai lettori.
Poi, fra qualche mese, uscirà la nuova raccolta La passione
del vuoto. In questo momento sto lavorando alla versione finale
di un romanzo che si chiama madrelingua.
Sono
fondamentalmente uno scrittore. È questo mestiere, questo
"sacerdozio laico" che ho scelto come percorso di una
vita intera. Tutte le altre attività, la scuola di scrittura,
la rivista, l'insegnamento, e anche i saggi sono attività
secondarie le quali, forse a causa dell'energia in più
che si attribuisce agli immigrati come me, sono stati affiancate
alla mia attività di scrittore, ma in fondo è solo
quest'ultima ciò che per me conta. Ed è bene che
sia così.
Copertina.
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