ESTRATTO DI BELLADONNA
Veselko Koroman
OVUNQUE
INTORNO ALLA VIA
Sono
agitati stanotte gli animali minuti,
che mai una volta ho guardato negli occhi. E
nessuno di essi ormai se ne cura, sebbene
fra loro di certo vi sono delle sante del bosco
che sulla fronte metterebbero tre, quattro
fili d'erba ignoti - per trarne fuori
un dolore assai disumano, causato dal sonno.
Gli
animali minuti, qui, intorno alla via,
sono del tutto simili a quelli dal corpo grosso,
che disinvolti girano la testa dall'altra parte quando
li incontro. Non sono loro come il gatto e il cane,
la pecora o il falco, che per il cibo rinunciano
all'indifferenza verso di noi e
ai meravigliosi luoghi selvaggi.
Ma
gli animali tutti, ovunque intorno alla via,
come pure noi quando siamo disperatamente affamati, uccidono
fratello e sorella per dettato del proprio ventre,
o li amano fino alle lacrime, li spulciano e lisciano
con ipocrisia per tutto il giorno.
E
questo per me è così insostenibile qui,
che dovrei ammutolire. Questo flusso
di materia: da dentro a fuori, da fuori a dentro.
E questo scambio orrendo: del corpo in una stalla,
per la nebbia sul cammino.
PRESENTENDO LA TEMPESTA
Devo
voltarmi a sinistra, a destra. Subito,
in questo momento. Ed ecco che mi sto voltando, ecco
che mi sono voltato. Io, qualcuno. Una creatura
qualunque che batte la tramontana da dietro, che
getta l'ombra verso est. Eccomi su una strada
spolpata fino all'osso, dai mutamenti, dalle orme
antiche. E corro, sparando oltre la spalla.
E
ora mi devo fermare. Subito. E infossarmi
alla meglio finché sono in tempo. Devo. Subito.
Perché così vorrebbe che facessi in una disgrazia
simile la mia defunta madre. Perché con ciò farò
felici
i miei figli. Perché è questo che brama il mio cuore
impazzito
Che io scavi, che almeno graffi le pupille
a questa calamità, a non so cosa, a questo dinosauro
alle mie spalle, che ora è dinanzi a me.
Invoco
perciò l'ira, le memorie perdute:
che ritornino. Subito. Da ogni ferita. E mi
soccorrano nella lotta per un minuto ancora. O per una sera,
un anno intero! Ne ho abbastanza di lacrime stupide
in riva al mare, sul campo delle fanciulle. Condotto a
casa propria, senza poter dire da dove, né perché,
devo far resistenza da ogni finestra, o morire.
Subito. In questo momento
.Mentre rabbrividisce il frutteto
asperso di sudore. Mentre irrompe l'acquazzone nel cortile.
SE OCCORRE
La
brina materiale dietro il monte che all'uomo
da sola si mostri quando ne sarà giunta l'ora,
se potrà,
dico ad essa - io che le posso fare.
Ne
ho abbastanza, fin troppo, poi le
dico, del mio seme che semino
per il biancume
dove l'erba, da lontano, si erige.
Per
le gocce gelide sgorganti da essa ch'io
non abbia un momento in più,
né una lettera,
ma che canti, come essa, scorrendo via.
Perciò
all'uomo essa sola si riveli quando
ne sarà giunta l'ora, se occorre,
se potrà,
dico ad essa - io che le posso fare.
(Traduzione
di Suzana Glava)
Veselko
Koroman, poeta, autore di novelle, romanzi, saggi e racconti di
viaggi, critico letterario, storico della letteratura e antologista,
è nato nel 1934 nel villaggio di Radisici, vicino Ljubuski.
Laureato in Lettere e Filosofia presso la Facoltà di Lettere
e Filosofia di Sarajevo, è stato membro dell'ex Associazione
dei Letterati della Bosnia-Erzegovina, del P.E.N. club croato, dell'Accademia
Croata delle Scienze e delle Arti, della Società dei Letterati
Croati della Bosnia-Erzegovina con sede a Mostar, e della Società
dei Letterati Croati con sede a Zagabria. Dal 1969 al 1972 è
stato redattore della rivista ZIVOT (a Sarajevo), e dal 1995 al
1998 della rivista OSVIT (a Mostar). Attualmente vive nel suo paese
natale.
Ha ricevuto il premio "Polet" per la prosa, il riconoscimento
dell'Associazione dei Letterati della Bosnia ed Erzegovina per la
poesia, e il "Serto di Goran" per l'attività letteraria.
Le sue poesie sono raccolte in una cinquantina di antologie e sono
state tradotte in più lingue straniere.
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