ARTE
E GLOBALIZZAZIONE: IMPERIALISMO, BRANDING E ANTIBRANDING
Jorge
Capelán
In
un mondo in cui la concentrazione del potere economico e politico
acquista delle dimensioni che non hanno precedenti nella storia
e in cui il controllo sui grandi mezzi di comunicazione si concentra
su pochi megamonopoli, tra i quali troviamo Walt Disney, Turner,
Mtv e il magnate australiano Murdoch, i meccanismi del manufatto
del consenso (1) si trasformano in un elemento centrale che
modella il nostro modo di immaginare il mondo secondo determinati
interessi.
Da
questa prospettiva, ogni discussione estetica che non sia basata
su una analisi delle relazioni di potere e delle posizioni dei
diversi soggetti, è condannata a risultare un mero esercizio
accademico, a sua volta suscettibile di essere utilizzato dai
centri di potere. Le stesse categorie di analisi sono, a loro
volta, immerse in intenzioni che è necessario analizzare
e il cui fine, molte volte, è quello di nascondere il vero
ruolo di tali strutture di dominazione.
Nello
stesso tempo in cui ci vediamo inondati da immagini, films, suoni
e testi provenienti dall'onnipresente apparato mediale, osserviamo
una penetrazione, ogni volta più totalitaria, dei meccanismi
del mercato nella produzione culturale nella quale, man mano,
si fa più difficile separare le simboliche strategie di
funzionamento del capitale dai modi di produzione simbolica che
prima appartenevano a domini come quello "dell'arte e della
cultura".
Dall'altro
lato, un crescente movimento su scala globale reagisce davanti
allo stato dei fatti vigenti e difende lo sviluppo di una società
in funzione di altri tipi di valori. Questo movimento, che funziona
all'interno del sistema, sviluppa le proprie elaborazioni simboliche
da diverse prospettive.
L'oggetto
di questo lavoro è quello di, per prima cosa, fare una
sommaria revisione critica del concetto di globalizzazione come
ideologia razionalizzatrice degli interessi della dominazione
regnante. Poi, introdurremo il concetto di branding come
strategia simbolica di dominazione e funzionamento del capitale.
Per ultimo, a partire da una descrizione a grandi tratti del movimento
globale di resistenza a queste strategie, cercheremo di dare alcuni
esempi del suo agire.
GLOBALIZZAZIONE
Secondo
il discorso ufficiale, ci troviamo in un'era caratterizzata dalla
"globalizzazione" (2) in ogni campo dell'attività
umana, e ne abbiamo numerosi esempi: abitanti del Camerun, tutte
le domeniche, attaccati alla televisione per tifare la loro squadra
preferita, come il Real Madrid o il Milan. Le canzoni dei Back
Street Boys canticchiate dagli adolescenti di tutto il Terzo Mondo,
che a loro volta bevono Sprite. Allo stesso tempo, un impiegato
di Rio de Janeiro dipende dai risultati delle elezioni in Indonesia,
che potrebbero danneggiare lo sviluppo della borsa, che, di conseguenza,
potrebbe danneggiare il futuro valore dei suoi risparmi per la
pensione, ecc., ecc.,ecc.
Questo
stesso discorso ci spiega che nell'abbattere le frontiere, che
gli stati nazionali fino ad oggi avevano posto per il libero flusso
dei capitali, si può parlare di una vera interdipendenza
di ogni attività umana: lo svolazzare di una farfalla a
Bangladesh può produrre uragani a Wall Street. Inoltre
un requisito indispensabile per questo libero flusso è
la debilitazione di ogni tipo di sussidio alla produzione e ai
servizi che ostacolano la libera competenza. Un requisito necessario
per il libero flusso dei capitali è l'adozione di un determinato
sistema politico spesso denominato come "democrazia senza
nome", che implica l'adozione di un sistema politico pluripartigiano
con elezioni periodiche, integrato a sua volta in un sistema internazionale
sempre più dominato dalle prescrizioni politiche economiche
del Fondo Monetario Internazionale e della Organizzazione Mondiale
del Commercio, che porrebbero limiti alle competenze degli stati
nazionali nella sfera economica. Sul terreno delle idee, questa
globalizzazione unirebbe la pluralità delle identità
sotto la costruzione di un io altamente competitivo, informato,
flessibile, pluralista, collegato, rispettoso delle leggi e dei
contratti, orientato all'azione, e inoltre, profondamente "umano".
La storia nell'era della globalizzazione prometterebbe, in cambio
di sforzi e rischi attuali, un futuro luminoso grazie alla scienza,
quella che avrebbe nelle sue mani le soluzioni a tutti i problemi
che dagli albori della storia hanno assillato l'essere umano.
Questo progresso della scienza è un fatto della natura,
e non può essere fermato dalla mera volontà umana.
In quanto al passato, la battaglia decisiva liberata durante il
secolo ventesimo tra il modernismo capitalista e i modi arcaici
di produzione, rappresentati in breve dal comunismo, avrebbe dato
come vincitore il primo, in conseguenza del quale, essendo la
storia arrivata alla sua fine, in futuro continueremo ad essere
testimoni dei più svariati scandali e dei fatti più
o meno commoventi, ma senza arrivare a mettere in dubbio le basi
di un ordine sociale, la cui caratteristica sarebbe data dal modo
stesso del mondo di funzionare. Ossia, che da ora in avanti, "il
mondo sarà più noioso"? Tuttavia, lo stesso
discorso ufficiale ci avverte - e spiega- che i rantoli di questa
forza, che si oppongono all'inesorabile passo del progresso e
della libertà, sono oscuri e mortiferi: il terrorismo fondamentalista
e fanatico.
Questo
è il discorso ufficiale. E come ogni discorso ufficiale
è, a dir poco, problematico:
In
primo luogo, si dovrebbe fare l'osservazione che questa teoria
della globalizzazione ci dà una visione clinica di come
siamo arrivati a questo stato di cose in cui, ipoteticamente,
ci troviamo. La "genesi" della globalizzazione si dovrebbe
trovare in uno sviluppo "postindustriale" del capitalismo
che avrebbe superato, in capacità produttiva, il comunismo
sovietico e tutte le altre forme di intervento statale nell'economia.
Non facciamo riferimento alle dittature, promosse e ampiamente
finanziate, del terzo mondo per ottenere l'imposizione del sistema
neoliberale, né ai conflitti di "bassa" intensità
che formarono parte della politica estera statunitense durante
l'ultimo terzo del secolo XX. Non si presta neppure sufficiente
attenzione al fatto che i due governi emblematici di questa "vittoria
del mercato", quello di Ronald Regan in USA e quello di Margaret
Thatcher in Gran Bretagna, hanno avuto una spesa pubblica maggiore
di quella dei loro predecessori, poiché la grande differenza
era che le risorse dello stato sono state rivolte alla sovvenzione
dei capitalisti, così come del settore militare-industriale
e finanziario.
In
secondo luogo, è necessario chiarire che il libero flusso
dei capitali non è su un doppio binario, ma si tratta di
abolire i mezzi protezionisti dei paesi poveri, mentre i rapporti
doganali dei paesi ricchi rimangono intatti. In maniera analoga,
il flusso dei corpi di periferia, ossia delle persone, verso i
paesi ricchi si fa man mano più restrinto. Lì le
barriere diventano fisiche.
In
terzo luogo, così come lo spiegano le analisi di James
Petras, il discorso della globalizzazione, parlando di un "capitale
globale", perde di vista la "struttura del capitale":
per esempio, se consideriamo le Corporazioni Multinazionali che
si trovano nella cuspide del potere mondiale, troveremo che in
gran parte appartengono a capitali nordamericani e europei, e
in numero abbastanza minore, giapponesi. La rappresentazione delle
economie "emergenti" del Terzo Mondo è praticamente
inesistente. Non si può nemmeno dire che queste corporazioni
siano veramente "globali": se veramente è sicuro
che la tendenza è verso un'espansione di una parte considerevole
delle loro attività più in là delle loro
frontiere, specialmente verso i paesi con mano d'opera più
economica, esiste anche la tendenza a concentrare le attività
strategiche, come la ricerca, lo sviluppo di nuovi prodotti e
le decisioni di investimenti, nei paesi d'origine.
In
quarto luogo, né il FMI (3), né la OMC (4) sono
organizzazioni meramente tecnocratiche: il potere di decisione
è concentrato nelle mani dei 7 paesi più ricchi,
specialmente gli USA.
In
quinto luogo, la predominanza della NATO a livello militare e
la supremazia statunitense al suo interno, così come la
sua tendenza ogni volta più crescente all'azione unilaterale,
indicano che in questa dominazione ci sono interessi geopolitici
concreti e potenzialmente conflittuali.(5)
In
riassunto come dice James Petras: " E' difficile discutere
la natura imperialista delle relazioni internazionali, e anche
più difficile negare l'ascesa degli USA nel sistema imperialista.
Per continuare a negare le realtà economiche e militari
tramite la relazione continua dell'economia alla "natura
globale", è necessario convertirsi, in parte, alla
confusione dei fautori principali e dei beneficiari dello stesso
sistema." (6)
BRANDING
Oggi un topico di discussione nel mondo dell'arte è il
fenomeno della fondazione Guggenheim, con la sua rete globale
di musei a New York (2), Bilbao, Venezia, Berlino e Las Vegas
(2), questa multinazionale dell'arte ci offre un accesso totale
alla Guggenheim Experience, ossia in via privata, sotto
previo pagamento di un'entrata che oscilla tra gli 8 e i 12 dollari
a persona, o in gruppo, grazie alle sue numerose concessioni di
patronato e collaborazione, che vanno dai 50.000 dollari all'anno
(46.000 Dollari deducibili dalle tasse) fino ai 2.500 dollari
all'anno (1.476 dollari deducibili dalle tasse).
Guggenheim
ci offre, a noi cittadini del paese, l'accesso globale a tutte
le espressioni significative dell'arte del secolo XX, nelle loro
più svariate sfumature, secondo il museo che andremo a
visitare: per esempio, la Peggy Guggenheim Collection, a Venezia,
ubicata in un bel palazzo del XVIII secolo, ci offre l'Arte Cubista,
Astratta e Surrealista, mentre altre succursali della fondazione
si orientano verso rami come la fotografia o la Pop Art, eccetera.
I locali stessi sono opere d'arte. Per esempio i due musei Guggenheim
di Las Vegas (il Guggenheim Las Vegas e il Guggenheim Heritage
Museum) si trovano nel complesso del Venetian Resort-Hotel-Casino,
disegnato dal famoso architetto Rem Koolhas, senza tralasciare
il già famoso Guggenheim Museum di New York, disegnato
dallo stesso Frank Lloyd Wright.
Oltre
alla contemplazione delle opere d'arte della collezione della
Fondazione e delle mostre organizzate dalla stessa, l'esperienza
Guggenheim comprende dalla gastronomia, in qualsiasi dei suoi
diversi caffè e ristoranti, fino a tutta una parafernalia
di oggetti collezionabili per la casa e l'ufficio. Così,
per esempio, possiamo acquistare un telefono portatile stile Calder
o un gioco domino Picasso per la modica somma di 75.000 dollari,
oltre a libri e perfino a diversi atti autografati da personalità
mondiali.
Tuttavia,
l'offerta della fondazione Guggenheim non si limita a ciò
che ha da offrire al singolo visitatore. Per esempio, i programmi
del patrocinio corporativo, disegnato da Guggenheim, includono
tutta una gamma di attività a disposizione delle imprese
patrocinanti, che vanno dall'organizzazione di esposizioni vincolate
ai loro prodotti e la presenza del logo della corporazione patrocinatrice,
fino alle opportunità di familiarizzare con artisti e specialisti
dell'arte durante cene private nei locali stessi della Fondazione.
Nel
caso della strategia Guggenheim, non c'è stato alcun apporto
del mondo dell'arte al funzionamento capitalista. Guggenheim piuttosto
è figlio del processo conosciuto come branding,
per mezzo del quale la produzione di oggetti è sempre più
sostituita dalla produzione di simboli. Questo modo di operare
sullo spazio pubblico e privato degli esseri umani, ha funzionato
negli ultimi 15 anni per mezzo di corporazioni così famose
come Nike, Apple, Benetton e la catena di caffè Strabucks,
tra le altre cose, e ha contribuito al passare dalla produzione
primaria di articoli di consumo con una -forte- componente di
mercato alla produzione di concetti di modi di vita che poi
si plasmano in svariati prodotti, in ciò che potremmo
denominare come una specie di appropriazione dell'arte concettuale
per il funzionamento del sistema capitalista.
Secondo
Naomi Klein, nel suo lavoro No Logo (7), negli ultimi 15
anni, la crescita della ricchezza materiale e l'influenza culturale
delle corporazioni multinazionali può essere riscontrata,
probabilmente, nello sviluppo, nel mezzo degli anni 80, dell'idea
che le corporazioni con successo devono, prima di tutto, produrre
marche al posto dei prodotti. Durante la maggior parte della sua
storia, il capitalismo era basato sulla fabbricazione di cose,
in quanto la pubblicità era un mezzo per la promozione
di oggetti- merce- con determinate qualità.
Negli
anni 80, all'inizio di una decade di recessione economica, segnata
, tra le altre cose, dalla crisi del petrolio e dalle economie,
allora emergenti, del sudest asiatico, alcuni dei giganti manifatturieri
del mondo cominciarono a sentire il peso della crisi: troppi costi
di produzione, troppi impiegati, troppi uffici, troppe squadre
lavorative, troppe cose. Dall'altro lato, imprese emergenti, come
Nike, Microsoft, Tommy Hillfigers e Intel, lanciarono la coraggiosa
impostazione per la quale la produzione della merce era solamente
una parte incidentale della loro attività, e che grazie
a recenti vittorie nella liberalizzazione dei mercati e nella
mancanza di regolarità dei mercati lavorativi nei paesi
del Terzo Mondo, erano capaci di lasciare la produzione nelle
mani di subimpresari a costi molto più bassi che se loro
stessi si fossero fatti carico della produzione diretta. Ciò
che, in primo luogo, queste compagnie producevano non erano cose,
ma immagini delle loro firme. Il loro vero lavoro non consisteva
nella produzione, ma nel negozio. Si dovevano liberare dal "peso
morto" degli oggetti e produrre concetti. Come dice Klein,
si tratta di compagnie che sembrano enormi per le somme milionarie
che maneggiano, ma che ogni volta hanno meno cose. Si tratta di
spopolare il mondo di oggetti. Queste compagnie sono attaccate
al "perenne compito di cercare nuove forme creative di costruire
e rafforzare le loro stesse immagini."
Lo
scaturire delle firme è associato allo scaturire della
febbrile produzione di massa di beni di consumo, verso la fine
del XIX secolo. Con sempre più produzione di articoli più
o meno indistinguibili dai diversi capitalisti, era necessario
dare loro una identità speciale che li associasse
nella mente dei consumatori con una qualità determinata,
sia che si trattasse delle Zuppe Campbell, come dei sottaceti
Heinz o dell' Avena Quaker.
Con
il passare dei decenni, questi meccanismi si sono andati raffinando
e approfondendo, associandosi alle ultime scoperte della scienza
umana e del mondo dell'arte, così come dei mezzi di comunicazione
di massa. Alla fine degli anni 40 nasce la coscienza che una firma
è molto più una illustrazione o di una frase contagiosa,
o di un'etichetta, "la compagnia nel suo insieme doveva avere
un'identità di firma". Dice Klein:
La
ricerca del vero significato delle firme- o l'"essenza della
firma", come spesso si chiama- ha allontanato gradualmente
le agenzie di pubblicità dei prodotti individuali e i loro
attributi, verso un esame psicologico-antropologico del significato
delle firme per la cultura e la vita della gente."(Klein:7)
Per
un lungo tempo si è mantenuta l'idea che la produzione
di oggetti era lo scopo centrale, essendo la pubblicità
un additivo importantissimo, ma subordinato. Tutto ciò
sarebbe cambiato, come dicevamo sopra, negli anni 80.
Così,
nel 1988, Phillip Morris ha comprato l'azienda Kraft per la somma
di 12.600 milioni di dollari (6 volte di più di ciò
che la compagnia valeva su carta!): la differenza stava nel valore
contenuto nella parola "Kraft". Questo è solamente
un fatto indicativo del crescente ruolo del "branding"
(la costruzione e l'istituzione di una firma) nella vita economica:
mentre nel 1979, la spesa totale in pubblicità negli USA
ammontava a 50.000 milioni di dollari, nel 1989 sarebbe arrivata
a 120.000 milioni, e nel 1998 a 200.000 milioni di dollari.
Nel
1993 ci fu un avvenimento che all'inizio, fece temere per il futuro
della pubblicità. In questo periodo, lo scaturire di una
generazione di consumatori più coscienti del prezzo dei
prodotti scosse certe firme stabilite da decenni nel mercato statunitense
come la Heinz, Quaker Oats, Coke e Pepsi: la cosiddetta generazione
x comprava in grandi catene a basso costo come Wall Mat, prodotti
di marca meno conosciuti e più economici, in un fenomeno
che si iniziò a chiamare "brand blindness" (cecità
di firme). Dall'altro lato, il mercato di computer si vide inondato
da cloni a buon mercato dell' "aristocrazia" IBM-PC.
Tuttavia,
questo fatto non fece altro che rinforzare il potere del concetto
sull'oggetto. Al tempo stesso che Phillips Morris, Pepsi,
IBM e altre grandi aziende guardavano con preoccupazione l'avvicinarsi
della fine delle firme, altre aziende, che basavano la loro strategia
sulla pura produzione di simboli invece che la produzione di oggetti,
vedevano salire il valore delle loro azioni: aziende come Apple,
Benetton, Disney, Calvin Klein, Levi's e la catena di caffès
Starbucks si ritrovavano in pieno vigore. Erano le aziende che
"avevano sempre optato per il branding al posto
della creazione di valore." Come lo spiega Klein:
"Per
queste compagnie il prodotto tangibile non era altro che un mero
ripieno per la vera produzione: quella della firma."(Klein:16)
E
più avanti, segue:
"Per
gli osservatori esterni, sembrava un misto tra una fraternità,
un culto religioso e una casa di cura. Tutto era una pubblicità
per la firma: strani gerghi per denominare gli impiegati (soci,
baristi, giocatori di calcio, membri di equipaggio), canti della
compagnia, amministratori generali superstar, un'attenzione fanatica
alla consistenza del disegno, un'inclinazione alla costruzione
di monumenti e di dichiarazioni di principi inspirati alla New
Age. A differenza dei classici nomi di firma di articoli domestici
tali come Tide e Malboro, questi loghi non stavano perdendo valore,
stavano sorpassando tutti i records del mondo della pubblicità,
trasformandosi in accessori culturali e in filosofi di stili di
vita."(Klein:16)
Invece
di cercare di fare buoni affari con i prezzi, si trattava di disegnare
prodotti ogni volta più nuovi e più cari che materializzassero
uno stile di vita. Dall'altro lato, gli annunci della Benetton
e di Calvin Klein "mostravano a malapena i vestiti, e a prezzi
molto più bassi" nei loro giganti poster di estetica
postmoderna. La vodka Absolut si accontentava di mettere la silhouette
vuota della sua bottiglia a disposizione del contenuto e dell'orientazione
delle pubblicazioni in cui pubblicizzava. I "veterani dell'immagine",
aziende come la Coke, MacDonald's; Burger King e Disney, che dall'inizio
avevano capito che l'immagine era tutto e il prodotto niente,
furono difficilmente toccate dalla crisi.
Questa
"materializzazione" delle merci, a sua volta, è
radicata in processi piuttosto materiali: lo sviluppo delle tecniche
di produzione che fanno sì che ogni volta sia più
difficile distinguere un prodotto dall'altro, secondo le loro
qualità intrinseche e che , dall'altro lato, devono essere
trasformate in "portatrici di significato", e il brutale
sfruttamento a cui sono sottomesse le donne, uomini e bambini
in tutto il terzo mondo, attraverso il sistema delle "zone
del libero commercio" o sweatshops in cui sono prodotti gli
articoli dell'era del branding, dalle scarpe della Nike
fino all'assemblaggio di riproduttori di compact disc, passando
dai giochini che fanno parte di un happy meal. Questo sfruttamento
ha anche il suo voltafaccia a livello di consumo: i prodotti "di
firma" sono molto più cari degli altri, sebbene siano
stati prodotti nella stessa fabbrica a dagli stessi operai. Nei
paesi del centro, questo sistema alimenta la "smaterializzazione"
dei luoghi di lavoro, nel trasferimento della produzione ai paesi
di periferia.
Si
può parlare anche di sfruttamento a livello culturale e
simbolico: in primo luogo, queste aziende, che si definiscono
portatrici di valori (Apple= "Pensa diversamente-creatività-antipotere",
Nike="Gioco- Onesto- Decisione- Just Do It", Microsoft=
"Dove vuoi andare oggi?"-Libertà- efficacia-diversità",
Benetton="Colori Uniti- multiculturalità- pietà")
non sono in fondo interessate a prendere sul serio questi valori,
ma ad aumentare i loro guadagni. In secondo luogo, molte di loro
si nutrono dei simboli e dei codici elaborati dalle classi popolari
per poi vendere beni di consumo a prezzi accessibili alle classi
capaci di consumarli. Poiché si tratta di "stili di
vita", i cui messaggi sono costantemente ripetuti e amplificati
attraverso l'apparato mediale, il loro potere di influenza si
estende a tutta la società e a tutti gli angoli del pianeta,
fino ad arrivare a plasmarsi nei corpi stessi: il tatuaggio più
utilizzato negli Stati Uniti fino agli attentati terroristici
dell'11 settembre del 2001 era, precisamente, lo swoosh o "virgola
inclinata" della Nike. Questo fenomeno impone tipi di consumo
non realisti nelle classi popolari visto che al tempo stesso le
manipola ideologicamente, dato che l'obiettivo di queste firme
non è quello di lottare seriamente per le idee che dicono
di rappresentare, ma quello di incrementare le loro vendite.
Il
ruolo di corporazioni come MTV è doppiamente singolare:
dal momento che sono in se stesse una firma con un concetto estetico
definito, sono a loro volta motori nello sforzo di branding
orientate verso determinati settori in scala globale, in questo
caso, verso i giovani. MTV è la piattaforma privilegiata
per il lancio di firme come Nike, 7Up, Virgin e molte altre, attraverso
annunci, concerti, feste e tutta una gamma di meccanismi comunicativi
intorno all'idea del cool giovanile. L'azienda realizza visite
sistematiche tra i suoi ascoltatori per, con l'aiuto di diversi
specialisti, conversare con i giovani riguardo la loro vita, i
loro interessi, le loro aspirazioni e i loro gusti. Entrano nelle
case dei giovani, vedono i loro guardaroba, li accompagnano nelle
loro attività e documentano queste visite in televisione.
Queste pellicole sono poi analizzate dagli uffici centrali di
MTV per essere prese come input nel disegno del contenuto, della
forma e della struttura della sua programmazione. Il risultato
di tutto ciò è un processo di costante retroalimentazione
di una cultura che tende a rinforzare e approfondire il vincolo
tra la massa dei consumatori e della firma. Non si tratta,
intendiamoci bene, di processi di generazione di significati o
di un interesse per la situazione dei giovani, ma di aumentare
i rating di ascoltatori dell'emittente, così come della
sua capacità di branding delle corporazioni patrocinatrici
di MTV. I giovani consumano i programmi di MTV, imitando e trasformando
i segni culturali della corporazione, quelli che a loro volta
saranno utilizzati come materia prima per nuovi programmi
e icone in nuovi sforzi di branding.
ANTIBRANDING
Il
postmodernismo come attitudine intellettuale è oggigiorno
l'ideologia dell'era del lento capitalismo degli inizi del secolo
XXI. Il fondamentalismo del testo-mercato si impone in una maniera
"naturale". L'"adattabilità" ideologica
del testo postmoderno alle necessità di legittimazione
ideologica delle politiche imperiali lo trasformano in uno
strumento prezioso a disposizione di tali interessi: la sua riduzione
linguistica si converte in una metafora del capitale speculativo.
La sua dominazione del libero gioco dei segni si tramuta in una
metafora assolutizzatrice dei mercati. La sua decontrazione del
soggetto, lontano dal trasformarsi in una rivendicazione della
differenza, si traduce in una passività del soggetto
(i movimenti sociali). La sua apologia della volontà del
potere nietcheiano si traduce in una legittimazione della volontà
del potere di fatto dell'impero. Il suo stile intellettuale
polemico centrato sul deconstruzionismo, senza presentare un fronte
fisso, è una tattica affine alla guerra di bassa intensità.
Ma
non dobbiamo dimenticare che il postmodernismo è solo una
metafora razionalizzatrice del sistema capitalista e un
insieme di tattiche che rafforzano la dominazione dei centri imperiali.
Lo sviluppo delle proprie contraddizioni del sistema comincia
a mostrare crepe sulla strada del "pensiero unico" che
gli intellettuali postmoderni non riescono a spiegare: non solamente
il sorgere, ma lo sviluppo di un movimento mondiale che si è
nominato "antiglobalizzazione". (8) Questo movimento,
che parte da diverse prospettive (medioambientalisti, di genere,
socialisti, religiosi?) ha avuto un'espressione visibile in numerose
e popolari mobilitazioni per le riunioni di organismi internazionali
come l'Organizzazione Mondiale del Commercio, il Fondo Monetario
Internazionale e quelle del gruppo dei G-8 in città come
Seattle, Washington, Montreal e Genova. Inoltre, di queste mobilitazioni
si sono sollecitate un'infinità di istanze di discussione
e di formulazione di un'alternativa all'ordine economico e politico
vigente in scala internazionale, tali come il Foro Sociale Mondiale
e la fondazione del movimento ATTAC per la tassazione delle operazioni
finanziarie a beneficio della lotta alla povertà e la soluzione
dei problemi medioambientali. Questo movimento su scala planetaria
ha la sua controparte e la sua fonte di ispirazione nel sorgere
di potenti movimenti sociali che, tramite diversi mezzi, discutono
la "globalizzazione" e i suoi effetti nei paesi poveri.
Per esempio, nel caso dell'America Latina abbiamo le guerriglie
zapatiste e colombiane, il Movimento senza Terra del Brasile e
la Confederazione Nazionale di Associazioni Indigene (CONAIE)
in Equador. Altri movimenti come Le Madri di Plaza de Mayo in
Argentina(9), nonostante la loro ridotta grandezza, si trasformano
in catalizzatori della protesta sociale e in inevitabile punto
di riferimento della critica verso il sistema.
E'
sicuro che non esiste un consenso di questo movimento riguardo
alle alternative, che vanno da una focalizzazione a livello popolare
e locale, fino ai cambiamenti nei regimi di proprietà,
passando da alternative in cui lo stato gioca un ruolo centrale,
ma la dinamica generale, tanto a livello dei gruppi di sinistra
come agli ambientalisti e ai religiosi è ogni volta più
anticapitalista, e l'emergenza di coalizioni e fori di discussione
vanno verso la convergenza. Ancora più importante, l'emergenza
di un crescente internazionalismo non subordinato ai lineamenti
di questi o quelli oracoli della rivoluzione o "centri rivoluzionari"(10),
che si materializza in innumerevoli azioni congiunte e in cui
i diversi gruppi di attivisti si sforzano per raggiungere proprie
elaborazioni teoriche, è un segno della profondità
potenziale di questo movimento in paragone a esperienze storiche
anteriori.
Questo
ampio movimento- tra l'altro- ha luogo in uno spazio di lotta
semiotica e medievale, che va dalle pratiche culturali più
tradizionali fino a quelle più innovative. Da intellettuali
di fama mondiale come Galeano, Saramago o Salgano, fino a figure
della musica pop come Manu Chao e il gruppo Rage Against the Machine,
passando da estese pratiche di attivismo formatosi dalle idee
di teorici dell'informazione come, tra cui, Noam Chomsky e Edward
Herman, e da correnti estetiche come il situazionismo e l'arte
concettuale. E' un movimento che non presenta una fonte di dogmi
estetico-politici né una serie di scuole viste come portatrici
di espressioni "pure", sebbene vi si possa indovinare
diverse pratiche e stili. Penso che in questo movimento ci sono
quattro dimensioni da individuare: Quella del culture jamming(11)
o dell'interferenza culturale, la lotta per la differenza contro
l'istituzione delle differenze, l'unione tra la produzione
intellettuale e l'attivismo concreto, e il recupero
della memoria critica.
CULTURE JAMMING
Questo insieme di pratiche, che ha i suoi antecedenti nel situazionismo
e nell'arte concettuale, ma che tende a prestare elementi di correnti
estetiche come il surrealismo e il Dadaismo, consiste nella parodia
dei messaggi culturali dominanti alterando, a sua volta, radicalmente
il suo contenuto, in una specie di demolizione della cultura corporativa(12).
[Vedere le figure 1e 2]
Artisti
come Jorge Rodríguez de Gerada a New York e il Fronte di
Liberazione dei Cartelli Pubblicitari di San Francisco si dedicano
al compito di alterare gli annunci di propaganda che coprono la
città, creando a loro volta, immagini che scoprono gli
aspetti occulti del messaggio:
"Così
nel togliere un lato di un cartellone pubblicitario di Levis (il
più grande di San Francisco) di 10 metri per 30, e appiccicare
la faccia del serial killer Charles Manson sopra l'immagine, un
gruppo di jammers cerca di lasciare un messaggio dissonante
riguardo le pratiche lavorative utilizzate per fabbricare i pantaloni
Levi's. In un comunicato lasciato sul posto, il Fronte di Liberazione
dei Cartelli Pubblicitari dice che hanno scelto la faccia di Manson
perché i pantaloni da vaquero erano "assemblati da
prigionieri in China e venduti a istituzioni penali Nordamericane."(13)
Altro
aspetto culturale del jamming è quello conosciuto
come hacktivismo, e consiste nel "ratto" dei
siti web di governi e di aziende multinazionali per guastarli
e per pubblicare messaggi che denunciano le loro pratiche contrarie
ai diritti umani, lavorativi o del medio ambiente.
I
mezzi utilizzati dal jamming culturale vanno dall'uso avanzato
di programmi di disegno grafico come Photoshop [vedi figure 3
e 4] nei quali il mimetismo tra il messaggio originale e il jamming
è così perfetto che il suo impatto si amplifica
come se si trattasse di una specie di virus visuale, fino
all'uso di semplici marcatori che con poche righe trasformano
le fazioni demarcate di un modello Hennez & Mauritz in un
teschio. In questo ultimo caso, l'economia dei mezzi serve anche
come fattore di amplificazione dell'effetto comunicativo, al tempo
stesso che il suo basso costo e la facilità di esecuzione,
hanno reso comune questo tipo di pratiche a livello di campagne
di attivismo di base.
All'inizio
di questa separazione poniamo le radici di questa pratica di jamming
culturale nella decade degli anni sessanta, nel situazionismo
e nell'arte concettuale e, per estensione, nel maggio francese
del 1968. Tuttavia, così come lo afferma Klein(14):
"Se
i messaggi culturali dei jammers sono più adeguatamente
politici che quelli dei loro predecessori, può essere perché
quelli che senza dubbio erano messaggi sovversivi negli anni sessanta-
"Niente lavoro", "Proibito proibire", "Considera
i tuoi desideri come reali"- ora suonano più come
slogans della Sprite o della Nike: Just feel it (sentilo,
semplicemente). E le "situazioni" o gli "eventi"
dei burloni politici del 1968, sebbene genuinamente scioccanti
e distruttivi per il loro tempo, sono l'annuncio della vodka Absolut
del 1998"
e
"Sebbene
il jamming culturale sia una corrente sotterranea che non
si secca mai completamente, non c'è dubbio che negli ultimi
cinque anni è stato in pieno risorgimento, più centrato
nella politica che nel gioco ." (Klein: 283/84)
Tuttavia,
non si tratta di un movimento ideologicamente coesivo, ma di un
insieme di pratiche simboliche destinate a mettere in questione
i discorsi del potere. Secondo Klein,
"L'unica
ideologia che abbraccia tutto lo spettro del jamming culturale
è quella di credere che la libertà d'espressione
manca di significato se la cacofonia commerciale si è alzata
a un punto tale in cui nessuno può ascoltarti."(Klein:
284)
Gli
intenti da parte delle corporazioni di cooptare alla generazione
del jamming culturale e di integrare questo tipo di espressione
alle dinamiche stesse del branding non si sono fatti aspettare,
sebbene le loro prospettive di successo siano dubbiose: così,
per esempio, in un annuncio della Nike del 2001, si vede un gruppo
di attivisti dietro una barricata che gridano ordini contro la
polizia. Nel sottofondo, si sente l'impatto di oggetti solidi
contro gli scudi usati dalle forze dell'ordine. Poi, un lento
panning ci lascia vedere che si tratta di un giovane con una racchetta
da tennis che lancia palline alla polizia, mentre si sovraimprime
il logo dell'azienda: just do it. Questa specie di commenti
pubblicitari hanno sul movimento un impatto più controproducente
di quello sperato, poiché il carattere stesso delle questioni
trattate non è suscettibile di essere integrato nel discorso
pubblicitario, e, in realtà, tende ad una radicalizzazione
dei messaggi e delle azioni dei jammers culturali. Così,
in Svezia, una compagnia di batterie lanciò una campagna
pubblicitaria attraverso una serie di dittici stradali di 1,50
x 4,00 metri. Su una delle facce si può leggere il testo
"Power to the People" su uno sfondo nero, mentre nelle
altre si fa propaganda alla batteria in questione. Gruppi di attivisti
dipinsero con spray argentato la falce e il martello sotto il
testo menzionato, mentre strapparono il foglio dell'annuncio delle
batterie e dipinsero direttamente sul supporto dell'immagine un
invito alla dimostrazione antifascista. [vedere figura 5]
LA LOTTA PER LA DIFFERENZA
Intorno
alla situazione delle comunità indigene nel Chiapas, il
loro comandante zapatista Marcos spiega che: "Sono loro (gli
indigeni) che dobbiamo togliere da qui perché non concepiscono
la terra come la concepisce il neoliberalismo. Per il neoliberalismo
tutto è una merce che si vende e che si sfrutta. E questi
indigeni dicono di no, che la terra è la madre, è
la depositaria della cultura, che da lei viene la storia, che
da lei vengono i morti."(15)
L'offensiva neoliberale sfociata negli ultimi 20 anni verso tutti
gli angoli del pianeta, ha significato, per milioni di contadini
e di indigeni, in tutto il mondo, la sottomissione ad una logica
capitalista contro strategie basate sulla sopravvivenza e il soddisfacimento
di necessità sulla riproduzione del capitale. Quei gruppi
meno "affittabili" si sono visti obbligati a vendere
le loro terre o ne sono stati direttamente espropriati, mentre
le condizioni, sempre più dure, di accesso al credito e
ai servizi minacciano coloro che tuttavia resistono nell'abbandonare
la campagna. Parallelamente, anche il processo di immigrazione
verso la città si è accelerato in maniera drammatica.
Dall'altra
parte, mentre il neoliberalismo promuove un individualismo a oltranza
e lo sviluppo di necessità ogni volta più "esclusive",
lo fa integrandoli tutti in una stessa dinamica: quella della
legge del valore. La misura del "successo" delle "identità
emergenti" sarebbe data, allora, dalla sua capacità
di integrazione alle dinamiche del mercato: quanti generali dell'esercito
Statunitense sono negri, quanti primi ministri sono donne, quanti
dirigenti di aziende sono omosessuali, eccetera, mentre le condizioni
reali di vita della popolazione conducono alla segregazione, alla
formazione di ghetti, alla criminalità e all'esclusione
dei diversi. Così, secondo Marcos (16), "
si
consumano le separazioni, le differenze, gli stati nazionali e
il mondo si trasforma in ciò che si chiama, con verosimiglianza,
il paese globale?", ma il paradosso sarebbe che al posto
di "globalizzarsi" il mondo si frammenta, ossia
che "
spariscono sempre di più i diversi."
In
questo senso, il movimento detto "antiglobalizzazione"
adotta una visione di rivendicazione del diritto di essere diverso,
non incorniciato in una logica di mercato che considera la differenza
come il mezzo per profilare una identità-merciaria, ma
come il diritto a essere uno identico, non come individuo "atomico"
(separato dall'altro (17) ma come individualità
e/o identità collettiva in un contesto storico e culturale.
E' come se proprio attraverso la lotta per essere se stessi (e
se stesse) i diversi scoprono che le possibilità di realizzazione
delle loro identità sono intimamente legate alle possibilità
di realizzazione dell'Altro (e degli Altri e delle Altre). Questo
implica a sua volta un approfondimento di quello che dagli anni
ottanta si è fatto chiamare la "politica di identità"
e la sua riconciliazione con una prospettiva che include il concetto
di classe sociale in sua analisi.
Una caratteristica del movimento "antiglobalizzazione"
è l'assenza di una fissazione negli aspetti esteriori,
come il vestiario o il gusto musicale, accompagnata da una coscienza,
sempre più crescente e profonda, della relazione tra forma
e contenuto. Non si tratta nemmeno di una difficile convivenza,
in cui diverse identità tatticamente cedono determinati
spazi all'Altro, ma di una tendenza verso l'accettazione dell'Altro
e di una comprensione dell'Altro, che a sua volta, porta ad una
più profonda comprensione dell'Io.
Per
esempio, prendiamo il caso delle Madri della Plaza de Mayo, in
Argentina. Il discorso e la pratica dell'organizzazione sono,
come abbiamo visto prima, di carattere veramente radicale. Tuttavia,
sono un gruppo di signore che si aggirano intorno ai settanta
anni, e il loro aspetto esteriore è piuttosto quello di
un gruppo di assidue aiutanti di messa che nessuno, alla semplice
vista, sospetterebbero che abbiano contatti regolari con leader
politici, sindacalisti, contadini, guerriglieri fino ai punks
di Buenos Aires. Perfino l'immancabile fazzoletto bianco con il
quale si coprono la testa (unica icona che le identifica), serve
a rafforzare questa impressione(18). Una volta, Hebe Bonafini
(19) ci spiegava che una preoccupazione delle Madri era l'apparente
apatia dei giovani verso la politica in Argentina. Loro sapevano,
da un punto di vista teorico, che questo si doveva alla totale
mancanza di prospettive che la società offre ai giovani,
alla profonda corruzione che ricorre in tutto l'apparato statale
e alla mancanza di fiducia nelle possibilità di fare qualcosa
a riguardo. Tuttavia, hanno deciso di conoscere più da
vicino la realtà dei giovani e le loro preoccupazioni.
"Volevamo sapere che cosa c'è nella musica rock che
piace alla gioventù, dal momento che a noi non piace il
rock, volevamo sapere che cosa aveva questa musica. E allora abbiamo
scoperto che i testi della musica rock avevano un contenuto politico
interessantissimo. E' stato da allora che abbiamo deciso di organizzare
concerti rock per i giovani e dopo il concerto, a coloro che volevano
rimanere, la possibilità di partecipare ad una discussione
sulla situazione del paese." Molti giovani decisero di partecipare
alle discussioni che si svolgevano dopo i concerti, e questo portò
allo sviluppo di una università popolare per i giovani,
nella quale si combinano le conoscenze di tipo tecniche con l'analisi
politica e culturale della realtà del paese. Musicisti
così popolari in Argentina, come León Riecco e altri,
hanno forti legami con le Madri, e il movimento mondiale Hijos
(Figli dei Detenuti e dei Desaparecidos contro la Dimenticanza
e il Silenzio) le considerano come i loro più validi referenti.
Non si tratta del fatto che le Madri si siano trasformate in rockettare
dalla sera alla mattina, né di un uso opportunistico con
fini di manipolazione politica delle espressioni culturali dei
giovani, ma, in primo luogo, di una identificazione delle Madri
con la lotta e i valori rivoluzionari dei loro figli desaparecidos
per la dittatura argentina e, per esteso, il riconoscimento profondo
che tra i giovani di oggigiorno nell'Argentina abita lo stesso
germe di ribellione che i loro figli un giorno espressero e per
il quale pagarono con la loro vita.
L'UNITA'
TRA IL MESSAGGIO E L'AZIONE
Nell'isola
di Porto Rico, l'artista cileno Elías Adasme(20) ci racconta
che: "La mattina del 28 agosto del 2000, penetrammo - un
gruppo di scultori e di attori di teatro - nei terreni limitati
dell'Armata Statunitense nell'isola portoricana di Viesques, luogo
che per più di sessanta anni è stato utilizzato
come campo da tiro e allenamento militare. Con la nostra azione
di disobbedienza civile, cercavamo di rendere drammatica all'opinione
pubblica mondiale, la situazione degli abitanti, sottoposti a
decenni di continui bombardamenti che hanno lasciato come sequela
una alta incidenza di cancro tra la popolazione, terreni altamente
contaminati e un denigrante sottosviluppo economico e sociale.
In fondo, una flagrante violazione dei Diritti Umani. Così,
siamo stati arrestati e condotti davanti a un Tribunale Federale,
accusati come criminali e dopo posti in libertà sotto cauzione
in attesa di giudizio. In realtà, questo era quello che
cercavamo, poiché questa azione, ha delle valide motivazioni
e proiezioni della politica contingente, l'abbiamo concepita sin
dall'inizio come un' "azione d'arte". Di fatto, al momento
dell'ingresso, vestivamo dei bermuda disegnati con uno scorcio
del paesaggio dell'isola. Paesaggio che si sgretolava quando i
soldati arrestandoci ci separavano, come hanno fatto per sessanta
anni! Qui, come in ogni opera d'arte, l'elemento base di "rappresentatività"
era presente nella "incarnazione" per ogni artista,
del paesaggio violentato."
Adasme considera che "L'arte del terzo millennio è
sulla via di sviluppo verso una gerarchizzazione orizzontale di
ogni attività umana", in cui si sgorbiano i limiti
tra la "rappresentazione", l'azione sociale e la riflessione
su suddetta azione." " In altre parole, un arte essenzialmente
umanista nel senso più altruista del termine".
Questa forma di intendere l'arte e la relazione dell'artista con
i processi di trasformazione sociale - o viceversa, i processi
di trasformazione sociale e i loro agenti con le loro dimensioni
simboliche - è qualcosa che, in una certa maniera, ricorre
tutto il movimento di reazione alla globalizzazione imperiale:
Gruppo di attivisti sovvertono e minacciano il linguaggio del
potere mentre creano il proprio linguaggio, e artisti che, discutendo
i limiti dell'estetico arrivano a discutere i limiti del sociale.
Ma non confondiamoci: qui il peso si centra sulla distruzione
della dominazione sfruttatrice sugli esseri umani e sul medio
ambiente e sulla costruzione delle alternative a suddetta dominazione,
nella lotta simbolica, essendo così solo un aspetto di
molti altri fronti e modalità di lotta.
Questo fenomeno è qualcosa che trascende l' "artista
compromesso" degli anni sessanta e settanta. Non si tratta
solo di creare un'opera con un messaggio che metta in questione
il potere imperante, ma anche di partecipare come un' attivista
in più. Così, il musicista algerino-franco-spagnolo,
mondialmente conosciuto, Manu Chao, sulla propria pagina web ha
uno spazio nel quale i naviganti possono stabilire contatti e
pubblicare i propri testi, immagini e suoni. Lì possono
entrare in contatto da semplici fans fino ad attivisti
di tutto il mondo e condividere esperienze e sogni. Evidentemente,
questa partecipazione, dal punto di vista dell'artista, non può
essere orizzontale né riuscire a liberarsi dei meccanismi
dell'industria culturale. Gli stessi attivisti che ascoltano la
musica di Manu Chao e di Rage Against the Machine sono i primi
a criticare la loro associazione con le imprese discografiche,
ciò che a sua volta ha inciso affinché molti artisti
si prefiggessero come meta il riuscire a sviluppare forme alternative
per poter vivere grazie alla loro arte, per esempio, creando le
proprie imprese. In ogni caso, e lasciando da parte gli idealismi
"puristi", possiamo dire che il movimento "antiglobalizzazione"
è il primo ad essere cosciente dei condizionamenti socioeconomici
dell'attività culturale, e che l'esistenza stessa di una
permanente discussione e riflessione intorno a tutto ciò
segna una grande distanza con rispetto all'adorazione ingenua
di cui furono oggetto gli artisti dei movimenti sociali anteriori.
IL
RECUPERO DELLA MEMORIA CRITICA
L'artista cileno Victor Manuel Pávez(21) ci descrive un'opera
realizzata durante un'esposizione svoltasi a Santiago del Chile,
nel mese di Settembre(22) del 1998 sotto il titolo Nicchie
di emergenza: "Un'opera che consta di tre unità
che investono, in prima istanza, i generi o i temi classici della
pittura su cavalletto: la natura morta, il ritratto e il paesaggio.
Nel primo modulo ho incorniciato una torcia rossa, come quelle
che usano i pompieri; il secondo modulo è un vestito di
tela del tipo che usano i burocrati in ogni parte del mondo ma
con la disposizione cromatica dell'emblema nazionale cileno, con
incluso la stella e della taglia di un bimbo di due anni di età;
l'ultimo modulo contiene una tela dipinta di rosso e impressa
in serigrafia con un piano di Santiago al posto in cui si trova
lo Stadio Nazionale(23). Per uno spettatore nazionale le relazioni
tra il colore rosso, la nozione di emergenza e l'emblematica nazionale
e sportiva, insieme al luogo scelto come referenza di paesaggio,
sono state abbastanza evidenti, ma la moltiplicazione del significato
si è fatta un tanto drammatica quando mi sono accorto che
questo stesso mese, quello della patria, l'ex-generale e in questo
momento senatore a vita, Augusto Pinochet era stato posto sotto
arresto in una clinica di Londra per una serie di denuncie di
violazioni ai diritti umani sotto l'amministrazione del potere
che ha esercitato per diciassette anni. La sorpresa e lo stupore
si sono impossessati di me come del resto dei cileni. Quello che
non hanno potuto fare i tribunali in due governi democraticamente
eletti dal popolo cileno lo ha fatto un giudice spagnolo in territorio
inglese."
La
necessità, che esprime l'artista, di trovare un senso al
suo paese che incorpori nella propria identità i fatti
che la storia ufficiale vuole tacere, è una necessità
condivisa con milioni di cileni. Nel caso di Pinochet, questi,
nel ritornare in Cile e dopo un lungo processo per determinare
la sua capacità psichica e fisica di intendere davanti
i tribunali, è stato lasciato in pace, sebbene spogliato
dei suoi fori senatoriali. Sicuramente, l'artista, insieme a molti
altri cileni, continua ad essere più o meno preso dalla
"sorpresa e lo stupore" di prima.
Il
caso del Cile non è l'unico. La storia ufficiale ha cancellato
(e ancora cancella) anche il milione di vite soffocate per imporre
in Indonesia il regime neoliberale di Suharto, i 30.000 desaparecidos
per "globalizzare" l'Argentina e le decine di migliaia
di morti che hanno "modernizzato" il Centroamerica,
per darne solo alcuni esempi.
"A
meno che la violenza, la discontinuità, siano ricordate
di una o di un'altra forma [?] una comprensione storica degna
di meritare questo nome si rende impossibile, e la storia culturale
corre il rischio di trasformarsi in un comodo esercizio intellettuale",
dicono gli storici culturali W. Rowe e V. Schelling. (24)
Per tutti quelli che, di una forma o di un'altra, partecipano
a questo movimento globale di resistenza all'avanzare saccheggiatore
della dominazione imperiale, la necessità di dotare la
storia di un senso si trasforma in una questione di vita o di
morte. I padroni dell'economia globale hanno bisogno di popolazioni
"flessibili" e dimentiche, ossia, disposte ad accettare
i livelli più degradanti dello sfruttamento, e al tempo
stesso, la maggiore docilità nel momento di cedere i loro
reclami dell'essere utilizzati secondo il desiderio delle Corporazioni
Multinazionali e gli Stati Imperiali. Tutti gli altri dovranno
essere relegati nei ghetti, convenientemente disarmati e suscettibili
di trasformarsi in materia nutritiva del sistema del branding
imperiale, sia per la promozione di padroni di consumo o come
produzione di eroi popolari al servizio dell'impero. Quelle espressioni
che non sono suscettibili di essere cooptate o integrate dovranno
essere combattute, demonizzate, trasferite e infine, sterminate.
Il sistema di dominazione imperiale ha bisogno di sopprimere o,
in ogni caso, canalizzare la costruzione della storia che fanno
i soggetti emergenti. Ha bisogno di distruggere le relazioni che
questi soggetti stabiliscono tra le loro stesse storie. In riassunto,
ha bisogno di distruggere il significato della storia.
E' per questo che una parte considerevole della pratica dei movimenti
popolari di oggi si concentra, giustamente, in questo sforzo di
ricupero di una memoria storica. Dai movimenti come quello delle
Madri della Plaza de Mayo e quello dei Figli, fino agli zapatisti
nel Chiapas, dai movimenti indigeni dell'Equador fino al Movimento
Boliviano in Venezuela. Si tratta di recuperare le diverse storie,
viste come processi di resistenza e di sopravvivenza. Si tratta
di recuperare i miti e le esperienze sotto questa luce.
IMMAGINI
Fig.
1:Lo Swoosh della Nike utilizzato per illustrare la differenza
tra il consumo e la produzione. (immagine: www.radikala-arkivet.net)
Fig.
2:Significati alternativi del concetto "Mc Donald's":
Mc. Malattia, Mc. Guadagno, Mc. Mortifero, Mc. Fame, Mc. Furto,
Mc. Tortura, Mc. Sperpero, Mc. Sporcizia (immagine: www.radikala-arkivet.net)
Fig.
3:A semplice vista, si tratta più di un annuncio di Microsoft
Windows (immagine: www.radikala-arkivet.net)
Fig.
4: Sovversione del messaggio della Nike "Just do it"(immagine:
"www.radikala-arkivet.net)
Fig.
5: Il messaggio dei jammers culturali non è suscettibile
di essere "integrato"(Fotografia: Jorge Capelán)
NOTE
(1)
Il termine è stato coniato da Noam Chomsky per riferirsi
ai meccanismi che formano l' "opinione pubblica" nelle
società democratiche d'accordo agli interessi dei gruppi
di potere, senza necessità di ricorrere all'uso della repressione
fisica, e che vanno dalle diverse attività professionali,
definendo l'agenda dei dibattiti che ostentano gli interessi del
potere e pertanto, lasciando da parte le interpretazioni "scomode",
senza che per questo la gente abbia l'impressione di essere oggetto
di manipolazioni e coesioni.
(2) La figura retorica e l'immagine ideologica della globalizzazione
è stata elaborata, tra gli altri, da autori come Fukuyama,
Toffler, Castells e, ultimamente e da un'ottica politica opposta,
da Negri e Hardt.
(3) Fondo Monetario Internazionale
(4) Organizzazione Mondiale del Commercio
(5) Per esempio, il tema dell'espansione della NATO verso l'est
Europa, così come lo Scudo Antimissili promosso dagli USA,
ma rifiutato dalle altre potenze
(6) Petras, James "Globalizzazione e cittadinanza"
(7) Klein, Naomi. No Logo.Ed. Flamingo, 2001. Per una discussione
più profonda del fenomeno del branding, leggere
la parte I NO Space e la parte II No Choice. E'
necessario segnalare che in questo lavoro non si utilizza il concetto
di branding come un fenomeno totalitario dell'economia
del capitalismo attuale: il monopolio dell'indagine e i manifesti,
così come le lotte per i mercati e le fonti di materie
prime continuano ad essere più presenti che mai.
(8) Il termine "antiglobalizzazione" è criticato
da molti degli appartenenti al movimento e, in ogni caso, si tratta
di una denominazione che non deriva da quest'ultimo, ma dai mezzi
di comunicazione.
(9) Le Madri, che da più di 20 anni si riuniscono ogni
giovedì nella Plaza de Mayo in Buenos Aires, per richiamare
l'attenzione sull'impunità dei militari argentini che fecero
sparire 30.000 persone durante la dittatura. In queste dimostrazioni
danno spazio alle domande di tutti i settori che sono oggetto
della repressione poliziesca attuale, così come coloro
che denunciano l'ordine neoliberale imposto dai successivi governi
del paese. Ugualmente, sono promotrici del movimento piquetero
nel quale gli abitanti dei settori più poveri del paese
utilizzano il blocco delle strade come metodo di lotta. Le Madri,
un'organizzazione di circa 500 membri, hanno organizzato un'Università
Popolare dove i giovani del paese possono seguire diversi corsi
con l'aspettativa che queste conoscenze più tardi siano
impartite agli abitanti delle zone più povere. Per ultimo,
i forti legami internazionali di questa organizzazione con altri
movimenti in America Latina, così come i loro regolari
viaggi in tutto il mondo, le trasforma in un referente del dibattito
antiglobalizzazione mondiale.
(10) Petras, James: Appunti per capire la Politica Rivoluzionaria
Attuale, 2001.
Pubblicato da www.rebelion.org
(11) Klein, Naomi. No Logo p. 279
(12) Secondo Klein " [Un buon Jam [ ] è una
radiografia del subconscio di una campagna, che non scopre il
significato opposto, ma la verità profonda che si nasconde
dietro le tende degli eufemismi pubblicitari." ] ibid.
p. 282
(13) Klein, Naomi. Ibid. p.281
(14) Klein, Naomi. Ibid. p.283
(15)Sottocomandante Marcos: La IV Guerra Mondiale (trascrizione
di una chiacchierata), 2001. Pubblicato da www.rebelion.org
(16) Sottocomandante Marcos, Ibid
(17) Utilizzo qui dei concetti dell'Altro e dell'Io nella loro
connotazione antropologica.
(18) Le Madri della Plaza de Mayo non si considerano femministe.
Pensano- e di ciò ne hanno dato la prova in molte interviste-
che l'uomo e la donna si liberino insieme.
(19) Presidentessa delle Madri della Plaza de Mayo.
(20) Adasme, Elías: "Azioni d'Arte in una frontiera
di Identità", Heterogénesis Num. 35, Aprile
2001.
(21) Pavez, Victor Manuel: "Tassonomia in gioco." Heterogénesis
Num.35, Aprile 2001.
(22) Settembre, in Cile, è sia il mese in cui si commemora
l'idipendenza del paese, così come quello del brutale golpe
fascista di Pinochet.
(23) Lo stadio Nazionale è la principale arena sportiva
del paese e ,al tempo stesso, fu trasformato in un campo di concentramento,
di tortura e di esecuzione nelle settimane dopo il golpe di stato
del 1973.
(24) Rowe, William & Schelling, Vivian. "Memory and Modernità-Popular
Culture in Latin America.", 1991, Ed. Verso.
(Traduzione dallo spagnolo di Samanta Catastini)
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