DECOLONIZZAZIONE
Armando Gnisci
La parola Decolonizzazione
esprime sinteticamente la mia "poetica". Una poetica è
l'intreccio di lavoro e destino, di senso e cammino, con il quale
una persona trasforma continuamente e imprevedibilmente la propria
esistenza. La persona che arriva a praticare una poetica intende
sempre proporla agli altri e cerca di imporla alla realtà.
Il mondo a cui oggi apparteniamo è quello che tutti chiamano:
della globalizzazione. Essa ha la forma di una frazione: sopra vi
è il mondonord che domina, sfrutta, esclude ed opprime i mondisud,
sottoposti. Questo stato è il risultato della colonizzazione del
pianeta da parte delle nazioni imperiali dell'Europa occidentale e
della Russia a partire dal XVI secolo d. C. Si tratta di uno stato
di mondo propriamente post-coloniale, e cioè: che proviene ed è
individuato dalla colonizzazione. Possiamo dire che essa si sia
stabilizzata e compiuta solo ora. Ora che possiamo riassumerla in
pochissime cifre: i paesi ricchi (il mondonord) rappresentano il
12 per cento della popolazione umana, ma detengono l'86 per cento
della ricchezza e praticano l'88 per cento dei consumi mondiali.
La decolonizzazione della quale parliamo non va confusa e
sovrapposta, però, al "post-colonialismo", come spesso
avviene nei discorsi della cultura contemporanea.
Post-colonialismo – e proprio dal punto di vista della
decolonizzazione (e da quale sennò?) – vuol dire: "a
partire dall'avvento del colonialismo". Il post-colonialismo
inizia dal momento in cui un popolo-potere si impossessa di un
altro, lo occupa, lo domina e lo sfrutta per il proprio profitto.
Il colonialismo esemplare, eminente e totale, è quello che le
nazioni imperiali europee hanno realizzato espandendosi verso
tutti i mondi più o meno autonomi del pianeta a partire dal XVI
secolo d.C. Esso continua, anzi, arriva finalmente a compimento,
proprio a partire dalla disoccupazione territoriale che le nazioni
imperiali hanno attuato dopo la fine della seconda guerra mondiale
nel XX secolo.
Decolonizzazione vuol dire, invece, liberarsi dalla malattia del
colonialismo venendone via. Come ha scritto il tunisino Albert
Memmi, la malattia originaria dello spirito europeo è il
colonialismo. Da questa malattia gli europei possono guarire solo
con l'aiuto dei popoli ex-colonizzati.
La de-colonizzazione riguarda, certamente, i paesi e i popoli
ex-colonizzati dalle nazioni imperiali europee e poi dagli Stati
Uniti d'America, dal Giappone, dalla Cina e da altri
colonizzatori.
La decolonizzazione, invece, riguarda chi, in qualsiasi parte del
mondo unico in cui attualmente viviamo, ma specialmente in Europa
occidentale e negli Stati Uniti, voglia liberare la propria mente
e la propria cultura dal "demone" imperialistico:
l'avere dominio sugli altri pezzi della specie umana.
La decolonizzazione interessa, quindi, noialtri europei e tende a
rendere finalmente possibile il regime del colloquio paritario dei
mondi, rieducando noi stessi, attraverso l'imparare dagli altri,
all'incontro ospitale e finalmente felice. In questa impresa
proprio noi siamo i più arretrati e impreparati e perciò
dobbiamo imparare alla scuola degli altri: dalle loro parole,
dalle loro musiche e dai loro gesti. Solo a queste condizioni,
quelli tra di noi che lo vorremo, potremo istruire noi stessi e i
nostri concittadini.
Il fine della decolonizzazione europea è quello di liberare il
nostro spirito dal credere di essere il missionario e il colono di
una civiltà superiore e di essere la cima imperiale
dell'evoluzione della specie. Deportandoci, così, sempre più
nell'area del cerchio del colloquio paritario dei mondi dove sta
crescendo una nuova cultura della convivenza, trascendente e
sincretica, dei mondi.
La decolonizzazione è ascesi liberatoria, pedagogia
dell'indignazione, come dice il brasiliano Paulo Freire, etica del
risarcimento verso le culture da noi devastate, e lotta contro chi
continua a colonizzare e devastare. Così come la
de-colonizzazione è lotta per la dignità, pedagogia
dell'indignazione, grido del risarcimento, creolizzazione e
salvaguardia della differenza, temprata nostalgia dei passati
recisi e devastati dalla Storia dello Spirito Occidentale,
invenzione e pratica dell'irrinunciabilità al futuro e alla gioia
in luoghi comuni.
Il colloquio paritario è solo il preludio e la preparazione di
una festa che ancora non conosciamo, ma che immaginiamo e
desideriamo. Di essa sappiamo qualcosa attraverso i poeti e i
musici. Noi tutti che stiamo intorno all'albero delle parole e
siamo pronti a trasformarci.
Sentieri di letture
Per inquadrare in maniera dotta, precisa e critica l'intreccio di
saperi che oggi va sotto il nome di "Studi postcoloniali",
partiamo dal libro della studiosa indiana, che insegna spesso
negli USA, Anja Loomba, Colonialismo/Postcolonialismo, Roma,
Meltemi 2000. Dopo questa sana lettura è bene incamminarsi per il
sentiero dei testi decolonizzanti veri e propri ed è giusto
cominciare con due libri che rappresentano la pietra di paragone
per gli europei coloniali e per i popoli ex-colonizzati, I dannati
della terra del martinicano-algerino Frantz Fanon, Milano,
Edizioni di Comunità, 2000 e Discorso sul colonialismo del grande
poeta – sempre della Martinica, professore al Liceo sia di Fanon
che di Glissant – Aimé Césaire, Roma, Lilith 1999. Di Fanon va
letto anche Pelle nera, maschere bianche, Milano, Marco Tropea
1996. Passiamo, quindi, al libro di Albert Memmi, Ritratto del
colonizzato e del colonizzatore, Napoli, Liguori 1979. E poi
avanziamo verso i più recenti narratori e poeti dei mondisud: il
francofono martinicano Édouard Glissant con la sua Poetica del
diverso, Roma, Meltemi 1998 e l'anglofono kenyano, in esilio negli
USA, Ngugi wa Thiong'o, con i saggi raccolti in Spostare il centro
del mondo, Roma, Meltemi 2000. E poi via verso il professore
palestinese Edward W. Said, anch'egli esule negli USA, di cui è
necessario leggere almeno Cultura e imperialismo, Roma, Gamberetti
1999 e Dire la verità. Gli intellettuali e il potere, Milano,
Feltrinelli 1995. Chi, a questo punto, si è appassionato può
immergersi in Orientalismo, Milano, Feltrinelli 1999 e farsi
successivamente catturare dal portentoso volume di M. Bernal,
Atena nera, Milano, Il Saggiatore 1998: serve ad abbassare la
nostra superba pretesa di essere nati dalla testa di Minerva,
bianca.
I miei libri? I più recenti Creoli meticci migranti clandestini e
ribelli, Roma, Meltemi 1998 e Poetiche dei mondi, Roma, Meltemi
1999. Se volete, potete trarre qualche buon consiglio erudito e
didattico dall'Introduzione alla letteratura comparata, Milano, B.
Mondadori, 1999 da me curata.
Per chi voglia sapere cosa leggere degli scrittori migranti in
Italia – sono i più decolonizzanti, per noialtri italiani –
può consultare la banca dati BASILI: http://cisadu2.let.uniroma1.it/basili.
Alla fine, ma potete farlo proprio all'inizio, leggete (o
rileggete) Cuore di tenebra di Joseph Conrad, che passa per essere
il romanzo europeo anticolonialista per eccellenza.
Accompagnatelo, questa volta, con il saggio – scritto dal punto
di vista africano – che il romanziere nigeriano Chinua Achebe
gli ha dedicato, compreso nel suo volume Speranze e ostacoli,
Milano, Jaca Book 1998: uno scritto critico che tuttora
scandalizza i professori europei. I romanzi di Achebe e di altri
scrittori africani sono tradotti in Italia soprattutte da questa
casa editrice milanese e dalle Edizioni Lavoro di Roma.
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