MINORANZE IMPLOSE
E LATENZE LINGUISTICHE
Carmine
Chiellino
Nel mio intervento mi occuperò di due aspetti della letteratura
scritta o da autori, che usano una lingua diversa da quella della
loro provenienza culturale, o da autori che scrivono la lingua
di appartenza ma ben consapevoli di fare parte di una minoranza
etno-culturale, ma a volte solamente religiosa.
Per indicare di che cosa si tratta mi servirò di due concetti
extraletterari e cioé quello di minoranza implosa e quello
di latenza linguistica.
Per minoranza implosa intendo una minoranza etno-culturale, e
a volta perfino religiosa, caratterizzata da alto livello di autoaggressività.
Per
latenza linguistica intendo l'affiorare della lingua di provenienza
culturale in un testo scritto ovviamente in un'altra lingua. Per
intenderci considero come latenza linguistica sia l'affiorare
dello Jiddisch nelle Storie dell'ottavo distretto (1986)
di Giorgio e Nicola Pressburger sia l'emergere del tedesco nel
romanzo I beati anni del castigo (1989) di Fleur Jaeggy.
Ricordo che il tedesco in certo qual modo è stata la lingua
madre per Fleur Jaeggy, mentre l'italiano non è certo la
lingua madre di Giorgio e Nicola Pressburger.
Da dove nasce questa necessità di altri concetti o di altre
categorie analitiche dopo avere pubblicato, nel 1995, la monografia
Am Ufer der Fremde. Literatur und Arbeitsmigration 1870-1991.
[Ai margini della diversità. Letteratura ed emigrazione
1870-1991]. Non è che sia tormentato dal dubbio di non
avere interpretato in modo corretto una serie di opere di autori
in emigrazione servendomi di strumenti di critica letteraria approntati
sulla letteratura impegnata. Ma è anche vero che il modello
critico, che mi ha portato a vedere nella letteratura in questione
una letteratura progettuale per l'emancipazione degli stranieri
o per la loro pariteticità sociale, oggi mi appare alquanto
restrittivo. A volte ho la sensazione di non avere focalizzato
fino in fondo la singolarità estetica di una letteratura
che si nutre di autenticità interculturale. Per autenticità
interculturale intendo il riuscire a creare un'opera letteraria
che si rivela parte integrante di due letterature indipendentemente
dalla lingua in cui essa è stata scritta. Uno degli esempi
più convincenti in tal senso è il romanzo Die
Unversöhnlichen [Gli inconciliabili] di Franco Biondi,
uscito a Tubinga nel 1991. Si tratta di un romanzo in lingua tedesca
che da una parte è leggibile come un'opera della letteratura
operaia italiana degli anni 60, dall'altra è l'opera con
cui viene fondata la memoria interculturale della comunità
italiana in Germania. Pertanto il romanzo fa parte della letteratura
tedesca contemporanea che grazie ad opere come Die Unversöhnlichen
si sta liberando di tutto ciò che anche negli anni
ottanta la definiva come una letteratura rigidamente monoculturale.
Per giungere ad un superamento dell'apparato analitico di Am
Ufer der Fremde mi sono messo alla ricerca di quelle costanti
che hanno contribuito a rendere interculturale la letteratura
in lingua tedesca a partire dagli stessi anni ottanta.
Ed ecco perchè, oggi qui, mi occuperò di latenze
linguistiche e minoranze implose. E per poterlo fare con una certa
profondità comincio da Giovanni Pascoli perchè me
ne sono già occupato in un capitolo di Am Ufer der Fremde.
Di Pascoli mi interessa soprattutto il poemetto Italy del
1904, in cui egli tratta il rientro a Caprona dell'emigrato Taddeo
con i figli Ghita e Beppe e la nipote Maria ovvero Molly. Molly
è figlia del fratello Taddeo, che è rimasto a Cincinnati.
Molly è malata, guarirà dopo la morte della nonna
e così potrà ritornare in America dai suoi genitori.
Del poemetto mi interessa la contraddizione innovativa in cui
Pascoli si è fatto coinvolgere per mediare la diversità
culturale di cui sono portatori i protagonisti. Ed in
che cosa consiste questa sua contraddizione? E´ noto che
il grande desiderio di Pascoli era quello di essere un punto di
riferimento, un modello di integrazione nazionale all'interno
della letteratura per la Nuova Italia. Ed in realtà è
stato ed è tutt'ora molto apprezzato per questa sua funzione.
Nei suoi canti e poemetti Pascoli si esprime sempre a favore di
una purezza della lingua italiana molto vicina alla vita quotidiana
delle classi umili. Senonchè durante la stesura di Italy
egli si affida ad una intuizione interlinguistica, che lo porta
a comporre alcune strofe di Italy nel modo seguente:
Pane
di casa e latte appena munto.
30
Dicea:
"Bambina, state al fuoco: nieva!
Nieva!". E qui Beppe soggiungea compunto:
"Poor
Molly! qui non trovi il pai con fleva"
Oh!
no: non c'era lì né pie né flavour
né tutto il resto. Ruppe in un gran pianto:
"Joe, what means nieva! Never? Never? Never?
45
Molti bisini, oh yes.... No, tiene un frutti-
stendo.... Oh yes, vende checche, candi, scrima...
Conta moneta: può campare coi frutti....
59
Will
you bay... per Chicago e Baltimora
Buy images per Troy, Memphis, Atlanta,
con una voce che te stesso accora:
Cheap!...
nella notte, solo in mezzo a tanta
gente; cheap! cheap! Tra un urlerío che opprime;
cheap!... Finalmente un altro odi, che canta....
Ricordo
che a Benedetto Croce la proposta di Pascoli non piacque affatto,
tanto da definire l'intero poemetto "Quell'orrida Italy,
col gergo angloitalico degli emigranti reduci dall'America."
A Benedetto Croce, così immerso nella sua letteratura per
una nuova Italia, sfugge completamente la progettualità
con cui Pascoli tenta la mediazione tra cultura d'origine e la
cultura di arrivo. Però la proposta di Pascoli non nasce
dalla conoscenza della diversità angloamericana di cui
soprattutto Molly, la nipote americana del nonno toscano Meo,
è portatrice. La proposta di Pascoli è un modello
estetico e nasce dalla sua esperienza di poeta in lingua latina.
Scrivendo in latino di realtà italiane Pascoli aveva certamente
intuito che è difficile trasmettere le diversità
con una lingua esterna alla realtà da rappresentare.
E allora che cosa ci propone in Italy?
Pascoli inserisce concetti e sonorità nordamericane in
un contesto semantico e sonoro italiano. Con tale scelta riesce
a fare sentire al lettore la difficoltà di indagare sul
diverso, la difficoltà di appropiarsi del diverso servendosi
della propria lingua. Ripeto che la difficoltà non proviene
dalla mancanza di esperienze con l'altra cultura. La difficoltà
nasce dal fatto che ogni lingua intesa come fonte e modello di
identità nazionale non fa che riflettere la propria cultura
ed quindi escludere l'altro, il diverso.
La proposta di Pascoli di esporsi con la propria identità
culturale al diverso attraverso la sperimentazione linguistica
la ritroviamo realizzata nel canto del fioraio della Time Square.
Come se questo fioraio della Time Square di New York volesse inverare
il verso di Pascoli che diceva
cheap!...
Finalmente un altro odi, che canta....
e
cosa canta questo immigrato campano a New York nel 1961 per vendere
i suoi fiori:
Flowers! Flowers! / Cheap too cheap today! / Chi me l'à
fatto ffá / vennì sta terra cà / in cerca
di speranza / e nun l'aggia truvà / Chrysanthemums, pink
roses, / Cheap too cheap today! / Flowers! Flowers
Sembrerebbe
lo stesso processo trilingue di Pascoli, ma in realtà è
tutt'altra cosa. Troviamo le tre lingue rapportate a tre diverse
funzionalità: la lingua operativa è l'inglese, la
lingua dell'appartenenza culturale è la lingua campana,
mentre il segmento di italiano standard e cioé "in
cerca di speranza" correge la percezione standard nazionalpopolare
per cui si va in emigrazione: in cerca di fortuna. La sostituzione
con "in cerca di speranza" sottolinea la fuga del venditore
di fiori da una situazione ad altissimo rischio di implosione.
Minoranza
implosa
Per
minoranza implosa intendo una minoranza etno-culturale o religiosa,
che per cause sociali, economiche o culturali, tutte documentabili,
ha sviluppato una forte tendenza all'autoaggressione.
Tra le cause più ricorrenti che portano all'implosione
di una minoranza ne faccio presenti alcune. L'oppressione della
minoranza etno-culturale da parte della maggioranza monoculturale
del posto o da parte di una altra minoranza egemonica in quei
stati dove non esiste una maggioranza originariamente ancorata
sul territorio. I progetti collettivi non realizzati o realizzabili,
il pericolo di dissoluzione etnica o religiosa della minoranza
di appartenenza; processi di laicizzazione; ed infine l'incapacità
di superare la propria diversità all'interno della cultura
di arrivo. Una minoranza implosa o a rischio di implosione può
essere narrata affidandosi a schemi letterari ben diversi tra
loro.
Nel caso di Theodor Fontane, un classico della letteratura tedesca
dell'ottocento e un modello incontrastato di integrazione nazionale,
l'implosione della minoranza degli Ugonotti del Branderburgo si
manifesta come dissoluzione della memoria ormai interculturale
di una minoranza religiosa da tempo sulla via della laicizzazione.
Nel suo romanzo autobiografico Meine Kinderjahre [La mia
infanzia] del 1893, Fontane metaforizza l'impossibilità
socio-storica di arrestare la dissoluzione della minoranza degli
Ugonotti confrontando il lettore del romanzo con ben quattro processi
di dissoluzione: l'apatia del protagonista nei confronti della
religione degli antenati, la dissoluzione della vita familiare
in casa Fontane, la rovina economica dei Fontane a causa della
passione del gioco del padre, ed infine la scomparsa della lingua
importata dalla minoranza. Mentre il nonno Fontanes parlava ancora
tanto bene in francese da essere impiegato a corte, il padre del
protagonista, il farmacista Fontane, lo parla a modo suo; nel
romanzo stesso l'autore lo introduce sempre come latenza linguistica.
Un
secolo dopo la scrittrice Herta Müller fa implodere la minoranza
dei Banater Schwaben in Romania con particolare drasticità.
Nei racconti del volume dal titolo Niederungen [Bassopiani/Bassezze],
del 1984 l'implosione si presenta particolarmente violenta perché
viene filtrata attraverso la percezione di una bambina, che è
testimone involontario di continue violenze gratuite. Secondo
Herta Müller le cause dell'autoaggressione dei Banater Schwaben
derivano dalla loro incapacità di superare la propria diversità
culturale nel paese di arrivo. Nel corso di due secoli la minoranza
dei Banater Schwaben si è isolata con tanta costanza dalle
culture limitrofi, che alla fine sono costretti a fare il bagno
nella propria sporcizia: ovvero sia "in eigenen Dreck baden."
Alla fine del racconto dal titolo Das schwäbische Bad
[Il bagno svevo] si può leggere quanto segue: "Il
nonno entra (per ultimo) nella vasca da bagno. L'acqua è
ormai gelida. Il sapone fa ancora una bella schiuma. Il nonno
si gratta giù tanta sporcizia dai gomiti che va a galleggiare
a fior d'acqua con la sporcizia di mia madre, insieme a quella
di mio padre e a quella di mia nonna."
"Der
Großvater steigt in die Badewanne. Das Wasser ist eiskalt.
Die Seife schäumt. Der Großvater reibt graue Nudeln
von seinen Ellbogen. Die Nudeln des Großvaters schwimmen
mit den Nudeln der Mutter, des Vaters und der Großmutter
auf der Wasseroberfläche." (pagg. 13-14).
Al
centro di altre racconti o romanzi su minoranze implose ci possono
essere l'incapacità di procreare, la violenza contro un
membro della famiglia o l' incesto tra fratelli e sorelle. Come
esempio estremo si può ricorre al romanzo Jossel Wassermanns
Heimkehr del 1993 [Il ritorno a casa di Jossel Wassermann]
dello scrittore ebreo-tedesco Edgar Hilsenrath. Protagonista del
romanzo è il giovane Jossel Wassermann ben noto nell'intera
città di Pohodna per la sua "stanga di tutto riguardo"(pag.
223). In realtà Jossel non ha la minima difficoltà
a mettere in cinta Lydia, la ragazza rutena che fa le pulizie
in casa Wassermann. Lo stesso Jossel però non riuscirà
a procreare nè con la prima moglie Rebecca a Pohodna nè
con la seconda moglie Rosa sul Lago di Lugano, anche lei di cultura
e di religione ebraica.
Nel romanzo Die Walsche [L'Italiana, 1982] del sudtirolese
Joseph Zoderer, un romanzo impostato sulla vita dei contadini
delle alpi sudtirolesi, l'autoaggressione si manifesta in rituali
del tipo seguente: "Quando lui la sera non ritorna a casa
dopo avere foraggiato gli animali, lei sa bene che deve nascondersi,
le aveva raccontato Anna; ogni volta che si ubriaca, le rimprovera
di avere una figlia ancora in casa e un pezzo di pinastri, avuto
in eredità, che non vale un bel niente, e poi la picchia,
e dopo lei si deve spogliare, e coricarsi senza coperte nella
stanza sul retro della casa, anche d'inverno, quando nella caffettiera
il caffé forma uno strato di ghiaccio, la guarda, la guarda
senza nessuna reazione, la lascia ad un tale gelo senza neanche
una coperta, la guarda per ore e alla fine le dice sputandole
addosso: tu puttuna, tu! (pag.14).
Wenn er zum Viehfüttern am Abend nicht heimkomme, wisse sie,
daß sie sich verstecken müsse, hatte ihr die Anna erzählt,
wenn er angesoffen sei, werfe ihr alles vor, ihre ledige Tochter
und den Latschenwald, den sie geerbt hatte und der nichts wert
sei, und dann schlage er sie, und sie müsse sich ausziehen
und in der Hinterstube ohne Decke einfach so da liegen, auch im
Winter, wenn in der Kaffeekanne in der Früh eine Eisschicht
sei, er aber schaue sie an, schaue sie unverwandt an, in so einer
Kälte lasse er sie mit nichts auf dem Bett liegen und glotze
stundenlang, und zum Schluß spucke er sie an und sage: du
Hur, du." (S.14).
Né
va dimenticato l'ultimo romanzo su Toronto dello scrittore Nino
Ricci dal titolo Where She Has Gone del 1997. I due protagonisti
italo-canadesi del romanzo, fratello e sorella, vivono la loro
vita incestuosa in via Sainte Claire, cioè nel cuore della
Little Italy di Toronto.
A questo punto non c'e da meravigliarsi se Mario Puzo nella seconda
metà degli anni sessanta ricorre alla costante della minoranza
implosa per impostare il suo bestseller The Godfather [Il
padrino]. Così facendo riesce a raccontare la discrepanza
tra il potere economico delle minoranza italo-americana di New
York e la sua debolissima posizione sociale all'interno di una
società dominata dalla minoranza anglo-americana uscita
più forte dalla seconda guerra mondiale.
Per dimostrare fino a che punto la costante letteraria della minoranza
implosa determini la creazione del linguaggio di un opera passo
ad occuparmi più concretamente della latenza linguistica
come strumento letterario, così come Mario Puzo se ne è
servito nel suo bestseller.
Il
termine Animales con cui Puzo annuncia per bocca di Amerigo
Bonasera il ricorso a latenze linguistiche già nelle primissime
pagine del suo romanzo è talmente scontato che si è
tentati di lasciarlo perdere. Ma è il modo come esso viene
introdotto a destare curiosità. In realtà è
il giudice anglo-americano ad introdurre i due giovani, che hanno
ridotto in fin di vita la figlia di Amerigo Bonasera che si è
rifiutata di andare al di là della sua identità
culturale. Il giudice li presenta come "the worst kind of
degenerates" [La peggior feccia di degenerati]. Amerigo Bonasera
pertanto non può essere che d'accordo con la lingua del
giudice, ne accetta la definizione degli imputati e se la conferma
mentalmente: "Sì,sì, si diceva Amerigo Bonasera.
Animals, animals" [animali, animali]. Il giudice a sua volta
riprende l'immagine senza voce dell'italo-americano per ridarla
al pubblico presente in sala nel modo seguente: "Vi siete
comportati da "wild beasts in a jungle" [bestie selvagge
in una giungla]. A questo punto l'italo-americano si sente in
perfetta sintonia giuridico-culturale con il giudice di New York.
Nella lingua del giudice egli ci vede la riprova della validità
del suo progetto di vita, di diventare un leale cittadino americano
rompendo ogni rapporto con la minoranza degli italo-americani
alla Corleone. Solo nel momento in cui il giudice decide di sospendere
la pena per la buona condotta dei due giovani e perchè
figli di buone famiglie anglo-americane l'italo-americano si sente
tradito dalla lingua del giudice. A questo punto per Amerigo Bonasera
i due giovani non sono più nè la peggiore feccia
di degenerati, nè animali, nè bestie feroci in una
giungla ma "animales". Cioè il contrario di cristiani
e come tali da escludere dalla vita in società. La discrepanza
tra lingua e cultura giuridica del giudice anglo-americano e quella
di Amerigo Bonasera è tutta lì riassunta in quella
latenza linguitica e non poteva essere espressa diversamente.
Il progetto di Amerigo Bonasera di volere fare della figlia una
cittadina americana a questo punto implode con tanta violenza
che solo Vito Corleone riesce a convincerlo a non fare assassinare
i due "animales" e "bastards" [bastardi].
Una
latenza linguistica di particolare interesse all'interno della
letteratura tedesca contemporanea la si trova in apertura del
romanzo Jahrestage. Aus dem Leben von Gesine Cresspahl
[Ricorrenze. Dalla vita di Gesine Cresspahl] di Uwe Johnson. Il
romanzo è del 1988 ed è anche esso ambientato a
New York. In apertura vengono descritte le lunge onde dell'Atlantico
che vanno ad infrangersi sulla spiaggia di New Jersey. Ed all'improvviso
la scena cambia nel modo seguente: "Il vento è instabile
sulla costa del New Jersey, con un tale vento senza pressione
il Mar Baltico si trasformava in un leggero sciacquio. La parola
per indicare le onde corte del Mar Baltico era kabbelig.
[che si può dirare con qualcosa come onde rotte o incrociate].
"Der
Wind ist flatterig an der Küste [von New Jersey], bei solchem
drucklosen Wind ist die Ostsee in ein Plätschern ausgelaufen.
Das Wort für die kurzen Wellen der Ostsee ist kabbelig gewesen."
(pag.7).
Kabbelig
come latenza linguistica si presta molto bene per cogliere la
funzione semantitca di un tale processo di creativitá linguistica.
Ogni latenza linguistica porta in se una memoria culturale che
si è svolta in un'altra lingua, quindi si è codificata
in un altra lingua. Essa ridà una esperienza, che fa parte
di un'altra memoria, e quindi vive in un altra lingua.
Nel
sesto capitolo del romanzo Meine Kinderjahre di Theodor
Fontane si ha a che fare per esempio con la latenza linguistica
Eh bien Madame, Dieu le veut! [Ebbene signora, Dio lo vuole!],
che è particolarmente efficace perchè segna l'inizio
della dissoluzione della famiglia Fontane da tempo a rischio.
Di che cosa si tratta? Dopo essere riusciti a fondare un cercle
intime (circolo per intimi) insieme ad altre due famiglie
aristocratiche di Swinemünde i genitori di Fontane si ritenevano
ormai accolti nell'alta società. Senonchè durante
il primo incontro in casa del nobile Fleming al momento di andare
tavola il padrone di casa offre il braccio alla bella Borcke ed
il cavaliere Borcke alla padrona di casa, escludendo i Fontane.
A questo punto del romanzo Fontane padre commenta: "Eh bien
Madame, Dieu le veut!" Nè serviranno le scuse giunte
prontamente il giorno dopo; il cercle intime morirà
sul nascere.
"Man
hatte sich bei Flemmings [Uradel] versammelt, und als es zu Tische
ging, reichte der alte Flemming der schönen Borcke seinen
Arm und von Borcke [Rittergutsbesitzer] der Frau von Flemming;
mein Vater und meine Mutter blieben übrig. "Eh bien,
Madame, Dieu le veut; [Nun, Madame, Gott will es.] sagte mein
Vater, und beide folgten als drittes Paar. Es kam andern Tages
zu den aufrichtigst gemeinten Entschuldigungen, ohne daß
diese den "cercle intime" wiederhergestellt hätten."
(S. 56).
In
realtà il modo di dire, con cui il padre di Fontane consola
sua moglie, le ricorda che è inutile tentare di sfuggire
al destino di discendenti di rifuggiati Ugonotti. Letta così
la latenza linguistica serve a spogliare di ogni capacità
decisionale il nobile padrone di casa ed il cavaliere Borcke trasformandoli
in esecutori materiali del destino della famiglia Fontane. Lo
scrittore lo fa mettendo in bocca al padre quel Dieu le veut!
che non è altro che il grido di battaglia della prima crociata,
cioè della prima guerra di religione. Alla non avvenuta
iniziazione sociale seguirà la dissoluzione della famiglia
Fontane. Rispetto alla latenza linguista di Uwe Johnson le latenze
linguistiche di Fontane si rivelano più complesse e più
evidenti. Il motivo è abbastanza semplice, perchè
la lingua di provenienza e la lingua dell'opera fanno parte di
due culture linguistiche nettamente separate, come lo sono del
resto anche nel caso del romanzo di Mario Puzo.
Per
quanto riguarda la funzione semantica della latenza linguistica
direi che essa è una frattura dialogica nella comunicazione
tra le due culture linguistiche. È frattura in quanto la
lingua scritta viene infratta sia graficamente che sonoramente,
è un dialogo, perché la latenza linguistica rinvia
ad una struttura semantica più profonda, che ridà
il contesto interculturale, in cui si svolge l'azione focalizzata
dalla latenza linguistica.
A questo punto non mi rimane che domandarmi:
Quale potrebbe essere l'utilità ermeneutica delle due componenti?
Secondo me esse permettono di cogliere l'intero spessore della
lingua dell'opera. Le latenze linguistiche sono dei segnali sonori
che invitano il lettore a calarsi nella lingua per scoprire il
rizoma attraverso il quale la lingua scritta si arricchisce della
memoria della lingua della cultura di provenienza die protagonisti
o dell'autore. Perchè è proprio attraverso le latenze
linguistiche che la memoria della prima lingua passa nella lingua
dell'opera.
Dal canto loro le minoranze implose non sono da intendere come
contenuto dell'opera ma come dei modelli di scrittura interculturale
con cui costruire l'opera, come si é visto sull'esempio
tratto da Il Padrino di Mario Puzo.
Nota bibliografica
Biondi, Franco: Die Unversöhnlichen. Tübingen:
Eliopolis Verlag 1991
Canti dell'emigrazione. A cura di A. Virgilio Savona /
Michele L. Straniero. Milano 1976, pag. 139
Chiellino, Carmine: Am Ufer der Fremde. Literatur und
Arbeitsmigration 1870-199. Metzler Verlag, Stuttgart
1995
Croce, Benedetto, Giovanni Pascoli, In: Letteratura della
Nuova Italia, Vol. IV, Bari 1973 (1915), pagg. 67-120.
Jaeggy, Fleur: I beati anni del castigo. Adelfi Editore,
Milano 1989
Fontane, Theodor: Meine Kinderjahre. Berlin: F.W. Hendel
1912
Hilsenrath, Edgar: Jossel Wassermanns Heimkehr. München:
Piper Verlag 1995 (1993)
Johnson, Uwe: Jahrestage. Aus dem Leben von Gesine Cresspahl.
Frankfurt a.M.: Suhrkamp Verlag 1988
Müller, Herta: Niederungen. Reinbek: Rowohlt Verlag
1984
Pascoli, Giovanni: Italy. In: Opere a cura di Maurizio
Perugi, Tomo I, Milano-Napoli 1980, pagg. 348-383
Pressburger, Giorgio e Nicola: Storie dell'ottavo distretto.
Marietti Editore, Casale Monferrato 1986.
Puzo, Mario: The Godfather. New York: G.P. Putnam's Sons
1969.
Ricci, Nino: Where She Has Gone.Toronto 1997.
Zoderer, Joseph: Die Walsche. Frankfurt a. M.: Fischer
Verlag 1990 (1984)
Da:
Giovanni Pascoli: Italy
Pane
di casa e latte appena munto.
30
Dicea:
"Bambina, state al fuoco: nieva!
Nieva!". E qui Beppe soggiungea compunto:
"Poor
Molly! qui non trovi il pai con fleva"
Oh!
no: non c'era lì né pie né flavour
né tutto il resto. Ruppe in un gran pianto:
"Joe, what means nieva! Never? Never? Never?
45
Molti bisini, oh yes.... No, tiene un frutti-
stendo.... Oh yes, vende checche, candi, scrima...
Conta moneta: può campare coi frutti....
59
Will
you bay... per Chicago e Baltimora
Buy images per Troy, Memphis, Atlanta,
con una voce che te stesso accora:
Cheap!...
nella notte, solo in mezzo a tanta
gente; cheap! cheap! Tra un urlerío che opprime;
cheap!... Finalmente un altro odi, che canta....
Da:
Canti dell'emigrazione. A cura di A. Virgilio Savona /
Michele L. Straniero. Milano 1976, pag. 139
Flowers! Flowers! / Cheap too cheap today! / Chi me l'à
fatto ffá / vennì sta terra cà / in cerca
di speranza / e nun l'aggia truvà / Chrysanthemums, pink
roses, / Cheap too cheap today! / Flowers! Flowers!
Carmine Chiellino insegna all'Università di Augsburg, in
Germania. Altre informazioni sono presenti sul sito www.webgiornale.de
Questo saggio è tratto dal suo libro Parole erranti,
reperibile presso Cosmo Iannone editore, Isernia, 2001: http://www.cosmoiannone.it
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